10. Lucifero visita il Rifugio

Robert era rannicchiato nel sedile posteriore della macchina, mentre osservava il paesaggio brullo e desolato all'interno di città Rifugio, costituito prevalentemente da cemento.

Dopo circa dieci minuti, raggiunsero l'edificio dove vivevano gli umani. Un tempo era stato bianco, mentre ora scie di sporco colavano dalle imposte, facendo sembrare la costruzione in preda al degrado... che forse non era poi così immaginario.

L'uomo scese dalla macchina, dopo aver tratto un profondo sospiro e dato un'occhiata all'orologio. Erano le tre del pomeriggio. Non riusciva a smettere di pensare ai suoi collaboratori, alle prese con i delicati esperimenti che stavano conducendo. Pregava solo che non combinassero disastri, in sua assenza. Avrebbe dovuto provvedere a creare altre copie del suo androide, visto che funzionava a meraviglia. Finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui sostenere una conversazione di un certo livello, oltre al Primo. Con lui si parlava egregiamente.

- Signore, cosa deve fare? - domandò una delle guardie.

Robert la fulminò con lo sguardo. Aveva scelto le persone più taciturne e idiote per essere nella sua scorta, proprio perché sperava non gli venisse voglia di porgergli richieste di quel tipo.

Gente che si fa i cazzacci suoi, avrebbe detto Nick.

- Non ti riguarda - sbottò Robert, chiudendo la porta. - Tu e gli altri restate qui. Io farò ciò che devo fare.

La guardia si mise sull'attenti, con aria imbarazzata, e non disse più niente. Un miglioramento.

Robert, le mani in tasca, si diresse verso il Rifugio. Bussò sull'ampia porta di metallo, che, dopo qualche istante, si aprì per lasciarlo passare. Si infilò all'interno dell'edificio e il familiare odore di chiuso lo investì, accompagnato dall'olezzo di sudore umano e altre deliziose puzze.

Un paio di guardie si affrettarono a scortarlo, faticando a tenere il suo passo. Robert camminava rapido, senza guardarsi attorno, lo sguardo fisso davanti a sé. Il suo aspetto intimidatorio, con quel camice bianco, gli occhi color ghiaccio e la sicurezza che traspariva da tutta la sua persona, erano sufficienti a creare un varco di fronte a lui. Sapevano tutti chi era e che era meglio non mettersi sulla sua strada, qualora si fosse presentato al Rifugio. Anzi, bisognava essere servizievoli nei suoi confronti. Nonostante il carattere freddo e insensibile, la gente del Rifugio sapeva che Robert ricompensava eventuali aiutanti con scorte di cibo, barrette energetiche ed equipaggiamento per combattere o esplorare la palude. I fortunati erano pochi, ma tutti speravano di poter entrare nelle sue grazie.

Nonostante ciò, non tutti amavano Robert Stein. Molti cessavano le loro mansioni al suo passaggio, e lo guardavano come se stessero aspettando il momento adatto per avventarsi su di lui con un coltello.

Per fortuna c'erano le guardie a proteggere lo scienziato, nonostante questi non ne sentisse il bisogno. Se qualcuno avesse accennato a volergli fare del male, gli sarebbero bastati pochi minuti per trasformarlo in un vegetale. La sua mente era più veloce di qualunque arma.

Robert camminò fino a raggiungere una delle porte biancastre, tutte uguali fra loro eppure tutte diverse, con una storia da raccontare, segnate da tacche, macchie di muffa e geografie di incrostazioni simili a un Inkblot.

Portò una mano alla maniglia e la abbassò. Era chiusa.

Quella dannata porta. Non c'era mai stata una volta in cui avesse funzionato come avrebbe dovuto, ma in quell'occasione non era solo colpa dei cardini arrugginiti. Jack aveva chiuso a doppia mandata di chiave, prima di partire.

Robert stava cominciando a chiedersi a chi il ragazzo avesse potuto affidare le chiavi, quando lui e la sua scorta vennero avvicinati da dei volti familiari. Aveva già visto da qualche parte il volto da topo di quella donna, assieme a quello anonimo del marito, che avanzava in loro direzione a pugni stretti.

Robert aveva giocato con loro figlio, Peter, quando ancora si chiamava Morris Twingle. Ricordava quel ragazzino idiota. Spesso se ne stava seduto davanti a uno degli oblò del Rifugio, intento a guardare fuori con aria folle. Morris sapeva che prima o poi avrebbe deciso di uscire, fanculo tutto e tutti. Alcuni non riuscivano a vivere al chiuso senza impazzire. Solo uno degli altri segni che quel mondo non era fatto per gli umani. Non più, ormai.

- Tu - sibilò l'uomo. Com'era che si chiamava? Ah, sì. Luca. Sembrava non chiedesse altro che piantargli un punteruolo in un occhio. - Dove sei stato per tutto questo tempo?

- Non sono tenuto a dirti nulla - mormorò Robert, senza fare una piega. - Per caso avete la chiave di questa porta?

Luca scoppiò in una risata stridula, mentre la moglie gli posava una mano sul braccio, cercando di dissuaderlo da qualunque cosa avesse in mente.

- Tesoro, torniamo in casa...

- No, ora che lui è qui, gli dirò quello che penso! - sibilò Luca, divincolandosi dalla presa della donna, che lo guardava con aria smarrita.

Si avvicinò a Robert e lo afferrò per il camice, in modo da poterlo guardare bene in faccia.

Le guardie alzarono i manganelli, pronte a colpirlo, ma lo scienziato le tranquillizzò con un cenno della mano. Le persone, quando erano arrabbiate, si lasciavano sempre sfuggire un sacco di informazioni interessanti.

- E' colpa tua se Nick e Jack sono andati a morire nella palude! Se fossi rimasto, se avessi fatto qualcosa... sarebbero ancora qui! Ti credi grande e potente solo perché sei un Migliore, ma in realtà sei una piccola merda arrogante, razza di maledetto stronzo... - sibilò, il viso a pochi centimetri dal suo, in modo che solo Robert potesse sentirlo.

- Hai finito? - chiese lo scienziato, annoiato, senza fare nulla per difendersi.

Luca perse definitivamente il controllo e alzò una mano per colpirlo.

- No! Luca, no! - gridò sua moglie, abbracciandolo per impedirgli di compiere un atto di cui si sarebbe pentito. Cercò di spingerlo a terra col proprio peso, tenendogli le braccia incollate ai fianchi, ma non era molto forte. Nonostante ciò, il suo intervento fu sufficiente a spegnere la rabbia di Luca, che sciolse con delicatezza la sua presa, lo sguardo ancora fisso su Robert.

- Ascoltala - mormorò Robert, pulendosi il camice dalla polvere con un sospiro. - Non ti conviene fare del male a me, Luca.

- Maledetto - sibilò questi fra i denti.

- Ah, ho già capito che non ti sono simpatico. Perché non mi dici qualcosa che non so, invece? - lo provocò lo scienziato, inarcando le sopracciglia.

Era evidente che l'unica cosa di cui Luca si fosse pentito era di non averlo strozzato su due piedi, però ormai la rabbia omicida si era placata. L'uomo fissava un punto imprecisato sulla fronte di Robert, senza guardarlo realmente negli occhi.

- Cosa vorresti sapere?

- Ieri mi è arrivato un messaggio di Jack. Tu sai dov'è?

Luca emise una risatina.

- Da quando ti importa di lui?

- E' scomparso da giorni - sussurrò Joanna. - Tre, ormai. Domani saranno quattro. Non sappiamo niente di lui da quando è partito per la palude, alla ricerca di Nick.

Robert cominciò a fare un paio di calcoli, mentre Luca riprendeva a sbraitargli contro, alzando ed abbassando ritmicamente un dito con fare sentenzioso.

E' già morto, Morris. E' già morto. Tutto questo non ha senso.

Non lo so, devo controllare. Per Nick è davvero troppo tardi, ma per Jack... forse lui è ancora vivo.

Sei ridicolo e patetico. E' evidente che è morto, nessuno può sopravvivere tanto a lungo nella palude.

Malgrado Robert si trovasse d'accordo con la propria parte più razionale, sentiva di dover tentare con l'androide.

"Sentiva". Da quando si era trasformato in uno stupido dal cuore ripieno di miele, come Jack?

Forse era la parte di suo fratello rimasta attaccata al suo cervello a spingerlo ad agire così. Lo sentiva ancora. Jack non era morto, e non poteva ignorarlo, malgrado Robert lo implorasse di tagliare quell'ultimo ponte. Doveva potare la pianta affinché essa potesse prosperare, ma proprio non riusciva a impugnare quelle maledette forbici.

- Avete voi la chiave della casa, non è vero? - chiese Robert, interrompendo lo sproloquio di Luca.

L'uomo fu talmente sorpreso dalla sua sfacciataggine che restò senza parole. Joanna riempì il suo silenzio.

- Sì, ce l'ha affidata prima di partire. Credi che sia ancora vivo?

- Può darsi. C'è ancora una speranza.

- Ha! Speranza. Questa parola fa vomitare sulle tue labbra, Morris Twingle. O vuoi che ti chiami Robert Stein, come piace a te, e ti faccia la riverenza?

- Attento a come parli, Luca. Sono stato gentile, finora. Non forzarmi la mano, non ti piacerebbe vedermi arrabbiato.

- Io avevo già camminato per anni in questo mondo di merda quando tu ancora ti succhiavi il pollice, sei tu che devi stare attento a come parli, Morris.

Quel vecchio idiota era partito per la tangente. Forse la moglie sarebbe stata più ragionevole, e Robert decise che si sarebbe rivolto esclusivamente a lei.

- Joanna, per favore. Dammi quella chiave. Voglio solo vedere se riesco a trovare un campione biologico di Jack. Un capello, delle cellule epiteliali. Andrà bene tutto - mormorò, cercando di suonare meno indifferente possibile.

Il volto della donna si illuminò e corse a prendere la chiave, mentre il marito appoggiava la schiena contro il corridoio, incrociando le braccia sul petto.

Joanna tornò poco dopo e gli porse la chiave, chiazzata di ruggine. Si abbinava alla porta e a quel posto disgustoso.

Robert avrebbe voluto sorriderle per rassicurarla, ma tutto ciò che riuscì a fare fu annuire. Fece per aprire la porta, ma la donna lo trattenne per un polso. Il contatto gli fece digrignare i denti. Detestava quando un altro essere vivente lo toccava senza avergli prima posto una richiesta, meglio se scritta in triplice copia.

- Lo riporterai qui, non è vero? - gli chiese, con voce tremula.

Robert aprì la bocca per rispondere, e non ne uscì alcun suono. Così annuì una seconda volta, e lei sospirò, lasciandolo andare.

Lo scienziato si sentì sollevato dalla cessazione del contatto e aprì la porta, per poi darvi una spallata, combattendo contro i cardini.

Era tutto come l'aveva lasciato.

Robert si incantò a fissare il punto in cui un tempo si era seduto per terra assieme ai suoi fratelli per mangiare quella zuppa dal delizioso retrogusto di calzini che preparava Nick. Il cibo di cui si nutriva ora era molto più buono, nonostante suo fratello fosse stato degno di vincere il premio di miglior chef del Rifugio.

Robert scosse la testa e si avvicinò al letto in comune, sul lato dove Jack dormiva. Il suo cuscino odorava ancora di adolescente e dello shampoo scadente, dal retrogusto di petrolio, che veniva distribuito al Rifugio. Lo scienziato cercò attentamente, finché non riuscì a trovare un capello spesso, dalla tonalità castano chiaro, che apparteneva al ragazzo. Lo mise in una provetta e ne avvitò il tappo, per poi infilarsela in tasca.

Si diresse verso la porta e fu allora che si accorse del messaggio che Jack aveva lasciato su di essa. Era lo stesso scritto sul pezzo di plastica.

Robert vi passò sopra le dita e, per un istante, gli parve di vedere suo fratello in piedi davanti alla porta, intento a lasciare una traccia del suo passaggio, nel caso lui avesse mai deciso di venire a controllare in casa o non avesse ricevuto il pezzo di plastica.

Quel ragazzino le aveva pensate tutte.

Non era poi così tonto, in fondo.

Robert uscì e fece un cenno col capo alle guardie, per poi restituire le chiavi a Joanna.

- Grazie - mormorò, facendo per avviarsi.

- Qualunque cosa tu abbia fatto, Morris, i tuoi fratelli ti vogliono ancora bene. Jack ti adora. Cerca di pensarci, d'accordo? - sussurrò la donna, infilandosi la chiave in tasca. - A volte le cose importanti sono quelle che ci danno più fastidio. Dio sa se non sopportavo quando Peter faceva una delle sue lagne, ma mi mancano più di ogni altra cosa. E anche a te mancherà. Ti manca già. Io lo so, lo vedo. Potrai anche sembrare un pezzo di ghiaccio, ma non lo sei davvero.

Robert fece finta di non averla sentita, proseguendo per la propria strada. Prima di svoltare l'angolo, gli parve di sentire Luca che diceva "Non è più il ragazzino che conoscevi, Joanna. Quello è morto da tempo, e non tornerà".

Robert sperava davvero che quel ragazzino fosse crepato, andato, estinto. Saltava sulla sua tomba ogni giorno, per tenerlo là sotto. Però, ogni tanto, una mano scheletrica emergeva dalla terra, afferrandolo per le caviglie e minacciando di essere lei a saltare sul suo letto di morte, un giorno.

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