14. Risveglio
Jack aprì gli occhi.
Davanti a lui c'era una figura avvolta in una felpa troppo larga. Una mano nodosa, dalle unghie madreperlacee, fuoriusciva dalla manica sinistra, e le sue dita erano intrecciate a quelle di Jack. Erano sgradevoli al tatto, ricoperte da una serie di ventose.
Dall'altro lato del letto c'era la ragazza dai capelli rosa. Le erano cresciuti ancora, incredibile. Per quanto tempo era rimasto privo di sensi?
Cercò di parlare, ma riuscì a emettere solo un mezzo gorgoglio.
Fu sufficiente per attirare l'attenzione della ragazza, che aprì un occhio. Il suo volto si illuminò per la sorpresa e poi per la felicità.
- Jack! - esclamò, fiondandosi su di lui.
Lo strinse in un abbraccio che gli mozzò il respiro, mentre gli ricopriva il volto di baci.
Lui si ritrovò a ridere, per quanto gli era concesso dalla posizione in cui si trovava. Le sue braccia erano molli, e faticava a muoversi.
- Credevo che non ti saresti più svegliato - farfugliò, staccandosi da lui per poterlo guardare in viso.
Sembrava che non riuscisse a smettere di sorridere. Sfiorò la guancia destra di Jack con la punta del naso e gli diede un bacio sulle labbra.
- Mi hanno detto che, se ti fossi svegliato, avrei dovuto tenerti ancorato al mondo reale. Così va bene? - chiese, con un sorriso furbesco.
- Credo di sì... - sussurrò Jack, soffocando un colpo di tosse. Non voleva rovinare quel momento cominciando a tossire come un fumatore incallito, ma stava morendo di sete. La gola era talmente secca da prudergli.
Lei capì e gli porse un bicchiere d'acqua, accostandoglielo alle labbra. Jack bevve avidamente e si sentì un po' meglio.
Quel trambusto svegliò la figura dormiente che lo aveva tenuto per mano fino a poco fa.
- Jack! - ruggì una voce bassa e roca.
Ci mancò poco che rifilasse uno spintone alla ragazza per poterlo abbracciare.
- Sapevo che saresti tornato in te - disse, abbandonandosi a una grassa risata.
C'era solo una persona che rideva in quel modo, come se fosse a una tavola imbandita e avesse fatto una battuta ai suoi compagni di bevute.
- Nick? - sussurrò Jack, incredulo. - Sei davvero tu?
- Ma certo, cucciolo - mormorò suo fratello, continuando a stringerlo.
Il ragazzo cercò di sciogliere la presa, ma Nick lo teneva talmente stretto che non ci riusciva, non con la poca forza che aveva nei muscoli, indeboliti dall'inattività.
- Credevo che fossi morto - balbettò Jack. - Credevo...
- Non preoccuparti. Sto bene, vedi?
- No, non vedo. Perché sei coperto dalla testa ai piedi? Cosa ti è...
- Devo andare a chiamare il guaritore, adesso. Aveva detto di contattarlo subito, qualora ti fossi svegliato.
Suo fratello corse via, scendendo le scale come se ne andasse della sua vita. Jack lo osservò, basito, e spostò lo sguardo sulla ragazza, che si strinse nelle spalle.
- Non chiedere a me - mormorò. - Non sono io che te lo devo dire.
Lui aggrottò le sopracciglia, senza capire, e lei lo aiutò a mettersi più comodo. Gli sprimacciò il cuscino in modo che potesse stare seduto, accarezzandogli la nuca. Con le dita percorse i filamenti che lo collegavano all'albero.
- Il guaritore li rimuoverà. Ti hanno fatto stare meglio.
- Per quanto tempo sono rimasto privo di sensi?
- Circa una settimana. Provavo a contattarti, volevo curare le tue ferite, ma non me lo permettevi. Eri talmente chiuso a riccio che niente riusciva a raggiungerti. Pensavo di averti perso.
- Non preoccuparti. Ti darò fastidio ancora per un po' di tempo - mormorò Jack, stringendole una mano per confortarla.
***
Poco dopo il guaritore risalì la scala, sbucando nella stanza. Jack sbirciò alle sue spalle con una certa ansia.
- Dov'è Nick? - chiese.
- Tuo fratello aveva delle cose molto importanti da fare - mormorò la creatura, appoggiando una borsa di stoffa grezza sul letto. Ci frugò dentro, finché non riuscì a recuperare un paio di forbicine lunghe e sottili.
- Del tipo?
Il guaritore sviò il discorso, chiedendogli di mettersi su un fianco, in modo che potesse rimuovere i filamenti del fungo. Jack ubbidì, osservandolo con la coda dell'occhio. Si era chiesto per diverso tempo che aspetto avessero i Viscidi, e ora aveva modo di osservarne uno da vicino. Dopo un po' non erano poi così spaventosi. L'espressione del guaritore era distesa, persino soddisfatta, e sembrava giovane per il mestiere che svolgeva.
- Cerca di rilassare i muscoli. Potrebbe essere un po' fastidioso - lo avvertì il medico, dandogli una pacchetta su una spalla.
Jack annuì e cercò di rilassarsi fra i cuscini. La ragazza si accucciò di fronte a lui, osservandolo con le sopracciglia aggrottate. Vederla preoccupata per lui lo faceva sorridere.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un pizzicorio alla nuca, seguito dalla sensazione che qualcosa stesse scorrendo sotto la sua pelle. Durò talmente poco, però, che non fece in tempo a lamentarsi.
Il guaritore pulì le piccole ferite sulla nuca, per poi applicarvi un unguento dall'odore erbaceo, e lo invitò a distendersi a pancia in su, in modo da rimuovere i filamenti restanti.
Si rese conto che Jack lo stava guardando come un bambino che ha appena visto una montagna di dolci, e abbozzò un sorriso, scoprendo i denti madreperlacei.
- Sento che muori dalla voglia di ricoprirmi di domande - mormorò, mentre recideva con delicatezza i filamenti del fungo sulla sua fronte.
- Beh, ecco - farfugliò Jack, imbarazzato. Guardò la ragazza in cerca di appoggio, poi tornò a fissare il guaritore. - E' tutto molto strano per me. Al Rifugio ci dicevano sempre che i Viscidi erano aggressivi.
Il guaritore si irrigidì nel sentire quella parola, mentre estraeva i filamenti che si erano sviluppati sotto la pelle del ragazzo e li riponeva in un contenitore di metallo.
- No, non lo siamo - mormorò, con un sospiro. - E' solo come ci dipingono i Migliori. Noi aspiriamo alla pace, ma, tutte le volte in cui abbiamo provato a raggiungere città Rifugio e cercare un contatto, siamo stati respinti per via del nostro aspetto. Ci credono solo mostri della palude. Poi è vero che alcuni di noi possono avere idee un po' diverse, come Aaron, e non contribuiscono alla nostra nomea, ma non ci possiamo fare molto. Abbiamo cercato di fargli capire che la violenza non serve a niente, se non a peggiorare la situazione, eppure alcuni Sopravvissuti continuano a detestare gli umani.
Jack non riuscì a trattenere un brivido. Quel nome... Aaron. Lo conosceva fin troppo bene. Nel momento in cui gli aveva poggiato una mano sul viso, una delle sue disgustose mani ricoperte di ventose e una sostanza viscida e lucente, simile alla bava dei Lumastriscioni, aveva perso ogni controllo sul proprio corpo e la propria mente. Non aveva mai provato una tale sensazione di impotenza, specie durante un attacco così personale. Era stato diverso persino dall'aggressione della ragazza, la prima volta in cui si erano incontrati: lei aveva voluto neutralizzarlo fisicamente, non in quanto essere umano. Jack non aveva fatto niente a quel Viscido, eppure lui si era accanito sul ragazzo come se gli avesse procurato un torto personale per il fatto stesso di essere vivo. In quanto umano si era meritato la sua rabbia, nonostante gli avesse solo chiesto di vedere suo fratello. Il mostro gli aveva mentito e violato la sua coscienza col solo scopo di ferirlo. Il tocco mentale della ragazza ora era dolce, talmente silenzioso che non si accorgeva nemmeno della sua presenza, quando sondava i suoi pensieri; quello del Viscido, invece, era stato una serie di coltelli che cercavano di distruggere la sua essenza. Non volevano prendere in prestito, né apprendere in modo amichevole. Avevano voluto distruggere un mondo per piacere personale: era peggio che uccidere... meglio morti che subire di nuovo una violenza del genere.
Jack deglutì a fatica e chiuse gli occhi, cercando di non pensarci.
- Scusa - mormorò il Viscido, sedendosi sul bordo del letto, dopo aver terminato di praticargli la medicazione. - Non volevo darti fastidio. So che pensare ad Aaron non dev'essere molto piacevole per te, in questo momento.
- Non voglio parlare di lui - sussurrò Jack, schiarendosi la gola, mentre si sistemava fra i cuscini con l'aiuto della ragazza. - Però voglio sapere un'ultima cosa.
- Dimmi. Se posso risponderti, lo farò.
- Perché mi odiava così tanto? Solo... perché?
Il guaritore raccolse una delle sue mani fra le proprie, e Jack si sentì subito più tranquillo. Doveva star cercando di appianare le sue emozioni attraverso la propria influenza.
- Purtroppo i Migliori non si limitano a screditarci. In certe occasioni, quando ci siamo avvicinati troppo, hanno inviato delle guardie per ucciderci. Non abbiamo armi a disposizione, non avanzate quanto le loro: quando sono arrivati con i fucili non abbiamo potuto fare niente. Siamo riusciti a placare alcuni di loro con la mente, ma solo i più deboli. I Migliori nel pieno delle forze sono in grado di tenerci testa; hanno circondato le loro coscienze con un muro impenetrabile. Io sono stato in una di quelle spedizioni, e non è stato bello. Tutto ciò che abbiamo potuto fare è stato fuggire, dopo aver realizzato che coi Migliori non si può ragionare. Ci ritengono impuri, creature disgustose che dovrebbero essere estirpate dalla faccia della Terra. Tollerano ancora gli umani, perché in potenza potrebbero essere Migliori, ma noi... per loro siamo insalvabili. Siamo il diavolo, che cerca di corromperli e farli espellere dall'Eden. La madre di Aaron è rimasta uccisa in una di quelle piccole scaramucce. Lui non l'ha mai superato. Ha giurato che, un giorno, avrebbe avuto vendetta. L'ha giurato nel momento in cui ha raggiunto la maggiore età, a sedici anni, come voto per la vita. Tutti noi compiamo la Scelta, quando diventiamo abbastanza grandi da contribuire in modo serio alla comunità. Si può rinnovare o cambiare, è vero... ma è molto significativo che lui abbia scelto la violenza, nonostante fosse a malapena un ragazzino.
Jack, che aveva ascoltato in silenzio, aprì la bocca per dire qualcosa, ma la ragazza lo anticipò. Le era rimasta impressa una parola, nel discorso del guaritore.
- Eden? Tu sai cos'è l'Eden? - sussurrò, con un filo di voce.
La domanda lasciò basito il Viscido, che non riusciva a comprendere tanto entusiasmo per una semplice parola.
- Sì... credo appartenesse a una vecchia religione, piuttosto popolare nella civiltà d'acciaio. L'Eden era un grande giardino in cui gli uomini vivevano, prima di venirne scacciati per via della loro sete di conoscenza, che li spinse a cercare di oltrepassare i limiti di quella prigione dorata.
- Sete di conoscenza - mormorò Jack, con uno sbuffo. - Morris ne ha fin troppa. E' stata quella a portarlo dov'è adesso. Non voleva mai accontentarsi. Forse, se fossi stato intelligente come lui, mi avrebbe portato con sé, ma purtroppo mi sono ammalato. Diceva che se fosse dipeso dal suo volere mi avrebbe permesso di entrare a Cram, ma, essendo stato infettato, non potevo più farlo. L'aveva proposto anche a Nick, e lui... beh, lui l'aveva mandato a fanculo.
Trasse un profondo sospiro e spostò lo sguardo sulla ragazza, che stava fissando un punto imprecisato della coperta, assorta nei propri pensieri.
- Girava voce che Nick fosse imparentato con Robert Stein, ma ora ne ho la conferma - sospirò il guaritore, incrociando le braccia sul petto. - Quell'uomo ha fatto cose terribili alla nostra specie, senza un motivo. Alcuni di noi sono spariti improvvisamente, e abbiamo trovato i loro resti nel canale di scolo attraverso il quale Cram smaltisce i rifiuti. Solo un Sopravvissuto è riuscito a scappare dai laboratori, e unicamente perché lo credevano morto. Si è risvegliato nella palude ed è tornato a casa. Era talmente sconvolto, quando l'abbiamo portato qui. L'ho collegato a uno dei baobab, sperando che il contatto con la terra riuscisse a sanare la sua coscienza ferita, ma non ha mai dato cenni di miglioramento. Ogni tanto dice qualcosa, ma sono sempre parole prive di senso. Teofane, uno dei più abili di noi nel toccare le menti altrui, ha cercato di esaminarlo e ha preferito smettere. Era troppo orribile, ciò che quel poveretto aveva vissuto. Si chiama Rorian. Non ha nessuno che lo vada a trovare a parte me, i suoi familiari sono morti. Mi dispiace per lui: era molto giovane quando è stato rapito, troppo giovane.
Quei discorsi facevano sentire Jack a disagio. Doveva esserci stato un equivoco. Morris non avrebbe mai fatto del male a qualcuno senza motivo. Poteva avere un senso dell'umorismo un po' contorto e compiere dei ragionamenti inquietanti di tanto in tanto, ma finché restavano solo idee nella sua testa non avrebbero potuto ferire chicchessia.
Non riusciva proprio ad immaginarselo mentre faceva quelle cose scientifiche di cui lo accusavano non solo i Viscidi, ma anche gli abitanti di città Rifugio, nonostante si affrettassero a cambiare argomento ogni volta in cui lui si avvicinava troppo.
Che parlino. Malelingue.
Però il guaritore non avrebbe avuto motivo di mentirgli. Era stato così gentile con lui. L'aveva curato e gli si era rivolto con dolcezza, nonostante a Jack spesso scappasse la parola "viscido" nelle conversazioni. Era talmente abituato a chiamare così la gente della palude che non poteva farne a meno, specie quando era distratto.
Jack guardò la ragazza, il cui sguardo era ancora vacuo.
Progetto Eden. Doveva essere importante per lei quella faccenda, ma chissà come si legava al discorso del guaritore.
- Fatico a credere che Morris abbia fatto del male ai tuoi simili. Non è violento, non è il tipo - sussurrò Jack, scuotendo la testa.
Il guaritore non rispose, ma era evidente quale fosse la sua opinione al riguardo.
- Cerca di riposare - disse al ragazzo, mettendogli una mano su un braccio.
Jack si sentì un po' strano, come se avesse avuto una mezza vertigine, e avvertì una voce emergere dal silenzio.
Tu non sei cattivo, Jack, e Aaron ha sbagliato a prendersela con te. Però Morris Twingle ha davvero fatto cose terribili. Puoi credermi o meno, ma la verità resta. Puoi parlare con Rorian, se lo desideri, anche se potrebbe non piacerti quello che ha da dire.
Prima che Jack potesse processare quelle informazioni, il Viscido era già uscito dalla stanza, dopo aver detto alla ragazza di prendersi cura di lui.
- Stasera, se Jack si sentirà abbastanza bene, portalo al baobab di Teofane. Il capo vuole condividere la cena con voi e conoscervi. Dovrebbe esserci anche Nick. In quanto ad Aaron, non penso si farà vedere, quindi non abbiate paura.
Senza aggiungere altro, se ne andò, scendendo le scale con la sua bizzarra andatura, le sottili punte cervicali che rilucevano alla fiamma tremolante delle candele.
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