Tazza

Quella dichiarazione rimase sospesa lì, a metà tra lui e lei, sostenuta dall'afa che entrava dalla finestra.

Poi il suo peso la fece crollare sul tavolo, sulla bottiglia di birra, sulla tazza di caffè.

Se quelle parole avessero avuto una consistenza, cadendo avrebbero fatto un botto grande come i fuochi di capodanno, avrebbero lasciato un cratere nel pavimento, così come l'avevano lasciato nel cervello di Teresa.

Come poteva essere un falso? Come potevano aver fallito? Eppure Lucio sembrava così sicuro... Certo, come sempre.

Non la stava prendendo in giro, né stava cercando di raggirarla, non ne avrebbe avuto motivo a quel punto.

Avrebbe potuto rubare una collana vera per poi sostituirla nelle ore in cui era sparito; allora perché sarebbe dovuto tornare al rifugio e rifilarle quella scusa? Perché avrebbe dovuto mettere su tutto quel teatrino? Avrebbe fatto prima a sparire.

Invece era lì, a guardarla con quella strana luce negli occhi: sembrava dispiaciuto.

«Mi dispiace.»

Come cazzo...? Le leggeva nella mente? O forse aveva imparato a conoscerlo così bene?

«Mi dispiace che il tuo primo colpo... non sia andato. Colpa mia.»

«Ma...» aprì il gancio della collana dietro la nuca con dita tremanti «come fai a esserne così sicuro?» La portò di nuovo davanti agli occhi, andò alla finestra per osservare meglio. Lei non vedeva niente, maledizione! Come faceva lui a esserne così sicuro?

«Appena ho potuto, ho controllato. Sono anche stato da un tizio.»

Nonostante la situazione, Teresa sorrise. «Uno dei tuoi tizi?»

Anche lui rispose al sorriso, socchiudendo gli occhi: «Uno dei miei tizi.» Si alzò, aggirò il letto per raggiungere il comodino, aprì il cassetto e ne estrasse un kit da cucito; tornò ai fornelli e ne accese uno. «Vieni qui, guarda» le fece cenno di avvicinarsi e di passargli il gioiello, poi prese uno spillo e lo passò sul fuoco.

Era così preciso e delicato, che Teresa si ritrovò a trattenere il fiato per non disturbarlo.

Quando Lucio posò lo spillo sul ciondolo, le chiese di annusare, accostandolo al suo volto. «Cosa senti?»

«Non so bene...» sniffò «sento puzza di bruciato.»

«Sì, ma di cosa? Legno?» La incalzò.

Scosse la testa: «No, sembra... plastica?»

Lucio si fece di nuovo serio, spense il gas con foga, lanciò lo spillo nella tazza del caffè e lo affogò con quel che restava della birra. «Stronzo pezzo di merda!» Urlò, facendo schiantare la bottiglia contro la porta di ingresso.

Teresa sussultò per lo spavento: era la prima volta che lo vedeva in quello stato, non aveva mai perso il controllo e desiderò poter fare qualcosa per lui.

Allungò una mano per raggiungere la sua schiena, che a quel tocco si irrigidì.

Si voltò con sguardo confuso, mentre lei faceva un altro passo verso il suo corpo fremente di rabbia. «Che stai facendo?»

Le dita sottili di Teresa gli distesero le profonde rughe di preoccupazione sulla fronte; le sue labbra carnose si chiusero in un sibilo che gli intimava di tacere, poi si posarono su quelle ancora tremanti di lui.


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