13. Intorpidito
"Sei un idiota".
"Quanto ancora intendi ripetermelo? Siamo vivi, no?".
Michael sbuffò e gli diede un colpetto al braccio. Alex non sentì assolutamente niente.
"Siamo vivi e tu ancora non senti niente".
"Sono sotto anestetici, no? È ovvio che non sento niente. Anzi, sento tutto formicolare, tipo quando stai seduto sul cesso troppo a lungo".
"Se non ti fossi buttato giù dal secondo piano di un edificio con me e non mi avessi fatto da cuscinetto, ora non saresti lì, lo sai, vero?".
"Michael, stava per esplodere il palazzo intero. Ti ho salvato il vita, e pazienza se sono caduto giù con te sopra. Sì, ora non sarei qui, sarei in una bara. O forse ci saresti tu. Almeno siamo vivi".
L'uomo sospirò e si appoggiò con la schiena contro il muro, sistemando per terra le stampelle. Era vero che Alex aveva peccato la batosta peggiore, ma anche lui ne aveva pagato le conseguenze. Si era rotto una gamba, e gli era ancora andata bene.
"Hanno trovato chi è stato? A mettere la bomba nel tuo palazzo?".
"Stanno indagando. Pare che la macchina su cui siamo atterrati fosse rubata, ora stanno cercando informazioni da lì. Difficile comunque, c'è il tuo DNA ovunque".
Alex ridacchiò e un formicolio sostituì un dolore al petto che lo avrebbe sicuramente fatto piegare in due; tossì per la sensazione e disse: "Quand'è che potrò uscire?".
"Hai ancora delle operazioni da fare, ecco perché sei sotto antidolorifici".
"Tu?".
"Io oggi posso andare".
"Beato", sospirò l'uomo.
"Dai, andrà meglio", fece alzandosi Michael. Raccattò le stampelle e gli diede una pacca su una gamba.
"Ehi, non toccare, per quel che ne so magari è rotta".
"Ho visto la radiografia, la tua gamba sta bene. Almeno, questa. L'altra non mi ricordo. Buona guarigione, Alex".
Se ne andò, lasciando l'amico lì dov'era, nel suo mondo privo di dolore e di libertà.
-
Era anche questa una parola un po' del minchio, ma qualcosa ho partorito quindi va bene così
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