I - La visione

Emma aprì gli occhi. Era ormai da settimane che continuava ad avere queste visioni sempre più spesso. Ce le aveva sin da piccola, ma mai così frequenti e realistiche. Nella sua famiglia le chiamavano visioni perché "Trasformazione fantastica dei pensieri del subconscio" detta dallo psicologo di fiducia era troppo lunga e faceva sembrare pazza Emma. Ma lei non lo era e lo sapeva. Tutta la sua famiglia lo sapeva, ma per qualche motivo sconosciuto non voleva ammetterlo.
La ragazza controllò l'orologio. Erano le cinque di mattina, ma non aveva più sonno. Era il primo giorno di scuola, quindi decise di inizare a vestirsi. Camera sua era piena di scatoloni contenenti i suoi mille romanzi fantasy ancora da sistemare, la libreria era montata, ma ancora da posizionare, e la vernice azzurra sul muro non era del tutto asciutta. Emma adorava l'azzurro. Sembra stupido, ma la rilassava e l'aiutava a pensare. Si avvicinò all'armadio senza inciampare (difficile data la sua goffaggine, infatti sembrava un elefante in un negozio di porcellane), lo aprì e si mise i suoi vestiti preferiti: dei collant neri sotto ai pantaloncini di jeans, una maglietta dei Beatles (il suo gruppo musicale preferito in assoluto) e scarpe da ginnastica azzurro cielo. Poi andò verso la scrivania e preparò lo zaino. Alzato lo sguardo, vide le sue vecchie foto.
Lei e sua madre avevano sempre vissuto in campagna, all'aria aperta, in modo totalmente autosufficiente. Del padre, Emma non sa nulla, tranne del fatto che viaggia per lavoro. Viaggia da sedici lunghi anni. Sua madre non ne parla mai, a meno che Emma non voglia vederla in lacrime dal mattino alla sera.
Emma andò in bagno e si guardò allo specchio. I suoi occhi blu, i suoi capelli neri, corti e spettinati erano come al solito. Di carnagione chiara, alta, di corporatura normale. Sarebbe sembrata una normalissima ragazza di sedici anni se non fosse per quelle dieci piccole cicatrici che partivano dalla parte bassa del suo occhio sinistro. Da quanto ne sapeva, lei le aveva sempre avute, sin dalla nascita. Sua madre non ne parlava molto.
Era ormai già pronta per uscire quando scese sua madre. Jennifer, così si chiamava, era la donna più gentile del mondo. Incredibilmente, lei era tutto il contrario di Emma: bassa, robusta, bionda, abbronzata. Da giovane doveva essere stata una bellissima donna, ma l'età e le mille preoccupazioni che la tormentavano non le avevano fatto molto bene. Sempre sorridente, nonostante le difficoltà soprattutto economiche, della famiglia. Era un pilastro per Emma, un esempio che lei non sarebbe mai riuscita a seguire.
《Buongiorno Anima mia》 così veniva chiamata Emma da sua madre.
《'Giorno mamma》 rispose.
《Dormito bene?》
《Sì》
《Davvero?》
Jennifer lo sapeva. Emma continuava a chiedersi come sua madre riuscisse a capire ogni volta il suo stato d'animo con un solo sguardo. Soprattutto riusciva a capire sua figlia quando aveva le visioni. Diceva soltanto "Istinto materno, quando sarai madre lo avrai anche tu" e nient'altro. Diciamo che Jennifer non era una gran chiaccherona.
《Sul serio mamma, ho dormito da favola》 mentì Emma.
《Meno male perché oggi sarà una grande giornata. Sai perché?》
《Oggi è il primo giorno di scuola》 rispose Emma assente e con finto entusiasmo. Stava ancora ripensando a ciò che aveva sognato. Anzi, visto, perché quello non poteva essere un semplice sogno.

***

Si trovava in un bosco enorme. Era notte. La luce della luna filtrava con difficoltà attraverso le folte chiome degli alberi. Una leggera brezza soffiava. Emma si svegliò appoggiata a un tronco di un'enorme quercia. Tutto sembrava tranquillo. Poi all'improvviso una freccia si conficcò nella corteccia, a un centimetro dal viso della ragazza. Due cavalieri schizzarono via, travolgendo quasi Emma. Li seguì con lo sguardo incuriosita. "Staranno fuggendo" pensò. Infatti al loro seguito arrivò una schiera di soldati armati fino ai denti. Uno di loro scagliò la lancia che teneva in mano e trafisse uno dei due cavalieri. Emma vide solo una figura nera accasciarsi per terra. Dopo che i guerrieri se ne furono andati per inseguire il cavaliere rimasto, la ragazza corse verso il corpo inerme. "Speriamo sia vivo. Magari posso aiutarlo". Togliendoli l'elmo, Emma esclamò incredula: 《Ma è una ragazza!》.
Superato lo shock iniziale, dato che non aveva mai sentito parlare di cavalieri donne, notò che non riusciva a mettere a fuoco il suo viso, come se fosse fatto di tantissimi pixels che si muovevano senza sosta. Poi iniziò a girarle la testa fino a quando non svenne.

***

Si svegliò in cucina. Sua madre la guardava preoccupata. Non era la prima volta che accadeva un fatto simile. Era quasi un'abitudine. Quasi.
《Emma, Emma, tesoro, stai bene? Cos'è successo? Un'altra visione?》
《No mamma, penso sia stato solo un calo di zuccheri. Ho solo bisogno di uno dei tuoi fantastici biscotti》
Emma sapeva che per il bene di sua madre era meglio mentire. Ogni volta che le raccontava una delle sue visioni, Jennifer si sedeva con le mani fra i lunghi capelli biondi, il viso scuro e ripeteva: "Dieci. Impossibile. Si ricorda. Namari. La troveranno". Emma non capiva il significato di quelle parole, ma capiva che non doveva vedere quelle cose. Che se continuava, qualcuno l'avrebbe trovata. E di sicuro non per farle un saluto e mangiare un gelato tutti insieme.
Namari. Quella parola la affascinava come non mai. Aveva qualcosa di familiare che la ragazza non riusciva a spiegarsi.
《Tesoro, se non ti sbrighi farai tardi il primo giorno》
《Mi muovo subito mamma》
Emma prese lo zaino, le diede un bacio sulla guancia e uscì.
Durante il tragitto, la ragazza si rese conto di come era diversa la vita in città dalla vita in campagna. Tutti che correvano frenetici, le persone che si salutavano con un cenno senza fermarsi a scambiare due parole, macchine che schizzavano da una parte all'altra riempiendo l'aria delle loro scorie puzzolenti. C'erano anche ragazzi che chiaccheravano e percorrevano la sua stessa strada, gente in bici o in skateboard. Stava camminando su quel triste marciapiede grigio a cui non era per niente abituata (se vivi in campagna è ovvio che ti abitui alle strade di ciottolato, alle foglie secche d'autunno che si rompevano quando le schiacciavi, alla neve che ti bagnava le scarpe d'inverno e al profumo di erba appena tagliata nell'aria che ti scompigliava i capelli), quando vide un ragazzo in skateboard attraversare la strada di fianco a lei. Lui la salutò, ma andò a schiantarsi contro il muro davanti a lui. Emma gli corse incontro preoccupata.
《Santo cielo, stai bene?》 chiese la ragazza, raccogliendo gli occhiali del giovane.
《Credo di sì》 rispose alzandosi con qualche gemito di dolore.
Emma gli restituì gli occhiali, lui la guardò e disse: 《Grazie》
La ragazza notò che aveva gli occhi di un bellissimo verde smeraldo.
Lo aiutò ad alzarsi e disse: 《Comunque ti sei schiantato per bene》
《Beh, sai, per farsi male come me ci vogliono anni e anni di pratica. Non è una cosa che si può imparare con uno schiocco di dita》
Entrambi risero.
《Scusa, non mi sono ancora presentato. Matteo, piacere》
Era un ragazzo molto alto, magro e al posto dei capelli aveva un cespuglio nero.
《Io sono Emma, piacere》
《Ti sei appena trasferita qui in città?》 un po' imbarazzato continuò tutto d'un fiato: 《Ovvio che ti sei trasferita altrimenti perché avresti lo zaino e stai andando verso scuola? Magari sei qui di passaggio e stai facendo solo una camminata》
Emma sorrise e rispose: 《Sì, mi sono appena trasferita e sì, sto andando verso scuola》
Si incamminarono insieme.
Matteo raccontò: 《Vedrai, la scuola qui ti piacerà. Gli insegnanti sono molto simpatici e gentili, tranne la Daslio. Lei è la crudeltà fatta in persona》
《Perché?》 chiese Emma incuriosita.
Il ragazzo si guardò intorno, come per controllare se qualcuno li stesse ascoltando, e rispose: 《Perché lei si diverte a far soffrire i suoi alunni. Sembra carina e dolce, ma non farti abbindolare. Una volta, per casa ci ha dato pochi compiti e molto semplici e il giorno dopo ci ha fatto un test pieno zeppo di argomenti che non ci aveva mai spiegato o detto di studiare. E quando abbiamo protestato ci ha risposto: "Questi argomenti sono sul libro. Se non li avete studiati non sono affari miei"》 disse Matteo con una vocina fastidiosa. 《E poi, quando abbiamo provato a spiegarle che non era affatto giusto, ci ha minacciato dicendo che il primo che osava ancora contestarla, sarebbe finito in punizione per tutto l'anno scolastico oppure sarebbe stato espulso. Ci disse tutto con un grande sorriso sulla faccia》
《Caspita, non è proprio il genere di persona che dovrebbe fare l'insegnante》
《Va bene solo se il suo allievo è il diavolo, che probabilente sarebbe spaventato pure lui》
Entrambi risero. Chiaccherando, Emma si accorse che il tempo era letteralmente volato. Infatti erano già davanti al cancello del cortile di una grande costruzione. La scuola era molto diversa da come la ragazza se l'aspettava. Era uno di quei grandi manieri in cui vivevano i signori molto, molto ricchi nei secoli passati. In qualche punto era coperta dall'edera ed era circondata da un enorme giardino. La ragazza rimase a bocca aperta.
《Maestosa, non trovi?》 chiese Matteo notando la faccia sbalordita di Emma, la quale annuì debolmente.
《Sai, il terreno su cui sorge la nostra città era di proprietà del signore che viveva in questo maniero. Quando la città iniziò a crescere, decise di abbandonare la sua villa per trasferirsi in campagna. Sfortunatamente, morì prima di riuscire ad avere o nominare un erede, quindi la sindaca Mocandi decise di trasformare questa enorme struttura in una scuola》
Emma non disse niente fino a quando non entrarono nella scuola. Era davvero sbalordita dalla magione. "Chissà quante storie e segreti che racchiude", pensava. Era una ragazza davvero curiosa. E soprattutto, molto tenace e testarda. Avrebbe scoperto tutto di quella magione. Per qualche strano motivo era convinta che nascondesse dei segreti, anche se probabilmente erano stati tutti scoperti quando è stata ristrutturata per diventare la scuola della città.
《Potresti indicarmi la segreteria per favore?》 chiese Emma.
《Certo, devi solo dirmi che classe devi fare》
《Perché?》 disse sorridendo.
《Tranquilla, non sono mica uno stalker》 rispose Matteo ridendo. 《Devo saperlo solo perché i piani sono divisi tra elementari, medie, liceo scientifico e liceo classico, e ogni piano ha una segreteria》
《Devo fare la terza superiore del liceo classico》
《Va bene. Allora, prendi le scale e vai fino all'ultimo piano. La segreteria è la prima porta a destra》
《Grazie mille》
《Figurati》
《Ehi Matt!》 disse una voce sconosciuta.
Emma si girò per vedere chi fosse. Era un ragazzo alto circa dieci centimetri più di lei, muscoloso, abbronzato e dai capelli biondi, tendenti al caramello, corti e tirati all'insù. Si avvicinò a loro due e scrutò Emma con i suoi grandi occhi marroni. Appena si rese conto di essere visto dalla ragazza distolse lo sguardo.
《Ciao! Come va? Come ti è andato il week-end?》 disse il giovane. Emma notò che parlava con uno spiccato accento americano.
《Ehi Jon! Sto alla grande, al contrario il mio week-end è stato niente di speciale》 rispose Matt. 《E tu?》
《Come al solito》 disse il ragazzo facendo le spallucce.
《Oh, questa è Emma》 presentò Matt.
《Piacere, io sono Jonathan, per gli amici Jon》
《Piacere》
Ci fu un piccolo momento di silenzio alquanto imbarazzante interrotto poi dalla campanella.
《Dobbiamo sbrigarci》 disse Jon. 《Oggi alla prima ora abbiamo la Daslio e se arriviamo anche un secondo in ritardo, ci farà scrivere "Non devo arrivare in ritardo" fino a quando non andrà in pensione. E visto quanto si diverte a vederci a soffrire, non ci andrà mai》
《Hai ragione. Scusa Emma, dobbiamo volare. Magari ci vediamo dopo》
《Sì, va bene. A dopo Matteo》
《Gli amici mi chiamano Matt. E tu sei mia amica》
《Okay, a dopo Matt》 rispose Emma.
Entrambi sorrisero.
《Dai muoviamoci》 disse il ragazzo.
Lui e Jon iniziarono a correre. A metà scala quest'ultimo si fermò e urlò: 《È stato un piacere conoscerti Emma!》
E sparirono oltre la porta. Allora anche Emma iniziò a salire le scale. Dopo tre rampe davvero estenuanti, la ragazza entrò nella stanza che le aveva indicato Matt.
Alla scrivania era seduta una ragazza giovane, sui trent'anni, dai capelli neri a caschetto. Appena vide Emma le sorrise.
《Tu dovresti essere Emma Rove, la nuova allieva di questa scuola》
《Sì》 rispose timidamente Emma.
《Ecco qua il suo orario scolastico》. Le porse un foglietto di carta. 《La sua aula è l'ultima porta sulla sinistra》
《Grazie mille》 disse Emma. Si indirizzò verso la porta quando la donna disse: 《Quasi mi dimenticavo. Benvenuta nel nostro istituto》

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