Capitolo 10
Oskar non capiva come si era fatto a far convincere da Fanny, la quale si era fatta convincere a sua volta da un suo amico, ad andare nella cantina di un ragazzo che aveva dato il permesso di fare un incontro illegale.
Com’era tutto iniziato? Facile, aveva risposto ad un messaggio.
5 ore prima
Oskar lavò i piatti con cura e li diede uno alla volta a Merida che li asciugò passandoli ad Athena che li mise al loro posto.
Sorrise asciugandosi le mani. Camminò in camera sua dopo una buonissima cena e una giornata veramente stancante si lanciò sul letto.
Rimbalzò precisamente due volte prima di chiudere gli occhi rilassandosi nel silenzio della sua camera.
Tutta l’atmosfera perfetta per addormentarsi fu rovinata dal vibrare del suo cellulare sul comodino. Per colpa della vibrazione il cellulare cadde e Oskar vide tutta la sua vita passargli davanti.
“No! Il mio bambino no!” rantolò. Con un colpo di reni iniziò a rotolare cadendo e ritrovò il suo cellulare intatto.
“Ohh, per fortuna.”
Mise la password e cliccò sui messaggi sorridendo al nome Fanny Phoenix.
Fanny Phoenix:
Hai da fare?
Piggiò sui tasti con rapidità grazie agli anni di allenamento per scrivere i capitoli delle sue fanfiction prima di perdere l’ispirazione.
Oskar:
No, why?
Fanny Phoenix:
Vuoi venire con me da una parte?
Oskar:
Dove? Quando fai così mi fai sempre preoccupare ahahahah
Fanny Phoenix:
Pensi sempre male. Ti giuro che ti divertirai! Suuuuuuuu vieniiiii non lasciarmi da sola come sempreeeee
Oskar:
Ho paura =P
Oskar:
Lo chiedo ai miei, un secondo
Fanny Phoenix:
Asp
Lasciò il telefono sul letto. Camminò né con troppa fretta né troppo lentamente per non allarmarli e scese in salotto dove gli altri guardavano la televisione.
“Papà, mamma?”
I due si voltarono al suono della sua voce chiedendo in silezio il perché li avesse chiamati.
“Fanny mi ha chiesto adesso se posso andare a dormire da lei. Posso?”
Il padre aggrottò le sopracciglia e la fronte come quando non riusciva a capire la scrittura di uno dei suoi studenti di corso. Guardò l’orologio."Oskar, sono quasi le dieci di sera. Non vorrai uscire adesso con la bicicletta o a piedi? E poi domani vi dovete svegliare presto. Non credo che sia il caso d-” ma si bloccò sentendo la mano della moglie sulla coscia, si voltò verso di lei.
Oskar cercò di capire quella conversazione silenziosa fatta solo di sguardi. Dovette rinunciare, non avrebbe mai capito come ci riuscivano.
Il padre sospirò e si rivoltò verso di lui “Okay, maaaa solo se ti viene a prendere, andate a dormire presto e non fate cose pericolose come l’altra volta.”
Il corvino sorrise entusiasta del permesso e baciò tutti e due sulle guance e corse in camera scrivendo tutto quanto in un millisecondo ricevendo altrettanto velocemente la risposta.
Fanny Phoenix:
Preparati, tra mezz’ora ti vengo a prendere e andiamo a casa mia perché siamo molto in anticipo MUAHAHAHAHAHAH
Oskar:
Ho già detto di avere paura?!
Era iniziato tutto da lì e adesso si ritrovava con una maglione grigio con qualche strappo fatto di proposito, skinny jeans neri che gli fermavano la circolazione, i capelli spettinati in ogni direnzione.
“Perché siamo qui?” urlò nell’orecchio della sua amica dai capelli viola, la quale chiacchierava con certi ragazzi in un angolo.
Lei lo guardò e rise “Perché? C’è Re Seth che combatte contro il migliore della città rivale! Dobbiamo essere qui a sostenerlo!”
“Re Seth? Ma chi caspio è questo?”
Lei lo continuò ad osservare, questa volta con una luce divertita ad illuminarle gli occhi azzurri. “Oh lo conosci bene, benissimo.”
Oskar pensò che ci mancava solo la risata malvagia con il tuono in sottofondo per finire il tutto.
“Sei fortunato che abbiamo trovato il posto. Peccato che non l’hai visto entrare, i miei amici qui lo hanno anche salutato. Re Seth è il migliore!” e delle urla di conferma si fecero sentire da tutte le direzioni.
“Heeeey calma gente! Tra poco si inizia il motivo per cui- indicò il pubblico- siete qui.” disse un ragazzo con un microfono in mano e sorrise mostrando due fossette enormi ai lati delle guance.
Oskar sospirò estasiato. Le fossette sono almeno cinquanta punti in più in un ragazzo!
“Bene. Vi vedo elettrizzati e per chi non sapesse il perché, beh- sorrise biricchino- ci sono io qui. Che mi pagherei a fare se non per questo?”
Tutti risero e uno o due urlarono che era un grande.
“Sono le due e le scommesse sono appena state chiuse. Alla mia destra lo sfidante! Tutti qui lo odiano perché beh, facile, -rise di nuovo portando tutti a ridere con lui- cerca di togliere dal trono al nostro re. Il Nativooooo alla mia destraaaa!” infine indicò un ragazzo con una treccia nera fino al fondoschiena, il quale camminò nel cerchio senza fregarsene più di tanto ai “Buuuu” delle persone ubriache e non.
Anche Fanny iniziò a gufare lanciando anche degli insulti molto pesanti che meravigliarono il corvino. Sapeva che la sua amica aveva il linguaggio di uno scaricatore di porto quando voleva tuttavia questo era impensabile.
“Wooow! Gente- ridacchiò sempre il conduttore affascinando tutta la stanza- neanche a New York siamo così gufatori contro le squadre rivali. Mi piace.”
Tutti applaudirono mentre l’altro se ne stava sopra a una sedia in mezzo al cerchio sorridendo a tutti e quando qualcuno urlava “Florian, sei un grande!” oppure “Florian, sei il migliore!” lui faceva un occhiolino in direzione della voce.
In quell’atmosfera anche Oskar iniziò ad eccitarsi. Gli sembrò di stare in una delle fanfiction lette in cui il protagonista si ritrova in una situazione del genere e finisce che il ragazzo figo lo salva da qualcuno che se lo vuole portare a letto.
Sicuramente tutti erano troppo elettrizzati per cercare di stuprarlo e nessun ragazzo figo lo avrebbe salvato. Era eccitato, così elettrizzato da prendere Fanny per la mano e spingersi in quella massa senza forma di ragazzi e ragazze ubriachi e strillanti per arrivare in prima fila.
“E alla mia sinistra c’è un ragazzo che non ha bisogno di essere presentato ma lo farò ugualmente perché mi diverto.” un sospiro e Oskar non vedeva l’ora vedere chi fosse questo Re Pugile. “Signorine e signori, qui con noi c’è il re- enfatizzò la parola ‘re’- indiscusso di tutti questi incontri. Mai battutto dalla sua prima volta tre anni fa. Saguinario, crudele, che terrorizza chiunque senta il suo nome. L’imbattuto, Reeeee questo potete dirlo anche voi.”
Tutta la stanza esplose in un “SETH! SETH! SETH! SETH! SETH!” con Oskar al seguito.
Non che gli piacessero queste cose, anzi odiava tutto ciò che significava violenza anche se molte volte la sua parte fanboy prevaleva in azioni molto, molto, ma molto violente.
Oskar gridò insieme agli altri stringendo la mano a Fanny sorridendo per quella unione solidale illegale.
Stette per dire l’ennesimo “SETH” quando il re uscì dalla sua tenda e il nome morì sulle sue labbra con un flebile “Igor?”
Ci volle un istante per riprendersi dallo shock del momento e urlare a squarciagola il vero nome del re, per richiamarlo a sé adesso non molto più felice di stare lì.
Gridò per una seconda volta ricevendo in cambio un pugno sulla spalla da parte della sua amica Fanny.
“Ma perché!” strillò toccandosi offeso la parte lesa.
“Sta’. ZITTO! Qui nessuno chiama nessuno col proprio nome quando si combatte!”
“Ma perché!”
Quella lo osservò pensandoci e fece spallucce “Non lo so neanch’io. È una delle regole, quindi non farmi pentire di averti portato.”
Il ragazzo con gli occhiali alzò gli occhi al cielo con fare scocciato. “Io mi sono pentito di venire.” bisbigliò tornando con gli occhi su Igor e saltò all’indietro dando una gomitata nello stomaco ad una ragazza troppo ubriaca per accorgersene quando vide gli occhi ghiaccio del russo fissarlo sorpreso.
Florian, da come aveva capito il fanboy dalle urla, scivolò via dalla sedia -così fece distogliere l’attenzione di entrambi dall'esaminarsi reciprocamente- disse qualche parola con il viso serio e andò vicino ad un gong dorato.
“Posti di combattimentooooo e ALL’ULTIMO SANGUE!” gridò come tutti quanti del resto nello scantinato pronti a vedere molto sangue.
Il ragazzo dagli occhi grigi si pentì adesso di trovarsi in prima fila, così potè vedere qualunque cosa senza mai riuscire a chiudere gli occhi per lo sgomento.
Igor si posizionò pronto per difendersi da ogni attacco e appena sentì il gong risuonare nelle sue orecchie schivò un colpo, seguito da altri ancora.
Aveva deciso di capire i punti deboli dell’avversario prima di attaccare. Era pronto a tutto per mantenere il suo regno fino alla fine dell’anno e anche il suo record di vincite, tuttavia c’era un piccolo ronzio nel suo cervello che non lo faceva concentrare abbastanza.
Sentiva gli occhi grigi del suo tutor trapassargli la testa però non si permetteva di dare una sbirciata per confermare le sue sensazioni.
Si abbassò sulle ginocchia in tempo per schivare un diretto veloce ma non calcolò la ginocchiata che gli arrivò proprio sul naso.
Si ritrovò di schiena, frastornato dalla botta, percepì il sangue colargli sulle labbra e una voce urlare il suo vero nome.
Quando aprì gli occhi lo vide proprio sopra di sè allontanato solo dalla presa sulle sue spalle della skater con i capelli viola della sua prima volta in biblioteca.
Era diverso con quegli abiti troppo non nel suo stile ma bello.
Sentì la risata del Nativo perforargli il timpano e con una nuova energia si rialzò acclamato da tutti.
Si asciugò il sangue con il dorso della mano senza fare una piega e lo fissò in cagnesco pronto a far vedere chi aveva il comando in tutto quello.
Ringhiò piano e gutturalmente.
Gli erano bastate poche mosse per capire che il suo sfidante, anche se agile e forte, era impulsivo. Troppo impulsivo.
Fallo arrabbiare. Lo devi far incazzare e non capirà più niente.
Così con un nuovo piano in testa mise il sorrise più strafottente che c’era nel suo repertorio di sorrisi strafottenti.
“Hey Pocahontas!- lo richiamò- Per te quella era una ginocchiata? Anche mia nonna saprebbe fare di meglio!”
L’altro, sentendolo, partì all’attacco con un jeb pronto ma Igor fu più veloce e lo schivò piroettando su sé stesso e tirando la lunga treccia per farlo ancora di più incazzare.
Questo giochetto da parte del russo durò per qualche altro minuto mentre saltava, rotolava nel cerchio senza mai fermarsi tirando la treccia o dando dei piccoli calci nel fondoschiena dell’altro.
Poi decise che tutti si erano divertiti abbastanza e si fece prendere e stendere dalla ferocia del Nativo.
Quello gli cominciò a tempestare la faccia di pugni veloci e Igor sorrise interiormente perché il suo piano stava funzionado.
La sua faccia non avrebbe retto per molto e sentì il naso cominciare di nuovo a sanguinare.
Il Nativo iniziò a rallentare le scariche di pugni per la stanchezza e il biondo riuscì con un gancio a liberarsi e vendicare la sua faccia con la stessa moneta, però ancora più forte.
Lui non si era stancato, era fresco come una rosa -era per dire- e poteva continuare a martoriarlo per ore prima che le sue pile si scaricassero del tutto.
Non si risparmiò rompendo così l’osso dello zigomo sinistro mentre lo sfidante cercava di controbattere invano.
Igor ormai era troppo Re Seth, la ferocia si impadronì di lui e continuò sentendo in sottofondo le urla di piacere della folla, dimenticandosi della presenza del suo tutor.
Puff… niente tranne che il sangue.
Si svegliò dalla trance quando uno schizzo di sangue gli colpì l’occhio e dovettere smettere per pulirselo.
Infine il gong. L’incontro era finito, più facile di quanto pensasse.
Il sorriso, che dopo ogni vittoria aveva, tornò, fiero di aver mantenuto la sua parola e il suo trono.
Quelli dello ‘staff’ trascinarono via il Nativo nella sua tenda e vide il quasi-medico entrare di fretta dopo di loro. Florian tornò sulla sedia dopo averla fatta trascinare e gli prese il polso alzandolo e con esso il rumore della folla.
Sorrise fiero della sua vittoria. Orgoglioso che ancora una volta Seth si era fatto valere, aveva sconfitto il nemico.
Cari lettori, vi ricordate quando vi ho raccontato che nessuno poteva togliere quel sorriso dal viso sporco di sangue di Igor? Beh, mi sbagliavo, qualcuno c’è.
Il russo gridò insieme a tutti il suo nome “SETH SETH SETH SETH SETH!”
Lasciò che il suo ‘popolo’ lo acclamasse e cercò con lo sguardo felice il suo tutor per mostrargli ciò che era.
Trovò solo due grandi occhi grigi terrorizzati dietro a degli occhiali neri. Lì si riscosse, abbassò il braccio e in qualche modo si sentì sbagliato per quello che faceva. Sbagliata la voglia di sangue o quel sorriso orgoglioso.
Si sentì un mostro nel vero senso della parola.
Fece un passo in avanti e Oskar tremò di terrore prima di voltarsi, lasciare Fanny urlante e cercare di farsi largo nella mischia di persone.
Igor lo seguì. Era stanco e tutte quelle persone lo toccavano e cercavano di fermarlo per parlargli ma lui voleva solo una persona.
Non sapeva perché si volesse giustificare proprio con Oskar. Forse, perché era stato l’unico a non giudicarlo un fallito, senza un vero futuro o qualcos’altro. Lo trattava come una persona normale e a Igor piaceva un po’ di normalitá nella sua vita senza.
Corse su per le scale e fuori dalla casa ancora in pantaloncini e sporco di sangue dai capelli fino ai piedi.
Suo e non.
“Oskar!” lo chiamò e riuscì a prenderlo per l’avambraccio.
“Oskar, ti prego, calmati.”
Il più piccolo si nascose nel suo maglione alla ‘moda’ e non cercò neanche di guardare in faccia il suo studente.
“Oskar, fammi spiegare.” provò a toccargli il braccio per rassicurarlo ma l’altro si scostò impaurito.
Il russo spalancò gli occhi e passò la stessa mano tra i capelli bagnati dal sudore.
Si sarebbe ammalato di polmonite sicuramente se non si fosse messo qualcosa per riscaldarsi. Il vento soffiava anche se meno freddo degli ultimi tempi. L’inverno se ne stava andando, piano piano ma lo stava facendo.
“Oskar.” lo chiamò per la terza volta non incontrando i suoi occhi e questo gli fece montare la rabbia.
“QUANDO TI PARLO MI DEVI GUARDARE NEGLI OCCHI!”
Reazione? Il ragazzo moro era ancora più impaurito però alzò lento lo sguardo e vide il corpo scolpito di Igor in tutta la sua bellezza anche se sporco di rosso, tagliato e con molti lividi l’indomani.
“S-sei pazzo a stare qui fuori senza un giac-cchetto. Po-potresti ammalarti.” disse prendendo il giacchetto annodato in vita e cercando di sistemarlo bene il più possibile senza toccare il petto.
Le mani gli tremavano e non riusciva a non lanciare degli sguardi ai pettorali o ai bicipiti.
Il corpo del russo è perfetto, pensò Oskar, Non è pompato ma ha i giusti muscoli che, oh miei dei, mi faranno impazzi- Oskar contieniti dallo sbavare.
Igor sorrise per le azioni del suo tutor e anche per il giacchetto troppo piccolo per il suo corpo.
Gli prese le mani in quella sinistra facendo bloccare del tutto con gli occhi spalancati il corvino, e con la destra gli alzò il viso così le loro fronti si toccarono.
Il pugile si dovette abbassare di molto per farlo. “Non aver paura di me.” bisbigliò come se fosse un segreto.
“Perché io non dovrei e gli altri sì?” bisbigliò di rimando Oskar che si stava calmando dallo shock iniziale.
“Perché… perché tu sei diverso.”
“In che modo?”
Igor rise senza togliere il contatto fra le loro fronti o quello visivo. “Cerchi sempre di complicarmi la vita, eh.”
Anche quello con gli occhiali rise poco “È il mio compito da tutor.”
“Non dovresti spiegarmi le cose?”
“In questo caso lo devi fare tu a me.”
Il biondo prese un lungo respiro prendendo coraggio “Sei speciale. Sei l’unico che non mi giudica un mostro… almeno prima di oggi.”
Oskar chiuse gli occhi. Non riusciva a resistere all’intensità negli occhi di ghiaccio del più grande.
“Non sei un mostro. Mi hai solo terrorizzato per la freddezza nei tuoi gesti. E anche di vederti morto in quel cerchio.”
“Sei preoccupato per me?” lo derise e il corvino si staccò per incrociare le braccia offeso. “Sei il mio miglior alunno. Non sai quanto è ottuso Jeff Jeffling, flirta sempre con tutto ciò che respira e non sta mai attento.”
“Quiiindi- iniziò con nonchalance- questo Jeff Jeffling flirta anche con te.”
Oskar lo fissò e annuì “Non sai che allusioni fa. Se almeno fossero divertenti.”
“Uhmmm”
“Tutto okay?” chiese il più piccolo osservando come i pugni dell’altro si erano chiusi di scatto.
“Benissimo.” ma non per Jeff Jeffling.
Il moro guardò l’orologio da nonno al suo polso e sbadigliò mettendosi una mano sulla bocca. “Dovrei andare.”
“Ti serve un passaggio?”
“No. Sono con un’amica, Fanny. Ti ricordi la skater dai lunghi capelli viola?”
Igor annuì, già l’aveva intravista.
“Sto con lei. La devo solo trov-”
“Ah! Ecco dove ti sei cacciato.” entrò in scena proprio la ragazza prendendo sottobraccio il suo amico.
“Oh per tutti gli skate Re Seth!- prese il cellulare- Possiamo scattarci una foto insieme?”
“Fanny, è tardi. Voglio andare a dormire.”
“Sì, sì adesso andiamo. Non è che capita tutti i giorni incontrare Seth.” scattò la foto come se desse un pugno sulla guancia del russo.
“Andiamo nella stessa scuola.” aggrottò le sopracciglia il biondo sorridendo dopo per la seconda foto anche se il viso gli faceva un male cane.
“Dovete proprio rovinare i miei sogni. Okay andiamo. Sei stato un grande Seth! Il migliore!”
“Grazie e Oskar noi ci vediamo in biblioteca.”
“Ehm, no. La biblioteca è chiusa per pulizie. La stanno rimettendo in ordine. Io ehm… ti ricordi dov’è casa mia?”
L’altro annuì. “Ci andiamo insieme dopo pranzo se vuoi.”
Igor sorrise luminoso “Sarebbe fantastico.”
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