34. LA VERITA'
Jack stava camminando lungo la scala che l'avrebbe portato nelle viscere della terra. Sotto la superficie non c'era bisogno di lanterne, i filamenti del fungo erano talmente presenti da illuminare a giorno la zona con la loro bioluminescenza, che faceva apparire la sua pelle violacea. Era un'atmosfera delirante, sembrava di entrare in un altro mondo, fatto di sogni chimici, ma era anche opprimente, perché i corridoi erano stretti e soffocanti, e la consapevolezza che quella era una prigione sempre presente.
Jack non sapeva cosa aspettarsi, né cos'avrebbe detto da lì a pochi istanti. Non aveva avuto modo di parlare con Nick, ancora sotto interrogatorio da parte degli anziani, e Pim non era potuta venire con lui, perché Morris aveva espressamente richiesto di parlare con Jack in privato. Man mano che proseguiva, il cuore del ragazzo accelerava i battiti, dandogli l'impressione che un fiume in piena gli stesse inondando il petto. Chissà com'era cambiato Morris in tutti quegli anni. Jack se lo ricordava ventiduenne, nel fiore della giovinezza. I suoi occhi, di quell'azzurro tanto particolare, ereditato da loro padre, erano state segnate dalle occhiaie, e la bocca contratta in una perenne smorfia di disgusto e frustrazione. Mo aveva detestato il Rifugio con un odio viscerale, impossibile da eradicare. Alla prima occasione se n'era andato a Cram, dove, almeno sperava, si sarebbe liberato dalle catene e avrebbe potuto volare tanto in alto da superare quel Dio di cui aveva raccontato loro Bernie.
Jack aveva paura di ciò che si sarebbe trovato davanti. I ricordi di Rorian continuavano a ripresentarsi nella sua mente assieme alla sofferenza di quel poveretto, che non aveva mai fatto nulla per meritarla. Attraverso gli occhi del Sopravvissuto, Jack non aveva visto Morris, ma Robert Stein, e ne era stato terrorizzato. Gli occhi di loro padre, che nelle sue memorie apparivano sempre gentili, l'avevano attraversato da parte a parte come due aghi di azoto liquido.
Robert era un mostro a sangue freddo. Ma Morris? Morris lo era?
Era possibile che qualcosa del fratello che per anni era stato il nord della sua bussola fosse sopravvissuto all'interno di quella statua indifferente? Che ci fosse ancora una fiammella in grado di riscaldare la pietra?
Jack si fermò davanti alla porta d'ingresso. Gli avevano detto che Morris si era rifiutato di farsi leggere la mente dagli anziani. Se anche ci fosse stata una minima traccia di innocenza in lui, Jack sapeva che l'avrebbe tenuta nascosta pur di salvaguardare il suo stupido orgoglio. La maggior parte dei Sopravvissuti l'avrebbe condannato solo per quello: per loro Stein voleva nascondere gli orrori del suo animo, talmente atroci che sarebbero valsi all'istante la pena peggiore.
Ma Jack non voleva che fossero altri a dirgli la verità, o che gliela estraessero con la forza. Voleva che Morris gliela dicesse ad alta voce, da uomo a uomo, da fratello a fratello. Niente finzioni, niente bugie. Jack voleva sapere. Tutto.
***
Svoltò l'angolo e lo vide.
Per un istante persino il suo cuore smise di battere. Poi il tempo riprese a scorrere a velocità raddoppiata. Morris era seduto con la schiena rivolta alle sbarre di legno, in completo silenzio. I capelli neri e di quel riccio ribelle che l'avevano caratterizzato sin da bambino gli arrivavano fino alle spalle. Nonostante indossasse dei vestiti larghi - una maglia a maniche corte e dei logori pantaloni fornitigli dai Sopravvissuti - essi non contribuivano a nascondere la sua eccessiva magrezza. Anche Jack era stato molto magro per via della difficile reperibilità del cibo, e le sue costole erano arrivate a essere ben visibili sotto lo strato di fragile pelle che le ricopriva, ma non era mai arrivato a tali estremi. Suo fratello era ridotto a un ammasso di ossa e tendini. Gli zigomi erano talmente aguzzi che avrebbe potuto tagliarsi prendendolo a schiaffi.
Si guardarono in silenzio, senza riuscire a parlare. Jack aveva pensato per secoli a tutte le cose che avrebbe voluto dirgli, e ora le parole gli si bloccavano in gola, impedendogli di emettere il sussurro più lieve.
Morris emise un gemito e si alzò in piedi. A differenza di Nick era basso, sul metro e sessantacinque. Jack lo superava di dieci centimetri, ormai. Quel cambiamento di prospettiva gli fece un certo effetto. Aveva sempre visto Morris come un gigante alla pari di Nick, e ora si rendeva conto di quanto si fosse sbagliato.
Eppure, nonostante il suo corpo esile e consumato, Morris era imponente: colpa di quello sguardo penetrante, dietro il quale si agitava una coscienza in fermento. A Jack sembrava quasi di sentirne il ronzio, come quello di una lampadina sovraccarica.
- Sei cresciuto - mormorò Morris.
Jack ebbe un fremito. Cercò di parlare e dalle sue labbra uscì una risatina involontaria che gli fece sperare di essere inghiottito dal pavimento in quello stesso istante.
- Tu ti sei abbassato - balbettò, pentendosi subito dopo di aver detto quella battuta. Nick aveva ragione quando gli diceva di contare fino a dieci prima di parlare.
Le labbra di Morris si inarcarono appena, accennando un sorriso. Jack si sentì sollevato e stupito al tempo stesso. Non ricordava l'ultima volta in cui avesse visto suo fratello sorridere.
- Come stai? - chiese Jack, continuando a maledirsi mentalmente.
Che domanda del cazzo. Sei un deficiente, un defi...
- Benissimo - mormorò Morris, inarcando un sopracciglio. - Non si vede?
- Pensavo che non avessi un senso dell'umorismo.
Jack abbassò lo sguardo, mentre Morris rideva piano.
- Neanche io.
Fra loro calò un silenzio pesante, mentre ognuno cercava le parole più adatte per proseguire. Fu di nuovo Morris a parlare per primo.
- Mi dispiace.
- Per cosa?
- Per tutto. Sono andato via, non mi sono più fatto sentire. Ho fatto finta di non riconoscerti al telefono.
Lo scienziato sospirò, tornando a sedersi. Stare in piedi era uno sforzo troppo intenso. Jack lo imitò, in modo da potersi trovare al suo stesso livello.
- Allora sapevi che ero io.
- Sì.
- Perché hai...
- Non potevo parlare con te. Non volevo. Mi ricordavi troppo casa. E poi la tua voce era sempre lì, a martellare...
- Dunque mi sentivi? Tutte le cose che pensavo, tu riuscivi a udirle?
- Sì. Era molto fastidioso, a volte. Però era anche come stare in compagnia- Morris si interruppe, con uno sbuffo. - Curioso come mi sentissi solo persino in mezzo alla mente alveare dei Migliori. Una parte di me, quella che mi ha permesso di sopravvivere al distacco, ha sempre saputo che non ero fatto per restare con loro. Nonostante ciò, non avere più quel chiacchiericcio costante nella mia mente mi terrorizza. E' nel silenzio che posso sentire la voce dei mostri.
- I Sopravvissuti ti cureranno, se glielo permetterai - mormorò Jack, stringendo le sbarre fra le mani.
- Non sono benvoluto qui, né da nessuna parte. Tutti mi odiano, e a buona ragione.
Jack deglutì a fatica.
- Io non ti odio - mormorò, con voce spezzata. - Non ti ho mai odiato.
Morris alzò lo sguardo. La sua espressione era neutra, come se non sapesse come reagire a una dichiarazione d'affetto.
- Lo so - mormorò infine, passandosi una mano sulla nuca. Aprì la bocca come se volesse aggiungere qualcos'altro, ma la richiuse subito dopo.
- Mo.
- Sì?
- Quelle cose su di te... sono vere?
Morris non rispose, incupendosi. Attirò le ginocchia al petto, circondandole con le braccia.
- Nick sta testimoniando in questo momento. Gli anziani non sono riusciti a leggermi la mente, non glielo permetterò. E' l'unica cosa che resta di me, non lascerò che me la portino via.
Si interruppe, emettendo un verso di spregio.
- Chissà cosa gli starà dicendo Nick: che sono un mostro, che mi merito tutto questo.
Abbassò il capo, e i ricci scivolarono sulle sue ginocchia ossute, mentre le sue gambe, si ritraevano ancor di più, creando uno scudo contro il mondo esterno.
- Non si sbaglierebbe.
La vista di Jack si annebbiò, e il ragazzo si passò una mano sulle guance per pulirle dalle lacrime che vi stavano scorrendo, senza che riuscisse a controllarle. Un singhiozzo gli attraversò il petto, mentre scuoteva la testa.
- Quando sono arrivato qui... - cominciò, con l'intento di raccontargli di ciò che Aaron gli aveva fatto, di come l'aveva quasi annientato.
Poi ci ripensò. Suo fratello non aveva bisogno di avere anche quel peso sulle spalle. Morris non era mai stato bravo a esprimere le emozioni, ma Jack sapeva leggere il suo dolore, quando lo vedeva: con tutto il tempo che aveva passato a cercare un segno di approvazione su quel volto severo, aveva finito per impararne a memoria le reazioni.
- Mo, ho parlato con un Sopravvissuto. Mi ha detto che facevi degli esperimenti sui suoi compagni, che hai vivisezionato alcuni di loro. E' vero?
- Vuoi sentirmelo dire, giusto?
Jack annuì.
Morris trasse un profondo sospiro e sollevò il capo. Il suo volto scavato era una maschera indecifrabile.
- Sì. Lo ammetto. Ho fatto cose di cui mi pento, ma non ero io.
- Come, non eri tu?
- E' complicato, Jack.
- E spiegamelo, allora! Ti prego, dimmelo. Devo sapere chi sei, non posso più avere quel dubbio.
Come se non avesse fatto altro che accumulare tensione fino a quel momento, Morris digrignò i denti e si portò le mani alla testa.
- Non so nemmeno io chi sono, va bene? - esplose, gridando con voce stridula. - Quando sono arrivato a Cram, è cambiato tutto. Sono diventato un altro. Ho anche cambiato nome in Robert Stein... e, alla fine, è diventato più che un nome. Ero io, ma, allo stesso tempo, non lo ero. A volte avevo il controllo, mentre altre...
Si interruppe, respirando affannosamente, gli occhi sbarrati, fissi sul terreno.
- ... altre volte ero davvero quel mostro di cui tutti parlano. Non sono nemmeno sicuro di averlo scacciato. Lui è ancora lì, ci parlo, mi sussurra cose. E' come se in me ci fossero due identità e i confini non fossero così netti. A Cram, io e Robert siamo diventati due facce della stessa medaglia. Lui impediva a me di impazzire quando dovevo fare certe cose, mentre io lo impedivo a lui nei momenti di solitudine, quei terribili minuti in cui ripensava a ciò che aveva fatto, nel silenzio della nostra camera. Così nessuno di noi due era colpevole di tutto, capisci? Lui era il mostro che faceva quegli esperimenti, io quello che aveva abbandonato la sua famiglia per l'ambizione, gettandosi una vita intera alle spalle. Così era tutto più sopportabile.
Fece una lunga pausa, durante la quale Jack lo fissò in silenzio, col cuore in gola.
- Quindi, se vuoi saperlo, io sono il Morris che hai conosciuto, ma sono anche Robert Stein. Non ci puoi dividere, Jack. Tu puoi volermi bene come un tempo, ma sappi che c'è dell'altro in me che potrebbe non piacerti. Anche io ne sono disgustato... ma anche affascinato, sarebbe inutile negarlo. Volevi la verità, giusto? Eccola. Spero tu sia soddisfatto, ora.
- Sono felice che tu me l'abbia detto - riuscì a gorgogliare Jack, dopo essersi schiarito la gola per recuperare almeno un filo di voce.
- Non so cos'abbia dichiarato Nick oggi, al processo, ma non credo abbia parlato bene di me. L'ha messo bene in chiaro, quando ci siamo visti: mi odia e non vuole saperne di darmi una seconda possibilità. So di non meritarmela, ma lui me l'ha negata a prescindere. Non so cosa farai tu, tuttavia sappi che, qualunque decisione prenderai, fosse anche la mia condanna, io capirò. Morire in questo momento sarebbe una liberazione... ho trascurato il mio corpo per troppo tempo, e la mia mente reclama lo scotto per essersi spinta troppo in là, a discapito delle mie già deboli energie. La mente alveare in parte mi sosteneva, ma così non durerò a lungo, Jack. Sono un guscio pieno di crepe. Senza cure morirò prima della fine del processo. I Sopravvissuti potrebbero anche solo lasciarmi qui qualche giorno e, al ritorno, troverebbero uno scheletro ricoperto solo dalla pelle.
- Morris... - balbettò Jack.
Avrebbe voluto dirgli che non aveva intenzione di condannarlo, non aveva importanza cos'avesse fatto - nonostante tutto, quando Jack guardava il suo volto segnato dalla stanchezza gli era difficile vedere lo scienziato. A una parte di Morris dispiaceva di aver compiuto certi atti, e quel poco di pentimento a Jack bastava. Voleva dire che c'era qualcosa da salvare, che suo fratello era ancora lì e, nonostante fra lui e Robert Stein fosse presente un legame morboso, tale che nessuno dei due poteva fare a meno dell'altro, quel poco di umano che restava, aveva diritto a una possibilità di redenzione. Jack avrebbe fatto del suo meglio per convincere Teofane e gli anziani dell'innocenza di quella piccola parte. Non avrebbe negato le sue colpe, ma avrebbe messo in luce l'ambiente in cui si trovava Morris, che aveva avuto buona parte nel creare la personalità di Robert e nel trasformarla in una creatura fin troppo concreta.
Per quanto riguardava la debolezza di Morris, Jack avrebbe voluto portargli qualcosa da mangiare per attenuarla, anche se avesse dovuto rubare dalla dispensa comune.
Ma non disse nulla di tutto ciò, perché suo fratello non glielo permise.
- Vai via, adesso. Voglio restare solo.
- Mo, volevo solo dirti...
- Vattene. Vai e basta, per favore.
Jack trasse un profondo sospiro e si alzò in piedi.
- Ti voglio ancora bene, Mo. Questo deve pur significare qualcosa. Se ci tieni almeno un po'a me, lascia che leggano la tua mente. Datti una possibilità di salvezza. Non è Nick il primo a negartela, ma tu stesso... io non voglio vederti morire.
Morris non rispose.
Ormai si era chiuso nel suo mondo e non poteva più sentirlo. Forse.
Jack sospirò e lo guardò un'ultima volta, poi si diresse verso l'uscita strascicando i piedi, accompagnato dalla sensazione di avere due immensi pesi alle caviglie.
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Ciao ragazzi, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Oggi ho un esame, quindi potreste non sentirmi durante la mattinata, ho tre prove scritte di russo - aaaaaargh!
Il periodo degli esami durerà fino a metà luglio, menomale che Necromoria l'ho finito e lo sto solo correggendo prima di pubblicarlo.
Ho una nuova storia di fantascienza in cantiere, ho scritto i primi 4 capitoli... Mi sta piacendo, spero che mi prenderà quanto questa, nonostante i personaggi che ho inventato siano nuovi.
Il titolo provvisorio è Skinwalker, ma penso rimarrà tale, salvo grandi cambiamenti.
Ci vediamo nel 35!
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