Voce del verbo.
Il giorno seguente, per il riccio, fu talmente difficile alzarsi dal letto, che quasi pensò di chiamare Elisa e dirle che non sarebbe andato a lavoro.
Ci aveva pensato, indugiando minuti interi sul tasto per avviare la chiamata, per poi scuotere la testa e gettare in malo modo il telefono sul materasso del proprio letto matrimoniale.
Quel letto che era molto comodo nelle notti tranquille, dove puoi occuparlo tutto senza dover tenere conto di una seconda persona.
Nelle notti come quella che aveva appena passato, però, non era affatto così, quel letto diventava troppo grande e soprattutto troppo freddo.
Perché cosa te ne fai di tanto spazio quando sai esattamente la persona che vorresti per colmarlo?
Per questo motivo, non era stato così difficile abbandonarlo quella mattina, fu quasi una liberazione quando sentì suonare la sveglia, sveglia che aveva sentito subito perché non aveva chiuso occhio neanche per dieci minuti.
La parte difficile, piuttosto, era il pensiero di dover andare in quella scuola, di dover prendere quella dolorosa decisione.
Ritardare non sarebbe servito a niente, Ermal lo sapeva, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quella situazione.
Scappare avrebbe solo rallentato il dolore, e col tempo aveva capito che l'attesa del dolore fa più male del dolore stesso.
Perché?
Beh, perché ti ritrovi a vivere quei pochi giorni divorato dall'ansia, in attesa di una catastrofe che non puoi scansare, ma che sai per certo ti colpirà a pieno.
La metti in pausa, e questo ti permette solo di rimuginarci su, di scoprire ancora più dettagliatamente il male che dovrai provare.
Mentre lo fai, però, ti ritrovi la prospettiva di quel dolore sempre davanti al viso, non riesci a distogliere l'attenzione da esso neanche per un secondo.
Per questo Ermal, che nella vita aveva attraversato molte situazioni difficili, aveva deciso da molto tempo di preferire i dolori lampo, di quelli che ti accecano per un istante e poi passano.
Ti lasciano stordito e la loro luce resta sempre un po' incastrata nei tuoi occhi spaventati, però passa.
Prima o poi dovrà pur passare.
Sospirò appena, scendendo dalla sua macchina e sentendo i battiti del suo cuore accelerare, mentre in silenzio osservava piano l'edificio.
Se aveva preso una decisione?
No, non lo aveva fatto, nonostante fosse determinato a prenderne una negli istanti immediatamente successiva.
Ermal aveva capito di cosa parlava Marco, da primo istante, e sapeva che non sarebbe riuscito a superare una cosa del genere, una tale umiliazione davanti ai suoi colleghi, gli alunni, soprattutto Fabrizio.
Fabrizio, dall'altra parte c'era lui.
Ermal lo sapeva dal primo momento che avrebbe provato qualcosa di forte per quell'uomo, se positivo o negativo dipendeva dai momenti, ma anche quando lo odiava, riusciva a sentirlo forte e chiaro nella sua anima.
"Finché ti sento nell'anima non c'è pericolo."
Razionalmente sapeva che la soluzione migliore sarebbe stata quella di rinunciare a lui, mettere da parte quei piccoli momenti che avevano passato insieme e tornare indietro a quando si limitavano a punzecchiarsi.
Dal lato emotivo, però, quello che per tanto tempo il riccio aveva abbandonato e messo da parte, si chiedeva se sarebbe mai riuscito a metterli da parte quei momenti, a ferire il romano a tal punto da spingerlo a lasciar perdere.
Perché di questo si trattava, di lasciar perdere, di mettere un punto a qualcosa che non era ancora neanche iniziato.
Ermal era sempre stato una persona razionale, per questo quella sua indecisione lo faceva innervosire ancora di più, perché in quel momento proprio non ci voleva.
L'indecisione non ci voleva, ricredersi su Fabrizio in un momento del genere non ci voleva.
"O forse era solo Marco che non ci voleva."
Il riccio mise a tacere la sua coscienza, aprendo la porta d'ingresso ed entrando, finalmente o per sfortuna, all'interno di quella scuola dove, ormai da anni, aveva lasciato il cuore e un pezzetto della sua anima.
Gli occhi degli studenti e di alcuni suoi colleghi si posarono su di lui per qualche istante, per poi tornare a fare ciò che stavano facendo prima del suo arrivo.
In pochi si accorsero dei suoi occhi tristi, delle sue occhiaie più pronunciate del solito e delle piccole crepe che caratterizzavano la sua essenza.
In pochi, certamente, come era certo che Fabrizio fosse fra quelli.
I loro sguardi si incontrarono per qualche istante, per la prima volta però non fu il romano a distoglierlo.
Fu Ermal, infatti, ad abbassarlo subito, mentre a passo veloce cercava di seminarlo, non volendo rovinare la giornata sul nascere.
Fabrizio, però, non era dello stesso avviso, per questo lo raggiunse prontamente, prendendolo per un braccio e facendolo girare verso di se.
Ermal, a quel gesto, chiuse gli occhi per qualche secondo, riaprendoli subito e lasciandosi andare a un sospiro quando, tristemente, si ritrovò a pensare che molto probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe sentito il tocco del bel professore su di se.
Tocco a cui, seppur in breve tempo, si era subito abitato, nonostante una piccola parte di se non lo avesse ancora accettato.
-Ermal?-
La voce di Fabrizio arrivò come un sussurro alle orecchie del riccio, che strinse le labbra quando i loro sguardi si incontrarono, per l'ennesima volta, esprimendo un misto fra curiosità, tristezza, paura e voglia di viversi.
Un mix letale, pensò Ermal, se poi pensava alla decisione che avrebbe dovuto prendere.
-Tutto bene?-
-Sì, io.. ho solo dormito poco, devo andare in classe.-
Ermal ci provò a svincolare da quella situazione scomoda, ma si fermò immediatamente nel momento in cui sentì la presa del moro stringersi di più intorno al suo braccio.
Non come quando accadde con Marco, la sua non era una presa di posizione, non era una stretta violenta o possessiva.
Era una silenziosa richiesta di restare, che investì il professore in modo devastante, avrebbe voluto provare paura, fastidio, ma il suo corpo si era ormai abituato a quelle mani.
Forse abituato non rendeva bene l'idea.
Ermal non si era abituato a Fabrizio, quello non sarebbe mai riuscito a farlo, ma aveva fatto qualcosa di peggio: si era fidato.
-Stavo pensando che.. insomma, se te va a pranzo te porto in un posto de Roma dove se magna bene.-
-Non posso, oggi ho un impegno.-
Fabrizio cercò lo sguardo del collega che gli aveva rubato il cuore, senza ottenere un minimo riscontro.
L'ansia iniziava a crescere a dismisura dentro di lui, che a gestirla non era mai stato bravo e finiva sempre per difendersi in due modi: con la rabbia o con un attacco di panico.
In entrambi i casi, però, quello scudo era distruttivo per qualcuno.
-Allora.. famo domani?-
-Non posso neanche domani.-
Alzò un sopracciglio, portando due dita sotto il mento di Ermal e costringendolo ad alzare lo sguardo per incontrare il suo, deluso e confuso.
-Che sta a succede Ermal?-
-Niente, che vuoi che succeda?-
Ermal abbassò nuovamente la testa, ma Fabrizio non demorse, costringendolo per l'ennesima volta a guardarlo.
-Niente? Me stai a ignora!
Ho fatto qualcosa che t'ha ferito?
Puoi dirmelo se è così, me sembrava che stessimo bene però..-
Ermal rise ironicamente, lasciandosi scappare una piccola reazione istintiva, non trattenendosi più.
Lui stava per scaricarlo a causa di terze persone, e Fabrizio si stava chiedendo se avesse sbagliato qualcosa.
-Abbiamo preso solo un caffè, Fabrizio.-
-Due, veramente..-
-Sì, beh, ha importanza?-
Fabrizio strinse le labbra, guardando Ermal in un modo che lo fece vacillare per qualche secondo, perché il dolore iniziava a prendere spazio sul viso del romano.
Ermal, intanto, iniziava a sentire una fitta farsi spazio nel suo stomaco, mentre il nervosismo lo stava divorando e, in mezzo a tutto quel casino, capì solo che non sarebbe servito dissimulare.
Così come non sarebbe servito lasciare che le cose facessero il loro corso, se voleva allontanarsi da lui, doveva necessariamente ferirlo.
Perché amare quasi sempre è voce del verbo morire.
"O voce del verbo sei un coglione?"
-Davvero pensavi che potessi interessarmi a te?
Guarda me e guarda te, ti sembriamo alla stessa altezza?
Scusami, ma punto a qualcosa di più di un romanaccio che per capirlo mi ci vorrebbero i sottotitoli.-
Sputò fuori quelle parole con rabbia, guardandolo negli occhi e maledicendosi, non era arrabbiato con lui ovviamente, ma lo era con se stesso, lo era con Marco.
Lo era con tutto il resto del mondo, tranne che con Fabrizio, che in quel momento gli rivolse uno sguardo carico di odio e umiliazione.
Lo guardò male, ma di un male che Ermal sentì ogni più piccola parte del suo cuore sanguinare.
-La sai na cosa?
So rimasto subito colpito da te, perché sei nbel ragazzo, è inutile negarlo.
Però so sempre stato demotivato.
Lo sai quello che dicono de te, no?
Che sei no stronzo senza cuore, ma io nun c'hai mai creduto, mai.-
-Fabrizio..-
-No, mo me fai parla.-
Ermal annuì prontamente, cercando di contenere tutte le emozioni e di non versare neanche una lacrima davanti a lui.
-Ho cercato de avvicinamme a te, t'ho portato a fa colazione e francamente t'avrei portato ngiro pe tutta Roma.
Però c'avevano ragione, questa è l'amara verità.
Sei nbastardo senza cuore.-
Il riccio abbassò lo sguardo, sostenendo quel carico di insulti che si aspettava, che sapeva di meritare.
Aveva imparato a conoscere Fabrizio in quei mesi, sapeva esattamente cosa doveva dire per ferirlo, quali fossero i suoi punti deboli, immaginava anche la reazione che avrebbe avuto.
Mai, però, avrebbe immaginato la frase che venne dopo, nemmeno nei suoi incubi più spaventosi.
-Nun dici niente, eh?
Parla?-
Il riccio sobbalzò per il tono di voce che il romano aveva cambiato, rendendolo più alto e leggermente aggressivo, mentre la rabbia si impossessava di lui.
-Tuo padre t'ha gelato il cuore.-
Fu quando vide una lacrima scendere sulla pallida guancia del riccio, prima che andasse via, che Fabrizio capì di aver oltrepassato il limite, ma era troppo tardi.
Ermal era già andato via.
Lo aveva lasciato senza neanche aver prima provato a prendersene cura.
Fabrizio si ritrovò a pensare che in quel caso, la rabbia aveva distrutto entrambi.
Dalla classe infondo al corridoio, invece, un paio di alunni fissavano la scena increduli e cercando di capire qualcosa, ma erano troppo lontani per far si che capissero le parole che i due si erano scambiati.
Nessuno di loro, però, li aveva visti mai così arrabbiati e sconvolti durante le loro liti quotidiane.
-Ma Erika, non avevi detto di averli visti sereni a fare colazione la scorsa volta?-
-Io li ho visti di sfuggita anche ieri mattina, non capisco..-
Giovanna, che era stata interrotta, si girò incredula verso Dino, che nel frattempo si sentì osservato e sbuffò, poggiando la testa sulla spalla di Erika e imbronciandosi.
-Oh, che volete? Mi sono appassionato.-
Le ragazze scossero la testa, mentre Ylenia si lasciò andare a un verso di disperazione.
-Così non vale però, perché?
Io avevo già iniziato a shippare i Metamoro..-
-I che?!-
Mandy, che nel frattempo stava ripetendo il paragrafo di inglese, prevedendo che Ermal avrebbe interrogato tutti dato il pessimo umore, si girò a fissare l'amica con espressione confusa.
-Metamoro, Mandy!
Riprenditi, su, cosa pensi che facciamo noi comuni mortali durante le lezioni di inglese?-
Maria Chiara rise, scompigliando i capelli della compagna e abbracciandola poi in segno di resa.
-Io shipperei voi due se non fossi sicura che siete etero.-
Sara rise, dando una gomitata a Francesca per cercare di risvegliarla dallo stato di trance in cui era ricaduta.
-Ci sono, la gita!-
Francesca urlò, facendo sobbalzare Niccolò che, intento a rollarsi una sigaretta, aveva fatto finire tutto il tabacco sul banco.
-Ma li mortacci, ma sei matta?!
Mo devo rifà tutto ao!-
-La gita, dobbiamo fare il modo che siano loro due ad accompagnarci!
Così sarebbero costretti a parlarsi essendo gli unici adulti, mica possono stare soli tutto il giorno!-
La ragazza continuò il suo piano malefico, mentre le ragazze assunsero la stessa espressione maliziosa, Dino e Niccolò si rivolsero uno sguardo preoccupato.
-E da cosa nasce cosa..-
-Nic, a me fanno paura...-
-A chi lo dici Dì, a chi lo dici!-
Giovanna ed Erika zittirono i due ragazzi, per poi mettere le loro mani una sopra l'altra, insieme alle altre ragazze che, dopo essersi guardate un'ultima volta, urlarono in coro.
-Che l'operazione Metamoro abbia inizio!-
-Raga sto male! Ma secondo voi chi sta sopra?!-
Serena pronunciò quella frase sottovoce, cercando di non farsi sentire.
-Ovviamente Fabrizio!-
Mandy e Maria Chiara si esposero, sotto lo sguardo contrariato di Giovanna che la pensava diversamente.
-Ma poi perché Metamoro?-
Chiara si girò verso le sue amiche, ancora un po' confusa.
-Perché Metamobrici suona male, Ermizio pare er nome de ncriceto, e siccome er professor Mobrici ha espresso il suo immenso amore pe Aldo Moro, hanno deciso de chiamalli così.-
Le ragazze, per la seconda volta, si girarono a guardare allibite, stavolta, Niccolò, che nel frattempo aveva sgranato gli occhi.
-Me state a fa il linguaggio der cervello, maledette!-
-È solo l'inizio, Nic, è solo l'inizio...-
Nel frattempo, Ermal, che fino a quel momento era rimasto in cortile a sfogarsi, quasi sobbalzò quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.
-Erm, Hei.. tutto bene?-
Andrea Vigentini si era seduto accanto al suo amico, guardandolo con fare preoccupato mentre il petto di Ermal si alzava e abbassava velocemente.
-I-io..-
Il riccio provò a trattenere i singhiozzi, con scarsi risultati, così l'amico capì che non sarebbe servito aspettare, bisognava agire.
Portò delicatamente un braccio intorno al suo collo, tirandolo poi a se con la stessa delicatezza.
Ermal, che fino ad allora aveva cercare di mostrarsi forte, si tuffò letteralmente fra le braccia dell'amico, stringendolo forte e lasciandosi andare, singhiozzando rumorosamente e con forza contro il suo petto.
-Mi stai facendo preoccupare però, non ti ho mai visto così..
Qualcuno ti ha fatto del male?
Ermal, ti prego..-
Il riccio scosse la testa, cercando di formulare una frase, ma iniziando a piangere ancora più forte, così Andrea decise che fosse il caso di lasciargli il suo tempo e aspettare.
E lo fece, con molta pazienza, seppur con il cuore in gola e la preoccupazione che saliva.
-S-sono un coglione Andrea..-
Andrea prese ad accarezzargli la schiena, come se avesse a che fare con un bambino a cui togli il suo giocattolo preferito.
-Lo so da anni questo, ma ti si ama anche così eh.. noi ti accettiamo!-
Ermal rise per qualche secondo, asciugandosi poi le lacrime e poggiando nuovamente la testa sul suo petto.
-Strunz.-
-Menomale, almeno adesso ti riconosco!
Stavo per chiamare il manicomio...-
Ermal gli diede un piccolo schiaffo sul braccio, mettendo un piccolo broncio e sospirando, prendendo a fissare il vuoto.
-Ermal, io non lo so cosa è successo.. e soprattutto con chi, anche se lo immagino.
Però una cosa la so, ed è che tu sei molto di più di ciò che fai vedere, se le persone non lo capiscono è un problema loro.
Ma se lo capiscono, non è un litigio a cambiare l'opinione che hanno di te, anche se lo vorrebbero magari.-
-Non so se hai ragione..-
Ermal scosse la testa, rivivendo davanti ai suoi occhi la scena che l'ora prima aveva vissuto.
-Ma vale la pena provarci, no?-
Il riccio si ritrovò a pensarci su, pensando al litigio avuto, sì, ma anche agli altri mille, anche al momento in sala prove, alle colazioni fatte insieme.
Pensò al quadro generale, lasciandosi scappare un sorriso intenerito.
-Ne vale la pena.-
-E allora che ci fai ancora qua?-
Ermal si fece scappare una piccola risata, alzandosi velocemente insieme al suo amico e accarezzandosi un braccio, imbarazzato per ciò che stava per dire.
-Grazie..-
-E per cosa?-
-Per avere sempre un cucchiaino nella tasca, pronto a raccogliermi quando ce n'è bisogno.-
Detto questo, gli sorrise e si allontanò, lasciando Andrea con un sorriso dolce stampato sul viso, a pensare che Ermal era davvero impegnativo, ma che dopotutto era una delle persone più dolci e leali che avesse mai conosciuto.
E gli voleva un gran bene.
Il riccio, invece, che ormai aveva imparato a memoria l'orario delle lezioni del romano, sapeva benissimo che aveva un'ora di buco, così si diresse verso l'aula insegnanti sperando di trovarlo lì.
-Fabrì, me dispiace davvero.. nun pensavo che sarebbe annata a finì così fra te ed Ermal..-
La porta era aperta e il riccio stava per entrare, ma quando sentì il suo nome provenire dalla voce di Andrea Ra, non resistette alla tentazione di origliare e si nascose contro la parete.
-Già, nemmeno io, sembrava che stesse andando tutto bene ma.. non lo so, evidentemente non era destino.-
-Stai soffrendo?-
Ermal si morse il labbro inferiore al solo pensiero di far soffrire il romano.
Se, infatti, i primi tempi era il suo unico obiettivo, adesso il solo pensiero lo infastidiva terribilmente.
Ma non ebbe il tempo di formulare a pieno quel pensiero, perché la voce di Fabrizio lo interruppe, facendogli sgranare gli occhi.
-Alla fine era solo na questione di principio, me lo volevo solo porta a letto.
Ma per quello c'è sempre Elisa, no?-
"Perché amare quasi sempre è voce del verbo morire."
Voce del verbo morire.
Fabrizio sospirò infastidito, scuotendo la testa e aggiustandosi i capelli nel vano tentativo di allentare la tensione.
-Ma chi voglio prende ngiro Andre, me sa che me so preso na cotta pe quel deficiente.-
-Allora va da lui, no?-
Ma Ermal non aveva sentito quelle parole, troppo ferito per continuare a sostenere quella conversazione.
Prese il telefono e velocemente compose il numero di Marco, con il cuore in gola e le mani tremanti.
-Ermal?-
-Ciao Marco.-
-Dimmi tutto.-
Il riccio ebbe un attimo di indecisione, mentre chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
Tuo padre ti ha ghiacciato il cuore.
Me lo volevo portare a letto.
Per quello c'è sempre Elisa.
-Ho preso la mia decisione.-
E si allontanò, dirigendosi verso la propria aula.
Ma qualcuno era appena uscito dalla sala professori, qualcuno che, per puro caso, aveva origliato la conversazione.
Qualcuno che aveva visto gli occhi spenti e freddi di Ermal.
"E de che decisione parla?"
Spazio biscotto 🍪:
Ciao a tutte!
Lo so che vi ho fatto attendere per questo capitolo e che, soprattutto, dopo il finale orribile della scorsa volta vi ho regalato un capitolo peggiore, ma fidatevi di me!
Giuro che le cose miglioreranno!
Ci tenevo a ringraziare, come sempre, la mia squad unaMETAfincheMORO che mi da la forza e l'ispirazione per andare avanti con questa storia, facendomi sentire sempre apprezzata.
Vi voglio bene 💛
E grazie a voi per essere arrivati fino qui!
Alla prossima
Erika.😈
PS: Per chi non lo avesse capito, sì, ho una grandissima cotta per Dino.
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