19. Ho bisogno di te
Nonostante il passo incerto e l'andatura da ubriaco, Jack arrivò per primo al villaggio dei Sopravvissuti, gli occhi arrossati fissi davanti a sé, i pugni stretti a tal punto da conficcarsi le unghie nei palmi.
Basta.
Era stanco, maledettamente stanco, e non aveva nessuno con cui parlarne. La ragazza era andata via per qualche oscuro motivo che non aveva voluto dirgli, mentre Nick si volatilizzava ogni volta in cui lui si trovava nei paraggi.
Perché tutti lo evitavano e fuggivano da lui proprio quando aveva più bisogno della loro presenza?
Voleva sfogare il suo dolore, e non c'era nessuno.
Ma avrebbe trovato Nick, avesse anche dovuto camminare per giorni.
- Jack, dove stai andando? Jack! – gemette Belgor, andandogli dietro su quelle gambe rospose che si ritrovava.
- Lasciami in pace – sibilò lui, a denti stretti. Se avesse schiuso le labbra si sarebbe messo a gridargli contro e, in fondo, quello che era successo non era colpa di Belgor. Voleva tenere da parte la sua furia per qualcun altro.
- Cosa vuoi fare?
Jack non rispose nemmeno, facendo irruzione nel baobab-casa di Bernie.
Il medico si lasciò sfuggire un'esclamazione di spavento, facendo cadere a terra il mortaio dove stava pestando delle foglie dall'odore pungente.
- Jack? – chiese, confuso. – Cos'è successo?
- Te lo dico io cos'è successo! – sibilò il ragazzo, afferrandolo per il colletto della felpa, nonostante il rospone fosse più alto di lui. Lo costrinse ad abbassarsi al proprio livello per guardarlo in viso. – Succede che tutti mi raccontate un sacco di stronzate. Perché non volete dirmi dov'è Nick? Qualcosa non va, non è vero? Pensate che sia davvero così stupido da non accorgermene? Sono solo un umano, ma ciò non significa che mi dobbiate trattare come un ragazzino idiota.
- Io non...
- Dimmi dov'è mio fratello, adesso!
Bernie sospirò, arrendendosi, e indicò uno dei baobab attraverso la finestra.
Jack lo lasciò andare con un ringhio, camminando a grandi passi verso il baobab di suo fratello. La testa cominciava a girargli e la rabbia scemava per via della stanchezza, ma si costrinse a rimanere vigile. Era ridicolo aver rimandato così tanto, aveva lasciato a Nick tutto il tempo per venirlo a cercare.
Entrò nel baobab quasi buttando giù la fragile porta che penzolava sui cardini. Si guardò attorno come un animale inferocito, cercando Nick.
- Nick! – gridò, il suono che gli grattava lungo la gola. – Dove sei?
Non ricevette nessuna risposta e decise di salire le scale, facendo più rumore possibile. Voleva fargli sapere che stava arrivando.
Stava scalando gli ultimi gradini, quando qualcuno gridò, in camera.
- NO! Non entrare! Vai via!
Era Nick, non poteva essere nessun altro. La sua voce aveva un timbro bizzarro, come se fosse scesa di mezza ottava, ma era pur sempre la sua.
Jack non lo ascoltò e scostò rabbiosamente le trecce d'erba secca, entrando nella camera in tempo per vedere suo fratello rannicchiarsi in un angolo, una coperta attorno alle spalle.
Quel gesto lo stupì a tal punto che parte della sua rabbia venne sostituita da smarrimento, ma tentò di ripomparla, non aveva intenzione di approdare a una soluzione pacifica. Era troppo stanco per fare il gentile.
- Cosa cazzo stai facendo? – gli gridò, avvicinandosi con tutta la violenza di cui era capace. Cercò di costringerlo a voltarsi, ma suo fratello era saldo sui piedi, non riusciva a smuoverlo di mezzo centimetro. Jack ricordava che era forte, però quello era troppo anche per lui. – Nick, guardami, per la miseria! Smettila di ignorarmi!
- Non ti sto ignorando – gorgogliò Nick.
- E allora perché non mi guardi? – urlò Jack, senza riuscire a controllare la nota stridula nella propria voce. – E' da quando mi sono svegliato che mi eviti! Non conosco nessuno qui, quello... quello stronzo mi ha...
Si interruppe, senza riuscire ad andare avanti. Non riusciva nemmeno a parlare di Aaron.
- ... e tu sparisci? Non capisci che ho bisogno di te? Credevo che fossi morto, santoddio! E tu manco mi parli!
Nick si voltò di scatto, con una tale rapidità che Jack fece istintivamente un balzo all'indietro. Aveva lasciato cadere la coperta, scoprendo il torso nudo. Indossava solo un paio di pantaloni.
Jack restò a fissarlo a bocca aperta, senza riuscire a muoversi o a dire niente.
- Ecco perché non sono più venuto da te, brutto cretino – gemette Nick. – Perché non volevo vedere quell'espressione sulla tua faccia.
Jack cercò di parlare, ma dalle sue labbra uscirono solo dei balbettii senza capo né coda.
- Come... c-come...
- Non lo so, okay? Non lo so! E' successo che mi hanno inseguito, e io sono caduto e... e quella cazzo di cosa rotonda di merda mi ha infilzato! Sarei morto, se non mi avessero fatto questo! Ma ora non riesco nemmeno a guardare il mio riflesso, perché sono un mostro! Non sono un uomo, non sono un Sopravvissuto... sono un merdoso mutante del cazzo, e ora devo anche vedere il disgusto nei tuoi occhi! Ecco perché non sono venuto da te, perché sono scappato. Volevo che mi ricordassi com'ero.
La voce di Nick si spezzò, e volse le spalle a Jack, poggiando le mani sul muro, mentre chinava il capo. Il suo petto si contraeva a intervalli irregolari, scosso da violenti singhiozzi.
Jack osservò le punte madreperlacee che emergevano dalla pelle della sua schiena, percorsa da sottili righe viola, che si irradiavano a partire dal fianco ferito.
- Nick...
- Vattene via! Vattene, per favore. Non ce la faccio a vederti con quell'espressione. Ti prego.
Jack deglutì a fatica, umettandosi le labbra con la lingua. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile.
- Nick, tu non mi fai schifo – mormorò, cercando di avvicinarsi.
Suo fratello si voltò di nuovo, con un sorriso amaro impresso sulle labbra. Parte del suo viso era deforme, come della pasta poco cotta. I suoi occhi erano di un verde iridescente, privi di sclera, e la loro pupilla era verticale, come quella dei Sopravvissuti. Un complicato reticolo violaceo si estendeva anche alla pelle del viso, come se fosse ricoperto di lividi. Alcuni dei suoi denti erano caduti, sostituiti dalle piccole zanne color madreperla che avevano i Sopravvissuti, e lo stesso valeva per i suoi capelli e le unghie.
- Te lo leggo in faccia, Jack. Ti conosco come le mie tasche, non dire stronzate – sibilò. – Voglio restare solo, adesso. Vai, per favore.
Jack non si mosse.
- Vai! Smettila di guardarmi! – urlò Nick, alzando la voce.
Ma lui non riusciva ad andarsene. Non poteva.
Si avvicinò a Nick e lo abbracciò, stringendolo forte.
- Scusa, non volevo prendermela con te – farfugliò, senza riuscire a contenere quelle maledette lacrime che non facevano altro che ripresentarsi in quei giorni. – E' solo che sono stanco, tanto stanco, e tu non c'eri. Sto male, Nick, non so se guarirò. Mi sembra di cadere a pezzi. Non volevo arrabbiarmi.
Le sue parole perdevano di senso man mano che andava avanti, e la sua vista si offuscava sempre di più. Voleva solo sentirsi di nuovo al sicuro, tranquillo, senza provare quella logorante paura che lo divorava dall'interno.
Avvertì le braccia di Nick stringersi attorno al suo petto. Erano sgradevoli al tatto, proprio come la pelle dei Sopravvissuti, ma non gli importava. Voleva solo stargli vicino.
- Quindi io non ti faccio paura? – sussurrò suo fratello.
Quella domanda infantile gli strappò una risata.
- Come potresti farmi paura? Sei sempre tu. Ti vorrei bene anche se fossi un Sibilante – disse, cercando di calmarsi.
Nick sembrò stupito per un istante, poi sciolse la stretta e lo fece sedere sul suo letto. Si mise a fissare il pavimento, nonostante gli stesse ancora tenendo una mano su un braccio.
- Io credevo che ti avrei spaventato. Pensavo che non mi avresti più considerato quello di un tempo. Però dentro di assicuro che sono lo stesso, è solo questa maledetta faccia...
- Non mi interessa della tua faccia, l'importante è che tu sia vivo e stia con me.
Nick deglutì a fatica e alzò lo sguardo. Le sue labbra erano tese, come se fosse sul punto di esplodere. D'impeto abbracciò di nuovo Jack.
- Mi dispiace di averti lasciato solo. Avevo talmente tanta paura di ciò che avresti potuto dirmi, che non osavo avvicinarmi. Potrai mai perdonarmi?
- L'ho già fatto. Ma non ignorarmi più, ti prego.
- Non lo farò. Promesso.
***
Quella sera cenarono assieme, all'interno del baobab-casa di Jack.
- Chi era? – chiese Jack, guardando suo fratello mentre rientrava in casa reggendo una pentola di terracotta. – E quella cos'è?
- Belgor – rispose Nick, poggiando il contenitore sul tavolo. – Ha detto che era per farsi perdonare per oggi. E' successo qualcosa?
Jack si passò una mano dietro la nuca, con una smorfia, mentre suo fratello apriva il contenitore. Da esso emersero delle volute di vapore: era una zuppa di verdure, ancora calda.
- Ha portato anche una ciotola con del formaggio di capra. Mi ha detto che ti piaceva molto, ma mai quanto la mia cucina, vero?
Jack soffocò un colpo di tosse.
- Eri il miglior cuoco del Rifugio – mormorò, rivolgendogli un sorriso più finto di un fungo parlante.
- Sei un adulatore di merda – sogghignò Nick, mentre versava la zuppa in due ciotole di legno. – Però, se vuoi, posso sempre prepararti qualcosa al posto di questa schifezza che ci ha portato Belgor...
- No! Ehm... volevo dire, non vorrai sprecare le tue doti con ingredienti così poco interessanti – si corresse Jack, allargando il sorriso.
Nick rise piano e gli porse la sua porzione, accompagnata da due fette di pane e una ciotola contenente del formaggio cremoso.
- Allora, mi dici o no di oggi? - insisté, sedendosi di fronte a lui.
Jack trasse un profondo sospiro, lasciando perdere per un istante la zuppa, e spostò lo sguardo su di lui.
- Potrei essere stato cattivo con Belgor – mormorò. – In fondo voleva solo aiutarmi.
- Di che stai parlando?
- Si è offerto di darmi delle lezioni per aiutarmi a controllare la mente, ma non è andata come speravamo. Mi sono fatto prendere dal panico, non ce l'ho fatta.
Si prese la testa fra le mani, fissando la zuppa. Una lacrima gli scivolò lungo il naso, cadendo nella ciotola.
- Ehi, ehi – disse Nick, mettendogli una mano fra le scapole. – E' tutto a posto, non c'è fretta. Non puoi pretendere di riuscire a fare tutto subito.
Jack sollevò lo sguardo, gli occhi arrossati.
- Mi sento come se non potessi più tornare a essere quello di prima – balbettò, deglutendo più volte. – Sono così spaventato, continuamente. Tutto mi fa paura, mi sento come se potesse uccidermi.
- Non dire così – mormorò Nick. – Jack, guardami. Come pensi che io mi senta, per quello che mi sta succedendo? Non sto meglio di te. Però, da quando sono qui, hanno cercato di aiutarmi. Sono tutti così gentili, non è come città Rifugio, dove cercano sempre di pugnalarti alle spalle e ognuno pensa per sé.
- Non tutti – sussurrò Jack, pensando a Joanna e Luca. – Ma capisco perché non sei tornato, hai paura di ciò che potrebbero farti. Ti crederebbero un Sopravvissuto. Io non voglio tornare al Rifugio, se tu resti qui. Non farmici tornare... non ce la faccio a stare solo, adesso.
- Non preoccuparti, non ti lascerò più – lo tranquillizzò Nick, sorridendo. - Però credimi, i Sopravvissuti sono davvero brava gente e potranno aiutarti a recuperare, se glielo permetterai. Cerca di dominare quella paura che ti logora, la capisco, ma ti potrà fare solamente male, se continuerai così. Belgor è buono, anche se un po' troppo entusiasta – sapessi quante domande mi ha fatto quando sono arrivato -, e non ha nessuna intenzione di farti del male. Era così dispiaciuto.
- Lo so, lo so. E' solo che, quando qualcuno cerca di mettere mano qui – Jack si portò un dito alla fronte – E' come se perdessi il controllo. Mi chiudo come un Puntaspillo e mi sento morire. E' più forte di me, non riesco a controllarmi.
Nick si passò una mano su una guancia, corrugando la fronte.
- Conosco solo un modo in cui potresti smettere di avere paura – disse. – Devi affrontare questo Aaron. Smitizzarlo. Quando ti renderai conto che non è molto diverso da te, smetterai di temerlo così tanto, e potrai riprendere le lezioni con Belgor. Diventerai anche più forte.
- Affrontarlo? – rantolò Jack, con voce stridula.
Scosse la testa, spingendo bruscamente indietro la sedia.
Nick lo trattenne per un braccio, impedendogli di scappare.
- Dove vai? Stiamo solo parlando. Ti fa paura fino a questo punto?
Jack farfugliò una risposta incomprensibile, cercando di divincolarsi senza troppa convinzione.
- Non essere sciocco, torna a sederti. Così non fai altro che autoalimentare il tuo terrore.
Malgrado il cuore gli battesse con un'intensità e una velocità sgradevoli e avvertisse un forte senso di nausea, Jack ubbidì.
- Ti fidi di me? – gli chiese Nick, stringendogli forte una mano.
- S-sì, ma...
- Farei mai qualcosa per metterti in pericolo?
- No.
- Allora fai questo per me, Jack: voglio che tu vada da Aaron e gli dica che non hai più paura di lui. D'accordo?
- Ma non è vero – gemette Jack. – Non ci riesco, non obbligarmi, ti prego.
- Non importa se non è vero.
- E se mi facesse di nuovo quella cosa? Se mi facesse del male?
- Non gli permetterò di farti del male. Sono ancora inesperto in confronto a un Sopravvissuto, ma sto imparando a usare la mia mente, proprio come te. Sono in grado di respingerlo o attaccarlo, se voglio. Poi, se proverà a insistere, gli spaccherò la faccia, fanculo il pacifismo di Bernie. Sono nel diritto di chiedere un combattimento per ciò che Aaron ti ha fatto.
- Io non voglio che ti sporchi le mani per me – mormorò Jack, abbassando lo sguardo. – Hai ragione, sarei io a doverlo affrontare, non tu. Me l'aveva detto anche Teofane, ma è difficile. Sarebbe meglio se facessi tutto da solo.
- So che è difficile, ma devi. Promettimi che lo farai.
Jack annuì debolmente, e Nick sorrise con fare orgoglioso.
- Su, mangia. A questo ci penserai domani, per stasera basta tristezza, okay? E adesso fammi un sorriso, dai.
Jack fece una smorfia, ma per suo fratello fu più che sufficiente.
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