Allora, questa carbonara?
-Ermal, mi stai ascoltando?-
Marco cercò di riportare alla realtà l'amico, mentre camminava preoccupato lungo il corridoio, ma sembrava non esserci niente da fare.
Ermal era corrucciato, col corpo lì presente ma con la testa chissà dove, mentre canticchiava fra se e se una melodia da ormai interi minuti.
L'altro, in tutta risposta, sospirò mentre pensava ad un modo per catturare la sua attenzione.
-Ti stavo dicendo, l'altra sera sono andato in un locale con Vige e ci siamo baciati, c'era anche un'altro ragazzo, il threesome migliore della mia vita.-
-Mmh..-
Ermal rispose distrattamente a quell'informazione, continuando a canticchiare per qualche secondo, prima di fermarsi in mezzo al corridoio e guardarlo sconvolto, che a momenti gli veniva un infarto.
-Eh?!-
Marco ci provò a mantenere un'espressione seria nei confronti dell'amico, ma proprio non ci riuscì, scoppiando a ridergli in faccia per tutta risposta.
-Ah, allora ci senti eh!-
-Non farmi più prendere questi spaventi, stupido!-
Ermal si portò una mano sul petto, cercando di regolarizzare il respiro, mentre il suo amico continuava a ridere.
Non che avesse problemi nello scoprire che i suoi migliori amici fossero gay, anzi, sarebbe ipocrita visti i suoi gusti in ambito sessuale.
L'unica cosa su cui avrebbe avuto da ridere sarebbe stata la relazione fra i due, dato che si conoscevano ormai da anni e si raccontavano praticamente tutto.
-Scusami, è che sono troppo concentrato su una canzone che mi è venuta in mente qualche giorno fa..-
-Una canzone d'amore per il tuo amato?-
Marco ci rise su, ma sgranò gli occhi quando notò la reazione dell'amico.
Negli occhi di Ermal, infatti, per un secondo ci lesse il panico, sostituito subito dopo da una risatina improvvisata e da un'occhiataccia per mascherare, invano, la sua reazione spontanea.
-L'unica cosa che dedicherei a quell'essere è un'esperienza a Ma come ti vesti, così magari inizia a buttare via quei completi da pescatore.-
Marco sgranò gli occhi, cercando di mimare ad Ermal di stare in silenzio, ma quando il riccio iniziava una frase, non c'era niente da fare, doveva necessariamente portarla a termine.
Quella volta, però, forse avrebbe fatto meglio a fare un'eccezione.
-Però me risulta che faccio colpo anche se me vesto come er nonno de Heidi.-
Ermal sbiancò immediatamente, mordendosi il labbro inferiore e girandosi subito verso di lui, dipingendosi il solito sorrisetto altezzoso.
-Forse le galline come Elisa, quelle sì, ma non le persone con un po' di cervello.-
Marco finì, come sempre, per sentirsi il terzo incomodo della situazione, finiva sempre così quando Ermal e Fabrizio iniziavano a litigare.
-Beh, meglio galline senza cervello, che uomini maturi cor ciclo.-
-Ah, quindi ti piace, eh?-
Fabrizio fece nuovamente un passo verso di lui, ritrovandosi abbastanza vicino per potergli lanciare uno sguardo di sfida.
-Anche se fosse, te darebbe fastidio?-
"Sì, sì cazzo, questa situazione mi sta facendo diventare matto, non lo vedi?
Non te ne sei ancora reso conto?"
Questo avrebbe voluto urlargli addosso, quasi a fargli male per la potenza di quelle parole, ma non ci era riuscito.
Perché?
Beh, perché non sempre la mente e la bocca sono collegati, c'è una cosa, a volte più potente e troppo impulsiva che spesso detta alla bocca informazioni sbagliate.
Il cuore?
Oh, no... qualcosa di molto più dannoso per un essere umano: l'orgoglio.
-Non sarei geloso di te nemmeno se fossi l'ultimo uomo sulla terra.
Io faccio le mie cose e tu le tue, tutti d'accordo.-
-D'accordissimo ricciolì.-
Fabrizio rispose istintivamente, nascondendo la sua delusione dietro una facciata, costituita da un'espressione dura e un'alzata di spalle, come a fargli intendere che dopotutto non gliene fregava nulla.
Nulla, certo.
Mica ci perdeva tempo, il romano, a pensare al riccio durante le sue giornate, a escogitare un modo per parlargli, seppur infastidendolo.
La verità è che, semplicemente, entrambi si stavano comportando come due ragazzini del liceo, alle prese con la loro prima cotta.
Perché si sa, quando ti approcci a un sentimento nuovo, essendo la prima volta, ritorni sempre un po' bambino, un po' adolescente, che un momento prima vorresti sbatterlo al muro e baciarlo e quello dopo, invece, vorresti sbattergli la testa al muro, sì, per il nervoso però.
Ermal si trovava esattamente in quella situazione, il romano era capace di fargli provare emozioni forti, sia in un senso che nell'altro.
Nessuno era capace di farlo innervosire come faceva lui, ma allo stesso modo nessuno sarebbe mai riuscito ad occupare la sua mente in modo così prepotente, senza neanche volerlo.
Ermal aveva iniziato a pensare a Fabrizio già dal loro primo incontro, poi era stato tutto un crescendo, un susseguirsi di eventi che lo lasciavano sospeso fra paradiso e inferno.
Instabilità, ecco da cosa erano dettate tutte quelle emozioni, mentre Ermal aveva passato gli ultimi anni, da quando si era trasferito in Italia, a costruirsi una vita normale.
A cercare di condurre una quotidianità che non permettesse il rischio di poter perdere la testa per nessuna passione o nessuna persona.
Casa, lavoro, amici.
Casa, lavoro, amici.
Casa, lavoro, amici.
Sette giorni su sette, l'unica eccezione per lui era la sua famiglia.
La sua adorata mamma e i suoi fratelli, gli unici che lo rendevano felice quando riuscivano a spezzare la quotidianità in cui era perennemente immerso.
Sabina, con la sua ossessione per lo shopping, che un po' aveva fatto venire la fissa di stare "al passo con le tendenze" anche ad Ermal.
Rinald, che con il suo amore per l'arte riusciva a far sentire Ermal compreso, perché entrambi prediligevano due tipi di arte che, seppur diverse, suscitavano le stesse emozioni.
Ermal, ogni volte che Rinald gli mostrava un nuovo dipinto o disegno, si sentiva sempre come quando riusciva a comporre una canzone decente, che si sposasse con la sua anima.
Ultimamente, però, quel suo sottile equilibrio perfetto, era stato totalmente invaso dal romano.
O meglio, dal suo pensiero, che consisteva in un ricordo, o in una frase, qualche termine ad Ermal ancora sconosciuto, per cui avrebbe passato tutto il pomeriggio a fare ricerche per capirne il significato.
Insomma, un vero e proprio uragano, ed Ermal era sempre stato un amante della pace e della tranquillità.
Cerco solo il modo di trovare la pace che non ho.
In un attimo la sua mente tornò al loro primo giorno passato nello stesso edificio, quando sorprese Fabrizio a suonare quella canzone nell'aula di musica.
Si era focalizzato solo sul vocabolo volgare, ma non aveva fatto caso al resto della canzone.
Pace che non ho?
E cosa voleva dire?
Eppure Fabrizio non sembrava stanco, o stressato, o irrequieto.
Sembrava solo sempre e incondizionatamente felice, e questo Ermal non poteva sopportarlo, perché per lui era così difficile fidarsi, rivolgere un sorriso a qualcuno, Fabrizio invece sembrava sempre avere un sorriso di riserva per ogni persona che incontrasse nel suo cammino.
Persino per Ermal, tutte le volte, prima di iniziare la loro battaglia quotidiana.
Cerco solo il modo di trovare la pace che non ho.
E Fabrizio credeva fortemente in quelle parole, da ormai molto tempo.
Dopo essersi lasciato con Giada, era entrato in una bolla carica di tristezza e delusione.
Credeva di aver trovato l'amore che tanto cercava, una casa, una famiglia, la stabilità.
Poi semplicemente un giorno ti svegli, ed è tutto svanito.
Perché l'amore è così, arriva silenziosamente e se ne va nello stesso modo, che non fai in tempo a voltarti per rivolgergli un ultimo sguardo, perché sei già lì a chiederti dove sia finito, se sia mai esistito o se fosse solo un illusione.
Ecco, Fabrizio diceva di cercare la pace, perché la pace è diversa dalla stabilità.
Quando c'è troppa stabilità, ti dimentichi di vivere, di amare, quasi respiri solo per tenerti in vita.
Quando invece c'è la pace, riesci a vivere la vita con serenità, perché sei consapevole di avere tutto quello che cercavi.
Tutto quello che volevi.
E quando aveva visto Ermal, o meglio quando gli aveva parlato, aveva subito capito che gli avrebbe dato filo da torcere.
Aveva capito anche, però, che avevano due anime molto simili, nel momento in cui, nei suoi occhi, ci lesse quel sottile bisogno di amore.
Lo stesso che provava lui da ormai troppo tempo, lo stesso che gli portava a chiedere silenziosamente ad Ermal di convincerlo che prima o poi sarebbe tornata la felicità.
Fu la campanella a distrarli dai loro pensieri, i due non si erano minimamente accorti di essere rimasti lì, immobili e in silenzio, a percorrere quel piccolo viaggio nei loro sentimenti.
Non se ne accorsero, affatto, ma si accorsero, quando si affrettarono a dirigersi verso la propria classe senza dire una parola, che quella volta qualcosa era cambiato.
Che, quella volta, avevano lasciato il corridoio con un pezzo di cuore in meno e una consapevolezza in più.
—————
Si rincontrarono nella sala professori qualche ora dopo, durante la pausa, ma non osarono rivolgersi la parola, né tantomeno uno sguardo.
L'atmosfera era stranamente tranquilla, tanto che i colleghi, abituati alle loro urla e i continui litigi infantili, restarono sbigottiti nel vederli mentre cercavano con tutte le loro forze di ignorarsi.
Fu Andrea il primo a prendere l'iniziativa, avvicinandosi a Fabrizio e tirandolo in disparte per un braccio.
-A Fabrì, ma che stai a fa?-
Fabrizio, in tutta risposta, tossì appena mentre portò lo sguardo su Ermal per qualche secondo, guardando poi Andrea con espressione confusa.
-Mmh, sì?-
-Che è successo co Ermal?-
Fabrizio si ritrovò a sbuffare, incrociando le braccia al petto e guardandolo con fare deciso.
-Ao, senti, me so stancato der carattere de merda che c'ha.
Oggi ha detto ognuno pe la strada sua, e sai che te dico?
Forse è pure meglio così.-
-E te ne sei sicuro.-
Andrea sostenne il suo sguardo, guardandolo con l'espressione di chi non crede affatto alle sue parole, a tal punto che scommetterebbe qualsiasi cosa.
-Sicurissimo.-
-Al cento per cento.-
Il moro sbuffò spazientito, guardando male l'amico e rilassando le braccia lungo i fianchi.
-Ao te dico de sì Andre, nun me fa venì i dubbi, so sicuro.-
-Te credo, te credo eh.. però se c'ho ragione io me offri na cena.-
Fabrizio strinse la mano dell'amico distrattamente, perché la sua attenzione era ormai irrimediabilmente riposta sulla nuova figura che aveva varcato la soglia della sala.
"E questo mo chi cazzo è?"
Marco Mengoni aveva appena fatto la sua entrata di scena, perfettamente avvolto nel suo abito elegante, mentre sorrideva sornione a tutti i suoi colleghi, visibilmente sconvolti per il suo arrivo.
-Buongiorno a tutti, io sono Marco Mengoni, il vostro nuovo vicepreside.
Non mi vedrete spesso nelle aule, ma per qualsiasi cosa potete rivolgervi a me, nel mio ufficio.-
Lo sguardo del nuovo arrivato, poi, si posò sul corpo esile ma al tempo stesso incantevole di Ermal, che quel giorno risaltava ancora di più nel suo abito blu.
Bastò uno sguardo, un solo sguardo, per far accendere immediatamente una gelosia mai vista nel romano, che tutto rosso si girò prontamente verso l'amico.
-Ma questo che vole, pure na foto?-
Andrea rise sotto i baffi, godendosi la scena e cercando di non infierire, immaginandosi già quale locale scegliere per la cena.
Fabrizio, intanto, aveva lo sguardo fisso su di loro, saettandolo da Ermal al damerino, così velocemente che quasi non era possibile percepire il movimento.
-Ma tu, tesoro, puoi chiamarmi Marco.-
"L'unica cosa che te chiamo se nun te stai fermo co quelle mani è l'ambulanza."
Marco, infatti, aveva appena posato la mano sulla spalla del riccio, cosa che fece stringere i denti al romano, così forte che quasi ebbe paura di romperseli.
La tensione nella stanza era palpabile, ancora di più quando Ermal si allontanò leggermente, sorridendo in modo imbarazzato.
-Mi scusi, sono un tipo molto professionale, per cui penso che per ora mi limiterò a chiamarla per cognome.-
Improvvisamente, si ritrovò a pensare Fabrizio, la professionalità del riccio non gli dava più così tanto fastidio, anzi, si rimproverò da solo per non averne apprezzato i vantaggi.
-Beh, comprensibile, dobbiamo ancora sciogliere il ghiaccio!
Che ne dice se ci vedessimo nella sala prove dopo la fine delle lezioni?-
Ermal aprì la bocca per dire qualcosa, ma venne prontamente bloccato da Fabrizio, che sfoggiò il suo miglior sorriso da stronzo, mentre avvolgeva un braccio intorno alla vita di Ermal e puntò lo sguardo dritto in quello di Marco, nel tentativo di intimorirlo.
-Me spiace, è già impegnato.-
-E con chi?-
Marco alzò un sopracciglio, fissando il braccio di Fabrizio che si stringeva possessivamente intorno alla vita di Ermal, mentre quest'ultimo era arrossito fino all'inverosimile.
-Co me.-
-Intendevo, chi è lei?-
"Quello che te darà na lezione, altro che filosofia."
Fabrizio sorrise nuovamente, nel vano tentativo di sciogliere la tensione.
-Fabrizio Mobrici, il nuovo professore de filosofia.-
Il vicepreside sorrise forzatamente, facendo qualche passo indietro.
-Buona permanenza, allora.-
"Io invece spero che te levi dar cazzo er più presto possibile."
E glielo avrebbe anche detto, ma il diretto interessato si era già dileguato e con lui, subito dopo, anche Ermal, che non ebbe il coraggio neanche di guardalo in faccia.
-Quindi.. quando me la offri questa carbonara?-
-Ma vaffanculo Andre.-
—————
-Te lo giuro Giadì, nun so come fa!
Quello me manda fori de testa, me sento sempre sbagliato pe ogni cosa che dico o faccio, ma poi se me mpunto de ignorarlo nce riesco.-
-Perché ti piace, Fabrizio.-
Giada, dall'altro capo del telefono, stava quasi per sbattere la testa al muro, mentre assecondava i discorsi del romano.
Più che discorsi, i deliri.
"Tre bambini ho, non due, tre."
-T'ho già detto che è solo attrazione fisica, più che altro me mette nsoggezione.-
-E te credo, è bello, intelligente, c'ha pure una bella voce.-
Fabrizio stava per replicare, quando si rese conto del commento della sua ex e si fermò come uno scemo in mezzo al corridoio.
-Scusa, e te come lo sai?-
"...merda."
-Ho tirato a indovinare, dai..
Comunque devo preparare da mangiare ai bambini, scusami, ci sentiamo dopo.-
Il romano non si era lasciato convincere da quel patetico tentativo di salvataggio, anzi, ma decise che sarebbe stato meglio parlarne di persona.
-Fabrizio?-
-Sì?-
-Ricordati che non sei invincibile solo quando tieni la mano di Libero.-
E la chiamata venne interrotta, mentre sul sorriso di Fabrizio si dipinse un piccolo sorriso e il romano si ritrovò a pensare di aver fatto bene a parlarne con Giada.
Si ritrovò anche, subito dopo, a dirigersi quasi senza pensare verso la sala prove, quella che tante volte lo aveva aiutato a liberare la mente o ritrovare il sorriso.
Ancora non sapeva, però, che quella sarebbe stata una scelta che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Spazio biscotto 🍪:
Allora, ciao!
So che mi odierete da morire, perché vi sto lasciando per l'ennesima volta all'oscuro di tutto, però vi prometto che mi farò perdonare con il prossimo capitolo!
Ringrazio come sempre la mia bellissima squad per sostenermi sempre unaMETAfincheMORO vi voglio bene.💛
Grazie per essere arrivati fino qui.
Alla prossima.
Erika 😈
Vi lascio con questa gif che rappresenta a pieno il mood di Fabrizio :)
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