40. LA PAURA TI CAMBIA - PARTE I
Pim si era presa una piccola pausa e stava accarezzando il dorso del Rosicone che Jack aveva trovato nella palude. La bestiola la guardava con i profondi occhi blu e le annusava la maglia, sperando che tirasse fuori qualcosa da mangiare.
La ragazza prese un pezzo di radice che si era messa in tasca – il Rosicone le adorava -, e glielo mise sotto il muso. Baffo cominciò a masticarla, mentre le sue morbide guance si gonfiavano. L'orecchio destro gli pendeva lungo il capo e Pim cercò di raddrizzarlo, ma questo tornò ad afflosciarsi. La ragazza sorrise, rinunciando a sistemarlo. Quel grande coniglio era molto pacifico e permetteva a tutti di accarezzarlo. Spesso capitava che i bambini Sopravvissuti venissero da quelle parti per vederlo. Era diventato la superstar del villaggio, e alcuni rosponi stavano pensando di addomesticare anche loro dei Rosiconi. Le iguane giganti che usavano come destrieri erano animali molto difficili da domare, mentre i Rosiconi erano più pacifici. Gli bastava avere qualcosa da mangiare, ed era facile conquistare la loro fiducia. La parte più difficile era riuscire a fargli capire che non si voleva far loro del male, dopo era tutto in discesa. Pim accarezzò le corna di Baffo: erano ricoperte di peluria e, quando giungeva l'inverno, cadevano, per poi ricrescere con la venuta della primavera. Sebbene i conigli evitassero lo scontro, nella stagione degli amori potevano diventare aggressivi e si combattevano fra loro per conquistare le femmine. Queste, a loro differenza, avevano le corna tutto l'anno, ma erano molto più piccole e delicate, dalle punte smussate, per non ferire i piccoli di cui si prendevano cura. Tuttavia erano abbastanza pericolose da tenere lontano altri animali dalla prole. Quando i maschi perdevano le corna diventavano molto più coccoloni e amichevoli, ed era quello il momento migliore per avvicinarsi a loro. Nonostante avesse ancora i palchi, Baffo era comunque pacifico. I Sopravvissuti avevano sempre usato le corna cadute dei Rosiconi per fabbricare piccoli oggetti, specie collane e bracciali, intagliare statuette e fabbricare coltelli e forchette. Erano composte di un materiale molto resistente, dalla delicata sfumatura color ocra.
Baffo guardò alle spalle di Pim, come se stesse cercando qualcuno, e lei trasse un sospiro.
- Mi dispiace, coccolone – mormorò. – Jack non c'è.
Il coniglio abbassò il capo con aria avvilita, ma dimenticò la propria tristezza, quando notò che prima gli era caduto un pezzo di radice. Si accucciò e continuò a mangiarla, mentre Pim gli accarezzava il dorso. Aveva fabbricato delle rudimentali briglie per usare il Rosicone come destriero, dato che doveva portarlo a correre nella palude di tanto in tanto, altrimenti avrebbe finito per deprimersi o scappare. Però tutte le volte in cui lo portava fuori Pim si sentiva triste. Pensava a Jack e a quanto gli sarebbe piaciuto essere lì con lei. Aveva sempre desiderato fare un giro sul dorso di un Rosicone, combattendo il male con una spada di plastica, nonostante a Pim non fosse mai importato di vederlo fare l'eroe. Avrebbe solo voluto che lui fosse ancora lì con lei, guerriero o non guerriero.
Invece doveva accontentarsi di quelle strane visioni che aveva di lui, spesso in sogno. Aveva pensato di star impazzendo, a forza di rivedere sempre le stesse cose e avere allucinazioni, ma si era sentita un po' più tranquilla, quando Nick le aveva spiegato che anche a lui capitava. In quei momenti Jack era talmente concreto che sembrava ancora con loro. Pim non sapeva come sentirsi al riguardo, era spaventata, ma nutriva un briciolo di speranza. Quanto avrebbe voluto che quelli non fossero solo sogni e immagini partorite dalla sua mente nel tentativo di farle sentire di meno il dolore di quella perdita.
Non riusciva a rassegnarsi. Lo voleva lì, con lei, a rivolgerle il suo sorriso storto, mentre si tormentava l'occhio sinistro nonostante i suoi continui rimproveri o cercava di pavoneggiarsi perché non si riteneva mai abbastanza interessante per lei, quando a Pim piaceva molto di più nei momenti in cui si limitava a essere se stesso. Era stato il Jack entusiasta e ingenuo che l'aveva fatta innamorare, non i suoi tentativi di apparire come una persona forte e inattaccabile. Le imperfezioni erano più preziose di qualunque altra cosa ai suoi occhi. Lei era stata creata per essere perfetta, e aveva sentito la sua esistenza come una prigione, finché non aveva incontrato Jack, che le aveva mostrato come si potesse essere un adorabile impasto di difetti. Avrebbe potuto restare per ore a osservare il suo naso imperfetto, i suoi occhi imperfetti, la sua bocca imperfetta. Ma era proprio per quello che le piaceva. Erano quelle piccole imperfezioni a renderlo perfetto, di una perfezione unica e irripetibile. E la sola idea di aver perso tutto ciò per un'assurda fatalità, la faceva sentire come se stesse morendo un po' alla volta. Quel dolore non se ne sarebbe mai andato, avrebbe continuato a scavare in lei per sempre. Non riusciva a capacitarsi dell'accaduto, continuava a sperare in un miracolo. Pim lo sentiva ancora con sé. I suoi ricordi erano talmente intensi che le sembrava di poterlo riportare in vita a tratti, sebbene si trattasse di pochi secondi e accadesse di rado. Erano quelli i secondi in cui le sembrava che il mondo non fosse più grigio.
***
Nick ne era sicuro. Non erano allucinazioni, non potevano esserlo. Per quanto sentisse la mancanza di suo fratello, i momenti in cui Jack compariva erano troppo strani. Era come se il mondo si fermasse, come se la realtà si piegasse, e un vento alieno desse vita a quell'immagine talmente concreta da sembrare materiale, quando si trattava solo di un ologramma.
Nonostante la paura che lo considerassero più pazzo di quanto lui non si sentisse, Nick era andato a parlare dell'accaduto con Teofane, e avevano avuto una discussione molto interessante.
"Anche io l'ho visto"
"Com'è possibile?"
"Pensavo che si trattasse solo di un'allucinazione, all'inizio, ma il modo in cui agisce... il modo in cui io lo vedo..."
"Di cosa stai parlando?"
"Nick, io ho una visione del mondo che tu non puoi comprendere. Quando il Grande Albero mi ha portato via la vista, mi ha dato qualcosa di più potente in cambio. Qualcosa che va al di là della materialità. Era quello che un tempo chiamavano Terzo Occhio, l'occhio della mente, che permette di vedere oltre la mera dimensione materiale e di sondare i diversi piani dell'esistenza. Secondo le teorie esoteriche noi abbiamo più corpi... quello materiale, quello astrale, che sussiste per qualche giorno anche dopo la morte, e..."
"Ma questo cosa comporta? Smettila di girare attorno all'argomento, cazzo!"
Nick si era pentito subito dopo del suo linguaggio, ma non riusciva a trattenersi. Era così furioso, così colmo di dolore da non sapere in quale altro modo comunicare con gli altri. Era come se volesse avvicinarsi e, allo stesso tempo, allontanarli. Temeva la solitudine, ma non sopportava la compagnia, specie nei momenti in cui gli dicevano che gli dispiaceva per Jack. Allora avrebbe voluto prenderli a schiaffi, e si sarebbero sentiti dispiaciuti per un valido motivo.
"Scusa", aveva aggiunto, capendo di aver oltrepassato il segno.
"Non preoccuparti", aveva sospirato Teofane, senza perdere la sua pacatezza. Gli aveva messo una mano su un braccio. "Anche io ero furibondo, dopo aver perso Siria. Pensavo che non ci fosse nient'altro per me in questo mondo, e andavo avanti solo per Aaron. Mi sentivo come se fossi morto con lei. Poi, un po' alla volta, ha cominciato a diventare più sopportabile. Non ti dirò che il dolore svanirà, perché non se ne va mai, ma imparerai a convincerci. Non voglio darti false speranze. E' per questo che giro attorno all'argomento, come dici tu."
"Ma io preferisco sapere, anziché restare a tormentarmi. Solo allora potrò davvero mettermi il cuore in pace. Non sarei mai venuto a parlarti, se prima non avessi realizzato che anche Pim vede Jack. Non ne ho parlato con Morris, ma credo che anche lui riesca sentirlo, forse più di tutti. E se Jack fosse ancora fra noi? Dopotutto Morris non ha distrutto le sue terminazioni nervose"
"Come ha fatto con Valentino", aveva sospirato Teofane, rivolto più a se stesso che a Nick. Aveva scosso la testa, cercando di sorridere. "Perdonami, non volevo interromperti. Comunque sì, Bernie me l'ha confermato. E' come se la mente del ragazzo fosse stata sostituita da altro. Morris continua a ripetermi che è stato Robert Stein ad aggredirlo. Per quanto lo scienziato sia pazzo, quello che un tempo consideravi tuo fratello ha bisogno di aiuto. Ad essere sincero, penso che sia talmente bisognoso di aiuto da esserselo preso, pur di non restare solo. E lo sta ancora tenendo con sé, senza rendersene conto"
"Stai dicendo che Jack potrebbe essere ancora vivo, nella mente di Morris?"
"E' solo una supposizione... ma io sono stato nella mente di tuo fratello. E' un posto immenso, labirintico, in cui è facile perdersi. E' improbabile che lui si renda conto di tutto ciò che vi accade, malgrado cerchi di mantenervi l'ordine. Però, Nick, considera anche quello che era successo a Jack. La sua coscienza era frammentata. Era come se una piccola parte di essa dovesse andare a far parte di quella del soggetto comunicante, per entrarvi in contatto. E se quella piccola porzione di lui esistesse ancora, in ognuno di noi? Tu lo hai visto come un quindicenne, un eterno ragazzino. Pim come il suo innamorato. Io l'ho visto come il ragazzo spaventato ma pieno di speranze e voglia di fare che ha cenato con me, quella sera. Jack è tutte queste persone. Forse, se riuscissimo a rimettere insieme il suo pensiero, se riuscissimo a ricucirlo, potremmo ottenere l'immagine completa. Così recideremmo il legame che ha con noi e, allo stesso tempo, lo aiuteremmo a guarire dal problema che ha da quando Morris è entrato in contatto con lui per la prima volta. Questo significa che dovrai parlare con Morris il più presto possibile. Penserò io ad Aaron e Belgor."
"Con Morris?", aveva ripetuto Nick, stringendo i pugni. Si era ripromesso che non avrebbe mai più cercato il suo aiuto.
"E' l'unico modo. Dobbiamo superare le nostre divisioni, se vogliamo portare qualcosa a termine. Tuo fratello non può farcela da solo. Non riuscirà mai a lasciar andare la parte di Jack che lo fa sentire al sicuro e che ha preso, per paura."
"Paura?", aveva sbottato Nick, per poi abbandonarsi a una risata amara. "Mio fratello non sa cosa sia la paura. Né nessun'altra emozione. Lui non le capisce e basta. E' un sociopatico."
"La paura cambia le persone, Nick. Io ho visto sia Morris che Robert Stein. Tuo fratello è diventato lo scienziato perché aveva paura. E' sempre stata la paura a spingerlo, per quanto anche lui faccia fatica ad ammetterlo. Preferirebbe di gran lunga che fossero l'orgoglio o la superbia i suoi motori, persino la rabbia. E invece è la paura che lo ha avvelenato in tutti questi anni. Ha bisogno di te, Nick. Solo tu puoi salvarlo e, così facendo, riportare indietro Jack. Ce la puoi fare. Potreste essere di nuovo una famiglia."
Nick aveva annuito e, dopo aver spiccicato qualche monosillabo, se n'era andato.
Non aveva fatto altro che riflettere su quelle parole, passando una notte insonne. Quella mattina, svegliandosi, aveva deciso che l'avrebbe fatto.
Sarebbe andato da Morris e ci avrebbe parlato. Al diavolo le sue promesse. Non riusciva a credere a tutto quello che Teofane gli aveva detto, specie riguardo il fatto che Morris fosse solo molto spaventato e solo, ma era disposto a glissare su quegli aspetti, se ciò avrebbe comportato la salvezza di Jack.
Qualunque cosa per il suo cucciolo.
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Ciao ragazzi, ho deciso di mettere un capitolo extra oggi perché il 40 è uno dei capitoli più lunghi che ho scritto e 4000 parole tutte in una volta sono troppe :)
Metterò la seconda parte domenica, come al solito!
Ci divertiremo nel palazzo mentale di Morris, nel prossimo capitolo... chi porta le patatine e alcune sodie pops? :D
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