Capitolo 8: Mi manchi

Passarono un paio di giorni. Quella mattina di Marzo il cielo era più limpido del solito. Nubi bianche e grigie screziavano l'azzurro cielo, ma non pioveva e il vento accarezzava dolcemente la luce del sole. Sì, la luce del sole, quella stessa che filtrava attraverso le vetrate della corte per illuminare le innumerevoli stanze. Persino nella biblioteca reale le parole iscritte nei libri sembravano essere più luminose. Levy rivolse una breve occhiatina al foglio sul quale sul quale erano state scritte tutte le lettere dell'alfabeto, poi ne puntò una e Lucy corrugò la fronte <<È una M>> rimuginò quest'ultima. La voce incerta. Lo sguardo sempre attento <<Ma di Male. Me di Meno. Mi di Mito. Mo di Morte. Mu di Mura>> prese la penna d'oca tra due dita, la intinse nell'inchiostro nero e cominciò a ricopiare lettera per lettera sulle pagine vuote di un quaderno le parole da lei stessa pronunciate. Non aveva ancora una buona manualità, la sua calligrafia era incerta, eppure non era così brutta se considerato che quella era solo l'ottava volta che lei impugnava una penna. Perché sì, da quel mercoledì d'inizio Marzo, erano già passati dieci giorni da quando lei aveva intrapreso i suoi studi, in cui due di questi non si era esercitata.
      Levy la osservò attentamente fin quando non staccò la penna dal quaderno, allora prese un altro quaderno che aveva precedentemente posizionato sulla scrivania, lo aprì e glielo fece vedere <<Adesso vi farò leggere delle frasi molto semplici. Concentratevi sulle parole, non affrettatevi e vedrete che le capirete>>
       <<Va bene, lo farò>> chinò la testa sulla scrivania. Il suo sguardo aggrottato scorrette lento tra quelle parole nere che impregnavano le pagine del quaderno. Per una decina di secondi non disse niente, poi dalle sue labbra sfuggì: <<L-Le rose feriscono a Maggio>>
      <<Ne siete sicura, signorina Di Caracole?>> l'ammonì Levy.
      Lucy sussultò. La sua voce insicura vibrava parole dal suono fioco <<Le rose f-fioriscono a Maggio?>>
       <<Meglio, ma siete troppo incerta quando lo dite. Per essere una rosa della quale il re possa andare fiero dovete avere fermezza e solennità. Questo non è un mondo adatto per le persone fragili, la timidezza non rende graziosi bensì indifesi e per un'umana che vive in un mondo fatto di bestie e draghi è essenziale non sembrarlo. Siate fiera del nome che vi è stato dato e dimostratelo diventando voi stessa una persona della quale andare fiera>> la riprese freddamente, seria e composta come sempre prima di tornare a guardare il quaderno <<Leggete pure la seconda frase>>
      <<Va bene...>> cercò di dire con tutta la decisione che riusciva a fingere, nonostante nel suo tono frammentato fossero evidenti tutti i suoi timori più grandi. Aguzzò la vista, le parole ferme sotto al suo sguardo mentre si concentrava affinché riuscisse a decifrarle <<L-Leggo la lettera>>
      <<L'avete detta correttamente>> si congratulò Levy <<Passere pure alla prossima frase>>
      Lucy la fissò per un po', poi annuì <<Sì, certo. Allora, qui dice...>>
      La porta della biblioteca cigolò lentamente, un breve borbottio soffuso riempì la stanza e poi riecheggiò lieve il rumore dei cardini che si chiudevano. God Serena si spostò rapidamente verso di loro e interruppe la lezione posando una lettera bianca dal timbro scarlatto sulla superficie della scrivania insieme a una rosa dai petali color sangue <<Il messaggero reale ha recapitato una lettera per la signorina Di Caracole>> disse sbrigativo <<L'ha scritto Vostra altezza reale in persona>>
<<I-Il re?>> chiese stupita, completamente spaesata dinnanzi alle sue parole <<Ha detto che non mi avrebbe scritta fin quando non avrei imparato a leggere>>
<<Ho saputo da Gajeel che vi siete lamentata del fatto che lui fosse tornato in guerra senza dirvi nulla. Forse ha cambiato idea per questa ragione>> rimuginò God Serena. Gli occhi socchiusi. Un lieve filo di luce dorata che gli accarezzava delicatamente i capelli arancioni e fluenti <<O almeno è questo il pensiero di una creatura che lo conosce sin da quando era ancora nella pancia di sua madre. Non mi tratterrò oltre, non mi interessa sapere cosa ci ha scritto, dunque ritornerò alla mia postazione>> si girò di spalle, poi si allontanò facendo sfoggio del suo solito passo altezzoso e raffinato.
     <<Se il re ti ha scritto dev'essere importante, però...>> raccolse la rosa in una mano facendo passare le dita sullo stelo privo di spine, l'avvicinò al naso e aspirò lentamente il suo profumo delicato misto a quello più duro e ferroso tipico di un incantesimo di mantenimento, prima di riposarla dove l'aveva presa <<Qui alla corte dei Dragneel è ritenuto un regalo molto importante. Lo stemma della famiglia sono la rosa bianca di Chrisell e la rosa rossa di Igneel Dragneel rappresentate su un campo argentato, entrambe bottonate d'oro e punteggiate di nero. Chrisell amava quel fiore più di suo marito stesso, forse sarà per questo che a re Natsu rievocano ricordi e sensazioni tanto importanti. Lo ha sempre fatto. Lo farà sempre. Il suo legame con il fiore familiare e i genitori deceduti è un legame che non si può recidere tanto facilmente>>
      <<Io non posso comprendere i legami familiari tanto facilmente. Non ho mai avuto genitori e i Fae hanno solo portato dolore nella mia vita, ma...>> sospirò con un filo di voce soffusa, velata da un lieve alone di tristezza mentre si portava una ciocca di capelli dorati dietro all'orecchio <<...Ma credo che se vostra maestà li guardava con tanta ammirazione all'epoca, allora saranno dovute essere delle persone davvero incredibili. Mi chiedo che cosa ci sia scritto nella lettera. Mi chiedo se mai sarò all'altezza di questo fiore che mi ha regalato>> serrò una mano al cuore. Lo sentiva così leggero che se non l'avesse stretto forte sarebbe potuto volare via. Lo sentiva così pesante che se non l'avesse stretto forte sarebbe sprofondato.
Lusinga e senso d'inadeguatezza.
Una tormenta di emozione profonde e discordanti che scalpitavano dentro al suo petto, che si contorcevano dentro di lei, che lasciavano un lieve languore e senso di contraddizioni nell'interno più profondo del suo essere.
<<Signirina Di Caracole>> la richiamò Levy <<Perché non provate a leggerla?>>
Lucy rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva. Davvero gli stava chiedendo una cosa del genere? La fissò per qualche secondo senza dire niente, in cerca di un indizio che potesse farle capire se Levy la stesse prendendo in giro oppure no, ma nel suo sguardo non vide nulla. Alla fine annuì <<V-Va bene, ci posso provare, ma sappiate che non dovete riporre tanta fiducia in me senza temere di rimanere delusa...>> i suoi polpastrelli tastarono lentamente il bianco della lettera per poi posarsi sul suo sigillo scarlatto e ricalcare lentamente lo stemma della famiglia Dragneel. Chiuse gli occhi <<Ci posso provare>> cercò di spingere lentamente l'unghia del suo indice sotto al sigillo, ma questo non si smosse. Ci armeggiò per un po', confusa su come aprirla fin quando non riuscì a smuovere il timbro di cera rossa che lo suggellava e a tirar fuori la lettera. Un sorriso delicato, ricolmo d'orgoglio mosse le sue guance verso l'alto. I suoi occhi scorsero veloci tra le righe d'inchiostro che riempivano il foglio, avide di scoprire i segreti che quei codici chiamati parole e lettere dietro di esse nascondevano.
     Levy le rivolse uno sguardo veloce, poi aggrottò la fronte <<Ha solo sei righe, non è una lettera molto lunga. Il re avrà tenuto in conto le tue difficoltà con la lettura>>
     <<Sì, sarebbe da lui. Da quando ci siamo incontrati, tutto ciò che ha fatto per me l'ha fatto sapendo che sarebbe stato per il mio bene. Non è assolutamente il demone freddo e senza cuore in cui molti lo ritraggono>> il suo sguardo calò sul foglio. Lo scalpitio nervoso del suo cuore le appesantì il respiro <<A-Alla mia cara amica L-Lucy Di Caracole,>>
<<Una lettera inizia sempre con il saluto del mittente per il destinatario>> le spiegò brevemente Levy <<Capito?>>
Lucy prese un respiro profondo e annuì. Non l'aveva ammonita, sinonimo che stava leggendo tutto correttamente e che poteva rilassarsi. E così provò a fare <<Veleno:>> lesse la seconda riga <<Da Ve... Vene-Venenum,>> recitò la terza.
<<Ottimo. State procedendo correttamente, signorina Di Caracole>>
      Una lieve sfumatura di rosa velò le sue gote, mentre gli occhi marroni scorrevano lenti tra le parole iscritte nella quarta riga <<C-Con il s-signi-gnificato iniziale di filtro a...>> là suo voce si fermò, bloccata nella sua gola da un nodo di paura e brutti ricordi.
       <<Signorina Di Caracole, vi sentite bene?>> domandò Levy <<Perché non state più leggendo?>>
      <<I-Io...>> diamine! Si vergognava anche solo a dirlo che c'erano parole che l'imbarazzo e i suoi trascorsi le impedivano di pronunciare. Serrò gli occhi. Le palpebre strizzate mentre le sue labbra si muovevano lentamente, addentando respiri profondi nell'aria pulita. <<Sto bene>> disse quando si sentì più tranquilla. Lesse per un un'ultima volta quella parola che tanto faticava a pronunciare e si strinse il cuore <<Con il significato iniziale di filtro amoroso>>
       Levy annuì <<Non abbiate fretta, prendetevi pure il vostro tempo. Leggete pure la quinta riga>>
       <<Va bene...>> esalò lei, cominciando a controllare quella che sembrava essere la parte più lunga della lettera <<Ho trovato questa rosa nel giar-giardino di una villa s-situata nell'ultimo distretto che io e i miei uo-uomini abbiamo assassinato...>> corrugò la fronte <<No, volevo dire Assaltato>> si corresse subito dopo <<Gua- Guardala e sii fiera della c-corte alla quale ap-Appartieni>>
<<Sesta riga>>
<<Mi manchi,>> lesse lentamente, per poi spostare il suo sguardo sulla settima e ultima parte della lettera <<Natsu...>>
Lo sguardo di Levy si addolcì. Gli angoli delle sue labbra delicate si stirarono verso l'alto <<È stata una bella lettera. Breve, ma sentita>>
     Il vento mosse le fronde degli alberi oltre le vetrate della biblioteca <<Dite che l'emozioni da essa trapelate siano reali?>> domandò incarta <<Mi manchi. Non L'avrà detto per semplice oratoria? Le labbra di un drago non possono mentire, però le sue mani... beh, le sue mani non sono labbra baciate dall'obbligo di non mentire mai>>
       <<Credetemi se vi dico che quelle parole non le ha scritte per mera apparenza. Sono modeste, troppo anche se scritte per qualcuno che non mastica bene la lingua scritta. È il loro significato ciò che riscalda il cuore del mittente, non la bellezza del loro suono arzigogolato>> spiegò, dentro al suo cuore sicura di star dicendo il vero <<Lo sento. Lo percepisco. Lui ha scritto queste parole facendo pieno appello alla sottile voce soffiata dal suo cuore. Dev'essere così per forza...>>
       <<Dal suo cuore?>> le labbra soffici e delicate di Lucy si allungarono in un sorriso timido, lusingato, contornato dal lieve rossore che in quel momento sfumava di rosa il pallore della sua pelle <<Pensate che dovrei scrivere una lettera a mia volta? Io non so scrivere e anche se lo sapessi fare questa sarebbe la mia prima lettera, non saprei nemmeno cosa scrivergli>>
      Si grattò la testa, lenta e delicata lasciò che le sue dita bianche e fredde come la neve appena caduta accarezzassero e fossero accarezzate dall'azzurro della sua chioma <<Scrivete qualcosa che viene dal cuore. Non deve essere per forza una lettera lunga e complessa, vanno bene anche poche frasi, brevi, ma sentite. Sentitevi libera di scrivere ciò che ritenete essere più idoneo>>
Quelle parole lasciarono Lucy confusa <<Poche frase, brevi, ma sentite...>> chiuse gli occhi, l'immagine solenne ed emblematica di Natsu prese il possesso della sua mente e regnò dentro ai suoi pensieri come già faceva su quella terra di draghi e dolore in quanto re di queste creature di magia, verità e sentimenti brucianti. Il suo sorriso lungo e affilato era un ghigno machete, quello tagliente di una creatura che si era abituata a vivere nel cinismo più assoluto. I suoi occhi verdi come smeraldi scuri sembravano rilucere in un milione di frammenti di veleno scintillante. Era solo un riflesso nato nello specchio d'acqua della sua mente, eppure lei riuscì quasi a sentire il calore affabile del suo corpo scorrere debole dentro di lei, lambirle la pelle, stampare baci incandescente sul suo corpo con il solo tocco dei polpastrelli ruvidi.
       Lucy studiò quell'immagine attentamente, con il cuore che le batteva forte del petto e sembrava volerle schizzare fuori dal vestito color cipria. Le sue guance si tinsero d'imbarazzo quando lì, lusingata dal suo sguardo penetrante, le sembrò quasi di esser stata derubata della voce. Era lì, mentalmente davanti a lei. Cos'avrebbe dovuto dirgli? Cos'avrebbe dovuto chiudergli? Le sue lezioni giornaliere stavano procedendo tranquillamente, senza troppi intoppi. Ogni giorno imparava qualcosa di nuovo e il rapporto che aveva con i vari cortigiani che abitavano la reggia si approfondiva sempre più. La paura di sapere che il suo salvatore fosse morto la terrorizzava, non essergli vicino le procurava uno strano senso di vuoto nello stomaco e in cuor suo sapeva che mai quel vuoto si sarebbe colmato fin quando non lo avrebbe visto di nuovo. Fin quando non avrebbe sentito i suoi capelli soffici come seta rosa sfuggirgli lentamente tra le dita. Fin quando non si sarebbe potuta concedere di nuovo di cadere nella stretta lieve delle sue braccia ambrate. Anche se sapeva che quel contatto -Quel semplice contatto- le avrebbe fatto riaffiorare alla mente il ricordo dei Fae, in quel momento sentiva il bisogno di sentire la sua presenza vicino a lei.
Una carezza data con affetto.
Una parola detta con sincerità.
Le bastava questo, solo questo dato senza malizia o inganni affinché i frammenti del suo cuore spezzato potessero cominciare a rimarginarsi.
Lucy si accorse in quel momento di provare troppe cose per Natsu affinché una sola lettera bastasse per racchiuderle tutte. Affinché il suo vocabolario bastasse per esprimerle in forma scritta. Adesso riusciva a capire come mai Happy non fosse riuscito a finire la lettera per la sua amata. Comprendere e comprimere i propri sentimenti -Di qualunque natura questi siano1 era difficile. Alzò lo sguardo verso Levy e scosse la testa <<Vi prego, datemi un giorno per pensare a cosa scrivergli. Domani avrò le idee più chiare>>
Lo sguardo pensante della precettrice scivolò sulla lettera di Natsu <<Forse se la scriviamo domani arriverà Venerdì>> riflesse a voce bassa <<Va bene, oggi continueremo con il nostro solito programma, domani però quando arriverai qui dovrai già sapere che cosa dirgli>>
Piegò il collo in un piccolo cenno del capo <<Vi ringrazio per la vostra gentilezza, madonna. Scriverò una lettera che resterà nel cuore del mio destinatario per tutta la vita>> disse prima di risistemarsi sulla sedia della scrivania e ricominciare le sue lezioni quotidiane.

I fumi caldi della vasca da bagno risalirono oltre lo specchio opaco dell'acqua, il loro vago profumo di rose appena colte inebriò i sensi della ragazza che si stava lasciando lavare i capelli là dentro. Lunghi capelli dal colore dell'oro oscurati dall'acqua che scivolavano leggeri tra le dita candide di Virgo. Raccolse uno dei secchi d'acqua vicino alla vasca e fece scorrere lentamente un rivolo cristallino sulla testa di Lucy, così da sciacquare un'ultima volta la sua chioma aggrovigliata prima di legarla in una crocchia e applicarvi dentro una lacrima riscaldante. Serviva per asciugare i capelli più velocemente, era uno strumento molto comodo per chi come Lucy aveva i capelli di una certa lunghezza.
Virgo le porse un paio di asciugamani, poi prese una camicia da notte e l'aiutò a indossarla prima di andare via e lasciare Lucy da sola nella sua bella stanzetta, accompagnata solo dai tenui raggi di luna argentati che trafilavano dalla finestra del balcone. Lucy esplorò lentamente il centro della camera imitando il passo grazioso e leggiadro di un fiocco di neve che volteggiava nel vento. Il silenzio della sera. Il fruscio della sua gonna di cotone bianco velata dal manto nero dell'oscurità che svolazzava mentre lei faceva una piccola piroetta. Poggiò i palmi delle mani soffici sulle sue cosce un po' meno scarne del solito, un sorriso raggiante riluceva sul suo volto mentre ammirava la forma che le lunghe maniche a sbuffo creavano <<Adoro questo vestito. Mi sento bene indossandolo>> volteggiò un'ultima volta su se stessa rischiando d'inciampare sul suo stesso piede, bianca e delicata come solo un fiocco di neve poteva essere bianco e delicato. Guardò la vetrata che si affacciava al suo balcone con una mano, le gote tendenti a un rosa soffuso e i suoi occhi grandi da angelo che fissavano le stelle scintillanti in un piccolo lembo di cielo scuro.
     Fece un passo avanti.
     Poi un altro.
     Un altro ancora e senza che lei se ne accorgesse si ritrovò davanti a quella porta di vetro con le dita delicate punte dal freddo metallico della sua maniglia. Un movimento deciso del polso, poi un cigolio sonante ronzò dai cardini di quell'anta cristallina quando la spinse verso l'esterno. Si addentrò furtiva all'interno del bancone, cullata morbida dalla carezza fredda e fugace del vento. Sentì i suoi respiri farsi più liberi, l'aria scorrere fredda e incontaminata nelle sue narici al posto di quella stantia che aleggiava da ore nella sua stanza senza che lei neppure se ne accorgesse. Fece scorrere le sue mani sulla balaustra di serpentino che contornavano il balcone, notando come quel verde così scuro così luminoso potesse vagamente ricordano i bellissimi occhi del suo signore e sovrano Natsu Dragneel. Erano come una foresta durante una giornata nuvolosa, quando il verde delle sue foglie è ancora ben visibile ma le ombre soffuse degli alberi vezzeggiano di nero ogni sentiero ombroso. Le sue guance si tinsero di una lieve tonalità di rosso, quella graziosa e imbarazzata di una giovane che si era permessa di fare un pensiero a lei scomodo, e divenne più intenso quando scoprì le sue dita scorrere lente intente ad accarezzare le striature bianche che intaccavano il suo colore predominante con i polpastrelli.
Sì, gli occhi di Natsu erano gli occhi più belli che lei avesse mai visto, impreziositi da quel suo sguardo sempre così trascendentale e dalla sprezzatura degna di una vera bestia maestosa.
Scosse la testa, poi il suo sguardo scivolò alla sua destra, sul vuoto di fianco a lei e per poco le sembrò di vederlo lì, aggrappato sul corrimano con gran disinvoltura mentre nei suoi occhi smeraldini -rigorosamente puntati verso la volta celeste- era riflessa la luce di tutte le stelle del cielo. Gli angoli delle sue labbra si sollevarono fievolmente <<È successo di notte anche quella volta...>> cominciò a rammentare Lucy <<Lui era proprio lì, magnifico come sempre mentre si divertiva a giocare con me, con le mie parole, con le mie sensazioni...>> si coprì la guancia di scatto, proprio nel punto sul quale quella volta l'aveva baciata, sorpresa da un calore tanto tenue che mai in vita sua aveva avuto il piacere di provare.
      Era inutile, tutto inutile.
      Quell'uomo dal sorriso spietato e l'anima d'inchiostro era l'unica cosa a cui lei riusciva a pensare e la lettera che doveva scrivergli un tarlo irrisolvibile. Da quando era arrivata lì tutto ciò che aveva fatto lo aveva fatto per lui, solo ed esclusivamente per lui. Lui era il suo re, il suo signore, il suo sovrano e il suo grande eroe, la persona più importante di tutta la sua vita. E se lei era solo un'umana priva di valore su quella terra benedetta dalla Luce Sacra stessa, lui era estremamente importante e per questo motivo avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di dimostrarsi degna di poter posare al suo fianco. O almeno fin quando lui non sarebbe morto... perché sì, nonostante lo scorrere dei giorni ciò che lui e Wendy si erano detti non aveva mai abbandonato sua mente. Mancavano meno di cento giorni alla sua morte. Mancavano meno di cento giorni al momento in cui la maledizione avrebbe preso il suo cuore. Mancavano meno di cento giorni a quelle che già sapeva essere le lacrime più amare che in vita sua avrebbe mai versato. <<Natsu, signore mio...>> esalò affranta, con il cuore spezzato che le faceva male. Voleva scrivergli, sapere come stava, ma non esistevano parole nella sua mente capaci di riassumere quegli stessi sentimenti contrastanti che provava semplicemente pensando a lui, all'amico a lei più caro e inestimabile, però non poteva...
       Un brivido di gelo scorrette sotto la sua pelle. Gli occhi sgranati. Il marrone delle sue iridi più liquido e luminoso, mentre le sue dita tremavano su quella superficie di serpentino brillante ~E se fosse morto appena dopo avermi consegnato la mia lettera?~ non poté fare a meno di pensare, con il cuore pesante e il fiato che si faceva sempre più breve. Sempre più breve. Sempre più breve... spezzato mentre cercava di metabolizzare quel pensiero. Dalla sua gola uscì una risata disperata, straziata dal dolore nella sua sofferente incoerenza <<N-No, che cosa sto dicendo? Natsu è il re dei draghi, la creatura più potente di queste terre, come potrebbe mai una persone come lui cadere su un campo di battaglia? La guerra non risparmia nessuno, è vero, ma Natsu... ma Natsu... ma Natsu è...>> sentì le lacrime pizzicarle gli occhi senza però scendere, solo inumidendo il suo sguardo affranto <<Lui è troppo importante per me perché muoia>> sentì le sue gambe stanche farsi sempre più deboli. Era come un fiocco di neve sotto quella luna d'argento, e come ogni fiocco di neve che volteggiava sotto il chiarore della luna argentea lei cadde al suolo inerme. Il suo petto che si muoveva seguendo un ritmo irregolare. Le mani tremanti mentre faceva appello a tutte le poche forze a lei rimaste affinché potesse portarsele al cuore. Due veli candidi coprirono il marrone dei suoi occhi quando le palpebre bianche si abbassarono lente e delicate <<Ti prego, Luce Sacra. Lui è tutto ciò che ho di più caro, non portarlo via da me. Non ti ho mai chiesto né libertà né felicità, nel corso di tutti questi anni non ti ho mai chiesto nulla, solo questo. Veglia su di lui, allontana i freddi artigli della morte dalla sua anima. So che è un desiderio egoistico, una preghiera che persino io mi vergogno a esprimere a voce alta, però ti prego di darmi la forza di stare al suo fianco e assisterlo nonostante quella maledizione gli abbia appena lasciato cento giorni di vita. Ne ho bisogno...>> strinse le mani talmente forte da farsi male da sola. Alzò lo sguardo e vide la luna lì, tra quelle stelle ancora innominate e le costellazione delle quali voleva scoprire tutto ciò che già si sapeva. Smise di tremare e il sorriso sul suo volto fu quasi istintivo ~Non so se la mia preghiera arriverà mai alla Luce Sacra, non so se l'accoglierà mai, ma almeno avrò per sempre nel cuore la consapevolezza che di queste mie parole gli astri del cielo infinito sono testimoni~ voltò il suo sguardo verso l'entrata della stanza, oltre la vetrata della finestra, su quei libri che pochi giorni fa aveva preso dalla biblioteca per esercitarsi a leggere, tra cui anche la raccolta di novelle di Le Mille E Una Notte.
Finalmente Lucy aveva capito cosa scrivere al suo caro sovrano...

Quel bosco nel quale lei si era ritirata sarebbe apparso magico persino per una fata longeva e potente come lei, se ancora così potente poteva definirsi dopo esser stata derubata della sua stessa magia. Il sole spuntava con ciuffi dorati tra le foglie degli alberi. Il silenzio aleggiava tra le fronde frastagliate, spezzato solo dal verso degli animali che abitavano quel luogo incantato. Lei sapeva di essersi allontanata un po' troppo dall'accampamento del suo esercito, però non era mai stata una ragazza che amava trascorrere troppo tempo nello stesso luogo dunque le bastò vedere le ali colorate di una splendida farfalla per allontanarsi dalle tende. Era una sognatrice, un'amante della libertà e spesso il suo amore verso di essa la sorprendeva. Era una soldatessa, una guerriera del cui cuore infranto batteva solo per la sua patria, eppure le bastava davvero poco per ritornare la bambina spensierata che era prima d'incontrare i legionari.
      Piccole ondine dorate mossero la sua chioma luminosa mentre con la mano sana accarezzava la guancia di un piccolo cerbiatto e con lo sguardo studiava il volto di tutti gli animali che si erano radunati intorno a lei.
      Conigli.
      Ricci.
      Usignoli.
      Pettirossi.
      Persino animali dal volto astuto e lo sguardo diffidente come le volpi le si erano avvicinati a lei, completamente affascinati dalla sua presenza da quel fascino materno e rasserenante che le fate avevano per gli animali in quanto creature perfettamente in armonia con lo spirito dormiente della natura. Un movimento mal studiato del braccio sinistro le fece pigolare un lieve gemito di dolore quando sentì dei passi avanzare verso di lei. Gli animali drizzarono le orecchie prima di allontanarsi. Il pelo soffice del cerbiatto che stava accarezzando scomparve sotto al palmo ancora sospeso. Il suo fiato mozzato quando poi la voce di quell'uomo dall'anima in fiamme infranse il silenzio: <<Lo sapevo. Eri qui, fata...>> fata, detto in un sussurro quasi come se fosse un segreto. Detto con un'incertezza quasi imbarazzata, quella di chi sapeva di star compiendo un peccato che mai e poi mai la sua gente gli avrebbe perdonato.
La soldatessa si alzò rapidamente, il braccio destro parato davanti a sé in posizione di guardia e la spalla sinistra coperta dal resto del corpo, ancora in gravi condizioni dopo la battaglia avvenuta un paio di giorni prima <<Legionario...>> ruggì a voce bassa <<Che cosa ci fai qui?>>
<<Volevo vederti>> ammise con una serietà quasi spaventosa, avanzando verso di lei in andatura claudicante. Quella volta la soldatessa lo aveva compito alla gamba, di preciso lungo l'interno della coscia, era normale che zoppicasse <<Quando ci siamo incontrati hai detto qualcosa di molto interessante, principessa. Ho impiegato tutte le forze magiche di cui disponevo pur d'incontrarti>>
      <<Non comprendo il perché di tale sforzo ma dimmi, perché mai dovrei fraternizzare con il nemico?>> incurvò un sopracciglio <<Non ho intenzione di parlare ancora una volta con un legionario, soprattutto se costui continua a ricordarmi delle mie origini bastarde>>
        Il soffio di una risata sfuggì fioco dalle sue labbra <<E come dovrei chiamarti? Non mi hai detto il tuo nome>>
      <<Né te lo dirò mai>>
      <<Immaginavo...>> sospirò. Fece un passo avanti, verso quella fata che prontamente scattò indietro sbattendo la schiena contro il tronco ruvido di un albero. Le si mozzò il fiato in gola. Il ricordo di quella spada dal taglio elegante e calcolato fu un colpo devastante per lei, tanto da frantumare la sua proverbiale impassibilità davanti al nemico con un solo tocco del suo potente veleno. La mano di quell'uomo le artigliò il braccio destro così da poterlo spingere contro l'albero e immobilizzarla dinnanzi a lui.
La soldatessa sgranò gli occhi. Il fiato pesante mentre annaspava respiri spezzati e il cuore che le martellava spaventato nel petto <<Stammi lontano, lurido legionario!>> provò a muovere la mano sinistra per spingerlo via, ma un dolore lancinante scorrette dentro tutto il suo corpo e il suo arto fragile le ricadde lungo i fianchi con la lentezza di una piuma che ondeggiava nel vento prima d'incontrare il suolo, accompagnato da un sibilo soffiato a denti stretti.
<<Tranquilla, non ho cattive intenzioni. Voglio solo accertarmi delle tue condizione fisiche...>> fece scorrere le dita sullo scollo a barca della sua camicia di cotone sotto le proteste silenziose mugolate da quella donna, arrivò alla sua spallina sinistra e scostò leggermente quel lembo di quel tessuto bianco con quanta più delicatezza possibile per evitare di nuocerle, fino a scoprire quelle bende che coprivano il taglio da lui infertole nella scorsa battaglia. Fece una smorfia amareggiata, poi indietreggiò mantenendo la testa bassa <<È così grave?>>
     <<Non così tanto da tenermi lontana dal campo di combattimento per sempre>> si lasciò sfuggire <<Tu, invece? Quella volta non sono stata l'unica a versare del sangue>>
     Abbassò la mano e con il palmo bianco si coprì l'interno di una coscia per poi tastare nervosamente dove ancora c'era un taglio profondo <<Muoversi in queste condizioni è per me un dolore immenso, ma pur di rivedere la fata stratega che ho risparmiato ho deciso di non tenervi cura>>
       Lo sguardo spietato della fata lo guardava con altezzosità, come se fosse indecisa se dirgli che sprecare le proprie forze in quel modo era dannoso oppure se ignoralo. Alla fine non disse nulla. Un frusciò interruppe il silenzio. Sentirono un paio di ali sbattere libere nel cielo, uno degli usignoli che si erano avvicinati alla soldatessa dal viso da bambola planò lentamente sopra alle loro teste prima di posarsi sulla spalla dell'uomo. Sul viso della donna comparve un'espressione stupefatta, le sue labbra si spalancarono completamente quando si accorse che la volpe stava strusciando la testa sulla gamba del legionario con affetto. Tutti quegli animali, tutti gli animali che prima si erano allontanati da quella radura nel bosco al sol sentire la presenza magica di quell'uomo spaventoso erano tornati. Lei rimase sorpresa, incredula davanti a quella scena fino a quando il cerbiatto di prima avanzò verso di loro e le leccò la guancia. Fece scorrere la mano destra sul suo collo e lo allontanò lentamente. I suoi occhi sgranati cercarono quelli del legionario che fino a quel momento non avevano mai smesso di osservarla <<Sembra che la natura ti riconosca come qualcuno di buon cuore dal quale non tirarsi indietro>> rimuginò <<Avevi una domanda per me, cosa volevi sapere?>>
      <<Non avevi detto di non voler parlare con me poco fa?>>
      <<Lo so, però loro non hanno paura di te, non ti vedono come un nemico quindi a discapito del fatto che tu sia un legionario neppure per me lo sei>> gli disse <<Io mi fido della natura. Se questi animali sono così affezionati a te è perché hanno capito che ci dev'essere qualcosa di buono dentro a quel potere magico spaventoso...>>
     Un lieve tocco di rosa delicato imporporò le sue guance <<Anche tu sembri una brava persona...>> confessò imbarazzato. Non si sarebbe mai aspettato simili parole da lei, ma non poté notare che sentirle gli fece molto piacere. Molto.
      Lei scosse la testa <<Sai di starlo dicendo della donna che ha fatto strage dei vostri uomini migliori, vero, legionario?>>
Scosse le spalle con indifferenza <<So anche che la nobiltà delle tue intenzioni è qualcosa di puro. Uccidere per vendetta può sembrare crudele, ma a me non appare così. Tu cerchi riscatto per le umiliazioni al tuo popolo inferte. Tu vuoi che nessuna fata soffra più. Tu vuoi solo quella libertà che ti hanno portato via, ma sai bene che solo e soltanto versando il sangue dei tuoi nemici potrai riottenerla. Non ci vedo nulla di male in questo, tutt'altro mi fa nutrire un profondo e sincero rispetto nei tuoi confronti...>> corrugò la fronte. Un velo di amarezza adombrò il suo sguardo prima serio e impassibile <<Ieri hai detto che le fate non si sono mai spinte oltre i nostri territori, che siamo stati noi a invadervi. La storia che ci hanno raccontato è un po' diversa...>>
<<Immagino che sterminare una razza innocua e ai vostri occhi quasi inesistente non sia molto incoraggiante, non è così?>> il soffio di una risata sfuggì dalle sue labbra <<Chi vi è sopra nella gerarchia vi avrà ingannato>>
<<Potrei essere più in alto in questa suddetta gerarchia di quanto tu creda, fata>> la punzecchiò.
<<Se così fosse, allora voi della Legione Divina avreste ben più di un problema. Non sapete nemmeno voi la ragione per la quale i vostri uomini stanno morendo, non è qualcosa di vergognoso?>>
     Il suo volto già chino si adombrò ancora di più, affranto dalla cruda verità celata in quelle sue parole prive di riguardi <<Lo è. Ed è per questo che sono venuto qui in cerca di risposte. Cosa vogliamo noi da voi? Quali segreti celano le vostre ali? Com'è scoppiata questa guerra? Io devo saperlo>>
     Lei ridacchiò sottovoce <<La perenne angoscia di non sapere la verità...>> scosse la testa <<Non ti credevo un esistenzialista, mi hai stupito. Comunque non so perché voi abbiate cominciato questa guerra e cosa vogliate dalle nostre ali, per giunta ti stai rivolgendosi proprio alla fata stratega che non riesce a evocare le sue da decadi ormai, non sono proprio la persona più indicata per darti certe informazioni>>
     <<Io...>> la voce di quell'uomo si fermò in un verso strozzato <<Mi dispiace...>>
     <<Non importa. Mi duole ammetterlo ma è stata la tua razza a spezzarmi il cuore, non tu>> si sedette di nuovo sull'erba del prato, un piccolo coniglietto si posò tra le sue gambe incrociate mentre lei con le dita bianche e delicate si cimentava a coccolargli il collo delicatamente <<Ma dimmi, di quante fate hai strappato le ali?>>
Strinse i pugni. I denti digrignati non potendo ché vergognarsi delle sue azioni <<Troppe. Troppe pensando di fare la cosa giusta per il mio mondo. Troppe fidandomi ciecamente di quella persona che noi tutti manovra. Troppe sorridendo nel mentre...>>
<<E perché lo hai fatto? Cosa ti ha spinto a diventare un legionario?>>
Quelle parole furono l'ennesima lancia di ghiaccio che aveva trafitto il suo cuore da quando l'aveva conosciuta <<Quella donna...>> strizzò gli occhi <<Mi aveva detto che per volontà divina voi dovevate morire...>>
<<E per questo, per questo motivo hai approvato di prendere parte a un genocidio!?>> si astenne la soldatessa con la mano che ancora le vibrava per la rabbia e il nervosismo <<Come puoi fidarti tanto ciecamente delle sue parole infondate? Chi è questa donna per te?>> voleva restare ferma, impassibile nella sua posizione, eppure la sua voce vibrò perché incrinata da un pianto inesistente.
L'uomo scrollò le spalle <<In molti la conoscono con l'appellativo di "Oracolo di Vistarion". Per i suoi figli è un mistero più grande di quanto lei non gli abbia mai fatto credere. Per noi legionari è colei che sta sopra a tutto e tutti>>
<<Colei che sta sopra a tutto e tutti...>> rimuginò la fata <<L'Oracolo di Vistarion...>>
<<Sapevo che gli abitanti della terra umana non erano molto informati sulle culture estere, però l'Oracolo di Vistarion è una figura estremamente influente. È l'oracolo più prestigioso di tutta Earthland. Si dice che la Luce Sacra stessa sussurri nel suo orecchio premonizioni ricolme di verità. Non sbaglia mai. Ciò che dice è legge. Il fato si piega sotto le sue parole...>>
<<Scempiaggine!>> scosse la testa, un taglio netto del collo mentre stringeva i denti <<Quali altre assurdità le mie orecchie devono udire ancora? È impossibile che costei possa avere sempre ragione, e questa è la prova! Perché mai la Luce Sacra avrebbe dovuto crearci solo per vederci morti? È lei che ha potere su tutto e tutti. Distruggerci non dovrebbe essere difficile per una creatura così celestiale, allora perché mai avrebbe dovuto affidarsi a delle creature che se uccise muoiono? Non so cosa voglia quella donna dalla mia gente, ma sono sicura che stia usando il suo titolo di oracolo solo per fini personali...>>
<<È la stessa conclusione alla quale sono arrivato io...>> un brivido di freddo gli scorrette sotto gli abiti impregnati di polvere, mentre -Adesso girato di spalle- il suo sguardo affilato la squadrava con la coda dell'occhio <<Avranno pur chiamato la ritirata l'ultima volta, ma i legionari farebbero qualsiasi cosa pur di ridurre Malba a un cumulo di detriti e depredare i suoi abitanti delle loro ali. Esiste un sentiero segreto che passa attraverso Freesia, un'appendice del monte Oak. I legionari vogliono sfruttarlo per arrivare alle spalle di Malba e attaccare la città da più fronti. Malba è uno dei più importanti centri agricoli e commerciali del regno delle fate. Dovete fermali prima che cada nelle loro mani>>
<<Freesia...>> la fata dal viso da bambola e le mani costantemente coperte da un'inesistente coltre di chiazze rosse come il sangue sussurrò quel nome incantata, quasi intimorita <<Nessuno ha mai esplorato quell'appendice della montagna, si dice che non sia sicura. Come fate voi a conoscerla?>>
<<È normale che creature antiche e longeve come me abbiano viaggiato tanto in gioventù, cercando di scappare da quel pizzico di noia che accompagna sempre l'eternità. Il territorio nel quale voi fate vivete era già stato mappato ed esplorato millenni prima che la Luce Sacra vi creasse>>
Si mosse lentamente. Il rumore lento e ovattato delle foglie secche che si spezzavano sotto alla suola delle sue scarpe e dei ramoscelli infranti fece allertare la soldatessa <<Dove stai andando?>> chiese istintivamente, senza curarsi di chi e cosa fosse l'uomo a lei dinanzi <<Ci sono ancora tante cose di cui dobbiamo discutere, non puoi andartene adesso. E la legione? Combatterai ancora per lei? Come faccio a sapere che il tuo non è solo un inganno? Quando ci rivedremo ancora?>>
     Lui si fermò. Un soffio di vento scompigliò i suoi capelli soffici, che si mossero ancora quando lui scosse la testa prima di riprendere a camminare <<Chiedilo alla Luce Sacra, sarà lei a stabilirlo. Io mi abbandoni al fato. Per adesso credo che scomparirò...>> e così fece. Ancora una volta, proprio com'era arrivato se ne andò lasciando solo rabbia e dubbi nel cuore frammentato di quella soldatessa.
      Anche se un po' dubbiosa delle sue parole, la soldatessa riferì quanto aveva sentito dire dal legionario. Aveva ragione. C'era un sentiero nascosto che percorreva l'appendice del monte Oak, i legionari lo percorsero convinti che nessun altro sapesse della sua esistenza, ma l'esercito delle fate li precedette. Fu un massacro. Teste mozzate e sangue che macchiavano di rosso il verde di una terrà mai toccata prima. Il fruscio delle lame che affettavano l'aria. Il vento che gridava parole infuriate sui rami degli alberi e le fronde frastagliate...
Quel giorno le fate trionfarono.

Lucy si svegliò lentamente, sdraiata sulle coperte damascate del suo letto. Gli occhi impastati che bruciavano nelle orbite e il respiro appesantito ancora stanco. Si sedette sul bordo del letto, poi il suo sguardo scivolò sulla finestra del balcone. Era ancora giorno, la luce del pomeriggio brillava scintillante tra le tende di seta soffice. Quel giorno lei e Jellal non avrebbero potuto incontrarsi ai giardini Jonah, lui aveva avuto dei contrattempi nella bottega che glielo avevano impedito, e Lucy dopo la lezione di danza con Charle si era sentita così stanca da cadere in un sonno lungo e profondo non appena la sua schiena toccò il materasso soffice del letto.
Peccato, le sarebbe piaciuto tanto aiutare Wendy al rifugio per appestati, ma ormai era troppo tardi. Non sapeva per quanto aveva dormito, ma di certo aveva perso troppo tempo. Chissà se Wendy era già andata via...
Si alzò dal letto, il suo sguardo venne catturato da un libro posato sul comodino collocato al fianco del sue letto. E lì i ricordi le cominciarono a tornare. La soldatessa del suo sogno, la fata dai capelli biondi che aveva visto quella volta... sì, era lei, e con lei c'era  anche il legionario dell'altra volta.
       Un mugolio di dolore sfuggì dalle sue labbra, Lucy strizzò gli occhi e cominciò a massaggiarsi le meningi con pollice e indice. La testa. La testa le faceva male. Da quando aveva rinchiuso il libro e il carillon all'interno del cassetto non lo aveva più aperto, allora com'era possibile che in quel momento il libro si trovasse lì? Era spaventoso. Tutto ciò che legava quegli oggetti era spaventoso! La voce. La melodia incantata. Quei sogni insensati... era evidente la presenza di un filo conduttore che teneva tutto ciò collegato, eppure Lucy non riusciva ancora a trovare delle risposte che riuscissero a colmare quel vuoto che i punti interrogativi lasciavano nella sua mente. Cosa voleva quella voce da lei? Chi era? Natsu aveva detto che le fate non esistevano e lui non mentiva mai, allora perché quella donna dal viso da bambola e le mani cosparse di sangue color vermiglio regnava nei suoi sogni meno confusi?
Lucy scosse la testa decidendo che continuare a propinarsi domande alle quali non riusciva a darsi una risposta non l'avrebbe portata da nessuna parte. Se solo avesse saputo leggere senza l'aiuto di qualcuno disposto ad assisterla avrebbe potuto trascorrere il resto del pomeriggio in biblioteca a divorare informazioni di ogni genere, ma purtroppo lei era analfabeta e così non poteva fare. Seguì l'unica opzione che l'istinto aveva avuto il coraggio di proporre. Uscì dalla stanza, un fruscio mosse l'aria e lo sguardo di Lucy scattò verso la fine del corridoio alla sua destra. Vide una nube di lunghi capelli blu scomparire oltre un angolo dell'andito, e senza esitare un solo un solo istante -Conscia del fatto che quella fosse la chioma di Wendy- Lucy afferrò due lembi del sul vestito e la raggiunse. I tacchi che le davano poca stabilità. Lo scalpitio delle sue scarpe sul marmo elegante del pavimento. <<Wendy!>> la chiamò a gran voce, con un sorriso ampio e luminoso riaffiorato sulle sue labbra.
La bambina sussultò. Si girò verso la voce che l'aveva chiamata e senza farsi vedere nascose le mani dietro alla schiena <<S-Signorina Lucy, siete voi? Che gioia incontrarvi>>
<<È una gioia anche per me>> rispose profondamente sincera. Tra le chiacchierate nella corte e il lavoro condiviso tra le mura del rifugio per appestati, Lucy era diventata molto intima con Wendy e trascorrere il suo tempo con lei la rallegrava sempre. Le faceva dimenticare per qualche istante l'assenza del loro adorato signore e sovrano alla corte, ma Wendy e Natsu erano due persone differenti e nonostante tutto Lucy non riusciva a non pensare a lui. Lui le mancava molto, troppo perché quella bambina dal sorriso celestiale potesse rinsanire il vuoto che si era formato nel suo cuore <<Credevo che a quest'ora saresti andata al rifugio per appestati, come mai sei ancora qui alla corte?>>
<<Oh...>> un rivolo di sudore rigò la sua fronte perlacea <<La verità è che oggi non andrò al rifugio. Le morti sono aumentate, i contagi sono diminuiti drasticamente. I dottori non hanno più bisogno di avere così tanti volontari al loro fianco>>
Lucy incurvò un sopracciglio <<Quindi non c'entra niente l'oggetto che tieni dietro la schiena? Che cos'è?>>
Wendy sussultò <<Nulla di cui dovresti preoccuparti>> rispose istintivamente, di scatto, senza pensare <<Oh, si è fatto tardi. Adesso devo andare, spero di rivederti presto, Lucy. Buona giornata>> le rivolse un piccolo cenno con la testa, poi andò via senza far vedere cosa stringeva dietro le mani.
Sembrava molto nervosa. Lucy proteste una mano come per raggiungerla, ma non appena dischiuse le labbra una voce dal suono roco e gutturale la fece girare di scatto <<Questo comportamento non è da lei. È sempre stata un po' timida con le persone che conosce appena, ma questo suo fare evasivo è per me una sgradevole novità. Chissà quali oscuri segreti ci sta nascondendo quella giovane dal viso da angelo e il ghigno di chi ne sa una più del diavolo...>>
<<Gajeel...>> mormorò Lucy. Gli occhi grandi e marroni come quelli di un cervo che studiavano il rosso profondo e intenso di quelli di Gajeel con uno sguardo ricolmo di stupire e meraviglia <<Tu.. tu che cosa ci fai qui?>>
Lui alzò gli occhi verso il cielo. I denti serrati mentre con gli artigli si sfregava il collo e il nero intenso della sua chioma dall'aspetto indomito e selvaggio scorreva lento sulle sue dita <<Sai, vegliare su di te è solamente il mio lavoro. È possibile che dopo tutto il tempo qui trascorso tu non abbia ancora imparato che noi sentinelle non possiamo lasciarti da sola un singolo istante?>>
Le guance di Lucy si tinsero di un rosso imbarazzato <<E-Ecco, io...>>
Uno sbuffo dal sono profondo e annoiato trasalì dalla gola lunga e robusta di Gajeel <<Non importa. Sai giocare a carte?>>
Lucy lo fissò a lungo, poi scosse <<No, nessuno si è mai premurato d'insegnarmelo, perché?>>
<<Allora è deciso!>> Gajeel posò il braccio pesante e muscoloso intorno al collo di Lucy, con una spinta della spalla la strinse a sé <<Devo insegnarti a giocare a scopa e non accetterò un no come risposta>> e Lucy non ebbe nemmeno il tempo di replicare poiché Gajeel l'aveva già trascinata nella sua stanza.

     <<E...>> mosse il cavallo sul tavolo da gioco prima di sogghignare mellifluamente <<Scacco matto, siamo pari. Avreste dovuto prestare più attenzione, sire>>
      Natsu rivolse un breve sguardo a Gray che -seduto a uno dei tavolini della tenda- stava scarabocchiando parole d'inchiostro su un foglio di carta ingiallita, poi tornò a prestare attenzione a Erza <<Scusatemi, generale Scarlett. Ero un po' pensieroso, vi chiedo perdono...>>
      Lei tagliò la discussione con un rapido cenno della mano, quello che il suo sovrano capì significare che non era veramente arrabbiata. Si alzò in piedi lentamente e marciò a passo posato verso colui che da millenni considerava essere il suo consigliere più fidato <<Gray, cosa state scrivendo?>> domandò gentilmente, il sorriso sulle labbra e gli occhi verdi che scattavano rettili su ogni piccolo angolo della tenda.
     Sentì un brivido di paura scorrere attraverso la sua pelle glaciale, quella di un vero drago nato tra la neve e il freddo del suo gelido elemento. Natsu era l'unico a farlo, l'unico a incutergli quella paura così profonda e viscerale da fargli raggelare il sangue nelle vene, eppure non potè che ricomporsi e rivolgergli un sorriso che da solo suggeriva benessere e fedeltà eterna <<Dovevo distrarmi un po' quindi ho cominciato a scarabocchiare qualcosa su un foglio. Stavo pensando ai miei genitori e farlo m'innervosisce molto. Mi chiedevo se la pandemia fosse già arrivata oltre i confini della terra dei ghiacci, come sta Lyon, come procedono gli affari di famiglia alla banca, se gli altri priori li guardassero ancora con quell'insopportabile disgusto...>> strinse i denti con forza, con rabbia <<Viverne, non nobili, amici del re in una terra fedele al Phatrio e banchieri. Per loro: finti draghi, plebaglia, traditori e usurai. Posso capire perché li tollerino solo per il loro denaro, ma mi è impossibile accettarlo>>
     <<I tuoi familiari sono delle persone di buon cuore, Gray>> provò Erza a consolarlo <<La Luce Sacra sa che sono uomini umili, di fede e misericordiosi. E poi perché loro siano tanto importanti in città è probabile che abbiano anche loro degli alleati politici, degli amici piazzati tra le giuste righe>>
<<Degli amici...>> Natsu distorse lo sguardo diventato improvvisamente più cupo. La voce tremante che sembrava un soffio per quanto fioca e quasi inaudibile. Sentì il suo stomaco contorcersi provocandogli fitte in tutto il corpo, uno strano senso di vuoto divorarlo dall'interno <<Con il passare dei secoli penso che persino il concetto di amicizia sia cambiato. Ci sono tanti tipi di amici, alcuni tipi di relazioni più semplici e altre troppo nuove e complicate affinché un essere anziano come me possa capirle, ma secondo voi che cos'è davvero l'amicizia?>>
Il generale ridacchiò delicatamente, poi scosse la testa in viso ridente <<Penso che noi tutti abbiamo un cappio legato alla gola. Soffochiamo costantemente. Gli amici sono l'unico coltellino che può recidere quella corda di dolore e solitudine che ci sta attanagliando. Sono la lama luminosa capace di tagliare parte della tua oscurità più profonda>>
Natsu annuì pigramente, il verde vispo dei suoi maestosi occhi da drago si posarono cheti e spietati sulla figura di Gray <<Capisco... e secondo voi, mio fido consigliere? Cos'è per voi l'amicizia?>>
<<Cos'è per me l'amicizia?>> il suo sguardo affilato tagliò quello del suo signore con un occhiata profonda e piena di significato <<Per me l'amicizia nel suo essere prettamente disinteressata è un baratto che offre fiducia e affetto in cambio di supporto e fedeltà, allo stesso tempo cercando fiducia e affetto offrendo in cambio supporto e fedeltà. È più importante di una semplice parola data, è ciò che mi impone di restare vicino a una persona nonostante le orribili azione da questa compiute. Mentire. Mascherare. Uccidere innocenti solo per fare di loro dei capri espiatori...>>
<<Gray...>> Natsu non aggiunse nulla, non ritenendolo più necessario. Loro due si conoscevano da millenni, li bastava un solo sguardo per capirsi e spesso per loro le parole sembravano noiose e superflue. Quelle parole lo facevano sentire sporco, più di quanto già consapevolmente era, ma non tanto perché aveva rimarcato sull'episodio delle due serve da Laxus uccise, bensì perché aveva confessato di vederlo come una persona della cui amicizia era vera e disinteressata.
Questo lo fece sentire male.
Quel tipo di amicizia era un'enigma per lui, incomprensibile su molti aspetti. Forse un tempo gli era capitato pure a lui di provare quel tipo di affetto verso qualcuno, ma con il passare dei secoli il suo cuore aveva cominciato a parlare una nuova lingua, una a lui familiare ma incomprensibile. I suoi genitori lo avevano educato affinché avesse una certa visione del mondo, che ogni sentimento era pericoloso e poteva esser sfruttato per i fini altrui. Con lo scorrere degli anni gli insegnamenti della sua famiglia si inculcarono sempre di più nella sua mente, tanto che aveva cominciato a scambiarle per leggi assolute e abbandonare anche solo l'idea di avere un proprio pensiero a riguardo. Era stato educato affinché mettesse da parte i sentimenti per regnare con un obiettività più assoluta, il suo interesse verso gli amici che non riusciva a vedere come pedine scemò lentamente in un disinteresse eterno. Proprio come volevano Chrisell e Igneel Dragneel...
La verità era che aveva dimenticato cosa significava avere un amico che non fosse suo amico per convenienza di una o di ambe le parti molto tempo or sono ormai, e il solo pensiero della sua amica umana gli faceva provare un dolore lancinante al cuore.
Si guardò attentamente le mani dagli artigli color alabastro e le braccia coperte di squame mentre le sue dita si muovevano meccanicamente in un movimento arrugginito. <<Quando non vedi un amico per molto tempo costui ti manca, non è così?>> provò a chiedere, pure lui imbarazzato da quella domanda alla quale persino in bambino non avrebbe faticato a rispondere.
Il sopracciglio elegante di Erza s'inarcò <<Sì, certo. Perché lo chiedete, sire?>>
      Le sue labbra melliflue e allettanti si dischiusero in una piccola fessura delicata <<Perché io...>> il valico della tende si spalancò in un fruscio di teli e tessuti color sangue. Impotente, la voce gli morì in gola.
      <<Sire, il messaggero reale ha recapitato una lettera per voi>> lo interruppe una guardia, la lancia salda in una mano e una piccola busta candida stretta nell'altra. Si avvicinò cautamente al suo signore, gli porse la lettera, poi mimò un riverente inchino prima che lui lo congedasse.
      Erza si alzò dalla scacchiera sulla quale aveva cominciato ad allenare la visione strategica intanto che lui e Gray discutevano, avanzò verso di loro e si posizionò alla sinistra di Natsu, curiosa di scoprire di più su quella bizzarra lettera che sulla cera scarlatta riportava il timbro della famiglia reale <<Ve l'ha mandata la signorina Di Caracole?>> provò a domandare <<Gray mi aveva detto che in un vostro momento di debolezza le avevate scritto>>
     <<La lettera è sua>> confermò Natsu mentre con gli artigli affilati cercava di rimuovere il sigillo dalla busta dal tipico colore ingiallito della carta antica <<Però è analfabeta, non attendevo veramente una sua risposta>>
     <<L'avrà aiutata la sua precettrice>> dedusse Erza <<Che cosa c'è scritto?>>
      <<Aspettate, adesso ve la leggerò...>> estrasse il foglio ripiegato che la busta conteneva al suo interno e fece scorrere rapidi e attenti gli occhi rettili tra il nero senza fine di quelle piccole parole malfatte che in qualche modo gli ricordavano i marchi scuri della sua maledizione <<Caro, Natsu Dragneel>> lesse attentamente <<Pregherò ogni notte affinché la Luce Sacra vegli su di te>> le mani cominciarono a tremargli <<Tua per sempre, Lucy Di Caracole>> il battito del suo cuore cessò all'improvviso.
     <<Vostra maestà, state bene?>> scattò Gray preoccupato quando vide una lacrima rigare la guancia destra del suo signore. N-Natsu, il sommo re dei draghi che piangeva davanti a una frase così breve e poco elaborata? In millenni di vita Gray non aveva mai visto qualcosa del genere, lo stupore da lui provato in quel momento era per Erza comprensibile e sinceramente condivisibile.

    La melodia di quella bassadanza scorreva lenta tra le pareti della sala da ballo. Lo sguardo di Charle era attento su ogni movimento, ogni passo da Lucy eseguito mentre passeggiava insieme ad altri cinque burattini.
     Lo sguardo concentrato.
     Il fruscio del suo vestito che strisciava sul pavimento.
     La leggiadria con la quale i suoi piedi toccavano le mattonelle di marmo riposte a scacchiera.
     Era Sabato, non aveva lezione il sabato, eppure pur di sapere il suo eroe fiero di lei era tornata in quella sala da ballo per chiedere a Charle di farle delle lezioni supplementari. I suoi passi però erano ancora grossolani, nonostante i piccoli, piccolissimi miglioramenti sentiva di doversi impegnare ancora di più se davvero desiderava imparare a danzare prima dell'equinozio.
Chiuse gli occhi, i movimenti da replicare impressi a fuoco nella sua mente mentre ripeteva sottovoce i prossimi passi segnati su quelli spartiti che Charle le aveva insegnato a decifrare tempo fa. La mano di Lucy incontrò quella del suo cavaliere, ma lei non ci mise un secondo per rendersi conto che c'era qualcosa che stonava. La mano dei burattini creati dalla sua precettrice era quasi eterea, molto morbida, priva di una sua temperatura, non del tutto materiale eppure così concreta da poter essere toccata facilmente. Quella che aveva sfiorato le sue dita era diversa.
Pelle ruvida e dal tatto calloso.
Tanto grande da poter racchiudere tutto il suo palmo esile.
Una lieve sensazione di freddo s'infuse nella sua pelle facendola raggelare. E raggelò ancora e più visceralmente quando sentì la sua voce dall'accento sinuoso biascicare fioca: <<Avete fatto un passo di troppo, signorina Di Caracole>>
No, i burattini di Charle non parlavano... quelle parole riecheggiarono ridondanti nella sua mente. Il suo corpo s'immobilizzò inerte. La musica cessò. Gli occhi marroni di Lucy saettarono su quell'uomo alto e dallo sguardo divertito che si era intromesso nella sua lezione di danza <<Gray, cosa ci fate voi qui?>> domandò stupita.
     <<Abbiamo appena fatto ritorno dal campo di battaglia. Ho sentito una splendida melodia e non appena ho riconosciuto l'Urriana non ho potuto sottrarmi a quello stimolo che mi ha condotto qui dinnanzi a voi>> spiegò gioviale, mentre facendo uso di quella stessa mano con la quale aveva richiamato a sé l'attenzione di Lucy si tirava indietro qualche corvina che gli era ricaduta sulla fronte <<È una bella coreografia, non trovate?>>
     <<Ecco, io...>>
  <<Come ogni altra vostra opera anche questa sfoggia una bellezza dai toni maestosi e regali>> la precedette Charle <<Così non fate altro che dimostrarvi insicuri del vostro talento da cultore delle arti, Messere>>
      <<L-L'avete scritta voi?!>> Lucy guardò Gray incredula, la bocca che tremava lieve mentre lo stupore arricciava i lineamenti del suo viso. Dannazione, adesso si sentiva in imbarazzo! Con quale coraggio gli avrebbe confessato di non nutrire alcun interesse verso la danza se non quella che avrebbe nutrito per qualsivoglia mezzo che le avrebbe assicurato uno sguardo ricolmo d'orgoglio da parte dei colui che riconosceva come il suo unico eroe? Con un coraggio che lei non aveva.
     Chinò il capo imbarazzato.
     Un rivolo di liquido scintillante le solcò la pelle madida di sudore.
      Il cuore che le tamburellava forte nel petto mentre il rossore sulle sue gote si accentuava a ogni piccolo batto. A ogni battito. A singolo battito.
       Sentì una spada di Damocle staccarsi da quel soffitto dalla quale pendeva per cadere sulla sua fronte quando le labbra di Gray si arricciarono in un sorriso colmo d'orgoglio, i suoi occhi blu scuro rischiararsi e i capelli neri come inchiostro smuoversi leggiadramente nell'aria quando annuì pacatamente. Doveva schivarla. Doveva schivare quella spada prima di rimanere trafitta. E così avrebbe fatto. <<Avevo notato in questa danza un'eleganza gelida e raffinata, senza eguali, molto simile alla vostra, Messere. Il problema è che non mi sento degna di eseguire una coreografia tanto bella e tanto solenne. Temo di non essere sufficientemente brava >>
    <<È tutta questione di esercizio>> le assicurò Gray tranquillo <<Continuate a esercitarvi e vedrete che forse riuscirete nel vostro intento>>
     <<Forse?>> il sopracciglio di Charle s'incurvò verso la giuntura dei capelli, aggrottato davanti a quel suo tono d'incertezza <<Messere, vorrei rammentarvi che la sua precettrice sono io. Non mettete in discussioni le capacità di una mia allieva se non volete che io accetti tale atto come un'offesa arrecata nei miei confronti>>
       Lui sollevò le mani all'altezza delle spalle <<Oh, assolutamente, mia cara Charle. Sapete da secoli ormai che io nutro nei vostri confronti un profondissimo rispetto. Siete voi che da generazioni insegnate a me e a Natsu le nuove danze in voga nelle corti del regno con i vostri modi inflessibili e il vostro temperamento autoritario. E siete pure voi colei che consulto quando ho tra le mani un nuovo scritto di qualsivoglia tipo, che sia una coreografia, che sia una poesia, che sia un saggio>>
Le braccia incrociate sotto l'addome. Gli occhi affilati socchiusi. Charle scosse la testa, impassibile come sempre <<Siete un'adulatore, Messere, ma non sarà la vostra oratoria a farmi dimenticare tale scotto. Ballare con i miei manichini non è come danzare con un uomo vero, le sensazioni provate sono più smorzate, più fievoli... quindi fare un po' di pratica con voi potrà gioviale particolarmente>>
      Il sopracciglio nero e sinuoso di Gray s'incurvò in un arco dalla figura affusolata <<Dunque volete che sia io a farle da cavaliere?>>
      <<Esattamente>> sorrise astuta <<E ora, al lavoro!>> il clap! argentino delle sue mani riecheggiò melodioso. La musica che accompagnava quella bassadanza ripartì lenta, i burattini si piegarono in un inchino composto e gli occhi blu e profondi di Gray scivolarono su quelli di Lucy. Un sorriso affabile sulla labbra. Le iridi rischiarate dalla luce di quel sole che filtrava dalle eleganti vetrate delle finestre. Niente parole. Solo uno sguardo. Si rivolsero un leggiadro inchino, poi cominciarono a danzare.

     Quadri. Monete d'oro scintillanti. Armi antiche, forse incantate. Si muoveva tra quei tesori, tra quei gioielli che la sua famiglia aveva accumulato in ere ed ere di egemonia con l'eleganza silenziosa e repentina degna del re delle serpi volanti. Zampe grandi e dalle squame rubiconde che smuovevano la polvere di quel magico santuario. Gli artigli bianco sporco come lame fatte d'avorio che grattavano il marmo, una piccola busta ingiallita stretta dentro a un palmo mentre continuava ad avanzare. Quello sguardo rettile e dalla pupilla allungata che si muoveva febbricitante tra l'oscurità della sua bella stanzetta.
      Arrivò davanti a una finestra, la luce luminosa del sole gli costrinse a strizzare gli occhi per alleviare il fastidio. Era un drago del fuoco, era vero, ma la sua stanza era grande, montagne di oggetti preziosi e a lui importanti velavano le pareti, la luce non filtrava bene, dunque per lui era sempre difficile doversi abituare ai raggi luminosi del sole. Fece un passo avanti. Poi un altro. Un balzo più lungo degli altri e sorvolò la finestra, il vento che soffiava sulle sue guance mentre riacquisiva una forma quasi umana, ancora avvolta da quelle squame infuocate mentre sbatteva con cura le ali affinché potesse rallentare la caduta. I suoi piedi toccarono lievi il suolo. Non un alone di polvere, non un piccolo granello di fuliggine s'inalzò dal terreno quando i suoi stivali appena laccati si posarono delicati al suolo.
       Natsu mosse il collo lentamente, gli occhi attenti che studiavano il perimetro a lui circostante con profondo interesse. Il profumo dell'erba e delle foglie che si fondevano nel vento. Il fruscio dei sassolini che si muovevano sotto ai suoi piedi. Si trovava nel giardino del suo castello, perso in quello splendido labirinto di siepi, marmi e colori che da sempre era motivo d'orgoglio per lui e per la sua frammentata famiglia di reali. Chiuse gli occhi per crogiolarsi nello splendore di quel silenzio infranto degli uccellini che riempivano la mattina di canti soavi, gli insetti che ronzavano fievoli, i servi che si occupavano delle pianti. Le sue labbra si dischiusero in un sospiro delicato quando aggrottò la fronte e il suono soffice di una voce catturò la sua attenzione: <<I narcisi fioriscono a inizio Marzo. Li trovo dei fiori molto belli ed eleganti. Il loro colore giallo dorato e intenso mi ricorda quello caldo del sole. Non c'è da stupirsi che il re abbia dedicato uno spazio tanto importante nel suo giardino a dei fiori così belli e graziosi. Ai draghi piacciono molto le belle cose, a una creatura longeva e influente come lui in special modo>>
~Sta parlando di me? Chi?~ Natsu aggrottò la fronte. Quella lettera marchiata di rosso che aveva scritto e sigillato nella sua torre ancora stretta in una mano. Fece un passo avanti, silenzioso, un serpente che si muoveva nell'oscurità mentre marciava verso il suono di quella voce così dolce così celestiale. Capelli blu che la brezza di quel giorno smuoveva con cura. Pelle di un bianco candido e incontaminato. Wendy era lì, girata di spalle davanti ai narcisi che ormavano un lembo di terra di quel bellissimo giardino reale. Il suono morbido delle sue parole si sperdeva dal vento, accarezzava l'aria e soffiava un vago senso di calma e tranquillità. Natsu sorrise affascinato dalla sensibilità di quella piccola bambina dai poteri magici immensi <<Wendy, con chi stavi parlando?>> le domandò gentile.
La bambina sussultò. Si girò di scatto, la schiena contratta, le mani nascoste dietro di essa <<S-Salve, vostra maestà. Qual buon vento vi porta qui?>>
       Alzò lo sguardo verso il cielo. I suoi occhi verdi e luminosi sembravano scintillante vetro di Shirostume sotto alla luce abbagliante del sole <<La primavera è vicina. Trovo che ammirare la natura rinascere dopo che il freddo e la disperazione dell'inverno ha tolto lei il respiro sia uno dei pochi spettacoli che non perderanno mai quel loro fascino così profondo e inestimabile neppure con lo scorrere dei secoli, dei millenni e delle epoche...>> le pupille bianche e pallide si abbassarono appena un po', la testa dal profilo solenne ed elegante calò verso quella di Wendy <<Tu, invece? Perché sei qui? Che cosa stai nascondendo dietro la schiena?>>
      Fece un passo avanti, ma lei indietreggiò. Le sue labbra si dischiusero lievemente, nessuna parola accompagnò i suoi versi strozzati. Rumori ovattati incomprensibili, rigurgitati in una lingua incomprensibile persino per la Luce Sacra stessa. Le labbra arricciate in una smorfia affaticata. Wendy aveva provato a mentire, questo non lo fece stare tranquillo. Attese paziente che lei ricominciasse a parlare, poi aggrottò la fronte. <<Non è nulla di cui dobbiate preoccuparvi, mio signore. Credetemi. Mi conoscente da quando sono nata, sapete bene che mai e poi mai in vita mia potrei anche solo pensare di fare qualcosa che possa nuocere alla vostra nobilissima persona. Vi sono fedele da quando ne ho memoria. Vi sono devota da quando ne ho memoria. Vi ritengo la mia ispirazione più grande da quando ne ho memoria. Non avrei motivo per attentare alla vostra vita>>
      Il sopracciglio di Natsu s'inarcò verso l'alto, quasi incurante della dolcezza e l'affetto soffuso con cui Wendy aveva impregnato le sue parole gremite di ammirazione adorante <<Quindi non è un arma? Niente di pericoloso? Niente che possa ferire, danneggiare, distruggere me, la corte e le persone che la abitano?>>
      Gli angoli delle labbra di Wendy si sollevarono lentamente verso l'alto. Le gote tinte di un rosa timido mentre scuoteva la testa e i capelli blu come fili di cielo e spazio si muovevano delicati sulla sua schiena <<Non credo sia nulla che tu possa pensare essa sia>> gli disse <<Però ora come ora posso assicurarvi che non farà del male a niente e a nessuno>>
      Natsu non sembrò molto convinto <<Mi devo fidare?>>
      Lei non perse tempo, sicura, convinta delle sue parole annuì energicamente <<Sì, signore. Vi do la mia parola, giuro sul mio onore di drago, mai e poi mai io farei qualcosa capace di nuocere a voi o alla vostra corte>>
     <<Non dovresti offrire il tuo onore tanto facilmente, sai? È la cosa più importante che un drago abbia>> la redarguì, la fronte aggrottata, sul viso uno sguardo duro <<Verità. Amore. Nobiltà d'animo. Senza onore questi sentimenti sarebbero tanto vuoti da sembrare quasi superflui. Il più grande obbiettivo di drago che ha perso il suo onore sarebbe solamente quello di vivere abbastanza a lungo per riconquistarlo. Un drago che ha perso l'onore ucciderebbe persino la sua compagna se questo gli permetterebbe di continuare a vivere, vivere per quel poco che gli basta prima di riacquistare la dignità perduta per poi uccidersi a causa di quell'infinito dolore dal suo cuore patito dopo essersi reso conto della crudeltà delle sue azioni. Perché è così. Un drago senza onore è quasi incapace di rendersi conto di quanto la gente possa soffrire per mano sua...>>
<<Sire...>> gli occhi di quell'uomo erano schermati da un velo d'ombra. Il verde scuro di una foresta che non conosceva la luce. La lettera infilata tra due dite morbide.
Le coprì la fronte con un palmo della mano e si girò pacatamente <<Continua pure a fare ciò che stavi facendo e passa una buona giornata>> detto ciò, andò via.

      <<Come sono stata?>>
<<Eravate più aggraziata di quanto pensassi, signorina Di Caracole, ma ciò nonostante ritengo ancora che voi non siate preparate a sufficienza per danzare la settimana prossima. Dovrete allenarvi molto duramente, seguire le istruzioni dalla vostra precettrice impartite senza obbiettare e tener sempre ben presente l'obbiettivo che vi state prestando di raggiungere>> spiegò lineare, in tono netto e conciso <<La danza è un arte molto complessa, la massima espressione del proprio corpo e della propria sensualità celata, dunque vi ci vorrà molto tempo per apprenderla adeguatamente>>
Gray e Lucy stavano camminando tra le vie e i corridoi lunghi, tumultuosi di quella corte accompagnati dalla presenza alta e aitante di God Serena. Continuarono la loro passeggiata imperterriti, scambiandosi due chiacchiere cortesi di quando in quando, per poi fermarsi davanti alla porta della stanza di Lucy. <<Grazie per avermi accompagnato>> arrossì lei timidamente <<Siete davvero un ottimo ballerino, la coreografia che avete scritto è stupenda. Vi auguro di trascorrere una buona giornata>> lui era il consigliere più fidato del re, stringere amicizia con una persona tanto importante era necessario affinché lei potesse consolidare la sua posizione in quel castello di voci e atrocità mai confessate prima. Soprattutto considerando che Natsu non aveva figli e il suo regno sarebbe durato solo qualche altro mese prima che quelle macchie color inchiostro intinto nella disperazione lo divorassero da parte a parte. Non le aveva mai detto di avere dei parenti, dunque sarebbe stato comprensibile se il comando dopo la sua morte passasse proprio alla persona di cui si fidava di più, il suo consigliere.
      Gray sollevò le labbra in un sorriso delicato <<Lo auguro anche a voi, signorina. Vostra maestà ha scelto bene il nome da darvi, siete una giovane con cui conversare è davvero illuminante. Arrivederci>> mosse un piccolo cenno con la mano, si rivolse verso la sentinella, poi andò via.
<<Credo che lui vi stesse studiando>> Tonf! il tonfo della schiena ampia e muscolosa di God Serena che sbatteva contro la superficie del muro riecheggiò altisonante <<Gray lo fa spesso con le persone che non conosce, soprattutto se queste sono molto vicine al nostro sovrano. Alleati politici, amici temporanei... vostra maestà prima di scegliere a chi avvicinarsi si premura sempre di avere la sua benedizione. Come se lui potesse leggere la vera anima delle persone. Spaventoso in egual modo. Una serpe dal sangue freddo e una serpe dal sangue caldo. C'ero quando il defunto re Igneel e la meravigliosa regina Chrisell presentarono il figlio di una povera famiglia di produttori di vetro alla loro progenie, vidi il vecchio regno dei draghi crollare, e fui presente quando vidi coloro che spesso vengono definiti i due uomini più potenti di questa nazione cambiare il loro, anzi il nostro mondo>>
     <<Di solito siete molto altezzoso, God Serena. Eppure sembrate nutrire molto rispetto nei confronti della famiglia reale>> constatò Lucy <<Come mai?>>
      <<Perché non sei stata l'unica persona che la famiglia Dragneel ha salvato>>
      <<Cosa intendi dire?>>
       La bocca di God Serena si dischiuse in un sorriso affettuoso, divertito dall'ingenuità di quella piccola ragazza umana <<I soldati del suo esercito. La servitù della sua corte. Persino noi guardie... Un motivo per cui nessuno di noi ha ancora voltato le spalle al re é perché abbiamo prestato fedeltà a lui o a qualche altro membro della famiglia. Abbiamo dato il nostro nome a loro. Apparteniamo a loro. Sin dalle origini della dinastia reale la famiglia Dragneel ha scelto i membri della sua corte e del suo esercito in un modo molto particolare. Accoglievano sotto alla loro ala bambini orfani, draghi caduti in disgrazia, anime dannate di qualsivoglia genere. Mostrano loro la speranza, condizioni di vita migliori per poi trasformarli in scialbe pedine dopo che questi li prestato fedeltà assoluta. Ci sono passato anch'io, so bene di cosa parlo e possa assicurarti che nessun drago con un minimo di amor proprio riuscirebbe mai a tradire qualcuno che ha desiderato servire tanto assiduamente. I Dragneel sono bravi, molto bravi a giocare con le persone>>
      Lucy rimase scioccata. Ciò che le aveva detto era grave, una di quelle verità capaci di destabilizzarti non appena queste ti vengono rivelate <<G-God Serena, cosa significa? Perché mi stai dicendo tutto questo?>>
       Incrociò le braccia sotto all'addome. Un velo d'ombra coprì il suo sguardo assorto quando lui chinò il capo <<Perché tu sei umana, perché tu sei stata una schiava umana. Immagino che tu non conosca nemmeno cosa siano orgoglio e dignità, non è forse così?>>
      <<E-Ecco, io...>> tremò la sua voce, quella di chi si sentiva improvvisamente priva di difese
<<Anch'io ero come te molto tempo fa. Ho provato l'umiliazione di guardare con appetito una mela già rosicchiata. Ho provato l'umiliazione di allungare la mano e toccare cose che non avrei mai dovuto toccare. So cosa non conoscere cosa avere dignità e orgoglio significhi, ma so anche quanto bene ci si possa sentire quando sai di appartenere a qualcosa di grande. La corte dei Dragneel...>> aggrottò la fronte <<Una vita migliore di quanto mai avrei sperato di avere. Una persona alla quale non mi vergono di aver giurato fedeltà eterna. Però le mie mani... sì, le macchie di corruzione che imbrattano i palmi delle mie mani non sono mai sparite, ma anzi sono diventate più scure. Sono diventato una pedina e tutt'ora mi piace l'idea esserlo stato tanto quanto mi vergogna. Forse qualcuno potrebbe pensare che ciò sia disgustoso, però fu proprio servire questa famiglia che mi fece ritrovare l'onore perduto. Essere una brava guardia. Un drago leale. Un seguace fedele. Sono queste le cose importanti della mia vita e tutte queste cose mi furono state date in dono da vostra altezza reale in persona quando venne in quel cunicolo nel quale mi rifugiavo dal mondo esterno, mi prese per il collo e dopo avermi atterrato mi costrinse ad ascoltare la sua proposta, quella di fare di me, un drago senza un soldo che rubava per vivere, un membro della sua corte. Senti, Lucy. Quello che voglio dirti è che ci sono due tipi di persone in questa corte. Chi perde onore e chi lo guadagna. L'onore è essenziale. Datti un valore. Non rinunciare mai a esso, mai>>
Lucy rimase sbalordita. La gola asciutta, secca di parole mentre le sue labbra si muovevano lentamente. Aveva sempre notato la fede che brillava luminosa negli occhi della servitù quando il re dei draghi si mostrava, ma mai in vita sua si sarebbe aspettata di sentire quella verità pronunciata da quella voce. E soprattutto mai in vita sua si sarebbe aspettata che quella verità sarebbe stata pronunciata da quella voce con tanta facilità.
Frasi impregnate di dolore.
Un monologo nato dallo sofferenza.
     Erano entrate dentro di lei, le avevano trafitto il cuore e le avevano scombussolato la mente. Scoprire in quale mondo fatto di sofferenza e disgustoso opportunismo era capitata le aveva fatto sgranare gli occhi e inaridire la gola, eppure... eppure quando sfiorò quella rosa legata tra i suoi capelli si era accorta che nulla era cambiato dentro di lei. <<Ti ringrazio per le tue premure, God Serena, ma il problema è esattamente quello da te descritto. Io non so cosa siano dignità e orgoglio, non le ho mai provate prima. Ma se fosse il re in persona a chiedermi di rinunciare a loro per lui, io non esiterei un solo istante. Farei di tutto per l'uomo che mi ha salvato la vita, per il primo che mi ha mostrato gentilezza e riguardo>>
      <<Tsk! Nonostante la differenza tra le nostre razze tu sei un drago nato senza magia>> scosse la testa con riluttanza. Aveva conosciuto molte persone simili a lei -i draghi erano per natura creature molto fedeli- però lei era un'umana e anche se non era un grande esperto di umani sapeva bene che la sua idolatria quasi ossessiva verso il loro sovrano non era una cosa sana. Aveva vissuto pure lui qualcosa di simile. Avrebbe dato la vita per il suo qualcuno d'irraggiungibile. Era un veleno che presto o tardi l'avrebbe distrutta, avrebbe piegato la sua fragile mente da umana e l'avrebbe trasformata più in un oggetto che in una persona. Più in un'arma che in una vita. Più in uno strumento che in una mente.
Guardarla andare via sapendo che un giorno avrebbe sofferto per non aver dato ascolto alle sue parole gli provocò una strana fitta al cuore, eppure non fece niente. Non la fermò. Non provò a parlarci. Sarebbe stato tutto inutile.
Ormai lei era succube di qualcuno che l'avrebbe soltanto fatta soffrire.

Lucy entrò nella stanza. La luce del sole che illuminava le pareti damascate accarezzò il bianco della sua pelle delicata. Avanzò verso il letto a passo lento e delicato, una lettera color nuvole in una giornata soleggiata spiccava sul lenzuolo di seta blu che rivestiva il letto. La raccolse tra le mani, le sue labbra piegate verso l'alto quando notò la rosa della famiglia Dragneel impressa sul sigillo rubicondo, e subito si cimentò a grattare via la cera che marchiava la carta. I polpastrelli sudati che inumidivano i lati della lettera, gli occhi nervosi che scorrevano su quei simboli fatto d'inchiostro. C'era scritta solo una parola, ma Lucy la lesse comunque a voce alta <<G-Gi-ra-ti...>> corrugò la fronte. Una lettera per dirgli solo questo?
      Gli angoli delle sue labbra si sollevarono in un sorriso delicato. Staccò la mente. Smise di pensare. Si voltò di spalle e scattò in avanti fin quando non sentì un braccio allacciarsi intorno alla sua vita e un palmo dal tatto ruvido e calloso spingerle la testa contro una superficie dura come il marmo. Arricciò le narici appena un po', sapone alle ortiche impregnato da un lieve sentore di sudore stuzzicò il suo olfatto <<Natsu, sei qui>>
<<Sono a casa>> dita ambrate che scovolavano tra l'oro dei suoi capelli e li cullavano con tutta la delicata di cui era capace.
Sì, lui era davvero a casa.
Fece un piccolo passo indietro. Le guance di Lucy imbrattate di una polvere di rubini e quarzo rosa che brillavano come una tempesta di bellissime gemme sfavillanti, le pupille di Natsu allargate in uno sguardo limpido e spassionato mentre le sorrideva raggiante. <<Ho ricevuto la tua lettera. Non eri obbligata a rispondermi, lo sai, vero? Non voglio che tu ti senta a disagio a causa mia. So bene che hai ancora qualche piccolo problemino con lettere e numeri, perciò non volevo forzarti a fare nulla del genere>>
<<Non mi hai obbligata a fare nulla. Ti ho scritto per mia scelta>>
<<E hai scritto una bella lettera...>> fece scivolare la mano sull'avambraccio di Lucy, l'altra posata su una guancia mentre gli occhi verdi da drago vagavano sul suo volto <<Sono un peccatore, Lucy. Un peccatore oscuro e sconsacrato. Nessuno ascolterebbe mai le mie preghiere, parole sofferte che alle orecchie altrui apparirebbero come vuote se pronunciate dalle mie labbra. Io non posso darti niente, nemmeno una preghiera...>>
Lucy scosse la testa <<Tu mi hai già dato tutto, invece. Una casa. Le tue premure. La tua amicizia. Sono io a essere troppo umana per poterti dare qualcosa. Solo qualche preghiera pronunciata sia per vegliare su di te sia per rassicurare me, e la mia fedeltà immortale>>
Lui corrugò la fronte confuso. Cominciò a cullare la pelle soffice della sua guancia con il tocco lento dei polpastrelli <<Lucy...>>
<<Qualsiasi cosa accada io ti sarò sempre fedele Natsu, sempre. Perché senza di te...>> alzò un po' la testa. Le labbra rosse come petali di rosa. Le stelle del firmamento che brillavano nei suoi bellissimi occhi marrone chiaro <<...Perché senza di te io starei ancora soffrendo>> sentì la mano dell'uomo davanti a lei gelarsi sulla sua pelle come se quelle parole che aveva appena pronunciato avessero il potere di pietrificarlo. Deglutì silenziosamente, poi si ritrovò ancora una volta stretta tra le sue braccia calde e carezzevoli.
<<Mi sei mancata, Lucy>>
<<Anche tu mi sei mancato, Natsu...>>

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