Invincibile.

Fabrizio sgranò immediatamente gli occhi, allontanando Elisa da se con una velocità disarmante e indietreggiando fino a ritrovarsi con  la propria schiena appoggiata al muro del corridoio.

-Che ti prende?-

Elisa si avvicinò nuovamente a lui, facendo sbuffare il Moro che prontamente si allontanò con uno scatto, guardandola sconvolto.

-Io.. so ntipo professionale, nun so pe ste cose, mi dispiace.-

-Ah sì? Che peccato però, perché sei davvero un bel partito..-

"Ma che se mette a parla di politica mo questa?"

-Guarda, nun c'ho voglia de esse associato a cose del genere, ma lo prendo come ncomplimento e a finimo qua, okay?-

Elisa stava quasi per replicare, quando notò due bambini correre velocemente verso il professore, attaccandosi alle sue gambe.

-Papà!-

Libero e Anita urlarono per tutto il corridoio, facendo girare e ridacchiare diversi alunni, mentre sul viso di Fabrizio si dipinse un enorme sorriso stupito.

-E voi che ce fate qua?-

-Mamma ci ha accompagnati per farti una sorpresa!
Dice che possiamo stare con te sia domani che dopodomani, possiamo venire a lavoro con te? Ti prego ti prego!-

Libero prese parola, lasciando il romano un po' interdetto, non sapendo effettivamente cosa dire dato che, se da una parte non voleva deluderli, dall'altra non sapeva se sarebbe stato possibile accontentarli.

Ci pensò Elisa a mettere fine ai suoi dubbi, abbassandosi all'altezza dei piccoli e sorridendo in modo socievole.

-Certo che potete, ma aspettate papà nella sala professori, così lo vedete durante le pause.-

Anita, che nel frattempo era stata in silenzio a squadrarla, la fissò assottigliando gli occhi, per poi scoppiare in una fragorosa risata.

-Papi, chi è lei?-

-Si chiama Elisa, amore..-

La piccola le tirò leggermente i capelli, mentre si fece scappare una linguaccia.

-Sembra il cane obeso della signora che abita difronte a noi!-

Fabrizio sgranò gli occhi per l'ennesima volta, mentre tratteneva le risate e rivolgeva ad Anita un finto rimprovero.

-Anita, non si fa!-

-Lasciala stare, ha davvero una grande immaginazione.-

Elisa le sorrise fintamente, cercando di comprarsi le attenzione della piccola, che però nel frattempo aveva già sollevato le spalle, facendo il sorriso più bastardo mai fatto nei suoi cinque anni di vita.

-No, mamma dice che si chiama.. spirito d'osservazione!-

La donna, ormai sconfitta, si alzò prontamente in piedi mentre rivolgeva un veloce saluto a Fabrizio, per poi superarlo e dirigersi verso la presidenza.

-Anita, quello è il capo di papà, non devi essere così cattiva con lei!-

-Uno a zero per me! Se lo stava mangiando con gli occhi quella, papà è solo mio.. e poi, Libero.-

La piccola fece una breve pausa, per poi aggiustarsi fintamente i capelli con delle smorfie, mentre il padre la fissava incantato e il fratello con un'espressione disperata, di chi non ce la fa più a vivere a stretto contatto con una donna.

-So sempre io il capo, ricordatelo.-

Anita finì la sua uscita di scena, dirigendosi con fare smorfioso verso l'uscita della scuola, seguita dai due.

-Solo qualche anno, Libero, solo qualche anno e poi avrai una casa tua.
Resisti.-

Il piccolo Libero ripetè a se stesso quel piccolo incoraggiamento, facendo ridere fragorosamente il padre, che non ne poteva più dei loro litigi giornalieri.

Fabrizio pensava a quanto fosse fortunato ad avere due figli così speciali, mentre una parte della sua attenzione era ancora rivolta a quei occhi tormentati.

Anita, invece, era ormai determinata a vincere la piccola lotta iniziata con quella donna.

Non avrebbe mai permesso a nessuno di avvicinarsi al suo papà.

O quasi.

——————

Quello stesso pomeriggio, dall'altra parte della città, Ermal invece si trovava sul suo comodo letto, che non era mai stato così scomodo.

Scomodo perché, certe volte, per stare bene servono solo un paio di braccia giuste, che sono capaci di farti sentire a tuo agio.

Capaci di farti sentire a casa.

"Certo, non se quelle braccia appartengono a un coglione, tatuato e tamarro, che se ne va in giro a baciare altra gente."

Ermal si ritrovò a sbuffare, per l'ennesima volta, mentre faceva sprofondare il viso nel suo comodo cuscino, che stava torturando da quasi due ore.

Ci aveva provato, aveva deciso di provare a distrarsi, uscire a fare due passi, cucinare il suo piatto preferito, ascoltare un po' di musica, leggere un bel libro, ma nemmeno questo aveva funzionato.

Forse perché, ormai, il pensiero del romano si era insediato troppo in profondità nella sua mente, così tanto che non riusciva più a farlo uscire, a liberarsene.

O forse perché leggere "Alchimia e desiderio", non era proprio il modo migliore per liberare la mente da quel pensiero.

In compenso, però, almeno gli era venuta in mente una bella bozza per una nuova canzone.

Ermal, infatti, usava la musica come valvola di sfogo, non poteva evitare di servirsene per aiutarsi a liberare la mente.

E senza difese il tuo respiro indosserò, che bel rumore che fanno le cose quando iniziano.
Tu sei come il mare...

In un attimo tutto era più sereno, mentre il riccio scriveva quelle due frasi sul suo quaderno delle note, dove metteva su carta tutti quei piccoli pensieri che lo assalivano.

Ermal era fatto così, lasciava che i suoi pensieri si affollassero nella sua mente fino a soffocare, fino a impazzire ed avere una crisi, per poi farli esplodere tutti insieme e dare voce alla loro esigenza di essere vissuti.

Perché il dolore è così: esige di essere vissuto, esattamente come la musica.

Ed è così che nascevano le sue canzoni, perché Ermal non evitava il suo dolore, anzi, lo abbracciava, lo teneva stretto a se e se ne prendeva cura, perché aveva sempre sostenuto che si potessero capire molte cose di una persona dal suo dolore.

Puoi innamorarti di un sorriso, ma non potrai mai sentire quella sensazione di amore puro che suscita dentro di te il gesto di leccare le ferite della persona che ami.

Un po' come un istinto animalesco, l'istinto di proteggere la persona che ami, e come fai ad amare una persona se non la conosci a fondo?

Se non sei capace di viaggiare dentro di lei senza navigatore, un po' come quando sei in casa tua e senti quel senso di tranquillità, di familiarità, sai perfettamente dove muoverti e dove recarti in caso di necessità.

Semplicemente, non puoi, e non puoi conoscere una persona senza prima aver analizzato ogni più piccolo graffio, e se non la conosci non puoi amarla.

E da dove parte tutto?

Semplice, dal dolore.

Il dolore ci rende ciò che siamo, ci plasma a suo piacimento e poi si nasconde nei nostri atteggiamenti, così bene che certe volte ci dimentichiamo dove lo abbiamo messo, che quasi pensiamo di essere invincibili, che niente possa ferirci.

E poi basta un profumo, una foto, un frammento di ricordo che lo tira fuori, e il dolore ti colpisce in faccia finché non recuperi il senno e ti rendi conto di non essere invincibile.

Che sentirsi invincibili, non rende invincibili, e che chi non ha le ginocchia sbucciate cadrà per tutta la vita.

Perché sì, quando cadi ti fai male, ma sei anche più preparato per la volta dopo, sei pronto al rischio, sei pronto a tante cose.

Ma, certe volte, il dolore è anche traditore, così com'è la causa della costruzione di paletti, di mura, di limiti dettati dalla mente, quando cerca di evitare di farti soffrire ancora.

Sono delle mura molto potenti, quelle, quelle mura che non basta un tuffo al cuore per sormontarle.

Quelle mura che, già lo sai, abbatterle farà più male che soffrire a tal punto da decidere da costruirle.

Per questo, in quel momento, Ermal si sentiva infastidito; non arrabbiato, non deluso, ma infastidito e irrequieto.

Perché Fabrizio non aveva niente del suo tipo ideale, certo, era un bell'uomo, ma era poco aggraziato, diretto, molto maldestro, si vestiva come se dovesse andare a mungere le mucche ogni mattina e, soprattutto, non conosceva neanche una parola di inglese.

Ermal si tormentava, perché era sempre stato uno di quei tipi che osannavano la professionalità, perché era sempre stato attratto da uomini opposti, ma in quel momento si ritrovava a pensare sempre allo stesso momento.

Sempre a quella scena, quella maledetta scena avrebbe tanto voluto evitare, ma che per sua sfortuna aveva visto.

Elisa che poggia le labbra su quelle di Fabrizio, in ogni secondo di quelle ultime due ore, come quando abbassi la finestra di una pagina internet senza chiuderla, e in qualche modo è sempre presente nella tua mente, che a volte ti si apre senza che tu lo voglia, come le pubblicità che chiudi prontamente, infastidito.

Fastidio.

Era quello il sentimento che provava, mentre si lasciò sfuggire un piccolo urlo di frustrazione e si tirò in piedi, prendendo il cappotto e uscendo velocemente da casa.

Solo una persona poteva aiutarlo a distrarsi, e quella persona era una simpatica donna dagli indomabili ricci rossi.

Fu così che, qualche ora dopo, Ermal e Fiorella si trovarono l'uno difronte all'altro,  a bere un caffè nel solito bar in periferia.

Ermal era assorto nei suoi pensieri, mentre continuava a girare il cucchiaino nella sua enorme tazza di caffè.

Era in quella situazione da ormai almeno dieci minuti, mentre Fiorella lo osservava con il sorrisetto di chi aveva già il quadro della situazione.

-Fammi capire, se la fa con Elisa?-

Ermal alzò gli occhi al cielo, poggiando con un po' troppa enfasi il cucchiaino sul tavolo e bevendo il suo caffè con un broncio adorabile dipinto sul viso.

-Non lo so, va bene?
Ho solo visto che lei lo ha baciato.-

-E lui? Ha ricambiato? Insomma, che reazione ha avuto?-

Il riccio si ritrovò a stringere la mano in un pugno, maledicendosi per non essere restato a verificare la reazione del suo collega.

-Sono entrato nell'aula prima di vederla, non ho potuto controllarmi.-

Fiorella avrebbe tanto voluto fare una delle sue battute, ma era una delle poche volte che vedeva Ermal così tanto in difficoltà, e non poté evitare di intenerirsi mentre portava una mano sulla sua spalla.

-Devi scendere a patti con te stesso, a questo punto.. lo sai, no?-

-Ma patti per cosa?-

-Lui ti piace, Ermal.-

Ermal si ritrovò a sgranare gli occhi, scuotendo la testa e rischiando di rovesciarsi addosso il caffè che non aveva ancora bevuto.

-Non esiste, tu sei fuori!
Mai, non potrebbe mai piacermi uno così tamarro, così poco aggraziato.-

-Ermal..-

La donna provò a richiamarlo, ma senza risultati.

-Così stupido, ecco sì, l'ho detto.
Così testardo, così scontato da andarsi a baciare la preside.-

-Ermal..-

-No, non ho ancora finito Fiorella!
La preside, ti rendi conto?
Dio mio, che cosa squallida.-

Fiorella si ritrovò a sbuffare sonoramente, mentre alzava gli occhi al cielo e si chiedeva come fare per zittire il riccio.

Lo avrebbe già baciato se non fosse impegnata, e se non si trattasse del suo migliore amico dai gusti decisamente diversi dagli uomini etero.

Improvvisamente si ritrovò a sorridergli complice, mentre un'idea le si accesse nella testa.

-Oddio Ermal, ma quei due che stanno limonando sono Fabrizio ed Elisa?!-

Ermal smise immediatamente di parlare, mentre si girò immediatamente verso il punto indicato da Fiorella, guardandosi intorno per interi minuti.

Fu quando sentì delle risate andare a tempo con i battiti accelerati del suo cuore, che capì di essere stato preso in giro.

-Scostumata.-

-Sarebbe un insulto, questo?-

————

Il giorno dopo, Fabrizio si trovava a camminare lungo i corridoi della scuola con le mani strette a quelle dei suoi figli.

Mentre Libero si guardava intorno un po' insicuro, con lo stesso sguardo di Fabrizio il primo giorno che ci aveva messo piede, Anita aveva un sorriso sicuro dipinto sul volto, mentre già si sentiva la padrona della scuola.

-Questo posto è bellissimo papi, ed è pieno di ragazzi!-

-E non ti azzarda a guardarli tu.-

Fabrizio e Libero pronunciarono contemporaneamente quella frase, per poi sorridere soddisfatti mentre proteggevano la loro donnina.

-Noiosi, ecco!-

La piccola mise su un piccolo broncio, mentre Fabrizio sorrise a Michele Bravi, il bidello del loro piano, che era sempre disponibile e dolce con tutti, persino con Ermal che la mattina -e in generale- era sempre scontroso.

Ed ecco che i suoi pensieri ricadevano nuovamente su Ermal, proprio non ce la faceva ad evitarlo.

Fabrizio non fece neanche in tempo a formulare quel pensiero, che Anita si mise ad urlare esaltata, correndo velocemente verso il riccio.

-Papi, guarda com'è vestito, è un principe!-

Ermal storse il nasino mentre fissava la piccola con un sorriso dolce, che Fabrizio non gli aveva mai visto indossare sul viso.

Si abbassò alla sua altezza, accarezzandole piano una guancia, mentre Anita gli sorrideva incantato.

-Ciao tesoro, come ti chiami?-

-Io so la principessa Anita, piacere!-

Fabrizio, che era rimasto incantato a fissare quella scena, a suo modesto parere perfetta, venne riportarlo alla realtà da Libero, che con delicatezza iniziò a tirargli piano i pantaloni.

-Papà, ma chi è quello?-

-Nrompicoglioni... bellissimo.-

Fabrizio sussurrò quella parola a bassissima voce, ma non abbastanza per nascondersi dall'udito del figlio, che la sentì forte e chiaro e che, dopo pochi secondi, si girò a guardarlo con un sorrisetto furbo.

Nel frattempo entrambi si erano avvicinati, diventando parte integrante della scena, tanto che Ermal sollevò il viso, alzando un sopracciglio quando incontrò lo sguardo insistente di Fabrizio.

-Oh, li conosci?-

-Beh, so figli miei.-

Fabrizio gli sorrise in modo dolce, mentre Ermal si alzò a guardarlo male, ridendo in modo isterico.

-Ah, e non ti vergogni nemmeno un po' a portarli qui, dove fino a ieri facevi i tuoi sporchi comodi?-

-Ma che stai a dì..-

-Sai benissimo di che parlo.-

Il tono accusatorio di Ermal fece accendere la lampadina nella testa di Fabrizio, che capì che il riccio dovesse per forza averli visti, altrimenti non avrebbe altre ragioni per parlare così.

-Ermal, guarda, te giuro che hai frainteso.-

-Frainteso cosa? Che vai a limonarti altre donne in giro e poi hai la faccia di tornare da tua moglie dopo il lavoro?
O magari ne hai anche più di una?-

Fabrizio sgranò gli occhi, guardandolo arrabbiato e stringendo le mani in due pugni.

-Tu nun sei nessuno pe parlamme così, hai capito?
E poi a te cosa frega di quello che faccio?-

-Ah, niente, se tu sei a posto con la coscienza così.-

Mentre Anita li fissava imbambolata da ormai qualche minuto, Libero si girò verso Michele, guardandolo esterrefatto.

-Ma fanno sempre così?-

Michele sospirò, annuendo divertito.

-Pure peggio, caro mio.-

Intanto la tensione aveva riempito l'intero corridoio, mentre i volti tesi e contratti dei due ragazzi si fondevano perfettamente l'uno con l'altro, perdendo completamente la cognizione di qualsiasi cosa.

-Bene.-

-Bene.-

Fu Ermal a interrompere quel gioco di sguardi, superandolo e entrando velocemente nella sua classe, lasciando Fabrizio a maledire Elisa, e Libero a pensare che doveva necessariamente aiutare il suo papà.

Fu per questo che, qualche ora più tardi, Libero si trovava da solo in stanza professori, mentre Fabrizio e Anita erano andati a comprare da mangiare.

Il piccolo aveva passato tutta la mattina a fare disegni, sua grande passione da quando era piccolo, esattamente come Rinald, il fratello minore di Ermal.

Ecco perché il riccio, dopo essere entrato nella sala, restò imbambolato a fissare la scena, e sentì un nodo alla gola quando gli venne in mente un piccolo flashback.

Pensare ai suoi fratelli gli faceva questo effetto, se poi ci aggiungiamo un piccolo ometto identico a Fabrizio, quella visione lo destabilizzava parecchio.

Fu il piccolo ad accorgersi della presenza dell'altro, sorridendogli educatamente e tornando poi a disegnare.

-Ciao Ermal!-

-Ciao...?-

Ermal lo fissò interrogativo mentre si avvicinò appena a lui, sedendosi accanto e guardando con attenzione i suoi disegni.

-Libero?-

Sussurrò il più grande, mentre accarezzò con cura un foglio su cui c'era scritto il suo nome a caratteri cubitali.

-Sì, sono io!
Nome originale, eh?-

-Beh, devo ammettere di sì, scommetto che lo ha scelto il tuo papà.-

Ermal sorrise nel pronunciare quelle parole, lasciandosi contagiare dall'allegria del piccolo e portando una mano a scuotergli i capelli.

Libero rise in tutta risposta, annuendo velocemente per rispondere alla domanda dell'altro.

-Sì, a mio papà piace tanto la libertà.
Anche tu hai un nome originale!-

-Non lo è, sai, da dove vengo io, in Albania, è un nome molto comune, come i Marco o Francesco in Italia..
E significa vento di montagna.-

Il piccolo lo ascoltò attentamente, rapito dal modo che aveva il riccio di spiegare le cose e pensando che avesse il potere di rendere interessante anche una lista della spesa.

-Libero significa.. beh, solo Libero!-

Il riccio rise per quella spiegazione, lasciandosi andare a una risatina divertita e pensando che era tanto tempo che non rideva così, forse troppo.

-E anche a te il tuo nome lo ha scelto il tuo papà?-

Ermal si irrigidì appena, scuotendo la testa e mordendosi il labbro inferiore mentre si torturava le mani.

-No, preferisco non parlare di lui.-

Libero annuì comprensivo, nonostante morisse dalla curiosità, perché come si fa a non voler parlare di un papà?

Lui passerebbe tutto il giorno a parlare di Fabrizio, con chiunque, anche con le persone antipatiche.

-Cosa stai disegnando?-

-Capitan America.-

Libero rimase concentrato sul disegno, colorando con attenzione e cercando di essere il più preciso possibile.

-E perché proprio lui?-

-Perché è grandissimo! E ci giocavo sempre con papà da più piccolo, mi ha scritto anche una canzone.-

Ermal non potè evitare di sciogliersi a quelle parole, accompagnate dal sorrisetto dolce che gli spuntò sul viso mentre raccontava quel piccolo aneddoto.

-E come fa questa canzone?-

Libero sorrise soddisfatto, consapevole di essere riuscito ad attirare l'attenzione del professore.

-Sto imparando da te, sto imparando da te che Capitan America è grandissimo, perché grazie a lui non abbiamo più paura di dormire.
Sto imparando da te che l'immenso per me è aspettare Babbo Natale!-

Canticchiò il ritornello con un'espressione fiera sul volto, mentre gli occhi di Ermal si illuminarono sempre di più.

Si ritrovò a pensare che, se ci fossero più padri come Fabrizio, il mondo sarebbe un posto migliore.

Che se lui avesse avuto un padre così, forse ora sarebbe una persona migliore.

Ma i suoi pensieri vennero subito interrotti dalle labbra di Libero che si posarono sulla sua guancia, per lasciargli un bacino dolce.

-Lo sai, ho visto come ti si incupisce il viso a volte, quando pensi.
E ho visto come hai riso prima con me e dovresti sapere che il mio papà e io siamo molto simili, quindi se te lo tieni come amico ridi di più!
Solo perché tu lo sappia eh..-

Ermal alzò un sopracciglio, arrossendo appena per quelle parole e aprendo la bocca per dire qualcosa, ma venne nuovamente interrotto, stavolta da un altro Mobrici.

-A Libero, quella cor prosciutto era finita, t'ho preso quella.. co le patatine.-

Fabrizio fece una piccola pausa quando notò la presenza di Ermal nella stanza, maledicendosi per essere arrossito come un adolescente.

-Oh umh, ciao..-

I bambini si spostarono più in là per pranzare, mentre Ermal e Fabrizio rimasero uno difronte all'altro, non sapendo bene cosa dire.

-Beh, te sei calmato o me ricominci ad urla contro?-

-Tutte le cose che ho detto prima le pensavo davvero, quello che fai non è bello.-

Fabrizio sbuffò nuovamente, guardando Ermal in modo sincero.

-Ermal, sono separato da due anni.-

In quel momento, il riccio si sentì mancare la terra da sotto i piedi, perché si era permesso di accusare Fabrizio senza nemmeno lasciargli il tempo di chiarire la sua situazione sentimentale.

Non sapeva perché, non era da lui cedere ai pregiudizi o fermarsi l'apparenza, è solo che con Fabrizio non era lui a parlare, ma la rabbia repressa che gli avvenimenti legati al moro gli provocava.

-Mi.. mi dispiace..-

Fabrizio annuì, guardandolo però con insistenza.

-Eppure non mi sembri più tranquillo.-

-È solo che non mi piace che tu faccia determinate cose nel corridoio della scuola, per di più con la nostra preside.-

Ermal incrociò le braccia al petto, guardandolo contrariato e cercando di esprimere tutto il suo disagio.

-Elisa? Guarda che s'è buttata lei addosso a me, io mica la volevo.-

-Sì, certo.-

La risposta sarcastica di Ermal fece sorridere in modo furbo Fabrizio, che si avvicinò piano ad Ermal e gli fissò le labbra, nel tentativo di farlo vacillare.

Tentativo che riuscì benissimo nel momento stesso in cui Ermal posò lo sguardo sulle sue labbra, puntandolo poi nei suoi occhi e trattenendo il respiro quando ci lesse una punta di desiderio.

-Sei mica geloso, ricciolì?-

Ermal sentì una vampata di calore salire da sotto i piedi fino alla testa, investendolo completamente mentre cercava di contenere quella sua reazione.

-Di te? Nemmeno fra un milione di anni.-

Detto questo, lo superò per l'ennesima volta e corse fuori dalla sala, mentre Fabrizio cercava di elaborare cose fosse appena successo e Libero, infondo alla stanza, li guardava in modo complice, felice per quella piccola svolta.

Ermal continuò a camminare, camminare e camminare, finché non raggiunse la solita sala prove, sedendosi sulla sedia davanti al pianoforte per recuperare il fiato.

Per recuperare il fiato e forse anche un po' di senno, dato che una parte di esso si era perso irrimediabilmente durante la reazione che Ermal aveva avuto a causa delle insinuazioni di Fabrizio.

Fabrizio.

Le mani si mossero automaticamente sul pianoforte, mentre Ermal chiuse gli occhi e si lasciò guidare dalle emozioni che stava provando in quel momento.

-È solo un altro giorno, tutto si muove intorno, anche se il mondo è un gran casino tu respirami vicino e mi vedrai spiccare il volo.
Mi serve un altro giorno per costruire un mondo dove è facile guardare nella stessa direzione e nei tuoi occhi ritrovare un po' di me.
Con te io mi sento invincibile..-

Ma sentirsi invincibili non significava essere invincibili, Ermal lo sapeva bene.

Fu questo il pensiero che lo accompagnò mentre lasciò la sala, per dirigersi verso casa.

Ma lo accompagnò così forte, che non si rese conto di non essere l'unico presente in quella stanza.

Spazio biscotto 🍪:

Ebbene, eccomi qui!

So che vi ho lasciato un po' in sospeso con il capitolo precedente (e che sto chiudendo con un dubbio anche questo), ma spero di essermi fatta perdonare con la dolcezza di queste piccole righe.
Ringrazio come sempre la mia squad unaMETAfincheMORO per supportarmi sempre, vi voglio bene!

Grazie per essere arrivati fino a qui.

PS: Il titolo prende il nome dalla canzone "Invincibile" scritta da Ermal per Marco Mengoni.

Se non la conoscete, vi consiglio di ascoltarla.

Alla prossima.

Erika😈

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