"𝑃𝑟𝑜𝑙𝑜𝑔𝑜."
In questi giorni mi sono reso conto, con forza, che la mia vita non mi piace.
Forse mi era già inconsciamente chiaro, ma mi è balzato agli occhi solo adesso.
Mi sono allontanato dai miei amici più stretti e dalle loro considerazioni da bar. Detesto il fatto che si credano uomini di mondo, specialmente quando parlano di vita sentimentale. Ma la cosa che detesto di più è che fino a qualche mese fa la pensavo esattamente come loro, parlavo come loro e agivo come loro, in funzione di quello che avrebbero detto o anche solo pensato.
Quel “loro” era un “noi”.
Ogni giorno ci penso, ogni giorno almeno una volta prendo in mano la busta chiusa, me la rigiro
Avevo finito il mio percorso scolastico, a dire la verità nemmeno tanto brillantemente, con l’esame di qualifica professionale al Comandini, preso in quattro anni anzichè tre, nell’estate del millenovecentonovantasei.
Avevo finalmente salutato quel posto dove mi sembrava di soffocare, specialmente nelle ultime settimane della terza.
Dopo l’estate passata a fare il boccia in spiaggia, dopo le continue insistenze di mia madre, avevo iniziato pure la quarta che «Meglio la maturità professionale che una qualifica di tre anni» ma a dicembre avevo mollato.
«Ma’, mi sono rotto le palle della scuola» avevo detto.
«Allora trovati un lavoro» aveva risposto, ma l’avevo presa un po’ sottogamba.
Le mie giornate avevano iniziato a passare un po' pigre ma non erano male.
Facevo lunghe dormite che prima mi erano concesse solo la domenica causa levatacce per andare a scuola o in spiaggia. Passavo sere e notti in giro con gli amici o anche solo al bar a giocare a biliardo, commentando le tipe che ci ronzavano intorno, immaginandole ripetere le cose che vedevamo sulle cassette porno che ci passavamo in amicizia.
Era figo anche se era inverno, stagione pessima per avere tempo libero in una località di mare.
Eppure non chiedevo di meglio.
Sì è vero, cercavo un lavoro, sulla carta, ma almeno all'inizio non era una cosa cosi assillante.
I miei mi guardavano storto ma succedeva da sempre: non ero mai stato un drago a scuola e non ero mai stato un figlio modello.
E poi era arrivata l’estate del millenovecentonovantasette: tutti ballavano Bailando dei Paradisio e io ero tornato a lavorare in spiaggia, ma ero meno scemo dell’anno prima, e avevo imparato mille trucchi per farne meno. Mi gustavo un po’ di più l’estate, in fondo la parte del bagnino che sgobba sarebbe toccata al nuovo, che aveva quindici anni e si faceva nonnizzare senza batter ciglio.
E avevo conosciuto Margot. Pensavo fosse solo una cosa estiva, lo ammetto, ma era rimasta con me, anche quando i ritmi e gli spazi estivi erano scomparsi per lasciare posto alle mattine in cui lei era a scuola e i pomeriggi in cui studiava.
Era una storia diversa, eppure eravamo noi due.
Ed era un gran casino.
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