~𝑀𝑎𝑟𝑔𝑜𝑡.~
Maggio 1998.
Sono passati un po' di giorni da quando ho avuto quella discussione così seria con Sofia e Daniela.
L'unica che mi è rimasta accanto in questo periodo è Anna, anche se immersa nei suoi problemi con l'inaspettata gravidanze che ha deciso davvero di portare a termine.
Lo trovo talmente strano che una ragazza come lei decida questo passo.
E ancora più strano, Filippo ne è estremamente felice.
Nell'ultimo paio di giorni ho avuto modo di conoscere meglio Filo che, con mia grande sorpresa, si è rivelato tutt'altro che un bambinuccio idiota.
È un ragazzo strano, anche solo per il fatto che, alla notizia della gravidanza, non sia scappato a gambe levate.
Mi ha persino illuminato su quello che è il cerchio di amicizie di Riccardo, e nonostante non mi aspettassi niente di meglio, sono rimasta scioccata da quello che ho sentito, da quello che nel tempo hanno detto e fatto, senza che nessuno sia stato in grado di dir loro quanto fuori strada fossero.
Ma giusto, chi sono io per dire cosa è giusto o non giusto fare?
Riccardo ha appena fatto l'ennesima cazzata, l'ennesimo tradimento, l'ennesimo tutto.
E sono davvero così stanca di sopportare ogni sua idiozia a piede libero, ogni sua scenetta di pentimento che, dopo pochi giorni, scivola verso il fastidio come se fosse lui la vittima nella nostra storia, tutte le volte che lo rivedo e, nei primi momenti, vengo colta dalla preoccupazione che abbia combinato qualcosa.
Okay, lo ammetto, non sono facile da gestire e ne sono pienamente consapevole.
Ma davvero merito un tale trattamento solo perché sono una persona più fragile del normale?
Eppure non basta neanche questo per farmi dare il colpo di grazia decisivo nonostante tutto questo mi faccia veramente sentire male.
C'è qualcosa che mi tiene ancorata a questa situazione che profuma di ridicolo con aroma tragico, ma non so cosa.
Non so se si possa definire amore, perché l'amore tira fuori il meglio di ogni persona, mentre Riccardo non fa altro che tirare fuori il peggio di me ultimamente.
Sono andata da lui, con la morte nel cuore, e me ne sono presa cura, nonostante sapessi che fino a qualche ora prima sarebbe andato a letto con quella tizia da quattro soldi se non avesse preso un enorme palo.
«Io so che tante cose non vanno tra noi. Ma io non ce la faccio a stare senza di te. E so che in fondo anche tu» gli ho detto.
E ne sono fermamente convinta, continua a non dirlo ma alla fine quando tutti gli voltano le spalle torna da me.
Forse lo fa perché sono l'unica che nonostante tutto rimane qua, ma sono convinta che io sia il suo posto sicuro come lui è il mio, anche se lui proprio non riesce a convincersene.
E io ogni giorno devo fare più fatica per tenere ben centrale nella mia mente questa cosa.
Se va avanti così, non resisterò, la disillusione vincerà.
Sarà troppo tardi.
«Occhioni stanchi.» mi sorride Anna, accoccolata a Filippo.
Stiamo “studiando” a casa di Filo, perchè Anna non riesce proprio a farlo in nessun altro posto.
Li guardo e mi detesto per il sentimento che provo.
È invidia.
Sento tanta invidia in questo momento.
«La gravidanza ti dona, sei più radiosa» le dico sorridendo debolmente.
Non voglio essere invidiosa ma non mi riesce non esserlo almeno un po’.
«Sorrido ora, che fra sette mesi sarò impastata da pannolini, pappine, vitamine e notti insonni. Oddio Margot, ma ci credi? Io mamma.»
Chi mai avrebbe scommesso che proprio lei sarebbe diventata mamma prima di tutte? A diciassette anni è una grande responsabilità quella che si prende, forse persino troppo grande, ma so anche le sue motivazioni.
Anna vuole dimostrare una volta di più ai suoi genitori che lei è in grado di fare tutto e bene, compreso allevare un bambino.
E memore di come sia sempre stata la figlia di Serie B, in quanto femmina, vuole dimostrare di essere in grado di essere un genitore migliore di quelli che ha.
E poi continua a dire che un figlio migliora la vita, e io ammiro il suo coraggio, ammiro anche la determinazione di Filo nel promettere di non far mancare niente né a lei né al bambino.
E, invidio i genitori di lui, che l'hanno appoggiato nella sua scelta e le hanno assicurato aiuto.
I miei, sicuramente, avrebbero fatto come i genitori di Anna: poca comprensione, molte critiche.
Suo fratello ha persino avuto la faccia tosta di cercare Filippo per convincerlo a desistere dall’idea di portare a termine la gravidanza.
«Detesto vederti così, lo sai?» mi dice poi, spostandosi leggermente dal suo lui.
«Sto bene, Anna.»
«Non stai bene piccola, non lo stai affatto.»
«Mi pesa dirlo, perché lo considero un mio amico da sempre. Ma Riccardo è una testa di cazzo» sputa Filippo, con urgenza, come se dicesse qualcosa che si teneva dentro da un pezzo. «È un coglione che non sa riconoscere quando gli capita qualcosa di bello fin quando non lo perde. E si meriterebbe di perderti Margot, fammi essere onesto».
Si meriterebbe di perdermi.
Mi sfioro il braccio, tirando un po' giù la manica fino a farla combaciare con le dita.
La sera dell'accaduto, dopo essere stata da Riccardo, sono tornata a casa distrutta.
Avevo appena visto il mio ragazzo tradirmi per l'ennesima volta ed ero andata da lui con l'intenzione di lasciarlo.
Ma quel momento così intimo tra noi, in cui avevo abbracciato quel corpo ferito, bisognoso, mi aveva portato a dirgli l’ennesima volta che senza di lui non potevo vivere.
Mi sono guardata allo specchio, più e più volte e mi sono chiesta se questo fosse il piano di Dio per me.
Mi sono chiesta se era davvero così che doveva essere la mia vita, fra l'eterna desolazione e il ripudio che avevo verso me stessa, fra il bordo di un precipizio e la corda che piano piano si lacerava fino a non sorreggermi più.
E se davvero era questo il piano di Dio, me lo meritavo.
Se ti capitano solo cose brutte, forse sono queste che meriti, no?
Ero veramente preda di una desolazione infinita.
Mi sentivo completamente sola, completamente spersa.
Per la prima volta mi sono chiesta se fosse quella la sensazione che si prova quando è tutto troppo.
Per la prima volta, mi sono domandata se annullarsi, sparire, potesse essere una valida via di fuga a questa vita così complicata che non mi voleva lasciare in pace.
Sono andata in bagno, avvolta da un senso di impotenza, ho aperto lo sportello del mobile sopra il lavandino e ho preso il ricambio della lametta da barba di mio padre.
Le incisioni devono essere fatte in un certo modo per renderle letali, altrimenti è solo dolore.
Sono stata una manciata di minuti ad alternare lo sguardo fra la lametta, le vene che si intravedono sotto la pelle del mio avambraccio e il mio riflesso avvolto nello specchio.
Mi vedevo spenta, inutile, priva di anima.
E a cosa serve una ragazza priva di anima?
Prima che potessi metabolizzare cosa stessi facendo, il freddo del metallo della lametta si era appoggiato sul mio braccio.
Non sentivo dolore.
Non sentivo pensieri.
Non sentivo niente.
«Oi, tutto bene?» mi riporta alla realtà An.
«Mh? Sì, tutto bene» rispondo distrattamente.
«Siamo sicuri che sia una buona idea andare in pizzeria stasera? Voglio dire ragazze, Riccardo è piuttosto fumino, potrebbe incazzarsi.» Filippo continua la discussione.
Sì, non è fra le mie idee migliori andare nei luoghi dove lavora Ricky per "tenerlo d'occhio" ma vorrei che la gente si mettesse nei miei panni: lui non ha fatto altro che tradirmi da quando stiamo insieme e adesso voglio vedere come si comporta di fronte a questa situazione.
Probabilmente vedermi là, potrebbe creargli fastidio, ma ormai anche se fosse così, sono piuttosto abituata ai suoi continui scatti.
Non mi fanno più effetto.
Credo.
*****
L'orologio segna le otto e tre quarti, siamo arrivati da poco in pizzeria e ci hanno appena piazzato ad un tavolo in fondo al locale, ben nascosto e in disparte.
Il mio sguardo fissa ogni cameriere che entra e esce dalla cucina. Uno ad uno, osservo imperterrita nella speranza di veder fuoriuscire un paio di occhi scuri che forse, non saranno felici di incrociare i miei chiari.
Respiro in maniera pesante e Anna se ne accorge.
«È qui Margot. Dai, starà soltanto occupandosi di qualcosa lì dentro ma è qui.» Cerca di rassicurarmi ma fallisce.
Sorseggio del vino rosso diluito con un goccio d'acqua.
Tamburello i piedi velocemente per terra. Filippo ha uno sguardo teso che non mi piace.
Deglutisco più volte.
Chiudo gli occhi un solo istante. Li riapro e poi, lui.
Riccardo.
Il mio cuore fa un tuffo, si alleggerisce o forse appesantisce.
Non riesco a decifrarlo.
Sento solo che accelera, e accelera e accelera.
Finché non si volta e incrociamo lo sguardo.
Sorrido di sbieco, mentre lui continua a guardarmi fermo con gli occhi spalancati.
Una ragazza dalle lunghe ciocche bionde esce dal bagno poco dopo di lui, si avvicina furtiva e gli lascia un bacio a fior di labbra dicendo qualcosa.
Ricky si sposta senza pensarci un secondo e posa nuovamente il suo sguardo su di me.
Il mio tenue sorriso si trasforma in uno sguardo disperato, scuoto la testa e, buttando il tovagliolo sul tavolo, che posava sulle mie gambe, mimo un "porca puttana, Riccardo."
Mi alzo e mi dirigo all'uscita.
Ricky fa una cosa che non mi aspetto.
Mi segue.
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