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Mia madre parcheggia nell’enorme viottolo in ghiaia della proprietà di famiglia e il cuore fa una capriola dentro al petto. Eccola lì, la mia vecchia vita mi saluta dall’ingresso della casa, quasi beffarda. Scendo veloce dalla macchina e immediatamente percepisco quello zampettare ritmico a me noto, poi un abbaio e in pochissimo tempo mi ritrovo Rex, il cane di mio fratello, davanti con un’enorme voglia di coccole. Un bellissimo mastino tibetano, dal pelo fulvo che nel muso sfuma sul nero. Abbaia, saltella, mi gira attorno e non posso far altro che sorridere alla vista della mia palla di pelo preferita.

“Sei cresciuto un sacco!” faccio una vocina buffa e mi abbasso a coccolarlo. Tutto quel trambusto però attira anche chi stava dentro alla casa.

“Rex, ora vai a cuccia, non puoi rubarle tutte le coccole tu. Sono geloso della mia sorellina.”

Cameron è appoggiato allo stipite del portone, papà affianco a lui. Mentre la palla di pelo si ritira nella sua cuccia, io resto a fissare la sua coda che ancora si muove energica, fino a quando non sparisce nella sua cuccia.
Mamma raggiunge a grandi falcate mio fratello e lo abbraccia forte, quasi quasi fatica a sciogliere l’abbraccio, poi con finta nonchalance, passa affianco a mio padre senza nemmeno salutarlo.
Deglutisco, la bocca mi si secca e mio fratello pare intuire. Cameron si avvicina a me, in silenzio e senza preavviso mi stringe tra le sue braccia, facendo affondare il mio volto sul suo petto. Menta e tabacco. Si è lo stesso profumo di sempre e solo ora mi accorgo di quanto mi sia mancato in realtà. Ricambio la stretta, senza dire una parola, mi godo il momento.

“Mi sei mancata tanto.” sussurra tra i miei capelli, mentre vi lascia un tenero bacio sopra. “tanto, tanto, tanto.”

Mi stacco appena, il tanto necessario per incrociare i suoi occhi, sta piangendo. Asciugo le sue lacrime come posso e mi costringo a sorridere. “Anche tu mi sei mancato.” dopo poco abbasso lo sguardo.

Mi sei mancato, ma non posso fare a meno di pensare a quel giorno quando ti guardo... - mi maledico mentalmente.

Tira su col naso, poi mi prende per mano e mi porta dolcemente da papà, che già ha gli occhi lucidi.

“La mia principessa!” anche lui mi stringe forte a sé, mi coccola. “quanto sei cresciuta... ma stai mangiando? Sei magrissima!” mormora qualcosa tra sé e sé. “forza entriamo, il viaggio sarà stato pesante immagino, hai bisogno di metterti comoda.” sorride stancamente, poi mi fa strada.

Ecco, l’odore della casa era cambiato, qualche mobile era cambiato, quasi come se anche nelle cose immateriali fosse restato intrappolato un sentore di dolore.

“Nanni, spero non ti dispiaccia, c’è anche un mio amico oggi.” mio fratello si gratta la tempia un poco imbarazzato.

Annuisco in silenzio, non mi trovavo molto a mio agio con gli sconosciuti. “E’ un tipo tranquillo o almeno così mi pare.” aggiunge mio padre.

Sbuffo leggermente. “tanto è amico di Cameron, mica mio, non mi importa più di tanto com’è, sono qui per stare con la mia famiglia.”

L'espressione di Cameron cambia un poco, ma non ci bado più di tanto, nel mentre mi concentro su quella divertita di mio padre.
Ma un secondo: non è sempre oro ciò che luccica, giusto? Ed io me ne sono resa conto quando entrando nel salotto ho sentito una voce abbastanza familiare.

“Salve, Mary! Che coincidenza vederla qua!”

Resto ferma sull’uscio, impietrita e con la rabbia che sale. “Tu che ci fai qui, Connor!?” pensavo che non sarei mai riuscita a porre una domanda in modo tanto acido, ma mi sbagliavo.

“Picc-” si schiarisce la gola. “Evelyn.” sorride placido. “Non pensavo di vederti in un posto simile.”

Sento la mano tremare dalla rabbia. “Non ci saremo dovuti minimamente vedere infatti.” alzo la voce.

“Che succede? Vi conoscete?” chiede mio fratello, ma il suo tono di voce è strano, non riesco a decifrarlo.

“Papà, ho bisogno di riposare, vado nella mia camera se non ti dispiace.” lo guardo supplicante.

“Certo, vai pure tesoro.” mi guarda un poco stranito pure lui, mentre mia madre mi lancia occhiate confuse e curiose.

Ignoro gli sguardi che mi vengono lanciati e mi dileguo, decisamente frustrata.

Arrivata in camera mi guardo attorno, sembrava non essere passato nemmeno un giorno da quando mi ero trasferita, la stanza comunicava con quella di mio fratello e i mobili erano gli stessi. Appese al muro c'erano ancora le nostre foto, quelle del periodo precedente all'incidente. La mia preferita era quella dove io e Cameron stavamo sul gonfiabile a forma di Cigno in spiaggia, sembravamo proprio due idioti.
Sorrido accarezzando le foto, poi mi dirigo verso la porta finestra, messa tra il mio letto e quello di mio fratello, ha arredato la veranda come secondo i miei gusti.

Ti sei sforzato, lo ammetto, tu avresti lasciato tutto spoglio qua fuori.- penso e sorrido sedendomi nella poltrona che Cameron ha posizionato davanti alla portafinestra che poco prima ho richiuso alle mie spalle.

Nella veranda ora c'era un bel salottino, una poltrona, un tavolino basso e un mini-divano a due posti, esattamente come avevo sempre desiderato. Ecco questo sarà il mio rifugio, fino al momento in cui Connor non capirà che deve andarsene, solo in quel momento mi prodigherò a chiedere a mio fratello come lo ha conosciuto e perché gli sta simpatico nonostante sia uno stronzo.

"Stronzo" do un pugno al poggia braccio della poltroncina "maledetto stronzo" continuo a voce abbastanza alta "tra tutte le case proprio qua doveva venire a rompere i coglioni!?" Sbraito e subito mi torna in mente il modo in cui ci siamo salutati l'ultima volta che ci siamo visti:
“Non è cambiato nulla eh?” sussurra. “Sempre tutto uguale.”
“Come?” gli chiedo di ripetere non comprendendo il senso della sua affermazione.
“Lascia perdere. Non capiresti.”

Ancora mi domando che volesse dire con quella sua affermazione, anche se poi a pensarci bene non ha senso continuare a cercare di capire, ormai questa è una situazione irrecuperabile.

"Disturbo?"

Alzo lo sguardo diventando rossa in viso per la rabbia. "Abbastanza e per la cronaca si chiede il permesso per entrare in camera di un’altra persona." Faccio per alzarmi e andare verso l'altra porta finestra.

"Evelyn" sospira e si morde il labbro, nel mentre tiene le mani nella tasca dei jeans tirandoli un poco verso il basso "dobbiamo continuare a essere incazzati ancora per molto?" Domanda.

Sgrano gli occhi furente. "Come scusa?" Mi avvicino velocemente a lui e questa volta non mi sarebbe bastato tirargli uno schiaffo, voglio dargli un pugno in pieno viso e levargli una volta per tutte quell'espressione da innocente. "Cosa non hai ben capito dal nostro ultimo incontro Connor?" Gli urlo. "Spiegami cosa non è riuscito ad elaborare quel fottuto cervello che ti ritrovi."

"Che tu abbia infranto il nostro patto" il suo viso non esprime alcuna emozione "che tu dia le colpe a me quando avevo messo in chiaro tutto dall'inizio."

"Non sono tutti cinici come te" rispondo "ci sono persone che hanno un cuore e dei sentimenti, non come te." Alzo nuovamente la voce "a te non frega mai nulla se non di te stesso."

Rimane in silenzio senza accennare a fare alcunché ne parlare.

"Cosa diamine vuoi ancora? Vuoi dirmi ancora che posso farmi pagare? Che sono patetica? Di andare dallo strizza cervelli e farmi dare i sonniferi? Eh!?" Lo spingo, ma non arretra nemmeno di un centimetro.

"Voglio che mi spieghi che ti è preso all'improvviso, perché hai mandato a puttane tutto dopo due anni in cui stavamo da dio."

"Non ti devo alcuna spiegazione, questo non ti è chiaro."

"Si invece, anche prima mi hai guardato come se fossi la peggior feccia sulla faccia della terra, hai sbraitato davanti a tutti facendo una scenata inutile. Per cui ho il diritto di sapere." Insiste avvicinandosi.

"Perché quello è il modo in cui meriti di essere trattato, esattamente come tu tratti me. E mi scusi signorino Io-non-ho-nulla se alcune persone, come me ad esempio, hanno sentimenti che tu non provi minimamente, tu e il tuo cinismo." Lo attacco.

"Perché ti sei innamorata di me?" Domanda sfacciato.

"Non ho mai detto di essermi innamorata di te." Lo guardo negli occhi e ora sembra veramente ferito.

Colpito e affondato.- gioisco.

"Allora qual è il problema? C'è un altro?" Ora ad alzare la voce è lui.
Resto scioccata dal cambio di toni e per qualche secondo sto in silenzio. "Magari mi paga" lancio una frecciatina "questo può avermi fatto innamorare."

"Smettila di fare la bambina e rispondi, hai un altro? È questo il problema?"

"Mi spieghi cosa ti importa? Tu puoi farti quelle che vuoi e devo stare zitta, io invece no?" Lo spingo nuovamente e questa volta arretra di un passo, bloccandomi però le mani. "Si magari me ne sono fatta uno che mi è piaciuto particolarmente e mi sono innamorata, che c'è ti rode?"

"Quindi c'è davvero un altro?" Sussurra, sembra... deluso?

"Tanto per te non sono nulla no?" Domando. "Giusto Connor?"

Lui mi guarda serio serrando la mascella e mi sposta i capelli di lato, scoprendomi il collo, velocemente mi tira a sè e inizia a mordicchiarlo. "Non sopporto che tu sia arrabbiata con me" sussurra al mio orecchio "ed è eccitante vedere come la gelosia ti logora" posa le labbra lentamente sull'orecchio "a tal punto da provare a inventarti di avere un altro" la sua mano sinistra scende lentamente accarezzandomi la schiena "ma non puoi metirmi lo sai, ti conosco Evelyn..." soffia baciandomi il collo.

Resto imbambolata stretta a lui e inerme. "Non sei l'unico per me..." controbatto mentendo.

"Tu non puoi essere di nessun altro" mi gira velocemente e sento il suo petto a contatto con la mia schiena "sai che ti farei Evelyn?" Domanda.

Mi divincolo con l'ultimo briciolo di lucidità che mi rimane. "Non un'altra volta" dico più a me stessa che a lui, ricomponendomi. "Che vuoi da me Connor? Prima mi tratti male, poi tenti di darmi le colpe, dopo cinque giorni ti trovo a casa della mia famiglia ed entri in camera mia senza permesso e nuovamente cerchi di darmi le colpe..." abbasso lo sguardo "così non fai altro che confondermi."

"Sei gelosa delle altre vero?" Si riavvicina pericolosamente.

"E se fosse?" Domando incerta.

"Dovresti sapere che tu sei speciale e che le notti le passo solo con te..." mi accarezza il viso.

"Questo non cambia nulla, non cambia che fuori dalla mia stanza mi tratti con indifferenza, mi ignori, fingi di non conoscermi... ti vergogni di me vero?" Mi scosto, finalmente glielo avevo detto e per quanto fosse liberatorio faceva male ammetterlo ad alta voce.

"Non ho mai pensato una cosa simile Evelyn, io non mi vergogno di te." Sospira. "Non voglio relazioni serie tutto qua, sono stato scottato e non voglio stare più male, un poco come te che eviti di salire in macchina."

Rido nervosa. "E allora perché sei qui ora a cercare di persuadermi per far pace?" Mimo delle virgolette alla parola pace.

"Perché...perché non voglio più questa situazione tra noi. Sono stato uno stronzo lo ammetto, ma non sono insensibile." Borbotta.

"Ah scusa, forse devo prendere il microscopio per vedere i tuoi sentimenti, potevi dirmelo subito." Dico ironica.

"Piccola, possiamo smetterla? Ti prego, sono cinque giorni che non mi parli, non rispondi nemmeno a mia sorella e tieni le serrande abbassate. Tua madre mi ha addirittura detto che non hai dormito e non hai mangiato." Mi prende la mano.

"E questo quando te lo avrebbe detto scusa?" Mi concentro sull'ultima parte delle sue affermazioni.

"Poco fa, prima che venissi in camera tua senza permesso." Sottolinea.

"Quindi sei qui perché ti faccio pena e ti senti in colpa perché credi sia colpa tua capisco." Mi libero dalla sua mano. "Non farti problemi sono solo gli effetti collaterali dei sonniferi per quanto riguarda la fame" mento "e per dormire devo aspettare qualche giorno che facciano effetto, puoi smetterla di fare il finto preoccupato ora."

Alza gli occhi al cielo apparentemente esasperato. "Smettila cazzo, cosa vuoi sentirti dire? Che mi manchi Evelyn? Che mi sento uno schifo da cinque giorni e che vorrei quanto meno poterti baciare ogni singola notte? Si Evelyn è così sei contenta? Ma ciò non toglie il fatto che non voglio relazioni, non voglio legami, voglio che tu sia solo mia senza vincoli come ci eravamo promessi." Dice tutto d'un fiato, ha gli occhi lucidi.

"Io, Connor, mi sono resa conto che non voglio più avere questa situazione, non voglio più essere tua e poi vederti andare da altre, vedere che fuori dalla mia stanza sei un perfetto sconosciuto. Non sapere nulla di te a parte le cose che tu vuoi che io sappia, non sentirti mai raccontare che ti succede durante le giornate... sono stanca di essere solo un oggetto." Sento gli occhi pizzicare.

"Ma questo è quello che posso darti Evelyn.. io sono così, noi stiamo bene quando stiamo insieme." Fa un passo verso di me, piange.

"Io non sto più bene Connor, così non sto più bene." Lo lascio avvicinare inziando a piangere.

"Non farmi questo, non dirmi che non potrò più avvicinarmi a te, baciare ogni centimetro del tuo corpo, farti mia ogni notte..."

"Devi accettarlo, tu mi fai del male" singhiozzo. "Potremo essere amici, comportarci come persone normali.."

"È davvero questo quello che vuoi?" Domanda.

Annuisco guardandolo negli occhi, grigi come le nubi che preannunciano pioggia. "Si."
Prende un respiro profondo, si passa il dorso della mano sotto gli occhi asciugandosi le lacrime.

"Non ti prometto niente Evelyn, non ti prometto nulla." Detto ciò senza preavviso pende il mio viso tra le mani e lascia un bacio casto sulle mie labbra, poi velocemente si stacca e senza aggiungere altro va via, lasciandomi sola.

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