Ne è valsa la pena?

Quelle feste natalizie erano volate in un battito di ciglia, ma Ermal e Fabrizio avevano sentito il peso notevole di ogni singolo secondo, ogni singolo momento passato lontani da quella quotidianità che, seppur a tratti stressante, ormai era parte di loro e causa del loro umore.

Non importava se contribuisse a migliorarlo o a peggiorarlo, la presenza di uno nella vita dell'altro era ormai l'unica componente in grado di trasformare l'esito di una giornata.

In quei giorni si erano ritrovati ad essere lontani chilometri, se da una parte Fabrizio era rimasto a Roma, per passare il Natale con i bambini e con Giada, che di tanto in tanto lo rimproverava di non aver lasciato il suo numero di telefono al riccio, dall'altra c'era Ermal.

Ermal, che era tornato nella sua città "natale" in fatto di cuore, la sua amata Bari dove aveva piantato le sue radici nel territorio italiano, prima di trasferirsi nella bella Roma.

Il riccio, al contrario del romano, aveva passato le feste con la sua mamma e i suoi fratelli, Rinald e Sabina, in aggiunta anche il marito Dario e la figlia Miria, la sua nipotina che amava con tutto il suo cuore.

Erano stati giorni rilassanti, che avevano passato in compagnia delle persone che più amavano al mondo e che, molte volte, trascuravano un po' a causa del loro lavoro, però mancava qualcosa.

Il problema non è quando ti manca qualcosa, si ritrovò a pensare il riccio, ma quando ti manca qualcuno, e ancora peggio è se sai chi ti manca.

La parte divertente di una mancanza, infatti, è proprio quella della ricerca, della sensazione di leggera curiosità nello scoprire cosa può riempire quel vuoto, o chi può alleviare quella pena.

Mancanza è un termine profondo, molto più di quanto si pensi.

Quando ami una persona e quella se ne va, non importa quanto ci stai male, perché l'amore ha diverse forme e ci saranno altre persone nella tua vita che ti aiuteranno a non pensarci.

Ma dire a una persona che ti manca, è come dire che insieme a lei si è portata una parte di te, una parte che, dopo essere stata tolta, ha lasciato un vuoto che solo quella persona può colmare, che solo quella parte può riempire.

E a niente servirà provare a scalfire quel piccolo fosso d'amore, nemmeno con lo scalpello più efficiente del mondo.

E a niente servirà provare a farsi riempire da altre braccia, stringere da un corpo con un calore umano diverso, perché quando ti manca qualcuno, il freddo di quel vuoto lo senti fin dentro le ossa.

Lo senti parlare, lo senti scavare dentro i dubbi e le ansie che da sempre celavi dentro di te, dietro la piacevole felicità che quella presenza ti provocava ma che, dopo essere scomparsa, aveva lasciato libere tutte quelle piccole cose che solo lei riusciva a proteggere, a contenere dentro di se per evitare che esplodessero.

Ma poi esplodono, invadendoti completamente mentre pian piano inizi ad acquistare una nuova consapevolezza.

Ermal lo aveva sentito fin da subito, quando la mattina del giorno dopo sentì la madre lamentarsi delle numerose varietà di zucchero presenti nella cucina e il riccio, mortificato, si rese conto di aver acquistato lo zucchero di canna integrale al posto di quello normale.

Se ne rese conto quando, giocando con Miria, si ritrovò ad utilizzare la principessa Ariel, da sempre il suo film Disney preferito, e invece di pensare ai riferimenti mitologici da nerd che tanto amava, nella sua mente si piazzarono tutti gli outfit da pescatore che Fabrizio usava ogni giorno.

Per Fabrizio, invece, fu più dura ammetterlo a se stesso.

Aveva represso il pensiero di Ermal tutte le volte che Libero, palesemente di proposito, si metteva a cantare delle canzoncine in inglese e, dopo aver riso della sua pronuncia mentre provava ad imitarlo, aveva affermato che doveva decisamente prendere delle lezioni.

-Papà, ti servono delle lezioni!
Non hai in mente nessuno che può aiutarti?-

-Ermal insegna inglese!-

Anita, tutta fiera e spavalda, aveva affermato quella frase con un sorriso sornione sul volto, mentre piano muoveva la sua bambola di Rapunzel che ballava con il draghetto Prezzemolo.

Fabrizio, intanto, aveva stretto le labbra al suono di quel nome che fino a qualche giorno prima gli era tanto familiare, ma che poi aveva sepolto come se fosse vietato anche solo pensarlo nella propria mente.

"Ermal... Ermal... Ermal..."

-Ermal è un nome buffo!
Chissà cosa vuol dire..-

La piccola riprese nuovamente parola, sfogando la sua curiosità, mentre Libero la guardò con fare saputello.

-Significa vento di montagna!-

-E tu che ne sai?-

-Me lo ha detto lui!
Però il suo non lo ha scelto mica il suo papà, di lui non voleva parlare..-

Fabrizio sentì il sangue gelarsi nelle vene, mentre nella sua mente già si creava la scena di Ermal e Libero che parlavano fra loro come se si conoscessero da sempre, raccontandosi del più e del meno, fino ad arrivare al significato dei loro nomi.

Ermal, Libero.

Vento di montagna era un nome che si addiceva perfettamente al riccio, pensò Fabrizio, perché era imprevedibile, come il vento che, se debole, ti accarezza in modo dolce, ma se violento è capace di spazzare via anche la costruzione più imponente, non in senso figurato, ma metaforico.

Cos'è l'imponenza di un grattacielo davanti alle insormontabili mura che ognuno di noi si costruisce all'interno della propria anima?

Poi pensava a Libero, invece, un nome piuttosto insolito e che sicuramente Ermal, davanti al piccolo, aveva elogiato, mentre nella sua mente aveva riservato almeno un piccolo insulto nei suoi confronti.

Perché Ermal era così, si divertiva a punzecchiarlo, a sfotterlo esattamente come faceva Fabrizio con lui, era un gioco reciproco che, col passare del tempo, li aveva fatti inevitabilmente avvicinare.

Fabrizio non seppe come, non se ne rese nemmeno conto, così come non si rese conto del momento esatto in cui il suo interesse verso il riccio smise di essere esclusivamente dettato dell'attrazione fisica, mentre fra una bustina di zucchero di canna e una risata per una battuta di pessimo gusto, fra quei ricci scuri e disordinati, ci aveva lasciato l'ultimo pezzo del suo fragile cuore.

Perché sì, sotto quelle braccia tatuate e quell'aria da duro, Fabrizio aveva un cuore talmente fragile, che cercava di proteggere sotto le apparenze, ma che bastava poco, anche un solo soffio sulla crepa più instabile, per far scollare tutti i pezzi, che diverse volte si era ritrovato ad incollare fra di loro.

Ci provò con tutto se stesso, dopo quelle riflessioni, ad accantonare quel pensiero ormai sempre martellante nella sua mente, ma Ermal gli mancava.

E quando qualcuno ti manca, è come dargli il potere di aver causato un vuoto che appartiene solo a lui, e che solo lui può colmare, che sia con dei ricci ribelli o con un enorme libro di inglese sullo zucchero di canna integrale, poco importava, perché erano tutte parti di lui e della storia che raccontava il loro rapporto travagliato ma intrigante allo stesso tempo.

E Fabrizio sentiva la mancanza di ogni singola parte, piccola come sono piccoli i granelli disomogenei dello zucchero che, quella stessa mattina, distrattamente aveva acquistato, senza sapere che a chilometri di distanza, il riccio aveva fatto la stessa e identica cosa.

Qualche giorno più in là, finalmente era arrivato il momento di rientrare nella scuola che i due tanto criticavano durante il resto dell'anno, ma che mai come quello stesso anno, li era mancata durante le vacanze natalizie.

Fabrizio rise quando, dopo delle ore di lezione intense, uscì dal corridoio e si ritrovò davanti Michele con addosso un piccolo cappellino di Natale.

-A Miche, ormai è passata pure a befana e daje.-

-Elisa? Dove?-

Ci mise un po' a capire il riferimento, ma poi rise in modo genuino, lasciando scivolare da se tutta l'inquietudine che lo accompagnava fin dalle prime luci dell'alba di quel nuovo giorno.

Si avvicinò distrattamente al tabellone degli orari, scorrendo il dito fino al cognome che gli interessava, sospirando amaramente quando lesse quella scritta odiosa.

Ora libera.

Ma poi a cosa servivano le ore libere esattamente?

-La sua auto è ancora nel parcheggio, quindi magari è ancora a scuola..-

-Nun so de che parli..-

Fabrizio arrossì violentemente, ringraziando mentalmente l'amico mentre velocemente si dirigeva verso la sala prove.

-Che Dio ci aiuti..-

Dopo quella piccola frase sussurrate da Michele, il romano si lasciò definitivamente quella conversazione alle spalle, chiedendosi se fosse davvero così tanto evidente com'era sembrato pochi minuti prima.

Arrivò dopo pochi minuti, grazie al passo svelto che aveva utilizzato e piano si avvicinò a lui, fermandosi alle sue spalle quando sentì una dolce melodia provenire dal pianoforte, facendogli venire gli occhi lucidi.

-Intanto..-

Il riccio prese a canticchiare alcune parti di quella canzone che, pur avendola ascoltata una sola volta, gli era rimasta nel cuore.

E gli era rimasta nel cuore talmente tanto che, durante le vacanze, aveva provato a riprodurre le parti che ricordava al piano, provando a non dimenticarne nemmeno un pezzettino.

-T'è piaciuta, vedo..-

Il riccio fece scivolare rovinosamente le dita sui tasti, producendo una melodia decisamente poco carina e saltando sul posto, mentre si girava a fissarlo con gli occhi sgranati e le guance colorite dall'imbarazzo.

-Beh, è solo perché è davvero un ottimo lavoro, non ti montare la testa adesso.-

-E chi ce pensa a farlo se si tratta de te, me smonteresti dopo nminuto.-

Fabrizio prese posto accanto al riccio, che piano si spostò per lasciargli spazio, mentre gonfiava appena le guance come un piccolo bambino in difficoltà.

-Allora...-

I due pronunciarono quella parola nello stesso momento, ridacchiando dopo poco e zittendosi di nuovo, mente il riccio accarezzava con cura alcuni tasti del pianoforte, chiudendo gli occhi.

-Come hai passato le vacanze?-

-So stato co i bambini, tu?-

Fabrizio pronunciò con poca facilità quelle parole, dato che, a causa degli occhi chiusi dell'altro, si era preso la libertà di osservarlo attentamente, perdendosi irrimediabilmente nei suoi lineamenti dolci.

-Le ho passate a Bari, con la mia famiglia..
C'era anche mia nipote, è stato come tornare bambini per un po'!-

Gli occhi del riccio si illuminarono nel parlare della piccola nipotina, cosa che fece sorridere Fabrizio fino a che gli facessero male le guance, ma durò poco, prima che si accorgesse di quel velo di tristezza nel suo sguardo.

La tristezza di una confessione nascosta, come se ci fosse una verità che voleva uscire fuori da quegli occhi troppo limpidi, troppo trasparenti per mentire a chiunque, anche a loro stessi.

-C'è un ma?-

-Sai.. forse è solo che passo così tanto tempo a scuola che.. un po' mi manca lamentarmi di questo posto, degli alunni, del caffè sempre poco zuccherato del bar..-

Ermal rimase sul vago, mentre si morse il labbro inferiore e iniziò a suonare una piccola melodia al piano, per distrarsi da quella conversazione, che man mano diventava sempre più intima.

-Che suoni?-

-Una cosa che ho scritto durante le vacanze.-

La risposta di Ermal arrivò fredda e scostante alle orecchie del romano, che subito si sentì scottato da tutto quel gelo, come quando stai per morire di ipotermia e senti la pelle quasi bruciare, a causa del freddo pungente che ti trafigge.

-Libero dice che.. avete parlato del tuo nome e gli hai detto di non voler parlare di lui.. è di questo che si tratta?
Ci pensi ancora?-

Ermal si irrigidì al suono di quelle parole, premendo forte i tasti del piano che, da ormai qualche minuto, stava a malincuore torturando e lasciando che un ricordo gli sfiorasse la mente.

-Mamma? Ti aiuto con i piatti?-

-Sì tesoro, vieni pure qui, vicino a me!-

Ermal fece come gli era stato detto, raggiungendo Mira a passo svelto e sorridendole, mentre prendeva un piatto tra le mani e, con spugnetta e detersivo, lavava via i residui di quel pranzo decisamente troppo ricco per il suo piccolo stomaco.

-Mi siete mancati tutti da morire, non me ne ero reso conto finché non sono arrivato qui.
Mi mancava casa e più di tutto mi mancavi tu..-

Mira sorrise a quella confessione, posando un bacio sulla guancia del figlio e continuando il suo lavoro, sorridendo in modo consapevole.

-Anche tu mi sei mancato, come ai tuoi fratelli, e sono contenta che tu abbia percepito questo mancanza.
Però, tesoro, se posso permettermi.. nonostante questo non ti vedo completamente sereno..-

-Che vuoi dire?-

-Che sembra tu ti sia reso conto benissimo, invece, della mancanza di qualcuno in questo momento..-

Ermal si ritrovò ad arrossire davanti alla sua stessa mamma, a causa di quella piccola insinuazione: era stato colto con le mani nel sacco.

-Mamma, è.. è troppo complicato..-

-Tu non sei mai stato per le cose semplici.
Ermal, voglio dirti una cosa.
So che amare e lasciarti amare da qualcuno che non siamo noi ti spaventa, così come so che è naturale dopo tutto quello che abbiamo passato.
Però, tesoro, non avere paura di stare male, perché guardati ora.. ti sembra di stare bene?
Se ti piace qualcosa, se hai bisogno di qualcosa, prenditela!
Poi se va male c'è sempre la tua mamma qui, pronta a curare le tue ferite come tu anni fa hai fatto con le mie.-

Il riccio sorrise intenerito, mentre sfregò dolcemente la guancia contro la sua, come un piccolo gattino in cerca di coccole.

-Grazie mille mamma, davvero..-

-Di niente e.. comunque.. carino l'anello, è nuovo?-

L'anello, quello stesso anello che ora si stava torturando mentre si domandava il da farsi.

Sospirò appena, scuotendo la testa e mordendosi il labbro inferiore mentre decide che, certe volte, le parole erano troppo superflue.

Quella volta, con Fabrizio, servivano i fatti, e così cominciò a cantare.

-Ricordo quegli occhi pieni di vita e il tuo sorriso ferito dai pugni in faccia.
Ricordo la notte con poche luci, ma almeno là fuori non c'erano i lupi.
Ricordo il primo giorno di scuola, 29 bambini e la maestra Margherita, tutti mi chiedevano in coro come mai avessi un occhio nero..
La tua collana con la pietra magica io la stringevo per portarti via di là e la paura frantumava i pensieri, che alle ossa ci pensavano gli altri.
E la fatica che hai dovuto fare, da un libro di odio ad insegnarmi l'amore.
Hai smesso di sognare per farmi sognare, le tue parole sono adesso una canzone.-

Fabrizio sgranò gli occhi impercettibilmente, mentre gli occhi gli si fecero appena lucidi, lasciandosi travolgere completamente dalla forza di quella canzone, ma al tempo stesso che la fragilità di Ermal, racchiusa nella sua voce tremolante, gli accarezzasse le corde più melodiose della sua anima, quasi fosse un'arpa.

-Cambia le tue stelle, se ci provi riuscirai e ricorda che l'amore non colpisce in faccia mai, figlio mio ricorda l'uomo che tu diventerai non sarà mai più grande dell'amore che dai.
Non ho dimenticato l'istante in cui mi sono fatto grande per difenderti da quelle mani anche se portavo i pantaloncini.
La tua collana con la pietra magica, io la stringevo per portarti via di là, ma la magia era finita, restava solo da prendere a morsi la vita.-

Il riccio cantò nuovamente il ritornello, lasciando che Fabrizio gli carezzasse piano la schiena mentre, con gli occhi chiusi, immaginava a grandi linee le torture e il dolore che io riccio doveva aver provato in quegli anni così difficili.

-Lo sai che una ferita si chiude e dentro non si vede?
Che cosa ti aspettavi da grande?
Non è tardi per ricominciare.
Scegli una strada diversa e ricorda che l'amore non è violenza.
Ricorda di disobbedire e ricorda che è vietato morire, è vietato morire.-

Improvvisamente il riccio venne scosso da un tremolio più violento degli altri, che lo fece sbagliare nota e fermare con uno scatto, in preda all'ansia causata da quei ricordi.

Fu un attimo, prima che Fabrizio si sporgesse verso di lui per tenerlo stretto fra le sue braccia, così forte che Ermal ebbe quasi paura potesse frantumargli le ossa.

Ma l'amore che spacca le ossa non lascia nessuna ferita e ti ripaga per tutte le volte che hai perso la strada.

Perché a volte, semplicemente, la strada giusta è quella verso un paio di braccia che, quando ne hai bisogno, sono le uniche da cui ti lasci accogliere per farti stare meglio.

Ed Ermal, con quei pensieri, si fece coraggio e si strinse di più al petto del romano, inspirando il suo dolce profumo, che tanto gli era mancato in quei giorni.

-Mi chiedo se queste poesie che scrivi so dettate solo dalla bravura tua e dal dolore che t'ha causato quel bastardo, o se ce sta qualcosa da cui prendi spunto pe scrive dei capolavori del genere..-

Ermal rise per quel cambio di argomento, e Fabrizio capì di aver fatto una buona mossa quando lo sentì rilassarsi sotto la sua presa, sentendolo finalmente spontaneo nei movimenti.

-Per questa ho preso spunto da un riferimento fatto da Shakespeare sulle stelle..-

-Cioè?-

Ermal socchiuse gli occhi, nel tentativo di ricordare le parole esatte, per poi guardarlo e sorridere in modo da saputello.

-Gli uomini talvolta sono padroni del loro destino; la colpa, Bruto, non è nelle nostre stelle ma in noi.
Così disse Shakespeare, facendo riferimento al fatto che spesso, per indicare il fato, si fa riferimento al destino già scritto, ma niente è già scritto.
Questo vuole farci capire Shakespeare, che dipende da noi, no?
Ed è quello che voglio far capire anche io.
Cambia le tue stelle, se ci provi riuscirai.
È un inno alla disobbedienza.-

Fabrizio lo guardò incantato, sorridendo in modo fiero mentre osservava come, mentre parlava di letteratura inglese, al riccio si illuminassero gli occhi.

Quegli occhi, quel paio d'occhi che brillavano, sembravano.. due fari, due torce!

E quel sorriso così accecante sembrava.. sembrava di vedere il sole quando lei rideva, credimi.

Quando un uomo si sente addosso quello sguardo, quell'espressione, ma è inevitabile che gli esploda qualche cosa dentro!

Tu pensi che io c'ho avuto soltanto un infarto?

Ma io ce n'ho avuti tre, quattro, non lo so nemmeno io quanti ce n'ho avuti.

Il primo, sicuramente, quando ci siamo visti per la prima volta.

Poi il secondo quando m'ha accarezzato, e il terzo.. quando ci siamo baciati, qui.

Stavo per rimetterci le penne, lo sai, però.. se qualcuno mi facesse la fatidica domanda "Ne è valsa la pena?"

Io risponderei "Ne è valsa la pena, ne è valsa veramente la pena!"

Fanculo Carlo Verdone, ma proprio in quei momenti doveva venirgli in mente?

-Tu sei caro a me come le gocce rosse che visitano il mio triste cuore..-

Ermal arrossì impercettibilmente, mentre lasciava una carezza sulla sua guancia e sorrideva sornione, alzando un sopracciglio.

-Atto secondo, scena prima.
Giulio Cesare, William Shakespeare..
Non ti facevo tipo da letteratura inglese!-

-Quante cose che non sai di me!-

Il riccio rise, iniziando a canticchiare la canzone Gli ostacoli del cuore di Elisa, riprendendo quella frase, mentre Fabrizio scuoteva la testa divertito.

-C'ho lezione, meglio che me ne vado..-

-Oh, sì, ci si vede in giro..-

Fabrizio si alzò lentamente, incamminandosi verso la porta e fermandosi a pochi passi dall'uscita.

-Ermal?-

-Sì?-

-Anche tu me sei mancato.-

-Io non ho mai-

Ma non servì a niente, perché tanto Fabrizio era già andato via.

Ed Ermal pensò che infondo, molto infondo, era meglio così.


Spazio biscotto 🍪:

Eccoci qui con il nuovo aggiornamento!

Sono passate le feste di Natale, quindi è ufficialmente iniziata la seconda parte dell'anno scolastico.

Cosa vi aspettate?

Grazie mille, come sempre, alla mia squad unaMETAfincheMORO per starmi sempre vicine, come delle vere amiche e per ispirarmi in questa storia.

Vi voglio bene 💛💙

E grazie a voi per essere arrivati fino a qui!

Alla prossima

Erika 😈

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