Vero che resta per sempre?
Ermal sospirò, girandosi e rigirandosi nel letto, mentre i suoi pensieri erano rivolti sempre ed esclusivamente alla stessa persona.
Avete presente quando, più cercate di evitare qualcuno, e più questo si insidia nella vostra mente?
Quando decidete di uscire per distrarvi, anche solo a prendere un caffè con un'amica e sembra andar bene, ma dopo la vostra piccola dose di caffeina personale, basta un piccolo riferimento a rovinare tutto.
E allora lì, arriva la classica convinzione che l'intero mondo sia contro di voi, ma non è così, perché l'unica cosa, in quel caso, contro di voi, è la mente che, sovrastata dal cuore, crea un collage con tutti i ricordi legati a quella persona, facendo si che anche una minima immagine o un piccolo suono ve la ricordino.
Non è il mondo a creare continui riferimenti, siete voi stessi a farlo, perché quando vi manca così tanto qualcuno, quando una persona inizia ad abitare e a farsi comoda nelle pareti più buie della vostra mente, illuminandola, riuscite a trovare una traccia di quella piccola luce in ogni singolo posto.
E vi rendete conto che non è vero che la cercate, bensì la create, con dei riferimenti che ai vostri occhi sembrano ovvi, ma che a quelli degli altri, che non conoscono una persona così bene, non lo sono.
Semplicemente, questo accade perché difficilmente una persona condivide tutta se stessa con qualcun altro, ma quando lo fa, si crea un mix letale fra le informazioni che solo voi avete su di lei e gli irripetibili momenti passati insieme, facendo si che spesso, quando trovate un parte di lei in un oggetto impensabile, gli altri non capiscano.
Perché Ermal dovrebbe ridere come un emerito deficiente davanti a una bustina di zucchero di canna?
Non capiscono, perché semplicemente non possono capire, quindi sarebbe doveroso spiegarglielo, però non vuoi.
Non vuoi, perché quelle sono parti della tua persona, di quell'unica persona di cui troveresti la parvenza di un sorriso anche nel posto che odi di più, e anche se spesso la sua assenza diventa una presenza fastidiosa, anche se questo ti porta ad odiarla, diventi geloso di ciò che, alla fine, è l'unica cosa concreta che ti rimane di lei: i segreti del suo cuore, che con cura custodisci nel tuo.
Svelare quei segreti, sarebbe quasi come dare via una piccola parte di te, semplicemente non puoi permetterlo, e allora ridi da solo, urli da solo, ti maledici e il secondo dopo ringrazi il cielo di aver provato un amore così grande, sempre da solo.
E, da solo, ti rendi conto di quanto sia meglio così, perché nessuno potrebbe mai capire l'effetto che questa persona ha su di te, nessuno, a parte te stesso.
Immediatamente, i pensieri di Ermal volarono alla mattina di quel giorno, o meglio, a ciò che aveva reso quella mattina degna di essere ricordata.
Ermal e Fabrizio, dopo quel momento, avevano iniziato a passare sempre più tempo insieme, molto spesso si ritrovavano a pranzare l'uno con l'altro senza nemmeno averlo pianificato.
Era naturale, infatti, per loro ormai, cercarsi in mezzo agli altri e decidere di ritagliarsi dei loro momenti in modo del tutto spontaneo.
Se, però, da una parte c'era questa intesa particolare, dall'altra qualcosa era decisamente cambiato fra i due, fisicamente parlando.
Fabrizio, infatti, era sempre più cauto nei confronti del riccio, ci pensava non due, ma diecimila volta prima di sporgersi anche solo a lasciargli una tenera carezza sul viso.
Le sue intenzioni erano buone, lasciava ad Ermal i suoi spazi, non cercava in alcun modo di costringerlo al contatto fisico, ma a tratti per paura nemmeno lo cercava.
Ermal si sentiva lusingato da questa scelta, ma certe volte la paura e i dubbi prendevano il sopravvento.
Si chiedeva, appunto, come mai anche se erano passati parecchi giorni da quella discussione, il loro rapporto sembrava fermo a un punto morto, un punto morto piacevole, perché parlavano di tutto, passavano tempo insieme, però una linea piatta non era mai positiva, anche nella più positiva delle situazioni, ed Ermal lo sapeva.
Lo sapeva, eccome, per questo lo infastidiva essere perennemente trattato come un bambino indifeso, cercando di far capire a Fabrizio che non aveva più cinque anni, che ormai era un uomo e la situazione era diversa, seppur portasse ancora con se qualche fantasma del suo passato.
Altre volte, quando i dubbi si facevano incontrollabili e violenti nella sua testa, pensava addirittura che le parole di Marco fossero vere, che Fabrizio avesse deciso di passare del tempo con lui solo per pietà, ma che, alla fine dei conti, non voleva seriamente perdere tempo con una persona usata, e aspettava che fosse Ermal a prendere la decisione di andarsene.
Poi però Fabrizio gli sorrideva in quel modo, quel modo a cui il riccio non sapeva resistere e che, con una facilità disarmante, scacciava tutti i brutti pensieri dalla sua mente, come un interruttore carico di felicità, al posto della corrente.
Con Fabrizio era sempre così, un attimo prima si sentiva in cima al mondo, l'attimo dopo tremila metri sotto terra, ma Ermal stava iniziando ad abituarsi a quelle montagne russe che, seppur pericolose, lo stavano rendendo un po' più felice giorno dopo giorno.
-Allora, ragazzi, oggi avete l'assemblea di classe.
Uno dei punti all'ordine del giorno è proprio la gita di fine anno, che, come sapete, è molto importante organizzarla bene, dato che le prenotazioni vanno fatte almeno due o tre mesi prima.
Avete già pensato a delle mete?-
Erika e Giovanna alzarono la mano contemporaneamente, guardandosi con una punta di sfida nei loro occhi giovani e vispi.
-Okay, una alla volt-
-San Pietroburgo!-
-Madrid!-
Ermal venne interrotto dalle due ragazze che, contemporaneamente, pronunciarono le due mete opposte e, subito dopo, si regalarono uno sguardo intimidatorio.
-San Pietroburgo.-
-Madrid.-
-Ma dai, che cosa dobbiamo farcene di tutto quel caldo che fra poco arriva l'estate?-
Giovanna sospirò, guardando male l'amica e alzando gli occhi al cielo, con fare ovvio.
-Te ricordo che semo ar quinto anno, pe noi nun ce sta estate quest'anno.-
-Suvvia ragazzi, non fate i tragici!-
Dino e Niccolò si intromisero nel discorso, prendendo le parti delle ragazze, seppur discutendo fra di loro in maniera molto più calma rispetto alle due.
-A me basta che ci siano i cavalli.-
-Ma quali cavalli, che se andiamo a San Pietroburgo ci troviamo solo i pinguini.-
Francesca e Ylenia, ridendo sotto i baffi, dissero la loro, godendosi la lite che si era creata fra le loro amiche, sempre in disaccordo ma che, alla resa dei conti, si volevano un bene dell'anima.
-Io non ci penso neanche a rinunciare alla possibilità di vedere dei manzi del genere in Spagna, ma scherziamo?-
Maria Chiara prese parola, poggiando una mano sulla spalla di Giovanna.
Mandy, contrariata, si attaccò invece al braccio di Erika, mettendo il broncio e guardando le due.
-Guardate che anche i russi sono super dotati, eh!-
-Mandy, sono le otto e mezza, siamo in fascia protetta ancora.-
-Oh, fanculo!-
Mandy e Giovanna ricominciarono a litigare sempre per la stessa storia, mentre Sara, fissando tutti in un angolino remoto, si schiarì la voce, guardandoli con il suo solito fare solare.
-La Russia è davvero una bellissima meta, basta pensare che sia il patrimonio storico forse più importante del novecento, insomma, la rivoluzione russa, la concezione marxista adottata ma fallita miseramente, è davvero interessante!
E pensate come sarebbe bello camminare nei luoghi che, con un po' di immaginazione, ci riportano alla storia dei Romanov e Anastasia.-
Tutti si zittirono all'istante, girandosi a guardare l'amica con fare sconvolto, persino Anna e Serena che, al contrario degli altri, avevano sfruttato quel tempo per finire i compiti dell'ora successiva.
-Guardate, a me basta che ci accompagna Mobrici, poi possiamo fare pure tutta la storia del novecento in aramaico.-
Einar presa parola, venendo velocemente fulminato da Filippo con lo sguardo e catturando l'attenzione del professor Meta, che fino a quel momento si era messo a riordinare gli appunti, al fine di lasciare i ragazzi a discutere.
-Cosa? Vi accompagna il professor Mobrici?-
I ragazzi si girarono a guardarlo colpevoli, mentre le donne in prima fila, con fare civettuolo, iniziarono a sbattere le ciglia in segno di disperazione.
Ermal ci mise due secondi a collegare, prima sgranare gli occhi e ricordarsi che gli accompagnatori dovevano essere necessariamente due.
-No, non esiste!-
-Prof, la preghiamo!
Lo sa che gli altri non ci accompagnerebbero mai, lei è l'unico che ci ha sempre portato ovunque, vuole farci saltare la gita?-
Ermal sospirò, scuotendo la testa e pensando che, per via della situazione creatasi con il moro, passare qualche giorno insieme, necessariamente da soli, non sarebbe stato il massimo.
-Troverete sicuramente qualcun altro.-
-Beh, in questo caso.. ci toccherà chiedere alla preside Elisa..-
Ermal ci provò a mantenere la sua posizione, pensando proprio alla sua opera preferita di Shakespeare.
Io sono saldo, come la stella polare, della cui qualità fissa e immobile non c'è compagna nel firmamento.
I cieli sono costellati da innumerevoli scintille; sono tutte di fuoco e ognuna splende: ma soltanto una, tra tutte, mantiene fisso il suo posto.
Così nel mondo: è ben adornato di uomini e gli uomini sono fatti di carne e sangue, e dotati di ragione.
Ma nel numero io so soltanto di uno che incorruttibile mantiene il suo rango, non scosso dall'emozione, e quello sono io.
Lasciate che ve lo mostri persino in questo.
Poi, però, la sua mente viaggiò a quel possibile viaggio senza di lui, mentre il romano, solo con dei ragazzetti, era necessariamente costretto a passare del tempo con Elisa.
Loro due, soli, in vacanza.
Soli.
Prese un respiro profondo e, chiudendo con forza il suo libro di appunti, sorrise in modo bastardo ai ragazzi.
-Bene, quindi quando partiamo?-
E il riccio si ritrovò a pensare che lui, con Cesare e la stella polare, aveva poco in comune quando si trattava del romano, perché non si lasciava scuotere dall'emozione ma, in un modo persino più intimo e pericoloso, ci si abbandonava completamente.
Fra quei pensieri, dopo essersi alzato, aveva deciso di camminare verso la casa del suo collega, dove si erano dati appuntamento per decidere i dettagli della gita.
Il pensiero di andare a casa di Fabrizio, di invadere completamente il suo mondo, entrando a farne parte anche solo per pochi minuti, lo aveva mandato completamente fuori di testa.
Perché questa era l'idea, pochi minuti, massimo mezz'ora e poi ognuno per la sua strada, non è che ci fosse molto da fare dopo aver scelto le località da visitare.
O almeno così pensava, prima di suonare il campanello con il cuore a mille e, vendendo la porta aprirsi, non aveva trovato nessuno.
Gli bastò abbassare di poco lo sguardo per notare una piccola bambina, che lo fissava sorridendo e con la bocca tutta sporca di cioccolato.
Ermal la riconobbe come Anita dopo pochi secondi, lasciandosi scappare una risata che, per l'imbarazzo, fece portare ad Anita una manina davanti al suo viso.
-Ermal principe!
Ti stavamo aspettando, io, Bibo e papi stavamo facendo i biscotti co la nutella!-
Ermal entrò lentamente in casa, prima di prendere un fazzoletto dalla sua tasca e, dopo essersi abbassato all'altezza della piccola, iniziare a pulirle delicatamente il visetto sporco.
Anita, che nel frattempo lo stava fissando con un sorrisetto e gli occhietti furbi, lo guardò attentamente.
-Resti a cena co noi?-
Ermal rimase stupito da quella domanda, ritrovandosi a boccheggiare un po' e a scuotere la testa subito dopo.
-No, in realtà resto molto poco, io e il tuo papà dobbiamo fare delle cose di scuola e poi torno a casa mia, tesoro.-
-E non puoi restare anche per cose non di scuola?
Papà è tanto impegnato e io avevo voglia di giocare co qualcuno!
Giuro che faccio la brava poi.. solo un po' finché si mangia!
Poi ti libero..-
Il riccio, tuttavia, da brava stella mobile qual era, si stava già lasciando abbindolare da quel visetto deluso, ma al tempo stesso sapeva quanto fosse personale, sia per lui che per Fabrizio, l'idea di passare del tempo con i due bambini insieme.
Sarebbe stato un po' come invadere il suo mondo oltre il limite consentito, Ermal non sapeva cosa fare, e cercava in tutti i modi di non deludere nessuno dei due.
Fabrizio, per fortuna, fece capolino nel salotto con addosso un cappellino da cuoco, seguito da Libero che, vestito allo stesso modo, agitava un mestolo come se fosse una spada.
-Ermal!-
Il bambino urlò a voce alta, correndo verso di lui e abbracciandolo dalla vita, facendo si che la mano del riccio finisse fra i suoi capelli a lasciare qualche piccola carezza.
-Hei, Capitan America!-
Il piccolo rise guardandolo, mentre Fabrizio, venendo il modo in cui i suoi bambini erano rapiti dal riccio, sentì i propri occhi farsi sempre più lucidi, commosso dalla situazione.
Tuttavia si ricompose in fretta, puntando gli occhi in quelli di Ermal con fare dispiaciuto.
-Scusame ricciolì, o so che dovemo lavora, ma Giada m'ha mollato ste pesti senza preavviso e nun potevo dille de no!-
Ermal scosse la testa, avvicinandosi a lui e, con il poco coraggio che aveva raccolto in quei secondi, gli lasciò un bacio sulla guancia, sentendo la pelle del moro scaldarsi contro le sue labbra soffici.
-Non preoccuparti, è sempre una gioia per me vederli.-
-Papi, vero che resta per cena?-
-Vero che resta per sempre??-
I due bambini, da bravi ruffiani, iniziarono ad adulare Ermal sbattendo le ciglia e pronunciando frasi tenere al fine di convincerlo a rimanere.
Il riccio, così, si girò verso Fabrizio per ricevere un minimo aiuto, ma i suoi occhi erano persino più dolci di quelli dei piccoli, nel tentativo di dargli il colpo di grazia.
Ermal, così, si ritrovò a imprecare mentalmente mentre, scuotendo la testa in segno di approvazione, un grosso sorriso si espanse sul suo viso arreso.
-Sì, abbiamo vinto!-
-Dopo cena guardiamo la Sirenetta, va bene?-
-Anita, questo povero uomo dovrà pur torna a casa a dormì!-
-No no, nel mio letto c'è spazio eh!-
Ermal non ebbe neanche il tempo di ribattere, mentre i piccoli lo trascinarono in cucina, mettendogli un grembiule addosso e costringendolo ad aiutarli nella preparazione dei biscotti.
-Questi so i preferiti di papà!-
Anita sorrise, muovendo il piccolo matterello contro l'impasto per stenderlo al meglio.
-Sono!
Anche tu parli in romanaccio, eh?-
-Vero?
Non li sopporto proprio, io te lo dico.-
Libero scosse la testa nel pronunciare quelle parole, con fare saputello e facendo muovere leggermente il cappellino sulla sua testa, essendo troppo grande per lui.
-Papino, di quaccosa!-
-A Lì, se ce riprovi a fa ncazza a bimba mia, così come t'ho creato, te distruggo!-
Libero, a quel punto, si girò a guardare Ermal, che prontamente prese un po' di cioccolato e sporcò la guancia di Fabrizio, facendogli spalancare la bocca con fare sconvolto.
-Parla ancora così di Libero e ti verso tutta la fabbrica della Nutella addosso!-
Quello che era iniziato come uno scherzo, così, si trasformò in una vera lotta di Anita che, con un matterello in mano, correva per la cucina inseguita da Libero ed Ermal che, agitando il mestolo contro Fabrizio, indietreggiava lontano da lui.
-Ho un mestolo di legno, e non ho paura di usar-
Il riccio non fece in tempo a finire la frase, che il romano portò distrattamente le mani sulle sue natiche, al fine di prenderlo in braccio e farlo sedere sul ripiano pulito della cucina, mettendosi in mezzo alla sue gambe per bloccarlo.
Ermal, a quel gesto, si immobilizzò completamente, senza irrigidirsi, non era né spaventato né infastidito, semplicemente era rapito da quella vicinanza con Fabrizio, che fece salire le mani lentamente sui suoi fianchi, provocando una scarica di brividi sulla sua schiena.
Il riccio, mordendosi il labbro inferiore, poggiò la fronte contro quella del più grande, completamente rapito da quella situazione.
-Papà ed Ermal si fanno le coccole?-
-Quelle cose che fanno i grandi Anita!-
-Quali cose?-
-Non lo so, io sono piccolo!-
Bastò il dialogo fra i piccoli ometti per riportare i due alla realtà, facendoli allontanare a causa di quel calore che, se fino a poco prima stava scaldando i loro cuori, dopo la consapevolezza di non essere soli, li aveva quasi scottati, facendoli dividere irrimediabilmente.
Le ore passarono così, fra lotte e risate, era passata la cena ed erano ormai le 23.37, mentre Ermal era seduto sul divano, con i bambini addosso che, essendo stesi, avevano le teste poggiata sulle sue gambe, una per ogni gamba.
Diede un'occhiata fugace all'orologio, per poi ricominciare a guardare il film scelto, accarezzando dolcemente il capo ai due bambini, quasi addormentati.
Si era offerto di guardarli mentre Fabrizio riordinava la cucina, solo che mente Libero, non molto interessato alla Sirenetta, era crollato addormentato su di lui, Anita, seppur stanca, stava lottando con tutta se stessa contro il sonno.
Non voleva dormire, sia perché sapeva che al suo risveglio non avrebbe trovato Ermal, sia perché quello era il suo cartone animato preferito.
-Mi piace tanto Ariel, è la principessa più beeeeella di tutte.. dopo di me!-
Il riccio rise piano per non svegliare, contagiando anche Anita.
-Anche a me piace, sai?
Però per la figura mitologica della sirena, cose da nerd.. che tu, piccola come sei, proprio non capiresti..-
-So curiosa!-
-Beh, sai..
Anche se nei cartoni animati le sirene vengono raffigurate come delle creature buoni e gentili, spesso nella mitologia venivano indicate come belle donne, metà umane e metà pesci, che incantavano dei marinai con scopi malvagi e per niente carini.
Venivano associate alle tempeste, a naufragi..-
Ermal iniziò il suo racconto a bassa voce, con l'entusiasmo di chi parla di qualcosa a cui tiene parecchio e fermandosi solo quando, dopo una decima di minuti, si accorse di aver fatto addormentare Anita.
Si rilassò piano contro il divano, guardando la tv e sorridendo con attenzione per la scena rappresentata.
-Che dolce sensazione se ti stringo così forte a me, tu sei la mia canzone..-
Il riccio si lascio cullare dalle parole di quella canzone, chiudendo gli occhi e pensando a quanto quella giornata, seppur surreale, gli avesse fatto bene al cuore.
-Ermal, sei stato ntesoro, se voi puoi-
Fabrizio fece capolino nel salotto, bloccandosi quando si ritrovò davanti alla scena più dolce che avesse mai visto in vita sua: i suoi figli, sempre timidi e diffidenti con tutti, dormivano sulla gambe di Ermal che, a sua volta, si era addormentato come un bambino sul divano, tenendo le mani fra i capelli dei suoi piccoli.
Si avvicinò lentamente, spegnendo la tv e coprendo tutti e tre con una coperta, sporgendosi poi a lasciare un bacio sulla fronte del riccio, con il cuore a mille.
-Buonanotte ricciolì..-
E Fabrizio si ritrovò a pensare a come sarebbe stato bello trovarsi quella scena davanti ogni notte.
Si ritrovò a pensare come mai, la visione di Ermal addormentato assieme ai suoi piccoli bambini, non fosse ancora rientrata nella categoria delle meraviglie del mondo, alla prima posizione.
Forse non ci sarebbe entrata mai, ma nella sua classifica personale lo aveva fatto.
In tutte e sette le posizioni.
Spazio biscotto 🍪:
Eccomi tornata con questo capitolo!
Spero vi sia piaciuto, dopo questi capitoli turbolenti ho voluto regalarvi una piccola dose di dolcezza, che fa sempre bene.
Non so se già dal prossimo capitolo, o da quello di domenica prossima, inizieranno quelli della gita di fine anno, dopo i quali ci saranno due/tre capitoli conclusivi al massimo e un epilogo.
Non manca molto alla fine di questa storia, è un po' per tutte le soddisfazioni che mi ha dato, un po' per i vostri commenti, un po' perché mi sono affezionata, mi dispiace tanto concluderla.
Ma una "scrittrice" deve fare ciò che una "scrittrice" deve fare.
Rigrazio, come sempre, la mia squad unaMETAfincheMORO per supportarmi sempre, nel bene e nel male, e per essere delle amiche fantastiche.
E ringrazio voi, per essere arrivati fino a qui.
Alla prossima
Erika 😈
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