11. Sogno

Jeff non aveva mai sognato in vita sua. Era quel tipo di persona che appena toccava il cuscino si addormentava, a prescindere che fosse o meno stressato.

Così il giorno che ebbe il suo primo sogno, credette di essere impazzito.

Si ritrovò su un prato. Conosceva quel prato,vovviamente, quando si sogna, aveva letto, ogni volto e ogni luogo doveva essere già stato visto in precedenza.

Quel prato era dove trascorreva il tempo libero da bambino. Correva in mezzo all'erba (troppo alta e fitta per lui, ma la sua determinazione andava oltre quello), mano nella mano con sua sorella, o facendo gare di corsa con i suoi amici.

Jeff non ricordava di aver guidato fin lì e la confusione aumentò quando vide sua sorella correre verso di lui, adulta come lo era il fratello ma leggiadra come una bambina.

L'erba cedeva senza problemi sotto i loro passi ora. Erano cresciuti.

"Jeff!" esclamò la donna sorridendo. C'era qualcosa che non andava, ma Jeff non riuscì a capire cosa.

"Elle!" le rispose, la voce incerta.

"Cosa succede? Stai male?" chiese preoccupata, forse dal suo tono.

Jeff non le rispose. Chiese invece: "Non ricordo di essere venuto qui."

"Ha importanza il mentre? Ora sei qui, cosa importa?"

Jeff fece per dire che erano anni che si impegnava a registrare ogni cosa per non dimenticare nulla, che la sua memoria a breve termine si lasciava sfuggire informazioni senza neanche lasciargli il tempo di elaborarle, ma si fermò.

Sapeva cosa non andava.

"Tu non dovresti essere qui."

"E dove dovrei essere?"

Jeff la guardò, sentendo il volto bagnato. "Sottoterra."

E con quella consapevolezza si risvegliò nel suo letto, a casa sua, un singhiozzo incastrato in gola che premeva di uscire.

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