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Mi rigiro nel letto, come al solito di mattina mi ritrovo da sola e di lui a malapena è rimasto l'odore, quasi come se non fosse mai stato qui. Dalla finestra spalancata entra un venticello fresco che mi fa rabbrividire leggermente, anche se probabilmente a farmi rabbrividire è l'assenza del suo corpo accanto al mio. Come tutte le mattine dev'essere uscito dalla finestra mentre dormivo, senza far alcun rumore, in modo da non svegliare mia madre. Dopo alcuni minuti passati a gustarmi l'ultima traccia della nottata passata, decido di alzarmi e dare il via alla giornata. Raccolgo la roba che giace a terra, che nella foga del momento è finita nei punti più impensabili della stanza, poi chiudo la finestra, mettendo fine al buongiorno primaverile di una giornata nebulosa.
Non sono né la prima, né l'ultima. Lui non è né il primo nell'ultimo... ora però è l'unico. - La mia attenzione viene rapita dal mio riflesso nello specchio, ma di preciso dai due segni violacei: uno nell'interno coscia e uno nel collo. Sorrido leggermente, era la prima volta che lasciava un segno del suo passaggio. Per un momento, uno solo, mi sarebbe piaciuto collegare il tutto a un messaggio di possesso da parte sua, come dire <<tu sei mia...>> Ma conoscevo fin troppo bene Connor e a volte avrei preferito non conoscerlo proprio.
Corro in doccia, per lavar via anche l'ultimo sentore della notte e dopo pochi minuti ho già finito. Infilo velocemente dei jeans e una maglia nera, copro come possibile il segno sul collo. Prendo la borsa da sotto al letto, insieme alle scarpe e finalmente sono pronta. Prima di uscire dalla mia camera, guardo per qualche secondo il letto e come ogni risveglio brusco da un qualsiasi sogno, mi rendo conto di avere solo il ruolo di una compagnia notturna.
"Mamma, io vado!" corro veloce verso il portone d'ingresso.
"E la colazione?"
"Non ho fame." taglio corto, poi esco e non le do tempo di replicare.
Ed eccolo là, ecco che al mattino è totalmente diverso. Non mi guarda, non mi saluta, semplicemente mi passa accanto nella sua auto e va via. Connor è così, si ricorda di me quando ha bisogno, non si mette scrupoli a farmelo ricordare. A pensare che ormai sono quattro anni che ci conosciamo, mentre da quasi due manteniamo una sottospecie di frequentazione notturna. Me lo ricordo ancora, il nostro incontro, mi ero appena trasferita, lui era nel giardino della casa davanti a lavare la sua macchina, una bella Stelvio grigia. In quel momento rimasi a fissarlo, non era per niente male, con quei capelli del color miele, il fisico allenato, i suoi occhi grigi che ricordavano le nubi temporalesche. Pareva uscito direttamente da uno dei miei sogni, per raffigurare la perfezione in carne ed ossa. Perfezione, già, fino a quando, non me lo ritrovai a due passi da me, con un'espressione poco amichevole e lo sguardo torvo, per non parlare del dito medio che continuava a sventolarmi davanti agli occhi, quasi dovesse far dei segnali d'atterraggio ad un aereo.
Sei uno stronzo. - penso incamminandomi verso scuola. Si trasforma completamente quando entra in camera mia, in quegli istanti sembro il centro del suo mondo e mi tratta in modo totalmente diverso, ormai ci sono abituata... solo che, a volte, mi chiedo perché non se trovi un'altra, come mai ogni notte viene da me se poi, di giorno, mi tratta come una sconosciuta.
Perché sei la sua bambolina, stupida. Una bambolina tra le tante che sicuramente ha. - sospiro provando a scacciare quei pensieri. Anche a me andava bene, no? Non ero stata io a permettergli di sgusciare in camera mia la prima notte? E quelle dopo? Mi andava bene, giusto? L'importante era non star sola la notte, in modo da non aver più incubi e non aver più bisogno di quegli stupidi sonniferi per dormire.
Arrivo a scuola, immersa nei miei pensieri, giusto in tempo per il suono della seconda campana. Mi dirigo in classe senza perdere tempo, la scena che mi ritrovo davanti è a dir poco rivoltante: Connor sullo stipite della porta, avvinghiato ad una mia compagna di classe. Non si spostano, non mi guardano, non esisto nemmeno per loro.
"Levatevi." mi pronuncio. "Non devo star qui a guardare come vi scambiate possibili malattie." non sono mai stata aggressiva o scortese, ma quella visione, quel continuo ignorarmi come se fosse il gioco più divertente a questo mondo, mi ha fatto perdere le staffe.
"Tu saresti?" i suoi occhi si piantano nei miei, con freddezza.
Solo qualche ora fa sapeva perfettamente chi ero, mentre era nel mio letto. - lo guardo, non rispondo, mi limito a spingerlo per spostarlo leggermente ed entrare in classe.
"Dovresti rispondere alle domande." ringhia a denti stretti, non gli piace venir ricompensato con la sua stessa moneta. "Non è educato." aggiunge afferrandomi il braccio.
Lo guardo dritto negli occhi, delusa, anche se sapevo che prima o poi sarebbe successo. "Pensavo conoscessi bene il mio nome." mi libero dalla sua presa e finalmente entro in classe.
"E perché mai dovrei ricordarmi il nome di una ragazzetta da quattro soldi come te?" mi urla dietro.
Perché è da me che vieni ogni notte a soddisfarti, da me! - questo voglio dire, ma non mi esce nemmeno una parola. Stringo forte i pugni e nel silenzio generale vado a sedermi accanto all'unica persona che sa la verità, Hailey. Mi sta già aspettando a braccia aperte pronta a stringermi in un forte abbraccio. La guardo, per la prima volta mi veniva da piangere a causa di quel...
"Eve, vieni qui." mi abbraccia, ma so che sta guardando nella direzione in cui si trova lui. "Non vedrà nemmeno una delle tue lacrime, non se le merita." sussurra. "Ti avevo avvisata che prima o poi sarebbe successo, sei proprio stupida Eve..." mi scende una lacrima, poi un'altra.
Ero d'accordo pure io, lo sapevo... eppure fa comunque male. - dovrò abituarmi a stare da sola la notte?
"Eve, è andato via, asciugati le lacrime e risollevati, sta entrando il professore."
Faccio come dice, ma la mia attenzione è da tutt'altra parte.
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"Vieni da me questa sera? Dormiamo insieme." Hailey attende una mia risposta, ma l'idea non mi piace affatto.
"Hailey..."
"Tengo mio fratello lontano da te, non voglio lasciarti sola. Soprattutto con tua madre che si accorgerebbe che qualcosa non va e ti stresserebbe..."
"Voglio stargli lontana."
"Ed è quello che farai." sorride dolcemente, nei miei confronti diventava una sottospecie di seconda madre, nonostante la parità d'età. I suoi capelli castani ondulati le incorniciano il viso dai lineamenti fini, mentre i suoi occhi completamente neri sembrano arrivare in fondo ad ogni mio pensiero, laddove si nascondono quei pezzi disastrati di me.
"Certo, come no, ci vivi con lui, non... basta, devo smetterla con questa pagliacciata, hai ragione tu, dovrei davvero cercare una relazione seria."
"Mi auguro che sta volta te lo metta in testa sul serio."
"Mh." faccio un'alzata di spalle. "Lui è totalmente div-" non mi lascia finire.
"Non mi stupisce visto che se dovesse trattarti come fa fuori dalla tua stanza, non otterrebbe assolutamente ciò che vuole." taglia corto. "Levati Connor dalla testa, mio fratello è uno stronzo, punto."
"E' sempre stato così?" domando dopo un po'.
"Evelyn, non ha importanza." dice a disagio. "importa quello che è ora."
La fisso supplicante, fino a quando lei sbuffa. "Prima era totalmente diverso, aveva la testa apposto, poi una ragazza l'ha mollato ed eccotelo qua." gesticola mentre parla, il suo tono è triste e si nota che non le piace affrontare quel discorso. "A malapena mi ricordo com'era." Aggiunge, poi si schiarisce la gola e capisco che non affronterà più quel discorso.
Ci troviamo all'ingresso di casa mia, casa sua risulta davanti alla mia.
È già a casa sua. - penso notando la Stelvio.
"Ti aspetto a casa mia, tra un'ora!" mi punta il dito Hailey. "Un'ora." ripete indicandosi il polso come se avesse un orologio. "Per quell'ora farò sloggiare mio fratello." mi sorride.
Annuisco e mi affretto ad entrare in casa.
"Evelyn? Sei tornata finalmente!" mia madre si avvicina di corsa. "Quando pensavi di dirmi che hai un ragazzo?" fa l'occhiolino.
Rimango perplessa, non capendo. "Non ho un ragazzo."
"No? Quindi è davvero solo un tuo amico... era così bello come ragazzo..." dice dispiaciuta.
La guardo sempre più confusa. "Di chi stai parlando?"
"Del ragazzo che ho accompagnato in camera tua per aspettarti." fa un'alzata di spalle sorridendo.
Corro al secondo piano, lanciando da qualche parte la borsa coi libri. Appena arrivo davanti alla mia camera, apro la porta e lo ritrovo lì, addormentato. Chiudo la porta con poca delicatezza, per poi avvicinarmi a lui velocemente, nell'intento di dargli uno schiaffo.
"Di cattivo umore si direbbe." ferma la mia mano appena in tempo, guardandomi divertito.
"Esci da casa mia!" gli urlo, divincolandomi dalla sua stretta.
"Perché hai fatto quella scenata questa mattina?" ignora la mia richiesta.
"Io non ti devo alcuna risposta." lo guardo con rabbia, anche se in realtà è più delusione.
"Invece me la devi, hai rovinato un bel momento stamattina." m'incalza. "non era male quella MaryLuise-Ely qualcosa."
"Vai da lei ed esci da casa mia, allora." non riesco a trattenermi, sento le guance bagnate, Hailey mi ha nascosta questa mattina pur di non dargli questa soddisfazione... ora ho mandato tutto a monte. "Vattene Connor, non mi conosci, giusto? Non sai come mi chiamo no? Per cui sparisci! Smettila di dire a mia madre di essere un mio amico!"
"Aspetta, aspetta, sei gelosa piccola?" si alza e si avvicina a me, mentre io arretro.
"Non chiamarmi piccola." gli dico ancora con rabbia.
"Piccola... oh piccola sei gelosa? Vorresti essere l'unica per me?" la mia schiena ormai è attaccata al muro, lui ha il controllo della situazione.
"Voglio che tu vada via." chiudo gli occhi, cercando di smettere di piangere.
"Eppure mi vuoi sempre con te la notte, no? Vuoi che ti faccia mia la notte, vuoi che dorma con te fino al mattino perché solo quando ci sono io riesci a dormire." il suo viso è a pochi millimetri dal mio. "ora vuoi che vada via?" la sua mano finisce sul mio fianco, stringe la mia pelle.
Con quante l'avrà fatto oggi?
"Vai via." gli sposto la mano.
"Tutto qui? Finiamo questo bel giochino? Beh, lasciati dire che è stato divertente venire e usarti tutte le notti, per due anni, almeno mi sono svuotato per bene prima di addormentarmi." schiocca la lingua sul suo palato. "Dovresti pensare di farlo per mestiere, sei passabile, prenderesti qualche soldo almeno."
Piango, qui, stretta tra il suo corpo e il muro. "Sei uno stronzo." per la prima volta gli arriva il mio schiaffo. "Sei uno stronzo!" gli urlo e lui indietreggia. "Non voglio più vederti, non voglio più avere a che fare con te!" singhiozzo.
"Allora vai dallo strizza cervelli a farti dare dei sonniferi, piccola disperata. Dovresti solo ringraziarmi per essermi dedicato a te che non hai nulla di speciale." ride, mi prende in giro. "Stronza." detto ciò, esce e gli sento scendere le scale. Gli corro dietro, per accertarmi che non si soffermi e vada via.
"Hai ancora una chance, piccola. Mi chiedi scusa e mi dimentico le cose che mi hai detto." fa una pausa. "lo schiaffo che mi hai dato." aggiunge. "li dimentico, promesso, basta che tu mi chieda scusa e le nostre notti saranno ancora fantastiche." ghigna fiero.
Crede di essere davvero il centro dell'universo? O finge di crederlo? "Quindi?" mi esorta.
"Esci da casa mia Connor." la voce mi trema. "Esci subito da casa mia." ripeto.
"Quindi hai scelto eh? Va bene, va bene. Non pregarmi di tornare però, avrò già la fila di ragazze da soddisfare per all'ora." sì avvicina. "Hai perso la tua occasione Evelyn Lambert, ricordalo." mi sfiora il labbro inferiore col suo pollice con una lentezza estrema.
Vuole farmi cedere.
"La porta è dietro di te." gliela indico, scansandomi appena.
"Testarda." dice a denti stretti, ma questa volta non temporeggia ed esce di casa. Non si volta nemmeno, va a passo spedito verso casa sua, lo vedo varcare la soglia, poi sparisce dietro al portone che si chiude alle sue spalle.
Mi guardo attorno alla ricerca di mia madre, credendo sia in cucina è lì che vado. Sulla piccola penisola in marmo, trovo un bigliettino.
<<Hai casa libera, fai la brava. Ci vediamo domani, per qualsiasi cosa chiamami. Baci, mamma.>>
Sospiro rumorosamente, maledicendo la malizia di mia madre che per una volta in cui doveva restare ha pensato di lasciarmi sola...
Arrivano le sei di sera, mi rigiro nel letto, non avendo ancora voglia di alzarmi. Hailey mi aspetta a casa sua, nonostante le abbia chiesto di venire a casa mia e passare la notte qui.
"Non dormirò dove hai fatto certe cose, con mio fratello poi." ha urlato dall'altra parte del telefono, prima di riattaccare.
"Ed io che dovrei dire?" mi domando ad alta voce. "ha dormito con me per due anni. Sono stata una stupida, sapevo com'era... sapevo come sarebbe andata e ci sono restata comunque male. Che idiota." mi do una pacca sulla fronte delusa. Mi sono illusa che qualcosa, seppur una piccola cosa, sarebbe cambiata in lui nei miei confronti. È vero, non si metteva in mostra con le altre vicino ai luoghi scolastici dove mi trovavo io, mi ignorava nei luoghi esterni alla mia camera e non ha mai smesso... eppure ci ho sperato. "Stupida, stupida, stupida!" perché se già sapevo come sarebbe andata, mi sono illusa in questo modo? Perché fa così male capire che lui non cambierà mai? Non gli importo, non gli sono mai importata, l'ha detto no? Doveva essere solo sesso... solo questo, eppure è rimasto a dormire con me per non farmi più venire gli incubi. "Non sei più sola, ci sono io con te, vieni qui, tra le mie braccia non avrai più incubi."
Perché l'ha detto se non gli importa nulla di me? Perché è rimasto con me ogni singola notte?
Riprendo a piangere, probabilmente lui mi ha già sostituita, probabilmente è già tra le braccia e le gambe di un'altra. Piango perché fa male, anche se forse un poco è colpa mia, anzi è colpa mia sicuramente, sono stata io a permettergli di fare tutto quanto.
Eppure quando dorme sembra un angelo. Quando dorme avvinghiato a me, spesso sorride. A volte, lo sento pronunciare il mio nome...- mi maledico solo per averlo pensato, mi premo il cuscino sulla faccia e urlo. Un urlo strozzato e ovattato per via del cuscino, ma liberatorio.
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Prendo un respiro profondo, poi suono il campanello, sono ormai le sette di sera. Sono parecchio in ritardo per l'appuntamento con Hailey, nonostante la sua casa sia davanti alla mia. Quanto meno, prima l'ho avvisata dell'accaduto e lei non aveva detto nulla sul mio possibile ritardo.
La porta si apre, sento la voce di Hailey in lontananza. "Quindi hai cambiato idea?"
"Sono qui per tua sorella." guardo in basso verso la punta delle mie scarpe.
"Menomale, altrimenti sarebbe stato patetico." mi prende in giro.
"Connor, levati, fai entrare Evelyn e vattene via."
Lui si sposta di lato, il tanto che basta a farmi passare e raggiungo la mia migliore amica. "noiose." borbotta, poi esce richiudendosi la porta alle spalle.
Hailey mi abbraccia forte, dispiaciuta. "Scusa, non voleva proprio andarsene... a dire il vero abbiamo anche litigato a causa del suo comportamento nei tuoi confronti."
"Non devi litigare con tuo fratello a causa mia." intervengo subito.
"Si invece, non deve comportarsi in questo modo, non con te per lo meno! Certo nemmeno con le altre, ma con te principalmente non lo tollero."
A pensarci era la prima volta che entravo in casa di Hailey, sapevo vivesse da sola con suo fratello e che ogni tanto tornasse a casa dei genitori per delle rimpatriate familiari, ma non mi aspettavo una casa tanto graziosa e ordinata. "Avete un sacco di foto." indico la parete accanto all'ingresso.
Sembrano tanto felici in queste foto. - Connor ride ad ogni scatto, fa facce buffe, prende in braccio la sorella, si mette in posa con gli amici. È bello vederlo così felice e sorridente, anche la mia migliore amica al suo fianco sembra illuminata da una luce più candida di serenità. Mi soffermo su una foto in particolare, non sono ritratti né Connor né Hailey, bensì un tramonto su un promontorio, da cui si vedeva la città in lontananza, sembrava fosse minuscola da quell'inquadratura. Mi trasmette un senso di malinconia, che mi fa allontanare di poco dalla parete.
"Un tempo ne scattavamo tante, a mio fratello piaceva catturare il tempo e imprimerlo per sempre in una foto." sorride un poco triste. "Poi come ti ho detto, è cambiato e l'hai visto pure tu quanto sia insopportabile."
Riguardo le foto, il suo sorriso è pieno di felicità, è stata davvero solo la rottura con la sua precedente ragazza a cambiarlo radicalmente?
Hailey assume un'espressione che non riesco a decifrare poi si allontana dalla parete. "Suvvia, Eve, non mettere su quel muso lungo, soprattutto per Connor che con te si comporta da stronzo! Avrei preferito lo conoscessi com'era prima, magari sarebbe andata diversamente." mi fa cenno di seguirla. "Per cena proporrei..." la vedo frugare nel frigo mentre la raggiungo. "di ordinare una pizza." si gratta la fronte. "Anche perché non c'è nulla di invitante." ride, ma non è la sua solita risata contagiosa.
Sento il telefono squillare e lo recupero velocemente dalla borsa, per rispondere.
"Papà?" richiamo la sua attenzione, visto che lo sento parlare con qualcun altro.
"Evelyn! Principessina mia, come stai?" potrei giurare di vederlo proprio davanti a me, con quella sua espressione enigmatica, mentre si massaggia la fronte.
"Bene, papà. Tu come stai? Gli altri?" chiedo.
"Tutto bene qua, tuo fratello brontola sempre perché non può tenerti sott'occhio e tua sorella ormai si è trasferita da quello." la sua voce diventa stridula parlando di mia sorella. "ma dico io! Quello mi sta antipatico!"
Sorrido alla sua bugia, la verità è che lui è un padre molto geloso. "Papà, Ashley è grande, vaccinata e matura, mentre quello è il suo futuro marito."
"Lei è ancora troppo piccola, tu pure." borbotta. "Hey Cameron! Molla il telefono, ci sto parlando io!"
Resto in silenzio, mentre dal telefono si sentono dei rumori confusi.
"Nanni! Sono riuscito a mettere KO papà, al momento, per cui, dimmi... come stai?"
Stringo leggermente il telefono, sentendo gli occhi diventare lucidi. "Cam." la voce mi trema. "Sto bene, a scuola ho buoni voti." dico di fretta.
"Sicura? Se c'è qualcosa, qualsiasi cosa dimmelo." si fa serio. "Okay?"
Mi scende una lacrima, non riuscivo ad avere una normale discussione con lui da quando avevo avuto quel maledetto incidente. "Mh, certo." chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo. "Scusa, devo proprio andare, mi ha fatto piacere sentirvi."
"Smettila." gli sento dire e subito dopo riattacco.
È successo circa quattro anni fa, in un giorno qualunque, dovevo solo tornare a casa. Da dove, con chi e perché fossi in quella strada, non lo so, il mio cervello ha rimosso tutto. Volti, voci, luoghi. Una parte della mia memoria era stata resettata, all'improvviso. Ricordo solo una luce accecante che si dirige verso di me in velocità, io che sterzo nel tentativo di evitare quella dannata macchina. La pioggia che rende scivolosa l'asfalto, la macchina che sbanda, io che perdo il controllo. L'ultima cosa che ho visto prima di perdere il controllo della macchina è stato mio fratello, nella macchina dietro. Non ricordo perché mi stesse seguendo, ma ricordo che mi scortava stando dietro la mia macchina con la sua, ricordo il suo sguardo prima di perdere i sensi e quello sguardo mi perseguita.
"Nanni!" mi sento scuotere. "Ti prego, ti prego." Cameron, stai piangendo? "Non farmi questo, apri gli occhi, abbiamo già chiamato i soccorsi, okay? Devi solo stare sveglia." mi stringe, non sento più il mio corpo, non riesco a muovermi. Schiudo leggermente gli occhi, la sua camicia è piena di sangue, Cam piange. Non ho mai visto mio fratello piangere, mi sta guardando come se fossi un fantasma. Scusa... scusami Cam non son riuscita a tenere il controllo dell'auto, è colpa mia...
Rimetto il telefono in borsa, poi mi lego i capelli. Con le dita sfioro la cicatrice che ho sul lato destro della testa, quei maledetti dieci punti ci hanno messo una vita a cicatrizzarsi e hanno lasciato un segno indelebile di quel giorno.
"Tutto bene?" Hailey è davanti a me, mi guarda attenta, sembra aver ripreso il suo solito tono.
Annuisco, cercando di ricompormi. "Allora, chiamiamo per le pizze?"
"SI." quasi urla, poi la sua pancia brontola. "emh... si chiamiamo." ripete imbarazzata.
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