35. MORTE ALLA CHIMERA
Una volta che Jack ebbe terminato di parlare con Morris, trovò Pim e Belgor ad aspettarlo fuori dalle prigioni.
- Allora? Cosa ti ha detto? – chiese il rospetto, mentre si torceva le mani.
- Quello che volevo sapere – mormorò Jack, che non se la sentiva ancora di parlare con nessuno dell'accaduto. Deglutì e spostò lo sguardo sul baobab degli anziani, al centro del villaggio, poco lontano da quello di Teofane. – Posso parlare con Nick?
- Non lo so, dipende se il suo interrogatorio è finito o meno. Avrebbe dovuto essere presente anche Morris, però era talmente provato dal processo che non riusciva a reggersi in piedi.
Jack annuì: aveva il sospetto che gli anziani avessero preferito liberarsi dell'inquietante presenza di suo fratello, ma era rimasto anche lui impressionato dalla debolezza di Morris. Sembrava che stesse deperendo di secondo in secondo.
- Sta molto male. Morirà se non facciamo qualcosa. La mente alveare ha scavato in lui, e ora ha bisogno di qualcosa cui aggrapparsi. Il suo pensiero è talmente potente che finirà per autodistruggersi. Non possiamo collegarlo a uno dei baobab-curanti?
- Non oso farlo senza il consiglio di Bernie – mormorò Belgor, sempre più a disagio. Doveva essere difficile per lui aiutare qualcuno che aveva causato così tanto dolore alla sua specie, e Jack se ne rese conto.
- Senti, non devi farlo per forza. Fai finta che non ti abbia detto niente – sospirò il ragazzo, infilandosi le mani in tasca, mentre rifletteva sul da farsi. Anche se Morris l'aveva scacciato, non si sarebbe arreso. Suo fratello aveva bisogno di aiuto, non c'era tempo da perdere.
- Non è che non voglio aiutarti, è solo...
- Se vuoi farmi un favore, prenditi cura di Croak – lo interruppe Jack, accarezzando la rana che il rospetto stringeva fra le braccia.
Il ragazzo spostò lo sguardo su Pim, che era rimasta in silenzio, limitandosi a grattare Baffo dietro le orecchie.
- Dove possiamo mettere il nostro nuovo amico? – chiese la ragazza a Belgor, sciogliendo la tensione.
- Oh. Ehm, seguimi. E' grandicello, ma dovrebbe esserci posto per lui vicino ai nostri destrieri.
- Avete dei destrieri?
- Non lo sapevi? Sono dei bei lucertoloni – mormorò Belgor, accennando un sorriso. Guardò Jack un'ultima volta e si incupì. – Allora io porto il Rosicone...
- Sì, va bene. Ci vediamo dopo, okay?
Belgor annuì, e lo stesso fece Pim, ammiccando. Avrebbe dato a Jack il tempo per portare Morris via da lì.
***
Morris respirava a fatica, cercando di controllare il tremito che gli pervadeva il corpo. Si sentiva come un drogato in crisi di astinenza, solo che era molto, molto peggio, perché la sostanza di cui aveva bisogno era impossibile da trovare, a meno che non tornasse a Cram.
Lo scienziato aveva un'emicrania fulminante, la sua mente stava perdendo acqua da tutte le parti, solo che al posto del monossido di diidrogeno dai pori della sua pelle fuoriuscivano pensieri. Non riusciva più a tenerli al guinzaglio. Temeva che, se qualcuno si fosse avvicinato, avrebbe avuto un tale bisogno di non sentirsi solo da aggredirlo. Era felice che Jack fosse andato via e i Sopravvissuti avessero avuto la buona idea di rinchiuderlo in quella cella umida.
Si mise seduto, le braccia che cedevano, e appoggiò la schiena contro il muro di legno, ansimando. Si sentiva come se, con ogni respiro, un altro po' della sua anima stesse evaporando. Pregò che a Robert stesse succedendo lo stesso. Forse, se fosse arrivato abbastanza vicino alla morte, il mostro che graffiava la prigione delle sue costole se ne sarebbe andato... ma, in fondo, non ci credeva nemmeno lui. Finché Morris era in vita, sarebbe stato in vita anche Stein.
Lo scienziato allungò una mano tremante verso la caraffa d'acqua che gli avevano portato. Probabilmente qualcuno ci aveva sputato dentro, ma non aveva importanza. Era così debole che non riuscì nemmeno a sollevarla.
Morris emise un gemito e si chinò su di essa, ottenendo il solo effetto di rovesciarla. Fu abbastanza veloce da dissetarsi, prima che l'acqua venisse completamente assorbita dal terreno ricco di spore. Non aspettavano altro che dell'umidità su cui pasteggiare.
Morris pregava che sarebbe finita presto. Il vuoto dentro di lui stava diventando una voragine, e non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a controllare il vampiro che reclamava il pegno: voleva pensieri di altri con cui colmare la propria solitudine, e i suoi artigli invisibili fremevano per l'ingordigia.
***
Jack controllò che non ci fosse nessuno che potesse vederlo e scivolò di nuovo nelle viscere delle prigioni, portando con sé delle provviste. Aveva preso alimenti molto ricchi di zuccheri che avrebbero raggiunto subito il cervello, in modo da dare a Morris un briciolo di supporto.
Man mano che si avvicinava alla sua cella, avvertiva dei gemiti sempre più forti. Sembravano quelli di una creatura morente.
- Mo, resisti, ci sono io! – esclamò, le dita cedevoli per la preoccupazione, mentre si inginocchiava di fronte alla serratura.
Per aprirla gli bastò sollevare la porta stessa, in modo da farla uscire dai cardini. La lasciò cadere a terra, le braccia che dolevano per lo sforzo, e si chinò al fianco di suo fratello.
Morris era rannicchiato a terra in posizione fetale, e tremava violentemente. Poco lontano c'era una chiazza di vomito.
- Mo! Mo, mi senti? – lo chiamò, scuotendolo con delicatezza per una spalla. Riusciva ad avvertire ogni suo singolo osso... era così magro.
Da suo fratello provenne un rantolo, mentre sollevava le palpebre di mezzo centimetro. Vide Jack e sembrò spaventato.
- Ti avevo detto di andartene...
- Sono venuto ad aiutarti. Guarda, sei un disastro. Cosa ti sta succedendo?
- La mia mente. Si divora da sola, senza avere qualcosa di cui cibarsi. Non devi stare qui... non riesco a... controllarmi...
- C'è un modo per aiutarti. I filamenti del baobab ti faranno stare meglio. Là ci sono tutti i pensieri che vuoi, potrai nutrirtene!
- Jack, tu non capisci... sono pericoloso.
Il ragazzo ignorò i suoi farfugliamenti, accostandogli alle labbra un bicchiere di linfa, la più dolce che aveva trovato in casa. Per fortuna che Nick era ancora impegnato con l'interrogatorio; se avesse scoperto Jack ad aiutare Morris, l'avrebbe riempito di botte.
- Bevi, avanti. So che hai la nausea, ma ti aiuterà mettere qualcosa nello stomaco. Hai bisogno di zuccheri.
Morris inghiottì la linfa, trattenendo altri conati di vomito, e riuscì a mantenerla all'interno del suo stomaco. Jack cercò di porgergli anche qualcosa di solido da mangiare, ma Morris lo respinse con una mano tremante.
- Bravo, mi hai aiutato. Adesso vai.
- No, tu vieni con me – ribatté Jack, passandogli un braccio attorno alle spalle.
Morris non riusciva a stare in piedi, e Jack optò per issarselo sulla schiena. Lo scienziato era talmente leggero che il ragazzo riusciva a portarlo persino col suo fisico da lanciatore di coriandoli.
Jack risalì le scale più in fretta che poté, il capo di Morris che gli ciondolava sulla spalla. Una volta in superficie, controllò che non ci fosse nessuno e corse a rotta di collo verso la zona dei baobab-curanti.
Per fortuna Bernie gli aveva spiegato qualcosa su quegli alberi o non avrebbe potuto fare nulla.
***
Morris aveva chiuso gli occhi. Le uniche cose che avvertiva erano i movimenti ritmici del corpo di suo fratello, che stava correndo, e l'emicrania lancinante che lo torturava.
Grazie a quella bevanda stava un po' meglio, il che gli aveva dato la forza per pensare. A Morris non piaceva che Jack fosse tanto vicino a lui: se era così debole, non sarebbe stato in grado di difenderlo da Robert.
N o n è i l m a s s i m o , m a p o t r e m m o a s s o r b i r e i s u o i p e n s i e r i , lo tentò la voce del mostro. S t i a m o m o r e n d o . N o n c ' è t e m p o .
Jack ci sta portando ai baobab. Lì ci sarà abbastanza cibo per entrambi.
M a i o v o g l i o m a n g i a r e . A d e s s o . N e a b b i a m o b i s o g n o , M o r r i s . C o s ' è l a v i t a d i u n m o c c i o s o , p a r a g o n a t a a l l a n o s t r a ? D o p o t u t t o q u e l l o c h e a b b i a m o f a t t o , t u t t e l e c o s e c h e a b b i a m o s c o p e r t o , v o r r e s t i p e r d e r e t u t t o s o l o p e r c h è n o n h a i a v u t o i l c o r a g g i o d i f a r e c i ò c h e d o v e v i ? E ' r i d i c o l o , M o r r i s .
Lasciami in pace! Non voglio farlo e basta.
C r e d e v o c h e o d i a s s i q u e l m o c c i o s o .
Non è vero. Non l'ho mai odiato.
L o d i c i s o l o p e r c h è è l a t u a a n c o r a d i s a l v e z z a . N o n p r e n d e r e i n g i r o m e , t i c o n o s c o t r o p p o b e n e . T i s e r v i r a i d i l u i , c o m e h a i s e m p r e f a t t o . N o n s a i i n t e s s e r e d e l l e v e r e r e l a z i o n i , s e i s e m p r e s t a t o u n p a r a s s i t a , c h e p r e n d e v a q u e l l o c h e g l i e r a u t i l e e p o i s e n e a n d a v a . N o n v e d o p e r c h è l e c o s e d o v r e b b e r o c a m b i a r e p r o p r i o a d e s s o .
No! Smettila... smettila...
A h , e v a b e n e . S e n o n l o f a r a i t u , l o f a r ò i o .
Morris avvertì la familiare sensazione di uscire dai propri limiti, e fu un sollievo. Ma doveva restare chiuso, trattenersi: se i suoi pensieri avessero colonizzato la mente di Jack, avrebbero potuto marchiarlo più di quanto non avessero già fatto. Era la sua sete di forza a dominarlo ormai.
Lo scienziato era talmente impegnato a cercare di contenere Robert che fu a stento consapevole che Jack era caduto a terra. Quando si mise seduto, vide che suo fratello era steso nell'erba. Aveva gli occhi rovesciati ed era scosso da delle convulsioni.
- No! – gemette Morris, arrancando verso di lui. – Jack, resisti. Ti prego.
Si guardò attorno. Non c'era nessuno che potesse aiutarli. Stava cercando di fermare Robert, ma il mostro era indipendente da lui, nonostante anche Morris avvertisse il flusso proveniente da Jack riversarsi nella loro mente. Il vampiro si stava cibando dell'anima di suo fratello.
- No, no, no – rantolò Morris.
Era abbastanza forte da reggersi in piedi, ormai. Più lui si fortificava, più Jack si indeboliva.
Seguendo le indicazioni dategli dai ricordi che stavano dando nuova linfa vitale alla sua mente cannibale, Morris corse verso i baobab-curanti, senza distogliere lo sguardo da suo fratello per un solo secondo. Jack era molto pallido, ma respirava ancora. Balbettava parole prive di senso, riguardo cose che erano successe in passato a lui o a Morris, e frammenti di ricordi, che si stavano sovrascrivendo a quello che c'era già nella sua memoria.
Robert stava assorbendo tutte le informazioni nella mente di suo fratello, rimpiazzandole con briciole insensate delle proprie: tutti gli scarti, i piccoli byte che non volevano dire niente e servivano solo a occupare spazio nel loro cestino della memoria, si stavano riservando nell'hardware di Jack.
Morris salì le scale di uno dei baobab, afferrò una matassa di filamenti e se li piazzò sulla testa. Non aderivano abbastanza in fretta, e Jack stava scomparendo. Doveva facilitare il loro ingresso, ma come?
Una scheggia di legno sporgeva dal tronco del baobab. Morris la afferrò, stringendo con tanta forza da ferirsi. Usò la punta del legno per procurarsi dei tagli sulla testa, dove i filamenti del fungo attecchirono subito, facilitati dall'umidità. L'uomo scaraventò la scheggia giù per le scale, le mani ricoperte di tagli, mentre avvertiva la voragine colmarsi con una lentezza esasperante. Pensieri e sensazioni si appianarono, e anche Robert, saziata la sua fame, fece lo stesso, tornando a dormire nel sottostrato della sua coscienza.
Morris tornò nel mondo reale e trasse un sospiro di sollievo, appoggiandosi contro il tronco per risposare. Durò un solo istante, perché dovette strisciare verso Jack, posandogli le mani sul petto.
Suo fratello era immobile. Sembrava quasi che non respirasse.
- Jack... - lo invocò Morris.
Il ragazzo aprì gli occhi, ma non rispose. Quelle sfere castane erano fisse in un punto imprecisato del soffitto, ridotte a due biglie prive d'espressione. Morris allungò timidamente la propria mente verso quella di Jack, in cerca di qualche segno vitale. Ebbe l'impressione di trovarsi di fronte a una superficie piatta, sulla quale stavano trasmettendo solo statico.
***
Una volta che Nick fu libero di andare, uscì e si sgranchì, allungando le braccia. Era stato seduto per ore, di fronte ai rosponi anziani che gli facevano domande su Morris e chiedevano di leggere la sua mente. Alla fine Teofane aveva notato che era talmente stanco da non riuscire più a comunicare in modo adeguato, e l'aveva lasciato andare. Avrebbero terminato di parlare l'indomani. Alcuni rosponi avevano bisogno di ulteriori delucidazioni su Morris per compiere la loro decisione. Per quel momento sembravano propensi a fargli dono di clemenza vista la testimonianza positiva di Nick, ma avrebbero dovuto ricevere anche quella di Jack e di altri Sopravvissuti, prima di concludere.
Nick si diresse verso casa, aspettando di trovarci Jack. Belgor gli aveva detto che era tornato da quella sua fuga idiota, e l'uomo si era sentito molto più tranquillo, dato che aveva potuto continuare il processo senza avere la costante preoccupazione di dove diamine fosse finito il cucciolo. Jack gli aveva solo lasciato una lettera confusionaria sul tavolo prima di andarsene, regalandogli uno stato di ansia perpetua.
"Tornai Prestossi", aveva scritto.
L'ortografia infantile di Jack gli aveva sempre fatto tenerezza.
Prima che Nick potesse raggiungere il baobab, venne intercettato da Bernie.
Il guaritore ansimava pesantemente e aveva gli occhi spalancati.
- Devi venire con me. Tuo fratello... i tuoi fratelli... è successa una cosa...
Nick avvertì un vuoto allo stomaco e seguì il medico. A loro si aggregarono Belgor e Pim, ormai di ritorno dalle lucertolerie, dove avevano sistemato Baffo. Il rospetto stava ancora tenendo la Stregana in braccio, ma la bestiola non stava gracidando. Sembrava preoccupata quanto Bernie.
- Cosa sta succedendo?
- Jack e Morris – gorgogliò Bernie. – E' successo... Jack era molto fragile, e Morris disperato...
Non riusciva nemmeno a parlare.
Nick decise che non sarebbe rimasto lì ad ascoltarlo e sarebbe andato a vedere di persona. Era molto più forte e veloce di lui, e lo superò in fretta, con ampie falcate.
Identificò subito il baobab in cui si trovavano i suoi fratelli e salì in fretta le scale. C'erano un paio di pazienti al piano inferiore, ma quello superiore era vuoto: era l'epicentro delle onde emanate dalle presenze di Jack e Morris.
Nick non avrebbe mai potuto prepararsi a sufficienza per ciò che era accaduto in quella stanza.
Prima vide Morris rannicchiato in un angolo, le mani insanguinate sulla testa. Aveva gli occhi sbarrati e dondolava sul posto. Il suo volto era rigato di lacrime e non sembrava del tutto cosciente.
- Morris, cosa...
Nick si interruppe nel notare l'altro corpo, parzialmente nascosto dal letto, sulla parte destra della stanza. Vi si avvicinò, le ginocchia molli, e nel vederlo cadde a terra.
No. Non poteva essere.
Dopo tutto quello che avevano fatto per aiutarlo a riprendersi, le notti insonni, l'angoscia. Persino le lezioni con Aaron... ed era successo comunque.
Nick prese in braccio Jack, depositandolo sul letto, cercando qualche segno vitale in lui. I suoi occhi erano assenti. Quando provò a contattarlo mentalmente, non trovò nulla. Nulla. Solo frammenti di informazioni insensate, che non avevano niente a che fare con lui. Quelle erano memorie di altri: flash di un laboratorio dalle pareti bianche, una piccola stanza, le coperte del letto dove dormiva. Un sacco di ricordi inutili, quelle memorie ripetitive che venivano immagazzinate nel cestino, prima di essere lentamente consumate per far posto a cose più utili.
Ed erano tutte memorie di Morris.
Nick si voltò verso di lui, e vide rosso.
- Io ti ammazzo – sussurrò.
Non sentiva nemmeno la rabbia. Era vuoto. Agiva meccanicamente, come se avessero disconnesso il corpo dal cervello.
Le sue dita si strinsero attorno alla gola di Morris, che non fece nulla per difendersi. Si abbandonò mollemente nella sua presa, fissandolo con occhi sbarrati.
Nick lo guardava negli occhi a sua volta.
- Ho anche testimoniato a tuo favore... – rantolò, inghiottendo le lacrime che gli scorrevano in gola, la voce ridotta a un pigolio. – Gli ho mostrato le cose buone che avevi fatto, invece dell'odio che ho provato per tutti questi anni, perché pensavo fossi cambiato. E tu sei riuscito a rovinare tutto... rovini sempre tutto! Ma se non ti uccideranno loro, lo farò io. Adesso.
Le labbra di Morris stavano assumendo una sfumatura bluastra, quando tre paia di mani afferrarono le braccia di Nick, costringendolo a mollare la presa.
Lui si dimenò furiosamente, cercando di colpirli, e venne trattenuto da Pim, sedutasi sul suo petto.
- Nick... Nick, calmati. Se lo ucciderai, poi te ne pentirai, lo so – mormorò la ragazza, nonostante avesse un dolore simile al suo nello sguardo e continuasse a scoccare occhiate ansiose al letto dov'era accasciato Jack. – Per favore.
- Lasciami – gorgogliò lui, con dei grugniti impotenti, scrollando le braccia per scacciarla, ma non c'era verso di muoversi.
Gridò, bestemmiò, diede fondo a tutto il suo repertorio di insulti. Alla fine, svuotato, smise di lottare e si afflosciò, singhiozzando sommessamente.
- Jack non c'è più, ed è colpa sua... è stato lui. Maledetto me per averlo aiutato. Se avessi lasciato che lo ammazzassero e basta... - farfugliò, fra un singhiozzo e l'altro.
Pim lo abbracciò, e Nick la strinse forte. Su di lei era rimasta una piccola traccia dell'odore di suo fratello, e si illuse di star stringendo Jack.
Nel frattempo Bernie aveva aiutato Morris a mettersi seduto. Lo scienziato si stava massaggiando la gola, e un rivolo di sangue gli colava dalle labbra. I suoi occhi avevano l'espressione più patetica che il medico avesse mai visto, e l'uomo continuava a ripetere "mi dispiace" e "non riuscivo a controllarmi".
- Lo so, Morris – mormorò il dottore, che non avrebbe mai pensato di poter provare compassione per quello che aveva creduto un mostro per anni. Gli sembrava solo un bambino terrorizzato. – Non l'hai fatto di proposito. Avrei dovuto ricollegarti subito al baobab... è stata anche colpa mia. Adesso cerca di calmarti. Troveremo una sistemazione sia per te che per Jack.
La sua voce tentennò nel pronunciare il nome del suo novello apprendista. Malgrado lo conoscesse da poco tempo, aveva avuto modo di affezionarsi a quel ragazzo tenero e un po' strampalato.
Si avvicinò a lui e controllò le sue funzioni vitali.
Trasse un sospiro tremante.
Da allora in poi avrebbe dovuto preparare una dose in più dell'unguento che riservava a Rorian.
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Questo è un capitolo molto triste e angosciante, lo so o.o
Speriamo che le cose si sistemino... la storia comincerà a prendere pennellate sempre più dark, spero non vi spaventerete troppo XD Prima o poi ci avvicineremo a un grande conflitto.
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stella o un commento, e ci vediamo nel prossimo, il tanto agognato capitolo sul processo di Morris. Ne sapremo molto di più sullo scienziato pazzo di quartiere.
Alla prossima!
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