12. Vergogna

VERGOGNA.

Ma padre...

VERGOGNA, AARON!

Le parole di suo padre erano peggio di qualunque punizione corporale che avrebbe potuto ricevere.

E' solo un umano. Non ho fatto niente di...

NON USIAMO LA NOSTRA MENTE PER FERIRE. NON SIAMO COME I MIGLIORI.

Certo che non lo siamo! Ma nelle vene di quel moccioso scorre il sangue del mostro. Come potevo lasciarlo andare? Come potevo non... non punirlo...

Ciò che il mostro ha fatto non è colpa di Jack Twingle. E ricordati che suo fratello ora è un membro effettivo della nostra comunità. Hai commesso anche un crimine contro di lui, in questo modo, e dovrai risponderne. Nick potrà chiedere un combattimento per questo, dopo cinquant'anni che non ce n'è uno. Sei un disonore per me, Aaron, e per tutta la nostra famiglia. Sei sempre stato una testa calda, ma ora hai rinnegato tutto ciò per cui io, noi e tutti nostri antenati abbiamo lottato. Un mondo diverso, un mondo privo di disprezzo e indifferenza. E tu come hai trattato quel ragazzo? Come se fosse stato il tuo giocattolo. Le persone non si possono aggiustare con un paio di chiodi ed elastici. Sarà meglio per te che torni in sé.

Aaron chinò il capo in segno di sottomissione, nonostante stesse stringendo i pugni per la rabbia. Suo padre era un idiota.

***

- Dov'è? Dov'è mio fratello?

- Nick, calmati. Sta ancora molto male, sarebbe meglio lasciarlo da solo. La ragazza rosa si sta occupando di lui.

- La ragazza rosa? Quale ragazza?

- L'abbiamo vista mentre prendeva del pane dalla dispensa, un paio di volte, ma non l'abbiamo mai fermata. Non prendeva tanto con sé, potevamo permetterci di...

- Non me ne frega un cazzo, porcatroia! Fatemi vedere mio fratello, adesso!

Il Viscido davanti alla rudimentale porta creata davanti all'entrata del baobab cercò di fermarlo, ma Nick lo scostò di lato con un braccio. Da quando era iniziata la sua trasformazione, era diventato forte, molto forte. Faceva fatica a controllare il suo corpo, che cambiava costantemente. Aveva distrutto lo specchietto che aveva trovato nel suo cubicolo all'interno del baobab-casa, perché non aveva intenzione di guardarsi in faccia tutte le mattine e vedere quanto fosse diventato terrificante. Il guaritore del villaggio lo teneva sempre d'occhio e lo spingeva a farsi visitare ogni volta in cui ne aveva l'occasione. Era talmente insistente che Nick finiva per arrendersi al suo volere solo per poterselo togliere dalle scatole.

Non voleva sapere cosa gli stesse accadendo, ma ora un po' se ne stava pentendo. Jack l'avrebbe visto, e non avrebbe potuto tenergli nascosta la propria metamorfosi. O meglio, avrebbe potuto, dato che i Viscidi gli stavano insegnando come controllare la propria mente, che si stava espandendo in modo piuttosto sgradevole, perdendo pensieri da tutte le parti, ma non aveva intenzione di manipolare quella di suo fratello. Lo aveva già fatto Morris in passato, lasciandogli una cicatrice che non sarebbe mai andata via. Non voleva contribuire a renderlo ancor più vulnerabile, specie dopo quello che gli era successo.

Nick si tirò su il cappuccio della felpa e si coprì il volto fino al naso con una fascia, mentre saliva le scale strette e ripide che portavano sulla tana in cima al baobab. Era uno degli alberi adibiti alla cura dei malati gravi. Si diceva che vivere all'interno di quelle piante creasse una connessione più profonda con la natura, che contribuiva alla guarigione dell'organismo danneggiato. Quando Nick aveva udito quelle parole per la prima volta, nel suo cervello si era accesa un'insegna che recitava "ATTENZIONE: CAZZATE MISTICHE".

Il Viscido guaritore, di nome Bernie, vista la sua diffidenza l'aveva portato a vedere come funzionassero gli alberi. Nick si era dovuto ricredere, quando aveva parlato con i pazienti. Dalla corteccia emergevano dei filamenti del fungo, che venivano collegati ai loro polsi o ad altre parti lese come delle flebo, e queste entravano in simbiosi con l'organismo danneggiato, riparandolo in tempi differenti, a seconda della gravità della lesione.

Nick si era subito chiesto "dove sta la fregatura", e Bernie gli aveva spiegato che alcuni non potevano usare questo metodo. A volte l'albero, la Terra, parlava agli organismi che venivano collegati a essa, e diceva loro cose strane. Non succedeva quasi mai e ciò non aveva comportato danni permanenti a nessuno, tuttavia era un'esperienza piuttosto inquietante. Teofane e gli sciamani del villaggio stavano ancora cercando di capire come funzionasse la comunicazione con la Terra. I filamenti più potenti si trovavano nel Grande Albero, attorno al quale si era sviluppato uno degli agglomerati di strisce fungine più consistenti dell'intera palude. Nick si era spesso ritrovato a chiedersi se quei cosi fossero senzienti, se funzionassero come neuroni, per poi darsi del cretino.

Figurati. La terra non è senziente. Hai provato a parlare con un fungo? Ti ha mai risposto? No. E allora smettila di farti le pippe mentali.

La questione si era chiusa lì.

Di certo non si era aspettato che avrebbero collegato Jack a quei cazzo di alberi.

***

Finalmente raggiunse la cima del baobab e, una volta lì, la sua rabbia si smorzò. Dopotutto suo fratello stava male e doveva essere trattato con delicatezza.

Scostò la tenda fatta di erba secca intrecciata, ed entrò nella stanza scavata all'interno del legno. L'odore di linfa era ancora persistente, e trasmetteva una profonda sonnolenza. Il cubicolo era spoglio, c'erano solo un letto, il cui telaio era stato ricavato dal legno del baobab, un tavolino e tre rozze sedie.

Jack era sdraiato nel letto. Indossava solo una canottiera e un paio di mutande, ed era interamente ricoperto di sudore. La ragazza dai capelli color gomma da masticare gli stringeva la mano destra, ma questa restava inerte nella sua presa.

Suo fratello respirava a fatica e aveva gli occhi aperti, ma non sembrava vedere nulla di ciò che lo circondava. Era come se si trovasse milioni di anni da loro. La sua pelle era pallida, le lentiggini che la ricoprivano una mappa grigiastra, e i capelli castani, cresciuti di un centimetro o due, gli si appiccicavano alle tempie e sulla fronte.

Il Viscido guaritore era seduto dall'altro lato del letto e gli tamponava la fronte con uno straccio umido. Jack di tanto in tanto borbottava parole prive di senso, e Bernie gli posava una mano su una guancia per tranquillizzarlo.

Nick non era bravo con le persone malate.

A dirla tutta, lo terrorizzavano.

Aveva paura del dolore altrui, lo vedeva come il proprio, e quando gli mostravano una ferita grave o un malato di mente, provava uno sgradevole pizzicorio nel petto e nello stomaco, come se fosse sul punto di scappare, ma non potesse farlo.

- Ciao, Nicholas - mormorò Bernie, facendogli cenno di avvicinarsi.

Lui esitò, scambiandosi un'occhiata con la ragazza rosa - pure i suoi occhi erano di quel colore -, e ubbidì. Si inginocchiò accanto a Bernie e raccolse la mano sinistra di Jack, posandosela su una guancia. Suo fratello non diede cenno di riconoscerlo, né di essere in grado di ricevere alcun stimolo dall'esterno.

- Cosa gli è successo? Chi è stato? - sussurrò Nick, con un filo di voce. Tremava, ma non per la tristezza. Voleva spaccare la faccia a chiunque avesse ridotto Jack in quello stato. Era un eufemismo dire che tutta la vita di Nick ruotava attorno all'idiota imbranato e dolce che era suo fratello. Lo inteneriva il modo in cui Jack cercava sempre di apparire forte, quando in realtà tutto gli faceva compassione, quando non riusciva a voler male nemmeno a chi ne voleva a lui. Voleva fare il ribelle, il punkabbestia, ma finiva sempre per sembrare un orsetto con le borchie. Era semplicemente troppo buono, come Peter...

No, come Peter no, cazzo.

Nick sapeva che non era cosa buona pensare così di quel ragazzino, ma non aveva intenzione di lasciare che Jack finisse come lui. Suo fratello era più tosto di Peter. Era rimasto in piedi fino ad allora, non sarebbe crollato adesso. Sarebbe tornato verso la riva, non sarebbe rimasto prigioniero di quello stato vegetativo, nossignore.

Nick nella sua mente aveva sempre associato Jack a un cerbiatto, uno di quegli animali che, se esistevano ancora da qualche parte, erano stati cambiati dal fungo. Però Nick li ricordava com'erano un tempo, come glieli aveva descritti loro padre, che era stato abbastanza fortunato da vederne uno mentre andava a caccia col bisnonno, quando era poco più che un bambino. I cerbiatti, quelle creature spaventate e miti, che potevano slanciarsi in gesti di coraggio irrazionale. Jack gli assomigliava molto. Già il fatto che fosse arrivato fin lì, senza la garanzia di uscirne vivo, era solo uno dei tanti atti idioti che aveva commesso in quegli anni. Non avrebbe avuto senso spingersi in un'impresa senza possibilità di ritorno, ma lui l'aveva fatto comunque, guidato dalle emozioni, dalla paura di restare solo e la voglia di riabbracciare Nick o, perlomeno, sapere cosa gli era successo.

Per questo Nick gli voleva bene, oltre al fatto che erano legati dalla parentela, e avrebbe voluto che Jack restasse intatto, come un oggetto prezioso.

E ora era lì, sdraiato in quel letto, e non dava nessun cenno di vita. Respirava, sì, il suo cuore batteva, ma i suoi occhi non avevano quella scintilla ironica e quel costante sentore di imbarazzo, come se si sentisse inadeguato in ogni situazione.

- Aaron, il figlio maggiore di Teofane, lo ha aggredito. Sanno tutti che detesta gli umani oltre ogni modo. Da un lato è comprensibile, dopo quello che è successo a sua madre, ma la sofferenza non giustifica il volerne provocare altra, specie a innocenti - sospirò Bernie, immergendo lo straccio in una ciotola colma d'acqua fresca e tornando a posarlo sulla fronte di Jack, che emise un fievole gemito.

Nick strinse i pugni, affondando le unghie, ormai più simili ad artigli, nelle ginocchia.

Quel bastardo.

Bernie gli posò una mano su un braccio, stringendo più forte del solito.

Non essere idiota. Vuoi comportarti come Aaron? Ormai il danno è fatto. Che tu invochi il combattimento o meno, Jack resterà così. Preferisci colmare il tuo dolore con la violenza? Non ti farà stare meglio, né aiuterà tuo fratello. Da quello che mi hai detto di lui, Jack non sarebbe felice di vederti agire così.

Il respiro di Nick decelerò, mentre la stretta sulle sue ginocchia si ammorbidiva. Sapeva che Bernie aveva ragione, ma ciò non rendeva meno pressante la voce che dentro di lui reclamava vendetta.

E va bene. Avrebbe cercato di controllarsi. Per Jack. Ma se gli fosse capitato Aaron sotto mano, non era sicuro che sarebbe riuscito a controllarsi.

Pur di non pensare alla propria furia, cominciò a porre domande insistenti al guaritore.

- Quando tornerà in sé? Starà meglio, vero?

- Aaron ha violato la sua mente con lo scopo di ferire, e certe piaghe sono più difficili da curare di quelle corporee: magari gli avesse solo rotto un braccio o graffiato un fianco con gli artigli. Non possiamo sapere cosa passa per la mente di Jack. La ragazza ha cercato di contattarlo, è molto esperta, ma è riuscita a dirgli ben poco. Si è chiuso in se stesso. Per cercare di aiutarlo a uscirne, l'ho collegato al baobab. Dobbiamo tenerlo sotto costante sorveglianza: deve esserci qualcuno al suo fianco per aiutarlo ad ancorarsi alla realtà, qualora si svegliasse. Per il momento la sua coscienza si è ripiegata nel tentativo di auto curarsi. L'ho già visto succedere.

- E i pazienti si sono ripresi?

- A volte sì, a volte no. Dipende da quanto è forte la mente del ferito. Alcuni di loro sono ancora sotto le mie cure, e sono passati anni.

- Oh, santoddio - sussurrò Nick, coprendosi il viso con le mani.

- Dipende tutto da lui. Quello che voi potete fare è stargli vicino, parlargli e abbracciarlo, facendogli sentire la vostra presenza fisica. Aiuta molto.

Nick annuì.

Il guaritore sospirò, mettendogli una mano su una spalla, e Nick avvertì un fiotto di conforto e comprensione provenire da lui.

- Ti dispiacerebbe tenerlo d'occhio per me? Vado a prendere alcune erbe odorose. Stimolare i sensi potrebbe essere utile a fargli recuperare contatto col mondo reale - disse, con un sospiro.

- Certo.

- Chiamami se succede qualcosa.

Bernie ciondolò verso la scala con la sua andatura dissonante, e scese un gradino alla volta.

Una volta che fu sceso di nuovo il silenzio, Nick spostò lo sguardo su Jack. I filamenti del baobab, che cominciavano ad emanare una leggera luce azzurrina, erano stati collegati alla sua nuca e alle tempie. Si erano espanse sotto la sua pelle, e si poteva intravedere il reticolo luminescente che si stava formando sul cranio.

Suo fratello si era rifugiato in mondi lontani. Nick sperava che non fossero tanto piacevoli da spingerlo a restarci per sempre.

Alzò lo sguardo e incrociò quello della ragazza rosa, che si affrettò a distoglierlo, imbarazzata. Le sue espressioni assomigliavano a quelle di Jack. Sembrava lo conoscesse molto bene o avesse passato diverso tempo con lui, per assorbire a tal punto il suo modo di fare.

- Dimmi, chi sei tu? - le chiese, parlando piano.

- Un'amica di Jack.

- Come ti chiami?

- Io non ce l'ho un nome. Jack aveva promesso che me ne avrebbe dato uno, ma...

Si interruppe, tirando su col naso.

Nick preferì non insistere su quel fronte e cercò di cambiare argomento.

- Perché non mi racconti cos'è successo mentre non c'ero?

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