Ad un passo da te.
Il risveglio quella mattina fu tutt'altro che piacevole, quando una mano di Ermal si mosse a testare la parte dove, fino a qualche ora prima, Fabrizio giaceva addormentato, trovandosi però solo un materasso duro e freddo.
Un leggero broncio si dipinse sul viso del riccio, mentre in modo calmo si alzò, dirigendosi verso il bagno e preparandosi grosso modo, andando poi al piano di sotto.
Il suo piccolo viaggio venne accompagnato da un buon odore di frittelle e cioccolato, e arrivando in cucina Ermal si ritrovò davanti ad una scena molto divertente, quanto dolce.
Fabrizio aveva preso posto davanti alla zona cottura, con il solito cappello da cuoco in testa, mentre si accingeva a cucinare delle deliziose frittelle indossando solo un paio di boxer.
Ermal si prese tutto il tempo di stiracchiarsi e ammirare quella visuale dallo stipite della porta, con le braccia incrociate e la bava alla bocca.
Osservando quella schiena quasi scolpita, tutti i ricordi della sera prima riaffiorarono velocemente nella sua mente, il modo in cui giocosamente aveva lasciato piccoli segni del suo passaggio su di essa, i graffi passionali e i morsi come un marchio, ad evidenziare la grande gelosia che fungeva da filo conduttore fra i due.
Ricordò il modo in cui Fabrizio, con una dolcezza disarmante, era entrato dentro di lui per l'ennesima volta, e il modo in cui, poco dopo, iniziò a spingere con fare irruente e paziente, colto da un'improvvisa ondata di passione.
Con Fabrizio era sempre così, anche solo quando il riccio si limitava a guardarlo, il semplice contatto visivo scatenava dentro di lui un turbine di emozioni, che gli facevano tremare il cuore e stringere il cavallo dei pantaloni.
Aveva contemporaneamente voglia di fare l'amore con lui e di farsi scopare in modo violento e senza alcuna visione, ed era per questo che in un modo o nell'altro riuscivano sempre a mescolare le due cose, nessuna delle due escludeva l'altra.
Da una parte Ermal sentiva di avere bisogno dell'atto prettamente sessuale, con quegli atteggiamenti un po' violenti dettati dalla passione del momento, per ricordare a se stesso che quello non era suo padre, ma il suo ragazzo, e che non aveva niente da temere.
Dall'altra, però, allo stesso tempo non poteva fare a meno di sorridere alla consapevolezza che, in ogni caso, Fabrizio non riusciva ad evitare di inserire almeno un pizzico d'amore in tutto ciò che faceva, perché lo faceva sentire protetto.
Ed era questo di cui aveva bisogno, passione carnale all'interno del suo corpo, ma negli occhi solo un silenzioso amore.
-Ao, ma da quanto sei sveglio te eh?!-
La voce di Fabrizio contribuì a far svanire tutte quelle consapevolezze che, per riordinarle, Ermal si era proiettato nella sua mente, spezzando il momento magico della sua personale revisione dei ricordi e riportandolo alla realtà.
Questo avvenne proprio quando Ermal si avvicinò al suo fianco, al fine di osservarlo meglio, e quando riuscì a scorgere quei pettorali per l'ennesima volta, oltre ad essere diventato dello stesso colore della tovaglia rossa del tavolo da pranzo, una vampata di calore lo accolse, mentre cercava di non perdere il controllo.
In tutta risposta, il riccio poggiò la testa sulla sua spalla, facendo sì che Fabrizio si girasse a lasciargli un bacio a stampo, e poi un altro, e altri mille ancora, che quasi rischiavano di bruciare le frittelle, pur non importatogliene molto: avevano già dimostrato a San Pietroburgo di preferire la fame d'amore.
-Da poco in realtà, avevo paura che fossi andato via..-
-Nun te preoccupa, me so solo alzato pe cucina!
Cos'è quel broncio adesso?-
Il viso da bambino prese il sopravvento su Ermal, mentre gli occhi gli diventarono più lucidi di proposito, al fine di incantare il romano e riuscire a persuaderlo.
-Lo so che volevi fare una cosa carina e lo capisco, ti ringrazio anzi, ma non mi piace trovare il materasso freddo, la mattina voglio le coccole..-
-E poi a scuola chi ce va?-
Fabrizio provò a ribattere, ma gli fu impossibile quando Ermal iniziò a sbattere le ciglia e guardarlo con aria da cane bastonato.
-Nun fa così dai, la prossima volta resto a letto con te.-
Ermal sorrise vittorioso, mordendosi il labbro inferiore e rilassandosi appena, prima di sentire una mano carezzargli la guancia e sentirla sporcarsi di quella che aveva riconosciuto la cioccolata.
-Nel frattempo, però, faccio sta cosa..-
Il romano lo fissò con espressione colpevole ma soddisfatta, allontanandosi subito e iniziando a correre per tutta la cucina, nel tentativo di sfuggire dalle mani di Ermal.
La situazione degenerò quando, dopo averlo acchiappato, il riccio lasciò qualche traccia di cioccolato sui pettorali, piegandosi poi a leccarlo via mentre lo guardava intensamente negli occhi.
Il romano si limitò a mugolare mentre con delicatezza immerse una mano fra i suoi ricci, tirandoli appena mentre il più piccolo si inginocchiò davanti a lui, abbassandogli piano i boxer e liberando il suo membro già eretto semplicemente per quel piccolo contatto.
Come facesse, proprio non lo sapeva, ma ogni volta che anche solo veniva sfiorato da lui, Fabrizio era sempre pronto ad accontentare il riccio nei suoi desideri più nascosti.
In un attimo Ermal iniziò a lasciare piccoli baci sulla cappella di Fabrizio, facendolo fremere e contorcere, mentre con le dira delle mani stringeva il muro in marmo, nel tentativo di controllarsi e trattenersi dall'urlare.
I movimenti si fecero sempre più provocanti, mentre Ermal aveva iniziato a leccare lentamente la lunghezza del collega, inglobando poi gradualmente il suo membro, mugolando in modo esplicito ed esagerato, per far impazzire il suo partner.
-C-cristo benedetto Ermalì.. ce sai proprio fa co quella lingu- a-ah.. n-no!
Lì no, te prego..-
Ermal sorride compiaciuto nel succhiare e leccare avidamente l'erezione dell'altro, scoprendo il suo punto debole, dopo aver sfiorato i testicoli con le sue dita affusolate e lunghe, facendolo fremere.
Prese quella richiesta come falsa, continuando a fare esattamente il contrario di quanto gli veniva bene, non ascoltando più neanche il parere di Fabrizio che, per via del troppo piacere, aveva smesso di esprimersi con frasi di senso compiuto.
-D-Dio mio Ermal.. s-sto per venire.. di più!-
Il romano perse definitivamente il controllo, tirando con forza la testa di Ermal verso il suo membro e iniziando a scopargli violentemente la bocca, producendo versi di apprezzamento, segno che l'orgasmo era vicino.
Il riccio si impegnò con tutto se stesso, succhiando così tanto che gli si incavarono le guance, mentre Fabrizio si riversava dentro la sua bocca senza alcun pudore, gemendo il suo nome e lasciandosi guidare dai mugolii soffocati di Ermal.
Dopo qualche secondo, Fabrizio sentì le gambe tremare e chiuse gli occhi, prendendosi il giusto tempo per riprendersi dalla sensazione dell'orgasmo.
Abbassò lo sguardo verso il suo compagno e se ne pentì immediatamente, perché quello che vide lo fece restare a bocca aperta: Ermal era seduto sulle ginocchia, con il respiro affannato, mentre con le dita si ripuliva piano dello sperma che gli era finito sulle guance, portando poi le dita sulla sua lingua e ingoiando tutto come se fosse la sua colazione.
-Buono questo latte, Daddy!-
Gli occhi di Fabrizio si sgranarono, mentre lui era incapace di credere alle due orecchie e, chiedendosi dove fosse finito il suo Ermal timido e restio sul contatto fisico, pensò che, dopotutto, quella versione più libera e spontanea del riccio non gli dispiaceva affatto, anzi.
Ma fu quando Ermal riprese a baciargli l'inguine che, con un urlo roco di sorpresa, le sue dita finirono nuovamente sulla pelle del riccio, nuovamente desideroso di attenzione.
-Brì?-
-M-Mmh?-
-Ma cosa siamo io e te?-
La lingua del professore finì a leccare con una lentezza estenuante i testicoli dell'uomo, mentre lo guardava dal basso in attesa di una risposta.
-T-te sembra er caso de parlarne ora?-
Quella frase arrivò quasi come una supplica alle orecchie del riccio, come se il romano fosse così preso da non essere capace di ragionare, e lo avrebbe volentieri accontentato, ma che gusto ci sarebbe stato?
-Mmh.. possiamo lasciar stare, ma finché non lo so io sono libero di regalare certe attenzioni anche ad altri..-
Il discorso di Ermal venne interrotto da uno scatto più irruente del bacino di Fabrizio, che riempì la bocca di Ermal in mezzo secondo, facendolo gemere di piacere.
-Er ragazzo mio fa certe cose solo a me, ce semo capiti?-
E mentre Ermal sorrise, annuendo impercettibilmente e iniziando a pensare a un altro modo di stuzzicare il moro per farlo innervosire, Fabrizio si ritrovò a pensare che quella sarebbe stata decisamente una lunga giornata.
Così fu, e poterono constatarlo entrambi quando, durante la loro pausa pranzo, decisero di rilassarsi per qualche secondo prima di tornare a casa.
Ci riuscirono?
Ovviamente no, dato che Fabrizio venne richiamato in vicepresidenza, e quindi Ermal decise di approfittarne per aiutare i suoi alunni con la preparazione della tesina.
-Buongiorno professor Ermal!-
Il riccio sorrise al suono di quelle parole, riconoscendo subito l'alunno come Dino, dato che era l'unico che, in seguito alla gita, si azzardava a chiamarlo in quel modo.
-Buongiorno Dino!
Allora.. che cos'hai intenzione di portare agli esami?-
-La gita mi ha ispirato!
A dirla tutta pensavo di portare il 900 in generale e la Rivoluzione Russa, in arte ho già un dipinto che vorrei riprodurre io stesso e per i collegamenti ho chiesto al professor Inolti, in filosofia porto ovviamente Marx ma.. in inglese?-
Ermal lo guardò assottigliando gli occhi, come se si fosse lasciato sfuggire un dettaglio importante, tanto che Dino quasi impallidì per paura di aver detto qualcosa di sbagliato.
-Ho.. detto qualcosa di male?-
-Non è ciò che si dice il problema, ma ciò che non si dice!
Come fai a non sapere cosa collegare per la Rivoluzione Russa in inglese?
Ma Orwell, no?!
George prende l'intera Rivoluzione Russa come riferimento per la sua opera, Animal Farm!-
Dino sembrò pensarci su per un po', per poi portare una mano a schiaffeggiarsi una fronte per la dimenticanza.
-Ma certo!
"Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali di altri."-
Gli occhi del professore si riempirono di orgoglio per quella piccola chicca ritrovata, mentre si limitò ad annuire e si sedette poi, forse troppo velocemente, dato che fu costretto ad un mugolio di dolore.
Sperò con tutto se stesso che l'alunno non ci avesse fatto caso, ma quando si girò verso di lui, la sua espressione chiaramente maliziosa lo fece arrossire in modo violente.
-Allora prof, come va con il prof Mobrici?-
-Ssssh, ma sei pazzo?!-
Gli occhi fugaci di Ermal tornarono alla fila, notando che per fortuna gli alunni erano finiti, ma aveva imparato a non fidarsi mai dell'appartenente solitudine di quella scuola, lo aveva imparato a sue spese.
-Mi piace vederla così felice, lo sa?
Se lo merita.-
Il professore gli sorrise dolcemente a quell'affermazione, mordendosi il labbro inferiore e dandogli una piccola pacca sulla spalla, senza però rispondere.
-Mi raccomando, occupati della stesura della tesina e appena è pronta portamela, così procedo alla correzione.
Oh, e da te mi aspetto una copertina mozzafiato eh, non si discute!-
Dino annuì grato, guardandosi poi intorno e raccogliendo le sue cose, avvicinandosi nuovamente ad Ermal.
-Però, dica la verità.. ci avete dato dentro..-
Il riccio arrossì fino alle punta dei piedi, e scuotendo la testa indicò la porta, cercando di mostrarsi duro e deciso.
-Vattene via!-
Dino alzò le mani in segno di resa e uscì dalla stanza ridendo, seguito da Ermal che, tutto rosso, si diresse verso l'uscita della scuola con l'intento di fumarsi una sigaretta.
Con la testa fra le nuvole, si diresse verso la meta, ma a metà strada venne interrotto dal corpo di Fabrizio che, con poca grazia, si schiantò contro il suo.
-Fabrizio ma.. Hei, che succede?!-
Gli occhi del romano erano decisamente lucidi e il suo sguardo assente, che si concentrò poi esclusivamente sulla figura di Ermal, stringendolo a se come mai aveva fatto.
-Marco me vole fa trasferì Ermal..-
-Che?!-
-Me mandano in Puglia..-
In quel momento la paura si impossessò velocemente del riccio, stringendogli lo stomaco in una morsa violenta.
Com'era possibile che ogni volta che erano ad un passo dalla felicità, qualcosa doveva andare male?
Perché il mondo non voleva che fossero felici?
Che avevano le sue stelle contro di lui?
La colpa, Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi.
Pensò a quella frase così intensamente, cogliendone solo in quel momento a pieno il significato.
Non è nelle nostre stelle, ma in noi.
In noi.
E in quel momento Ermal, armato di amore e di tanta rabbia repressa, decise che niente e nessuno lo avrebbe nuovamente separato dalla sua piccola fonte inesauribile di felicità.
Tantomeno uno stupido vicepreside.
Spazio biscotto 🍪:
Eccoci al (forse) penultimo capitolo!
Questa cosa mi spezza il cuore 💔 ma è giusto così.
Vorrei ringraziare, come sempre, la mia squad unaMETAfincheMORO per essere sempre dalla mia parte, come una vera FAMIGLIA💛💙
E grazie anche a voi per essere arrivati fino a qui!
Alla prossima
Erika😈
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