Giugno
Capitolo 2
Giugno è il mese che amo.
Se dovessi associare un colore al mese di giugno, questo sarebbe l'azzurro.
L'azzurro mi ricorda il cielo. Il cielo senza nuvole. Il cielo di giugno. Giugno è quasi estate. A giugno stai aspettando l'estate ma stai bene anche così. Ti va bene anche così.
Amo giugno.
Quando vivi a Londra il cielo azzurro è come l'arcobaleno. Ti piace guardarlo perché non sai quanto durerà.
Giugno a Los Angeles è già piena estate e i 30 gradi lo dimostrano.
La prima settimana a LA è già passata e non sono d'accordo con mia madre che mi dice che ho già perso di vista il mio obiettivo perché l'ho trascorsa tra Starbucks, spiaggia, camminata sulla Hollywood Walk of Fame e nel mio piccolo appartamento ad Hollywood West sponsorizzato da loro, usando quasi la metà dei soldi che mi avevano dato (ma questo è un dettaglio che mi sono premurata di non raccontare). Ma le ho promesso che oggi mi darò da fare.
Ho fatto un po' la turista.
Il mio appartamento è carino. Non è molto grande ma è adorabile.
È quasi interamente bianco, come piace a me, c'è un piccolo salottino vicino l'entrata con un divano e di fronte una TV. Subito dopo la cucina che non ho ancora avuto il piacere di usare, la mia stanza con un letto matrimoniale e una grande finestra e nella stanza una porta con un bagno. La mia parte preferita è la piccola terrazza che c'è nella parte posteriore dell appartamento sul mio balcone. Grazie mille papà!
È un bel appartamento e la zona è molto carina, piena di bar, negozi e ristoranti.
A pochi passi dal mio appartamento c'è un tranquillo bar dove ormai vado tutte le mattine, il "The shell". Ho fatto già amicizia con le cameriere dal primo giorno.
Mi siedo nella parte esterna del bar che a quest ora è completamente vuota, con il mio portatile, il frappé alla fragola e la Wi-Fi libera.
Tutto ciò che mi serve in questo momento.
Spinta dal senso di responsabilità cerco "corso professionale di fotografia" nelle zone.
Visto che dal prossimo mese dovrò finanziarlo da sola mi tocca cercate anche annunci lavorativi.
Sono solo le 8 del mattino. Mi piace svegliarmi presto da quando sono qui. Mi godo questa città ad ogni ora.
Mentre digito e cerco, sento e vedo con la coda dell'occhio che qualcuno si siede al tavolo di fronte al mio.
Mi sento infastidita. Pensavo di avere questo spazio tutto per me ancora per un po'.
Vedo che è un ragazzo ma non riesco a inquadrarlo bene perché non è proprio nella mia visuale dalla sua posizione. Vedo solo il suo profilo.
«Un caffè lungo con cannella» ordina.
Il suo accento è inglese. Non capisco come un inglese o chiunque al mondo riesca a bere una roba del genere. Un caffè tanto dolce da essere disgustoso.
Un punto a suo favore perché è inglese come me, ma lo perde subito per via del caffè e perché ha invaso il "mio" spazio.
Mi ritrovo ad analizzarlo. Sembra non essersi accorto di me. Ha la testa china sul suo caffè. Non so perché. Mi incuriosisce.
Forse perché, come me, si trova in un bar deserto alle 8 del mattino, con un disgustoso caffè in mano, jeans scuri, maglia a mezze maniche bianca, occhiali da sole e... un cappello di lana in testa? A Giugno? A Los Angeles?
Penso "amico davvero? 28 gradi e tu ti metti il cappello di lana?"
Credo di essermi lasciata scappare una risatina durante la mia analisi perché di scatto si gira nella mia direzione.
Colta in flagrante e leggermente rossa in viso per le lieve figuraccia, torno con gli occhi sul mio portatile, ma mi rendo conto che il mio tentativo di salvare la dignità è inutile quando lo sento ridacchiare, ma non demordo e continuo a fissare il portatile.
«Guarda che ti ho visto che mi fissavi. Nessuno ti ha mai detto che è da maleducati?» dice a testa bassa con la voce roca. Alzo lo sguardo cercando di sembrare più naturale possibile
«Parli con me?» dico, lui si guarda intorno poi guarda me
«Perché? Tu vedi qualcun altro?» dice divertito. Vedo il suo sorriso.
Mi guardo intorno anche io, certo che non c'è nessuno, che stupida.
Sicura e fintamente fiera prendo un respiro
«No. In effetti non vedo nessuno. Ma comunque non ti stavo fissando. È stato solo un attimo.»
Non sentendo nessuna risposta alzo lo sguardo verso di lui, che già mi guardava con un ghigno sul volto nascosto dagli occhiali da sole.
«Vuoi una foto? Autografo? Firma sulle tette?» Dice con un ghigno.
Firma sulle tette? È ubriaco? Perché diavolo dovrei volere le tette firmate?
«No grazie. Sto apposto così» dico. Credo di sentire un accennato «come vuoi» da parte sua.
Perché ha pensato che volessi un autografo? Ma chi è?
Torno a fissarlo per cercare di capire, non lo vedo bene, ma non credo di conoscerlo.
Prima di essere beccata di nuovo a fissarlo e prima che pensi che sono una delle migliori stolker, decido di lasciar perdere e torno sul mio portatile.
Trovo un annuncio interessante per il corso di fotografia; dura 4 mesi e il prezzo potrebbe fare al caso mio ma ovviamente non senza un lavoro.
Salvo la pagina e vado a quella degli annunci di lavoro.
Sono talmente concentrata da non rendermi conto che la sedia di fronte a me viene girata e il ragazzo strano con il cappello di lana verde si mette a cavalcioni sulla sedia e me lo ritrovo davanti.
«Sei inglese anche tu non è vero? Di dove precisamente?» mi chiede.
Un po' stranita, un po infastidita alzo lo sguardo e punto gli occhi nei suoi occhiali, poi al suo cappello, ai ricci che escono da quel dannato cappello, e di nuovo ai suoi occhiali.
Mi decido a rispondere per non sembrare maleducata e perché credo che altrimenti sembrerei una babbea se stessi ancora in silenzio a fissarlo «Si. Londra. Chelsea per la precisione» dico.
«Wow! Bel posto quello». Lo guardo incuriosita
«Ci sei mai stato?» gli chiedo
«No. Mai.» alzo un sopracciglio dopo la sua risposta, prendo un sospiro, poi lui continua «io vengo dal Cheshire, Holmes Chapel».
«Bel posto quello» dico, lui mi guarda un po' stupito
«Perché? Ci sei mai stata?»
«No. Mai.» Mi fissa per un po'
«Touchè» dice.
«Perché sei in America?» dice guardandomi incuriosito. Alzo di nuovo lo sguardo su di lui
«Perchè dovrei dirtelo, nemmeno ti conosco» gli dico, mi guarda un po' stranito, poi allunga una mano verso di me
«Piacere, Harry. Allora? Cosa ci fai in America?»
Stringo la sua mano riluttante e lo guardo un po' scettica e anche un po' divertita.
La sua mano è ancora legata alla mia, Faccio per rispondere ma vengo interrotta dal suo telefono che suona, quasi seccato lo prende e legge il messaggio; smetto di fissarlo e ritiro la mano quando mi guarda, e si alza di fretta
«Devo andare. Magari la prossima volta»
Alzo un sopracciglio e lo guardò mentre si alza e va verso il suo tavolo e lo vedo lasciare delle banconote e poi si dirige verso l'uscita, e mentre lo fa, penso che poi non dava così tanto fastidio.
Prima di uscire però, si ferma vicino al mio tavolo e si gira nella mia direzione
«Non ricordo il tuo nome»
«Sarà perché non te l'ho detto».. Resta a guardarmi per pochi secondi, prima di togliere gli occhiali da sole in un gesto quasi automatico e metterli sulla testa tirando via il cappello.
La prima cosa che penso è un raggio di sole.
Ora si che lo vedo bene. I suoi occhi sono verdi, che così non li avevo mai visti, i suoi capelli un po' lunghi sono ribelli e tirati dietro con un gesto naturale della mano, come se la sua mano fosse stata creata per quello, per spostare i suoi capelli, mi viene voglia di toccarli anche io, come fa lui, distolgo là mente, le sue labbra rosa e perfette, mi ci soffermo un po' di piu, ha il braccio sinistro pieno di tatuaggi, non vedo più la pelle e mi ritrovo a pensare che è bizzarro il fatto che quello destro sia nudo, con solo un tatuaggio, le sue braccia sono belle, sembra che sia nato con quei tatuaggi, sembra che siano sempre stati li, sempre suoi.
Fa un sorriso tirato e fa per andarsene, è quasi all'uscita, e io mi risveglio dal mio stato di trance «È Mia» si ferma, ma non si gira. «Il mio nome» .
Finalmente si gira e mi guarda sorridendo.
«Ciao Mia»
E va via.
Ciao a tutti :)
Questo è il secondo capitolo ed è più lungo. Il primo incontro tra Mia e Harry.
Fatemi sapere cosa ne pensate e commentate.
Ci vediamo al prossimo capitolo.
G.
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