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"Non dovresti tenerla così," disse Carl, osservandomi mentre cercavo di avvolgere la piccola in una coperta troppo grande per lei.
"Così come?" ribattei, sollevando lo sguardo.
"Stretta. Non riesce nemmeno a muoversi."
Sbuffai piano. "Ha freddo, Carl. E fuori non è che ci sia un camino acceso ad aspettarci."
Lui scosse la testa con un mezzo sorriso, avvicinandosi. "Dai qua."
Con delicatezza, prese nostra figlia tra le sue braccia, muovendosi con una sicurezza che all’inizio non pensavo potesse avere. La coperta la avvolgeva ancora, ma ora sembrava più comoda, più sicura.
"Vedi? Così può respirare, ma resta al caldo."
Lo osservai per un attimo, lasciandomi sfuggire un sorriso stanco.
"Sai che sembri quasi bravo in questo?" scherzai.
"Quasi?" Alzò un sopracciglio, ma gli occhi si addolcirono mentre guardava la piccola.
Un colpo di vento fischiò fuori dalle mura di Alexandria, facendo tremare le finestre. Istintivamente, mi strinsi di più nella giacca.
"Smetterà mai di fare così freddo?" mormorai, più a me stessa che a lui.
Carl alzò lo sguardo verso la finestra, le mani che accarezzavano piano la schiena di nostra figlia.
"Non fuori. Ma qui dentro…" Si voltò verso di me, gli occhi limpidi. "Qui dentro va bene."
Restammo in silenzio per un momento, interrotti solo dal respiro leggero della bambina tra di noi.
Poi Carl si schiarì la voce. "Domani voglio andare al muro con Aaron. Dice che alcune assi scricchiolano."
Incrociai le braccia. "E se invece restassi qui con noi?"
Lui esitò, ma poi scosse la testa. "Non posso. Se quelle assi cedono, non saremo al sicuro. Neanche lei."
Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro.
"Lo so," sussurrai. "Ma ogni volta che esci, ho paura che non torni."
Carl si avvicinò, poggiando la fronte sulla mia.
"Torno sempre, Mad. Sempre."
Chiusi gli occhi, cercando di credergli.
Carl si chinò piano sulla culla improvvisata, sistemando con cura la coperta attorno alla piccola. La osservai in silenzio, seguendo i suoi movimenti lenti e sicuri. Sfiorò appena la fronte di nostra figlia con le labbra, un gesto così delicato che mi fece stringere il cuore.
Mi passai una mano tra i capelli, lasciando che lo sguardo si perdesse nella stanza fiocamente illuminata.
Erano passati anni. Anni di paura, di battaglie, di fughe continue. Eppure eccoci lì, tra quelle mura, a cullare la nostra bambina come se il mondo non fosse crollato. Alexandria ci aveva offerto una tregua, un fragile rifugio. Non era la normalità, ma era tutto ciò che avevamo.
Carl si voltò verso di me, i passi leggeri sul pavimento di legno. Mi raggiunse senza dire nulla, fermandosi davanti a me. Le sue mani scivolarono lente lungo i miei fianchi, calde e sicure, stringendomi piano.
Abbassò il capo e posò un bacio morbido sulla mia guancia, sfiorando appena la pelle.
"Va tutto bene," sussurrò, la voce bassa, vicina al mio orecchio.
Chiusi gli occhi per un momento, lasciandomi avvolgere da quel contatto, da quel calore.
Le sue mani si mossero, una risalì lungo la mia schiena, l'altra rimase ferma sul fianco, come a volermi ancorare a lui.
"Ci stai credendo almeno un po’?" mormorò, il fiato caldo contro la mia pelle.
Aprii piano gli occhi, sollevando lo sguardo verso il suo.
"Forse."
Un accenno di sorriso gli sfiorò le labbra
Carl rimase ancora un momento a guardarmi, le mani ferme sui miei fianchi. I suoi pollici tracciavano cerchi lenti, quasi senza rendersene conto. I suoi occhi si fissarono nei miei, intensi e profondi.
"Sei sempre bellissima," mormorò, la voce ruvida ma sincera.
Inarcii un sopracciglio, sorpresa. "Dopo tutto questo tempo? Con queste occhiaie e i capelli arruffati?"
Lui sorrise appena, scuotendo piano la testa. "Proprio come quando ti ho conosciuta. Non è cambiato niente."
Abbassò lo sguardo solo per un istante, poi tornò a cercare i miei occhi.
"E ti amo esattamente come il primo giorno. Forse anche di più."
Le sue parole mi colpirono in pieno petto.
Sentii il nodo che mi stringeva lo stomaco sciogliersi lentamente.
Carl avvicinò il viso al mio e sfiorò le mie labbra con un bacio lento, profondo, che sapeva di promessa e di rifugio.
Le sue mani mi tenevano salda, una sulla schiena, l’altra sul fianco, come se volesse proteggermi da tutto.
Chiusi gli occhi, lasciandomi andare a quel momento.
"Anch’io ti amo," sussurrai contro le sue labbra. "Nonostante tutto… e forse proprio per tutto."
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