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Sono passati due mesi dall'ultima volta, sono cambiate così tante cose: in parte me lo aspettavo, in parte è stato come un'onda anomala che mi ha investita. Ora le nostre vite sembrano non essersi nemmeno mai incrociate, dovrebbe essere un bene no? Dovrebbe essere un motivo in più per lasciare tutto alle spalle e cercare di dare priorità a chi davvero ci tiene a me. Gli ho permesso di infiltrarsi tra i miei mostri, gli ho lasciato prendere il posto dei miei farmaci e adesso non so più nemmeno cosa mi abbia spinta a fidarmi di lui. È cambiato, lo noto; io invece, ho fatto troppi passi indietro e ora non so più nemmeno cosa mi stia tenendo in piedi. Kevin mi aiuta, sta spesso al telefono con me, se riesce viene a trovarmi e mi costringe a fare lunghe camminate, per poi portarmi a mangiare una pizza, anche se sa perfettamente che non riesco a mangiarne più di una fetta. Hailey mi sta vicina e inizio a temere di venir guardata nuovamente come si guarda una malata. Poi la notte arriva e tornano i miei incubi, sempre più opprimenti.
"Mi dica signorina, cosa la sta preoccupando." mi guarda, seduto nella sua poltrona color sabbia sbiadita.
"Sogno tutte le notti la stessa scena, sento quasi il dolore, come se fosse reale." mi asciugo le guance velocemente. "Mi sento vuota."
"C'è altro signorina?" si sistema gli occhialini fin troppo piccoli per il suo viso paffuto. Henrick Sala, è il neuro-psichiatra che mi aveva seguita subito dopo la dimissione dall'ospedale quando avevo avuto l'incidente, fino a quando mi sono trasferita; ora mio padre, in comune accordo con mia madre, lo aveva ricontattato chiedendogli di riprendermi come sua paziente.
Mi trema il labbro, ma resto in silenzio, non voglio ammettere a voce alta ciò che ha peggiorato la situazione.
"Signorina Evelyn, la prego, ormai non crede che sappia perfettamente quando cerca di mentire oppure omettere alcune cose?" il suo viso tondo si ammorbidisce e la sua espressione accigliata svanisce lasciando posto ad un'altra, bonaria. "Sono qui per aiutarla, non ho altre priorità oltre questo."
Così, per la prima volta, dopo due mesi, parlo di lui, non è mai stato così difficile pronunciare il suo nome, così difficile ammettere che ora con quell'altra era diverso. Fa male confessare che a lei riservava il trattamento che io tanto desideravo, che con lei non aveva alcun problema a farsi vedere mano nella mano fuori casa... fa male non saper accettare che con lei, Connor sorrideva come in quelle foto che teneva appese nel muro accanto all'ingresso di casa sua, mentre con me non faceva altro che limitarsi ad avere una 'frequentazione notturna'. Lo sapevo no? Io sapevo che non sarei stata l'unica, ma dannazione ci speravo; io ci speravo.
"Signorina, vuole un consiglio per niente professionale?"
Annuisco tirando su col naso.
"Vada avanti Evelyn, probabilmente ora le sembrerà di annegare in questa situazione e sprofondare nel dolore, ma si guardi attorno." fa dei cenni con le mani mimando il mondo. "Siamo su per giù otto miliardi di persone, in questo mondo, non crede che tra i restanti sette miliardi e novecentonovantanove mila, ci possa essere qualcuno davvero disposto a vivere la propria vita con lei?"
"Mh." mormoro.
"Ascolti, ormai ho una certa età e si nota." sdrammatizza. "Ma alla sua età ero innamorato perdutamente di una ragazza che di me non voleva saperne nulla, anzi, se ne aveva l'occasione tentava di scoraggiarmi anche nei modi più plateali. Eppure, un giorno, quando meno me lo aspettavo, incontrai quella che poi è divenuta la mia attuale moglie." sorride. "Questo per dirle che presto o tardi, il dolore che le causa il sentimento che prova ora per quel ragazzo, passerà e verrà rimpiazzato da un altro sentimento, probabilmente più forte." sorride di nuovo. "Glielo dico come se fosse mia nipote."
L'osservo senza dire nulla e mi limito ad annuire, nel mentre mi asciugo le lacrime. Dopo minuti interminabili, sospiro e lo ringrazio.
"Signorina, prenda in mano la sua vita, ha solo ventitré anni, non lasci che siano le medicine a mandarla avanti." si sporge verso di me, mettendo i gomiti sulle sue ginocchia incrociando poi le sue dita con estrema lentezza.
"Ci proverò."
"Continui con la cura che le ho prescritto, ma cerchi dei motivi per andare avanti da sola. Amici, famiglia, passioni." sorride. "Se si aggrapperà a queste cose, vedrà che pian piano ne uscirà." sorride comprensivo. "Io credo in lei."
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"Beh, com'è andata?" mia madre è restata ad aspettarmi fuori dal centro, le si leggeva in faccia la preoccupazione.
"Come sempre." faccio spallucce, poi abbasso lo sguardo. "Mamma, grazie per avermi accompagnata e aspettata." faccio un sorriso tirato.
"Sh" mi accarezza una guancia "una madre per una figlia fa questo e tanto altro." sorride, ma è uno di quei sorrisi di circostanza che si riconoscono da miglia e miglia di distanza.
Camminiamo una a fianco all'altra per la città, ogni tanto mia madre prova a fare qualche battuta per farmi ridere. "Che ne dici se questa sera andiamo alla festa che hanno organizzato in piazza?" propone dopo diversi minuti di silenzio. "Per l'occasione ci saranno anche tuo padre e Cameron, Ashley non riesce ad esserci purtroppo."
"D'accordo." rispondo restando per le mie, ho troppi pensieri che mi passano per la testa soprattutto riguardanti gli ultimi consigli del dottore.
"Potresti chiedere anche al tuo amico di venire con noi, che dici?" domanda e la guardo leggermente stralunata.
"Kevin?"
"Si, sembra un bravo ragazzo e poi viene a trovarti sempre più spesso ormai, non è che mi stai nascondendo il fatto che magari state insieme?" alza un sopracciglio con fare indagatorio.
"No mamma, non sto pensando ad avere una relazione per il momento, siamo solo amici." rispondo velocemente. Non che stare con Kevin mi spiaccia, ma la mia testa va ancora dietro a Connor, nonostante tutto e tutti, nonostante voglia negarlo con tutta me stessa.
"Sarà, ma non me la raccontate giusta." borbotta. "E poi sarebbe anche carina come cosa, tu e tua sorella fidanzate con altrettanti due fratelli."
"Mamma..." sospiro. "Basta per favore, siamo solo amici." cerco di chiudere l'argomento e per fortuna capisce che non mi va di parlarne.
Arriviamo dopo circa mezz'ora a casa sono le dieci e mezza ormai. Mi defilo in camera mia, buttandomi sul letto. Da quando sono tornata nuovamente a casa dopo essere stata a casa da mio padre, tengo le tapparelle chiuse. Ho rimodernato la camera, rendendola più sbarazzina, ho anche cambiato letto, prendendone uno singolo. Le mie abitudini hanno subito altrettanti stravolgimenti: ora tengo la luce accesa tutta la notte, dormo, o almeno ci provo, con le cuffiette in cui risuona in loop della musica rilassante.
<<Dovrebbe prendere in mano la sua vita>> così aveva detto il dottore, ma non sapevo da che parte iniziare.
Mi sdraio ancora con le scarpe ai piedi, premendo la faccia contro il cuscino, il mio respiro diventa più lento, mi lascio cullare dalla solitudine. Pian piano mi addormento senza accorgermene.
Faceva estremamente freddo, il vetro in macchina si appannava velocemente benché tenesse l'aria condizionata accesa. <<Quindi, che ne dici se iniziamo ad uscire insieme?>> non vedevo la sua faccia ma sapevo che sorrideva mentre continuava a guidare.
<<E con mio fratello come vuoi fare? Sai che è iperprotettivo nei miei confronti, per di più sei il suo migliore amico.>> Sospirai. <<Non voglio assolutamente farvi litigare e rovinare la vostra amicizia.>> Risposi.
<<Ho già parlato con lui, tranquilla.>> potrei giurare che sorrideva ancora e che le sue fossette stavano abbellendo il suo sorriso in quel preciso istante.
<<Che intenzioni hai?>> chiesi.
<<Passare il resto dei miei giorni con te.>> disse a mo' di cantilena.
<<Non so, sei abbastanza ricercato dalle donzelle, magari dovrei cercarmi un ragazzo meno bello.>> scherzai.
Rise, rise tanto, il mio cuore si riempiva di gioia e faceva le capriole ogni volta che rideva. <<Piccola, dovresti saperlo che ho occhi solo per te.>>
Mi sveglio di soprassalto, la testa sembra sul punto di esplodere. Inspiegabilmente sento di aver iniziato a piangere e mi tiro su a sedere. "Chi sei?" domando in un sussurro, sapendo perfettamente che non c'è nessuno a darmi una risposta. Non è la prima volta che mi capita di sognare cose simili, è come se tutti i sogni puntassero a indicarmi la stessa direzione, una direzione che, però, non so cogliere e comprendere. Vado a sciacquarmi la faccia per lavar via l'ultima traccia del sonno, poi torno a sedermi sul letto. Appena mi sento meglio, prendo il telefono in mano e chiamo Kevin, da un po' di tempo a questa parte, quando faccio dei sogni strani, mi fa stare tranquilla parlare con lui.
Al quinto squillo risponde, abbastanza assonnato. "Hey, principessa." Non posso vederlo, ma sono certa stia facendo una smorfia divertita.
"Hey, hai impegni per questa sera?" chiedo.
"Come mai questa domanda? Vuoi farmi una delle tue previsioni terrificanti?" ride. "Devo dirti però che, più che veggente, mi sembri solo una che manda il malaugurio."
Mi viene spontaneo ridere alla sua battuta. "Oggi c'è una festa in città... so che sono quattro ore di macchina, però mi chiedevo se..." lascio la frase in sospeso.
"Se volessi farmi quattro ore di macchina per venire a vederti?" completa la mia frase e sghignazza trionfante. "Dimmi solo a che ora devo farmi trovare fuori casa tua, mia cara." il suo tono sembra strano ma non ci faccio caso.
Sorrido stiracchiandomi nel letto, non sapendo effettivamente a che ora iniziasse la festa. "Aspetta un attimo in linea." poso il telefono sul letto non aspettando la sua risposta e scendo al piano inferiore. "Mamma!" urlo.
Sento delle voci in sottofondo, oltre quella di mia madre ed arrivando fino alla cucina, mi ritrovo mio padre e Cameron seduti negli sgabelli attorno alla penisola della cucina. Corro a salutarli e il sorriso mi si allarga; il malumore pareva allentare leggermente la sua presa.
"Perché stavi urlando?" chiede mia madre servendo del caffè a mio padre e mio fratello.
"Volevo sapere a che ora inizierà la festa, così posso dire a Kevin a che orario farsi trovare in città." faccio le spallucce.
"Contando il fatto che hai dormito circa due ore e ormai è quasi ora di pranzo, possiamo dire che dovrebbe mettersi in marcia ora stesso." scrolla le spalle ridacchiando.
"Chi è questo Kevin?" sia Cameron che mio padre mi guardano con gli occhi sbarrati e indagatori.
"Il suo ragazzo, solo che non lo vuole ammettere!" mia madre se la ride, non notando che il caffè va di traverso sia a Cameron che a papà.
"Non è il mio ragazzo, santo cielo." sbuffo, poi tra una chiacchera e l'altra mi ricordo di aver lasciato Kevin in chiamata. "Vado ad avvisarlo, l'ho lasciato in linea." corro in camera abbastanza mortificata chiedendomi quanto probabilmente si è annoiato ad aspettarmi, probabilmente sono già passati quindici minuti da quando l'ho lasciato in linea. "Kevin?"
"Santo Dio." sento il telefono cadere e delle imprecazioni, poi la voce di Kevin torna ad essere tranquilla. "Ti sembra normale spaventarmi in questo modo? Il mio cuoricino potrebbe non reggere." borbotta.
"Ti eri addormentato?" domando ridendo.
"Si." dice secco schioccando la lingua contro il palato. "Mi hai lasciato in linea per... venti minuti." sbadiglia. "Posso mai rimanere sveglio secondo te?"
"Okay, questa volta hai ragione, scusa." sorrido. "Dovresti metterti già in marcia se vuoi arrivare in tempo per l'inizio della festa."
"Oppure potresti uscire di casa, andare nei parcheggi sul retro e venirmi a salutare." sbadiglia di nuovo.
"In che senso..." resto sbigottita. "Sei già qua?"
"Yes, my lady." ridacchia. "Tua sorella mi ha avvisato ieri sera della festa, dicendomi che ti avrebbe fatto piacere avere qualcuno con cui non annoiarti. Per cui mi sono messo in marcia presto."
"E da quanto sei fermo nei parcheggi dietro casa mia?"
Borbotta delle cose incomprensibili, poi si schiarisce la voce. "Dalle dieci."
"E non potevi avvisarmi?"
"Sapevo mi avresti chiamato nana." ridacchia.
"E se non ti avessi voluto vedere?" chiedo mordicchiandomi il labbro.
"Mi sarei messo un sacco di iuta in testa e ti avrei comunque sequestrata."
"Scemo..." Ridacchio. "Dai, scendi dalla macchina che ti faccio entrare a casa, io devo ancora prepararmi e poi dobbiamo anche pranzare!"
Neanche mi risponde, semplicemente chiude la conversazione ed io mi avvio verso la porta, noto che mia madre sbircia dalla cucina.
"Dove vai?" domanda mia madre.
"Da nessuna parte, faccio semplicemente entrare Kevin, era già qui." apro il portoncino e mi appoggio allo stipite, prima che la mia visuale venga coperta da Kevin, incrocio lo sguardo di Connor, anche lui è sulla soglia di casa sua, dura solo un secondo, poi lo affianca la sua ragazza e Kevin si mette in mezzo. "Che guardi nanetta?"
"Nulla." lo abbraccio forte e lui mi prende in braccio a mo' di principessa.
"Sei sempre più leggera Evelyn, oggi ti faccio ingrassare di almeno dieci chili, giuro." scherza facendomi fare una giravolta ancora tra le sue braccia, poi mi rimette a terra. "Mi sei mancata tonta."
Lo guardo accigliata, ormai il suo hobby è diventato insultarmi. "Mi sei mancato anche tu." Sbuffo, guardandolo leggermente di traverso, in modo giocoso. "Devi sempre insultarmi?"
"I miei sono insulti d'amore, mi dichiaro a te così." sorride scompigliandomi i capelli, poi lo accompagno dentro casa e ad aspettarci ci sono già quei due gelosoni e mia madre versione cupido.
"Non farci caso." sussurro a Kevin.
Di tutta risposta lui saluta educatamente, poi scherzando dice. "Sono felice di conoscere tutta la famiglia della mia ragazza ora." l'unico problema è che a capire sia uno scherzo siamo solo io e lui.
"Avevo ragione!" mia madre esulta correndo ad abbracciare quello che incessantemente chiama genero.
I due uomini di famiglia invece sembrano tutt'altro che entusiasti.
"Stava scherzando." dico sperando che Kevin ammetta lo scherzo.
"Ma come..." mia madre ora sembra rimanerci male.
"Signora, non ascolti sua figlia, lei vuole tenere i nostri sentimenti celati." le fa un occhiolino di complicità, mentre io mi do una manata sulla fronte.
"Kevin..." sospiro. "Digli che scherzi." ci ritento e gli do una gomitata sul fianco.
"Non si dicono le bugie nana." mi fa la linguaccia trattenendo una risata ed io già penso a come sotterrarmi sapendo che ora mia madre resterà convinta di un'ipotetica relazione che in realtà non esiste.
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