~𝑀𝑎𝑟𝑔𝑜𝑡.~
Settembre 1997.
Ormai dovremmo essere una coppia fissa io e Riccardo.
Mi trovo bene con Riki, è un ragazzo che rispetta molto i miei tempi, ed è l'unico che riesce a placare la mia costante ansia.
Mi capisce, come nessuno ha mai fatto in diciassette anni di vita.
Mi sento protetta fra le sue braccia e non c'è sensazione migliore che sentirsi protetti fra le braccia di qualcuno. Adoro girare insieme a lui mano per la mano, anche se tutti i nostri amici non sembrano particolarmente entusiasti della cosa.
Ma poco ci importa.
Amo passare il mio tempo con lui. Se solo ne passassimo di più...
«Ei, senti Ric, ti va di andare a mangiare fuori stasera?» chiedo sedendomi fra le sue ginocchia.
Mi lascia umidi baci sul collo. Gemo piano e lui sale fino a fior di labbra.
Una volta raggiunte, il bacio si fa più intenso e passionale mentre una mano furtiva carezza la mia gamba destra salendo piano piano.
Sospiro rumorosamente. Gli coccolo i capelli e lo fermo.
«Riki dico davvero, ti va di uscire?».
Lui sembra tentennare un attimo.
«Bimba, devo vedere Gianca', Nico e Filo.»
Sbuffo.
«È tutta la settimana che provo a uscire con te.»
«Ho avuto da fare. Tranquilla avremo tempo.»
Riprende a baciarmi con più foga. Sposta i miei capelli di lato e si concentra di nuovo sul collo lasciandomi piccoli piacevoli segni violacei.
Lo sposto di nuovo, alzandomi definitivamente.
«Dai, rimanda con loro e resta con me.» quasi imploro.
«Maddai bimba, come faccio a dire di no adesso su, non fare i capricci.»
«I capricci? È tutta la settimana che io-»
«Ho capito.» Si alza, prende il suo giubbotto nero di pelle e si avvicina alla porta.
«No, ehi» lo afferro per la manica «ti prego.»
«Non mi va di litigare, Margot» mi dice, tenendosi le tempie.
«Non litighiamo infatti, promesso. Ma non andare via prima del previsto ti prego, scusami se ti ho infastidito.»
Sbuffa levandosi la giacca.
«Ma che fai? Piangi?» domanda notando i miei occhi arrossati con lievi luccichii. «No Margot, dai.»
Mi abbraccia stringendomi forte, asciuga la mia lacrime e mi coccola.
Come detto, mi trovo bene con lui ma molto spesso, negli ultimi giorni, ho la sensazione che preferisca passare il suo tempo a zonzo con gli amici piuttosto che stare con me.
Spesso vengo travolta dall'idea che la nostra storia sia seria solo per me, che sia solo io a essermi cotta fino al midollo di lui e che da parte sua ci sia l’impressione che la nostra sia solo una piccola e frivola avventura.
Mi spezza in due questo pensiero, vorrei tanto affrontare l'argomento e chiedergli se effettivamente per lui siamo una cosa che può funzionare a lungo termine, ma la sua risposta potrebbe definitivamente disarmarmi.
Allora, preferisco tacere.
Riccardo è indispensabile ormai per me, potrei fare qualsiasi cosa per tenerlo nella mia vita. E se questo vuol dire accettare il fatto di non essere il suo primo pensiero, che così sia.
Accoccolata a lui sospiro più volte, pregando che il momento nel quale andrà via non arrivi.
Ma proprio in quell'istante, si stacca da me, posandomi un bacio sulla guancia veloce.
Il tempo è passato troppo in fretta.
«Ci vediamo domani okay? Puoi resistere un po' di tempo senza di me.»
«Preferirei stare di più con te, però.»
Infila di nuovo il suo giubbotto. Si avvicina a me massaggiandomi le spalle.
«Lo sai com'è, quei tre coglioni non hanno una vita e se non gli sbatto un po' in faccia la mia, moriranno senza un briciolo di fantasia. Sai come funziona, bimba.»
Sospiro.
Annuisco.
«Ti prego, domani torna però.»
Apre la porta.
«Ah ah, a domani Margot.»
Esce definitivamente.
Mi lascio cadere a terra e lacrime pesanti bruciano sul mio viso.
L'idea di non essere il primo pensiero di Riccardo ancora una volta mi devasta, anche se l'accetto, credo che potrei senza problemi innamorarmi di lui, ma ho paura che finiremo per distruggerci a vicenda.
E forse sono solo sciocche paranoie, ma se c'è una sola cosa che desidero con tutta me stessa adesso è vedere quei due occhi scuri che tornano da me dicendomi che, alla fine, sarebbe rimasto.
Aspetto a lungo seduta davanti alla porta della mia camera: niente. Non succede niente.
Non torna.
Mando giù la saliva, così dolorosa che sembra veleno.
Un barlume di speranza si accende in me quando alla porta delicatamente sento bussare.
Mi alzo immediatamente e apro la porta, mentre il cuore vacilla tra un sentimento di pura emozione e tremenda speranza.
«Chi era quel ragazzo che è uscito dalla tua camera?» chiede mia madre, con un certo disappunto.
Ecco.
«Ciao mamma, sto bene grazie e tu?»
«Signorina, non avevamo detto che se portavi ragazzi a casa dovevi almeno avere la decenza di dirmelo?»
«Oh scusa, non pensavo che ti saresti accorta della mia esistenza data la tua costante assenza in casa. Sai com'è.» ripeto ironica, ricevendo una ramanzina.
«Ragazzina, modera i toni. Lavoro anche per sfamare te qua dentro.» guarda la mia camera. «Almeno cambia le lenzuola, sii per lo meno igienica.»
«Ma che diavolo mamma, falla finita, non abbiamo fatto niente.» Mi butto sul letto facendo finta di riprendere a leggere un libro, che per la cronaca, non avevo neanche iniziato.
«E chi sarebbe questo bel giovine?»
«È il mio ragazzo.» Giro pagina. «Lo sapresti se mi considerassi un briciolo di più.» chiudo il libro e sospiro alzando gli occhi al cielo. «Scusa mamma.»
«Fa attenzione.» mi dice, come ultima cosa, prima di chiudere la porta e lasciarmi da sola.
Di nuovo da sola.
Mi guardo un po' intorno, come se fossi in una camera sconosciuta.
Forse per combattere la noia, forse per annientare la malinconia.
Forse solo per riflettere.
Penso di esser impazzita per tenere così tanto ad una storia iniziata da così poco, potrebbe finire da un momento all'altro e questo dovrei tenerlo in conto.
È che un ragazzo come Riccardo non lo si trova facilmente, non pensa solo al sesso, alla posizione più strana da provare, al calcio e a bere alcolici tutta la notte.
In questi giorni penso di aver visto un Riccardo fatto così. Certo, ha molti difetti, e forse fra questi uno è proprio il modo che ha di rapportarsi con i suoi amici, e di conseguenza con me.
Ma i suoi difetti non mi turbano, tutt'altro, io apprezzo ogni singola sfaccettatura del suo carattere perché è questo, che lo rende Riccardo. Il bel bagnino dagli occhi nocciola penetrante e i capelli neri come la pece.
A volte mi lascio vincere dallo sconforto pensando di non sapere veramente del tutto cosa gli passa per la testa. Vorrei così tanto sapere cosa pensa di me nel suo profondo, se parla di me ai suoi amici, come sono ai suoi occhi.
I miei, invece, adesso sono pieni di lacrime.
Arrossati e soprattutto stanchi.
Sarà il sonno.
Mi gratto ripetutamente i polsi, mentre le gambe iniziano a tremare da sole.
Sento un lieve dolore allo stomaco prendere il sopravvento, deglutisco ancora, sembra sempre veleno.
Il cuore batte, batte, batte. Irregolare. Illegittimo. Incalzante.
Un'oppressione di angoscia mi divora la mente, l'encefalo cerca di fuggire in mezzo a un mucchio di pensieri raggianti mentre combatte contro un turbinio di emozioni distruttive.
Batto i pugni sul letto urlando silenziosamente, lancio il cuscino alla porta.
Mossa stupida.
Mi alzo per andarlo a recuperare, ma le gambe cedono, cado a terra.
Mi sento sfinita da me stessa.
La gambe, infine, le porto al petto, circondo la mia testa con le mani e lascio sfogare finalmente un pianto liberatorio, straziante, disperato...
Ci risiamo.
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