~𝑀𝑎𝑟𝑔𝑜𝑡.~

Ottobre 1997.

Spesso mi fermo a pensare alla bellezza delle farfalle.

Sono creature belle, così leggiadre ed eleganti, eppure spesso la loro vita non dura più di poche ore. Il processo per loro è molto più lungo di questo, subiscono una lunga serie di metamorfosi partendo dall'uovo, e quando sbocciano in questa fantastica creatura, durano poco. 

È tremendamente triste.

Nonostante questo, spesso penso che mi piacerebbe essere una farfalla.

Sono sdraiata sul mio letto, tengo Riccardo sopra di me che, appoggiatosi al mio petto, sta dormendo beatamente. Guardo una delle ultime farfalle che vola appena fuori dalla finestra.

Sta arrivando la stagione fredda.

Sfioro la gota del mio ragazzo: la sua pelle è calda e morbida. Gli accarezzo i folti capelli pece e giocherello con qualche ciocca.

Da quando la scuola è iniziata, un mese fa, i momenti come questi sono ancora più ridotti. Io sono spesso presa dallo studio, lui è sempre con gli amici. Sono due aspetti che ci mettono un po’ di malumore: so che lui vorrebbe dedicassi meno tempo ai libri, così come lui sa che io vorrei dedicasse meno tempo agli amici. Il risultato è che non ci dedichiamo quello che secondo me sarebbe il tempo che meritiamo.

Ma l'estate è ormai finita da tempo e lui è ancora qua con me. Questo mi rassicura. E non poco.

Gli bacio la fronte quando noto che si muove piano, in procinto di risveglio.

Apre i suoi meravigliosi occhi scuri che si incontrano immediatamente con i miei. Restiamo a fissarci per una frazione di tempo, perché poi Riki si alza e ribalta la situazione, mettendomi sotto di lui.

«Bimba.» mi sorride facendo sfiorare i nostri nasi.

Sorrido anche io a mia volta, finendo per baciargli più volte le labbra a stampo. Sono questi momenti teneri che fanno del nostro rapporto qualcosa di magico, per me. Ma sono fermamente convinta che lo sia anche per lui. I suoi gesti, in questi momenti, sono profondamente naturali, come un delfino che nuota in mare aperto. Non è uno di quei ragazzi che finge, pur di tenersi vicino qualcuna.

Il suo orologio da polso, salito sull’avambraccio durante il sonno, gli scivola di colpo verso la mano. Con gesto automatico getta lo sguardo all’ora, e la sua faccia si incupisce. Si tira su da me e si mette in piedi.

«Accidenti, devo andare.»

Lo guardo sbalordita.

«Ma come devi andare?»

Il suo sguardo si fa confuso. Aggrotta le sopracciglia e scuote la testa accennando un sorriso, che balla tra il triste e il sarcastico.

«Sì. A calcetto» dice, quasi come a vergognarsene, poi aggiunge, più secco «È forse un problema?»

Mi alzo a mia volta, incrociando le braccia al petto e puntandomi davanti a lui.

«Se è un problema? Sì, Riccardo, è decisamente un problema.» 

Quasi stupito dalla mia risposta, si volta completamente verso di me.

«Come prego?»

«Quando il calcetto, quando il bar, quando gli amici, dimmi Riccardo io e te stiamo insieme per cosa? Tanto per andare a dire alla gente che stai con qualcuno?»

«Ma che cazzo dici Margot?» mi risponde, con uno sguardo che si fa più duro.  

Una punta di delusione si fa strada in lui che continua a fissarmi come se stessi dicendo le cose più assurde del mondo. Ma non demordo dalla mia posizione, rigida mantengo ben saldo il mio pensiero e non sarà di certo stavolta che mi metterò a tacere.

Prendo coraggio e sostengo la discussione. Pensare di vederlo andare via mi fa dolere il cuore e mi spinge, come un animale ferito, a lottare.

«Dico che io e te sembriamo amici che si danno baci a scappa tempo di tanto in tanto. Non stiamo mai insieme, assolutamente mai, io voglio stare più tempo con te.»

«Eccola che ricomincia. E tu che perdi mille ore a scuola e sui libri allora? Che mi dici di questo.»

«Ricca, ma veramente metti sullo stesso piano stare in giro con gli amici e studiare? Non è possibile! non è possibile stare in una storia dove ci si vede una volta ogni chissà quanto e anche per poco tempo.»

Sbuffa alzando le braccia al cielo.

«Lasciami allora.»

Lasciami allora.

Il mio cuore smette di battere. Il volto cambia espressione e il respiro comincia a prendere vita propria.

Ammorbidisco il tono. Non era questo il mio scopo. Non voglio perderlo.

«Non… non dicevo questo...»

«Ah no Margot? Perché ti lamenti così tanto che forse dovremmo lasciarci. O magari lasci quella cazzo di scuola che non ti servirà a niente nella vita, e allora di tempo per me ne avrai anche troppo.» 

«Il tempo per stare insieme lo avremmo se tu non scappassi altrove ogni volta.»

Passa una mano fra i suoi capelli, per poi sorridere nuovamente. Non un sorriso felice, tutt'altro, sembra piuttosto nervoso.

«Margot mi hai rotto i coglioni, sei così assillante ultimamente, ma che vuoi che smetta di avere gli amici per stare appresso a te che ti ammazzi sui libri per avere mezzo voto in più? Cresci un po' e smetti di fare la bambina, e che cazzo.»

Vorrei replicare ma le parole non mi escono dalla bocca. La sua fiammata mi ha spezzato.

Sento le gambe cominciare a cedere, per l'ennesima volta. Sono così vicina all’avere una crisi che niente di quello che mi passa per la mente ha senso.

Le lacrime cominciano a prendere il sopravvento mentre inspiro ed espiro all'impazzata. Il cuore pulsa in una maniera così sconnessa che ho la sensazione di avere un infarto.

Senti che l'ossigeno non arriva più da tutte le parti, sei come sott'acqua, devi trattenere il respiro per cercare di sopravvivere. E non sempre, sopravvivi.

«Margot che succede?» mi chiede quasi spaventato.

Mi siedo sul letto, porto una mano sul petto e la muovo a ritmo del respiro irregolare.

«Oh Margot, così vai in iperventilazione.» Si avvicina a me e mi prende la mano che fino a poco prima tenevo sul cuore. «Andiamo dai, non fare così ti prego.»

Urlo. Esasperata, distrutta, stanca.

Riccardo mi prende la testa e la poggia sulla sua spalla, passando più volte la sua mano sulla mia chioma liscia.

«Va tutto bene, respira. Naso-bocca, più volte.» 

Faccio ciò che mi dice, ma non riesco a calmarmi.

Così forte non mi era mai presa.

«Ti prego.» Lo supplico. «Ti prego non lasciarmi...io, io non mi lamenterò più.» Singhiozzo all'impazzata. «Non dirò più niente, te lo giuro ma ti prego Riccardo, ti prego, non lasciarmi.»

Lo sguardo di Riccardo si fa preoccupato, quasi disperato quanto il mio.

«Calma Margot.» Mi stringe forte. «Non ti lascio, ora basta.»

Il mio orecchio posa sul suo cuore, percepisco il suo battito, è accelerato ma sano. Mi tranquillizzo, mi riassesto. Lentamente, ma ce la faccio.

Alzo il volto incrociando i suoi occhi, me lo prende fra le mani e mi lascia un dolce bacio a stampo.

«Ti amo Riccardo.» 

Sgrana gli occhi tenendoli incastrati ai miei. Deglutisce e torna a baciarmi, con passione. Molta passione.

Sposto le mie mani sul suo volto, ne infilo una fra i capelli e approfondisco il bacio. Mi avvicino sempre di più, facendo combaciare i nostri corpi. Gemo, non appena si sposta sul mio collo, lasciando umidi e teneri baci. Inizio a muovermi lentamente contro il suo bacino.

«Margot non devi se-» lo zittisco prima che possa terminare la frase. 

«Lo voglio.» lo rassicuro.

Non so spiegare quel che provo, ma sento che adesso è il momento giusto. Ho la testa così confusa, piena di pensieri, e poi...fare l'amore adesso con lui, lo farà restare da me.

Sorride, io con lui.

Mi alza dolcemente la maglietta color perla, lasciandomi solo col reggiseno. Bacia il collo, scende, sempre di più fino ad arrivare al bacino.

Ci stacchiamo solo il tempo in cui si toglie a sua volta la maglietta. Poi torna a baciarmi con foga, fino ad abbassarmi i jeans a vita bassa, mentre le sue dita mi scorrono sui fianchi.

Guardo in basso, studiando quel che fa. Mi guarda, con due dita mi alza il volto e coccola la guancia.

«Lo vuoi? Sei sicura?» mi chiede, come a confermare che non ho cambiato idea.

«S-sicura.» balbetto, un po' per l'ansia, un po' per la situazione e l'imbarazzo.

Dio, quanto è diverso adesso dal ragazzo duro che mi attaccava qualche minuto fa per il fatto che passo troppo tempo a studiare.

I suoi baci non smettono mai, così come le sue carezze, e nemmeno so come sia possibile che ci ritroviamo entrambi spogliati di ogni indumento, l'uno attaccato all'altra.

I nostri respiri uniti, che vanno a tempo dei gemiti smorzati a fatica.

Ansimo piano, affondando una mano sulla sua schiena mentre lui inizia a toccarmi dove sento maggior calore.

Mi spingo, forse goffamente, verso la sua mano, per un attimo provo il dolore di chi fa le cose troppo in fretta.

Torno a tranquillizzarmi, mentre lo bacio sul collo scacciando quel momento di bruciore, mentre lui riprende a stimolarmi.

Delicatamente, sposta la mano ed entra unendosi a me, rendendomi sua a tutti gli effetti. Qualche lieve spinta mi provoca ancora un vago dolore, ma questo si mischia al piacere che ormai sento invadermi. Strizzo un po' gli occhi continuando a respirare a fatica.

«Ti faccio male?» domanda con voce roca.

Scuoto la testa. Lo incito a continuare.

Porto adesso entrambe le mani sulla sua schiena, spingendolo con cautela su di me. Il dolore è solo un ricordo, ora dentro di me è solo un grande e splendido godimento.

Accelera, ma stando ben attento a ciò che fa, a non recarmi male, a farci stare bene entrambi. Il suo corpo così grande, si flette e si muove per mandare in estasi anche il mio, così ogni secondo che passa.

Tocco l'apice del piacere, lui mi segue poco dopo, come se si fosse trattenuto in mia attesa. Ci guardiamo negli occhi e un dolce bacio a stampo mi regala sulle labbra.

Come mia prima volta, non potevo chiedere di meglio.

«Ti amo Riccardo, davvero tanto.»

In questo momento, l'unica cosa che voglio sentirmi dire, è che prova lo stesso per me.

Ma per qualche motivo, mi stringe e mi bacia solo la tempia.

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