I Winged ( gli alati )
L'inverno aveva imbiancato l'isola di smeraldo. L'albero cavo di Naggy distava parecchio dal luogo che aveva visitato e rientrando aveva viaggiato tutto il pomeriggio col vento di traverso. La Winged ripiegò con cura le sue ali e lisciò la pelliccia corta, candida e arruffata.
Avrebbe potuto viaggiare con la magia, ma Naggy preferiva spesso seguire il corso naturale delle cose, anziché deformare le leggi della materia con i suoi poteri.
Avrebbe potuto attirare l'attenzione di altre creature magiche, che preferiva continuassero ad ignorarla.
Si strofinò stanca il musetto volpigno, utilizzando le zampette anteriori dotate di minuscole mani, dalle dita sottili e lunghissime, rapportate alle proporzioni di una mano umana. Anche le zampe posteriori avevano l'equivalente di un piede, assai affusolato e lungo, da topo.
In effetti la creatura ricordava alla lontana un topo con le ali, o meglio uno scoiattolo volante, ma non aveva coda e le sue ali membranose erano tese tra le braccia e il corpo, aderenti fino ai polsi, e le zampe posteriori, estese fin circa al ginocchio; nonostante la superficie alare ridotta riusciva non solo a planare, ma proprio a volare.
La stagione si era ulteriormente irrigidita, negli ultimi giorni, e le ore di luce si erano ridotte al minimo mentre le notti s'erano fatte sempre più lunghe e gelide. Nonostante il pelo folto, Naggy avrebbe gradito poter indossare un'abito, similmente a quanto facevano gli umani per difendersi dal freddo.
Ma i Winged non indulgevano in simili futilità. Più che futile, anzi, essi giudicavano immorale il vestirsi degli umani, che per farlo ricorrevano spesso a metodi spietati nei confronti di altri viventi; strappando loro, letteralmente, la pelle o recidendo fusti e uccidendo piante gentili, per ottenerne fibre tessili.
Gli Winged, che vivevano nutrendosi prevalentemente di nettare di fiori cui rendevano un prezioso servizio di impollinazione, aborrivano gli esseri umani!
Naggy sospirò. In fondo non era loro la colpa, pensava lei invece, se avevano una pelle nuda, così delicata ed esposta a ogni insulto del tempo e degli altri animali.
E neppure erano in fondo colpevoli che il loro grande corpo esigesse tanto cibo per essere mantenuto, e che quindi non potessero limitarsi a ciò che le piante offrivano spontaneamente come ricompensa per l'impollinazione o la dispersione di semi.
Ma la presunzione di quelle creature prive di qualsiasi potere magico, che ciò nonostante pretendevano di collocarsi al vertice della vita del pianeta, le rendeva invise.
Non vi era entità magica che li amasse.
La stessa Naggy, ora molto più tollerante, si ricordava ancora cucciola interrogare petulante il vecchio Shaun, circa gli umani e le loro usanze.
In particolare, ricordava di aver chiesto insistentemente spiegazioni circa una loro festa sacra: il Natale.
"E il Principio avrebbe scelto di occuparsi a tal punto degli umani? Ma è ridicolo!", ricordava d'aver reclamato scandalizzata.
L'anziano capobranco aveva avuto un'espressione incerta:"Veramente... sarebbe forse coerente con ciò che viene sostenuto, che Lui abbia scelto di condividere la più umile delle condizioni sul pianeta. Puoi immaginare una forma animale più misera della loro?", le aveva risposto.
Naggy si era imbronciata:"Sono una razza misera, sì, ma anche indegna. Sono egoisti, violenti e talmente idioti da distruggersi da sé. Anche se il Principio avesse voluto avvicinarsi ad una razza umile, comunque non avrebbe scelto quella, così disprezzabile nella sua prepotenza".
"Credi di poter giudicare il comportamento del Principio?", le aveva risposto.
"Non voglio dir questo... solo che..."
"Solo che non credi quel che non puoi capire", le aveva rinfacciato l'anziano.
"Ma quindi sarebbe vero? Con tutte le razze magiche che vivono sulla terra il Principio avrebbe prediletto gli umani?", era insorta Naggy.
"Tu stessa ti dai una possibile spiegazione: noi abbiamo infinitamente più di loro! Possiamo deformare le leggi naturali che loro subiscono in modo ineluttabile e forse allora è giusto che siano stati soccorsi i più deboli", era stata l'ipotesi dell'autorevole adulto.
"In primo luogo anche noi subiamo alcune leggi senza scampo; anche noi moriamo, per esempio", aveva replicato sdegnata la Winged:"E poi, non mi pare si siano ravveduti e abbiano accolto l'invito alla pace e all'amore".
"Forse che noi creature magiche siamo così pacifiche e amorevoli, le une con le altre?", aveva scosso la testa l'interlocutore.
"Non arriviamo a dichiararci guerra trucidandoci a vicenda, almeno!"
Naggy era stata decisamente avversa, agli umani.
"Noi abbiamo cura della terra che ci ospita, mentre quei barbari senza cervello la rovinano al punto che a stento la nostra magia riesce a difenderne l'equilibrio. Ci stanno coinvolgendo nella rovina!", aveva continuato a lamentarsi sdegnata.
Il tempo doveva però far giustizia della supponenza di Naggy...
La fiducia nella assoluta superiorità, nella integrità e generosità del mondo magico, frutto dell'educazione di una famiglia affettuosa e pacifica, si era infranta contro la realtà appena superata l'infanzia.
Naggy aveva dolorosamente scoperto che in ogni dimensione, compresa quella magica, esistono gli indegni, i malvagi e gli assassini.
Il vecchio capobranco aveva tentato di avvisarla che anche nel loro mondo non tutto era luce!
Giovane e inesperta, la Winged aveva imparato nel peggiore dei modi che la sua era considerata una razza minore, solo perché tra le meno magicamente dotate; e per questo assurdamente cacciata, a volte, con le più spregevoli intenzioni di farne oggetto di gioco. Gioco crudele e spietato, in cui la preda doveva lottare per la vita.
Naggy aveva visto morire i suoi a opera di una banda di Banshees in caccia, che nessuno si era incaricato di punire. E poco tempo dopo, mentre ancora stordita tentava di tornare in contatto con la sua gente e con il resto della sua famiglia, era stata intercettata.
Giovane e agile, aveva saputo fuggire avanti per avanti alle cacciatrici e infine, pur ferita, trovare un nascondiglio. Un semplice riparo tra i rovi, nella neve, ma le Banshees non erano riuscite ad individuarla.
Naggy si era sentita venir meno, dal dolore e dal freddo, ma non aveva usato la magia. L'energia che avrebbe sprigionata l'avrebbe segnalata alle aguzzine, che invece restando lei inerte non distinguevano la Winged più di quanto avrebbero avvistato una lepre o un ermellino, mimetizzati in quel candore.
Finì che le Banshees stanche abbandonarono la partita, quando la creatura nascosta era ormai svenuta e prossima a morire assiderata.
La sorte di Naggy si decise nelle mani di un bambino, un cucciolo d'umano che la trovò giocando e la portò di nascosto a casa. La Winged riprese coscienza tra le piccole mani che la massaggiavano piano asciugandole il pelo in un panno morbido.
Fu così che Naggy conobbe l'interno di una casa umana, una casa povera e non solo materialmente, purtroppo. Il capofamiglia era un uomo nel peggiore dei sensi della definizione Winged.
Un uomo. Cioè, un essere spregevole. Un mostro che alzava le mani sui piccoli che aveva generati per motivi infimi, pretesti per sfogare la frustrazione di una vita senza soddisfazioni. Un buono a nulla che tiranneggiava la sua famiglia e infieriva sulla pallida ombra che un tempo era stata la sua compagna, ora ridotta una misera bestia rassegnata.
Naggy fisicamente e mentalmente distrutta vide cose orribili, che le confermarono l'opinione infima che aveva degli uomini. Ma vide anche cose che la toccarono profondamente.
Il bambino che l'aveva trovata sembrava non essere affatto simile all'adulto che gli aveva dato la vita. Era gentile, delicato. L'aveva salvata scaldandola tra le mani, tenendola al riparo tra le proprie coperte. Aveva pulito la sua ferita, le aveva offerto dell'acqua e anche quello che sperava fosse del cibo adatto. Spossata, terrorizzata, Naggy aveva lasciato che l'asciugasse, la scaldasse, la nascondesse al mostro.
Senza affatto immaginare di aver per le mani una creatura magica il bambino si era preso cura dell'animaletto ferito, riversando su di lui tutto l'affetto che gli era negato tra quelle mura squallide.
Naggy era infine sgusciata via col dolore per il bambino, che restava in quell'inferno. E con la sconvolgente consapevolezza che non tutti gli umani erano malvagi, come non tutti i dotati di poteri magici erano pacifici e saggi.
Da allora di tanto in tanto Naggy tornava alla baita sulla soglia del bosco dove abitava Neal. Il piccolo cresceva poco mentre suo padre diventava sempre più manesco e la piccola famiglia sempre più misera.
Naggy si infilava invisibile nella casupola, e nell'angolo riparato da una tenda in cui dormiva Neal si mostrava al fanciullo. Neal non sembrava stupirsi di come riuscisse ad entrare di nascosto, e le parlava sottovoce, grato che l'animaletto non l'avesse dimenticato e tornasse a salutarlo, di tanto in tanto.
L'ultima volta, circa tre anni dopo il primo incontro, Naggy aveva fissato a lungo il lato destro del volto del bambino, su cui fioriva violaceo il marchio di un malrovescio del padre. L'occhio azzurro come il cielo era semichiuso, i capelli color rame tenuti spioventi sulla fronte, a coprire il più possibile. Anche la tempia, sotto quelli, era tinta coll'inchiostro della violenza cieca e irresponsabile.
Cosa hai fatto? sembrava chiedere la creatura candida scostando appena i capelli con la zampetta minuscola, delicatamente.
"Non è nulla, Bianca", mormorava Neal come potesse capirlo."Picchiava la mamma, e io ho cercato di spingerlo via. Era ubriaco, fossi stato solo un po' più forte... So di essere un cattivo figlio, a pensarlo, ma a volte vorrei tanto che perdesse la strada di casa e non ci trovasse più".
E accarezzava lieve il pelo folto della Winged."La colpa è della bottiglia, Bianca! Mamma dice che non era cattivo... ma ormai non riesce più a combinare niente, le mani gli tremano, non gli danno più lavoro. Sono mesi che non entra più un soldo e presto ci butteranno fuori di casa. E moriremo, perché senza un riparo si muore, in questa stagione".
Naggy pensava furente che i soldi che non arrivavano nella baita si perdevano lungo la strada per l'osteria, però, e che quello scellerato ubriacone non aveva il diritto di trattare a quel modo la sua famiglia.
E mentre rifletteva assorta sulla miseria di quelle creature Neal trasse da sotto il letto una cosa.
"Mamma ha fatto questo per la bambola di mia sorella. Perché avesse un regalo di Natale", disse:"Allora l'ho pregata di farne uno anche per me. Non riusciva a capire a che mi servisse, perché io non gioco con le bambole, ma io ho detto che volevo un regalo identico a quello di Wynne e mia madre mi ha accontentato".
E parlando parlando le aveva mostrato un rettangolo di lana con un foro nel mezzo.
"Si infila dall'alto", le spiegò:"e cade addosso come un mantello. So che hai la tua pelliccia, Bianca... ma fa così freddo fuori! E non sapevo cosa altro potevo regalarti, piccola amica. Buon Natale".
Naggy fissò a lungo il rettangolo colorato. Gli uomini non facevano del male agli animali, accorciando il pelo alle pecore per ottenere quei particolari indumenti; allungò le zampine e infilò il muso nel buco.
Sentì il peso lieve del poncho e ne apprezzò subito il calore; si guardò pavoneggiandosi, perché era la prima Winged che ricevesse in regalo un mantello.
"Grazie Neal", disse, e il piccolo scosse la testa.
"Forse sono pazzo", le rispose:"perché mi sembra di sentirti parlare. D'altro canto nessuno ha mai visto un esserino come te, e quindi devi essere un frutto della mia fantasia. Di certo sto parlando da solo e mio padre ha ragione a dire che non servo a nulla e che prima o poi farà una buona cosa a chiuderci tutti e tre qui dentro e a dar fuoco a tutto".
Naggy quasi socchiuse gli occhi, dalla rabbia. Poi tolse adagio il poncho e lo restituì al bambino.
"È bellissimo", gli disse:"ma ancora non è Natale. Tornerò a prenderlo dopodomani, così ci scambieremo gli auguri. E fa' una cosa intelligente: non parlare a nessuno di me". Poi tornò invisibile e volò fuori.
Due giorni, aveva, per parlare ai suoi e trovare una soluzione.
Due giorni, per appellarsi ai migliori sentimenti della sua comunità.
Due giorni, per raccontare della gentilezza di Neal, del suo cuore generoso, dei suoi sentimenti puliti, del suo rischiare per la madre, del suo desiderio che il padre perdesse la strada di casa per rimanere al sicuro, quando chiunque avrebbe desiderato che morisse o peggio, per vendicarsi di tanta ingiusta crudeltà.
Due giorni per pregare, per convincere, per strappare infine un consenso.
E la sera della vigilia, venti Winged attesero il padre di Neal per strada. Ubriaco, barcollava incerto e i Winged aprirono davanti a lui un portale magico. In un istante, l'uomo l'attraversò ritrovandosi dall'altro capo del mondo. Il portale si richiuse.
Tutte insieme quelle piccole creature avevano realizzato una magia che solo un potentissimo Drago, da solo, avrebbe potuto ottenere; e contavano per questo che difficilmente le Banshees avrebbero pensato a loro, se avessero percepito tutta quella magia liberarsi.
Significava correre comunque un rischio, però, e Naggy era orgogliosa della sua gente, generosa con tutti, persino con gli umani. Gli Winged si dispersero velocissimi e Naggy attese il calare della notte.
Nella baita la donna sorvegliava la zuppa calda sul fuoco, sussultando ad ogni soffio forte di vento che facesse tremare i vetri come se la porta stesse aprendosi. Invece non si aprì, l'uomo non tornò.
Infine la donna aveva fatto mangiare i piccoli, li aveva messi a letto e si era addormentata con le braccia conserte sul tavolo e il capo sulle braccia, in attesa.
Naggy allora picchiettò adagio su un vetro, e si fece aprire da Neal.
"Buon Natale", mormorò felice nell'orecchio del bambino,"ti ho portato un regalo".
Poi prima di continuare si fece promettere che non avrebbe mai parlato di lei a nessuno.
"Io sono una Winged", gli disse:"una creatura magica... ma gli uomini non devono sapere che esistiamo. Pretenderebbero da noi chissà cosa e noi non siamo molto potenti, invece... però siamo riusciti a fare qualcosa per te, Neal.
Come avevi desiderato tuo padre ha perso la strada di casa ed è finito molto, molto lontano da qui. Io credo che non riuscirà mai a tornare, se non forse tra molti anni, e tu allora sarai ormai un adulto e non potrà più farti del male impunemente.
Fuori della porta troverai una sacca per voi. Contiene dell'oro, sappiamo che gli umani amano questo metallo e credo che, vendendone un po' per volta, vivrete bene senza di lui a lungo e nessuno vi caccerà più dalla baita.
Non rivelare neppure a tua madre come è arrivata la sacca fino alla vostra porta; lascia che pensi a un miracolo, a un benefattore che nella notte di Natale ha voluto alleggerirsi l'anima con una buona azione. E ricordati crescendo di non cambiare, piccolo Neal, e di diventare un uomo di pace tanto quanto tuo padre è stato un violento".
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