Prologo
Usare ed essere usati, è un gioco abbastanza crudele, andava bene all’inizio, poi semplicemente ha iniziato a far male: prima come una scottatura, poi come una lama al centro del petto. Non sarei mai stata l'unica per lui e lui non lo sarebbe stato per me, almeno cosi credevo. Andava bene all'inizio, mi bastava non crogiolarmi nella solitudine notturna di un letto troppo grande per una sola persona, troppo grande per me; invece ora mi sono ritrovata a non saper passare nemmeno una notte senza di lui.
E così, ora, quasi fosse naturale, dorme nel mio letto, con le lenzuola a circondargli il bacino lasciandolo col busto scoperto, la mascella serrata, i capelli leggermente lunghi e totalmente spettinati sparsi sul cuscino. Potrei descrivere ogni centimetro del suo corpo ad occhi chiusi, descriverne l'odore quasi fosse l'essenza stessa dell'aria che respiro, ormai è un'abitudine. È diventato così naturale averlo qui, far sì che la notte non sia più cosi silenziosa, che i muri di questa stanza non siano più cosi opprimenti. "Mi fisserai ancora per molto?" borbotta mettendo una mano sulla mia coscia.
"Non ti stavo fissando, stavo pensando, la mia attenzione era altrove." rispondo mordendo leggermente l'interno della guancia.
"Quindi non sono oggetto della tua attenzione, piccola?" stringe maggiormente la presa sulla coscia. "Dovrò rimediare in qualche modo, che dici?"
"Forse..." lo guardo, incrocio il suo sguardo per un paio di secondi, il tanto necessario per perdermi nel grigio scuro dei suoi occhi.
"Lascia che io mi prenda cura di te." sfiora le mie labbra mentre sussurra.
"Connor..." gli lascio lo spazio per potersi mettere tra le mie gambe, mentre gli accarezzo i capelli.
"Piccola, piccola e innocente Evelyn, se gli altri potessero sapere quanto in verità non sei candida..." mi avvicina a sé velocemente e come ogni altra volta riesce a far sì che il mio mondo abbia un inizio e una fine in lui.
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