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Era una giornata tranquilla

Il sole tiepido accarezzava la mia pelle mentre passeggiavo godendomi un raro momento di solitudine

Carl era rimasto a casa, promettendomi che avrebbe usato quel tempo per riflettere

Da quando mi aveva scritto quella lettera, sembrava davvero impegnato a cambiare, lo vedevo nei suoi occhi, nei gesti piccoli ma significativi: la sua mano che si stringeva in un pugno quando qualcuno mi fissava troppo a lungo, solo per rilassarsi subito dopo. Stavolta si tratteneva, ci stava provando

Mi sedetti su una panchina vicino al laghetto e tirai fuori il mio libro, lasciandomi trasportare dalla storia

"Scusa, hai un accendino?" La voce mi fece alzare lo sguardo, era un ragazzo alto, con un sorriso sfacciato e lo sguardo che scivolava su di me in un modo che mi fece sentire a disagio

"No, non fumo," risposi, cercando di tornare al mio libro

"Ah, allora scusa... Posso sedermi?" chiese senza aspettare una risposta, già abbassandosi accanto a me

"Certo," dissi, più per educazione che per reale interesse

All’inizio pensai che sarebbe rimasto lì in silenzio, ma non fu così. Iniziò a parlare, a farmi domande personali. "Vieni spesso qui? Sei sola? Hai un ragazzo?"

"Sì, ho un ragazzo," risposi secca, sperando che capisse il messaggio, ma non si fermò

"Un ragazzo fortunato, immagino... Anche se, sai, se fossi il tuo ragazzo non ti lascerei mai sola in un posto come questo" disse, inclinando la testa con un sorrisetto

Sorrisi nervosa, cercando un modo per allontanarlo senza creare una scena. Ma prima che potessi dire qualcosa, sentii una presenza familiare. Carl. Era poco distante, immobile, con le mani infilate nelle tasche e lo sguardo che seguiva ogni mossa del ragazzo

Non fece nulla, non disse nulla, ma io lo vidi, la mascella serrata, i pugni che si chiudevano e si aprivano nelle tasche, come se stesse combattendo contro se stesso, sapevo cosa stava succedendo nella sua testa, ma per la prima volta vidi anche qualcosa di diverso: stava resistendo, stava mantenendo il controllo, per me.

"Scusa, ho da fare," dissi al ragazzo, alzandomi, ma lui si mise in piedi davanti a me, bloccandomi

"Dai, non essere fredda... Solo un po' di compagnia" disse, avvicinandosi troppo Sentii il panico montarmi dentro

Mi girai per cercare Carl, ma non lo vidi più

forse se n’era andato, forse aveva deciso di lasciarmi gestire la situazione da sola

"Mi fai passare, per favore?" dissi

"Tranquilla, voglio solo parlare" insistette, allungando una mano verso il mio braccio

Fu allora che lo sentii, la voce di Carl, bassa ma tagliente

"Credo che lei ti abbia chiesto di lasciarla in pace"

Il ragazzo si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con Carl

La tensione nell'aria era palpabile, Carl era immobile, ma i suoi occhi erano fissi su di lui, un avvertimento silenzioso

"Ah, tu sei il famoso ragazzo" disse l'altro con un sorrisetto, ma non si mosse, anzi, posò di nuovo la mano sul mio braccio.

"Carl…" lo chiamai

"Sto bene," rispose senza guardarmi, ma io lo vedevo: le mani strette a pugno, le spalle rigide, combatteva contro l'impulso di intervenire

"Cosa vuoi fare, eh?" provocò il ragazzo, stringendo leggermente la presa sul mio braccio

"Lasciami!" dissi, alzando la voce, mi liberai con uno strattone, ma lui continuò a starmi troppo vicino

"Ti ho detto che non mi interessa parlare con te!"

Carl si mosse. Fece un passo avanti, ma si fermò, guardandomi.

"Vuoi che lo fermi?" mi chiese

Ci misi un attimo a capire, lui aspettava il mio segnale, non voleva agire senza il mio consenso

Annuii, non avrei dovuto, forse, ma in quel momento, il senso di paura e disagio era troppo forte

Con un movimento rapido, Carl afferrò il ragazzo per la maglia e lo spinse lontano da me

Non lo colpì subito, aspettò che quello provasse a reagire, fu solo quando il ragazzo fece un gesto verso di me che Carl perse la pazienza

Il primo pugno fu diretto, deciso, e il ragazzo indietreggiò, visibilmente spaventato.

"Basta, basta" dice, alzando le mani in segno di resa, Carl lo lasciò andare, il respiro pesante, mentre io rimanevo immobile, il cuore che batteva all’impazzata

Non disse nulla, non mi guardò nemmeno mentre il ragazzo si allontanava di corsa, loi, finalmente, si voltò verso di me, e nei suoi occhi vidi una lotta interna

"Scusa," disse, prima che potessi parlare.

Scossi la testa

"Andiamo a casa," dissi piano, e lui mi seguì senza discutere

Quella sera, mentre medicavo di nuovo le sue mani, sapevo che aveva fatto progressi

Non era perfetto, non lo sarebbe stato per molto tempo, ma aveva cercato di fermarsi, e per ora, quello mi bastava

La giornata proseguì tranquilla, come se nulla fosse accaduto

Carl era silenzioso, ma mi seguiva ovunque andassi per casa

Non dissi nulla, lasciandolo gestire i suoi pensieri

Quando il pomeriggio scivolò nella sera, iniziammo a prepararci per la cena a casa di Enid

Mentre mi truccavo davanti allo specchio, tirai fuori dall’armadio un vestito corto e attillato

Mentre lo infilavo, mi accorsi del riflesso di Carl dietro di me

Si era appoggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate

"Non va bene," disse alla fine, la voce bassa

Mi voltai verso di lui, confusa

"Cosa non va bene?"

"Quel vestito." I suoi occhi si posarono su di me, percorrendo ogni centimetro del mio corpo con uno sguardo a metà tra l'ammirazione e l'irritazione

"È troppo corto. Troppo attillato."

Scoppiai a ridere

"Carl, per favore! Non c'è nulla di speciale da vedere." Alzai le braccia in un gesto teatrale, sottolineando la mia figura

La sua mascella si irrigidì, e si staccò dalla porta, avvicinandosi

"Nulla di speciale? Davvero?" Si fermò di fronte a me, e la sua mano sfiorò la curva del mio fianco

"Ti elenco solo alcune cose: il modo in cui questo vestito ti sta aderente, come mette in risalto la tua vita, le tue gambe…" si trattenne dal dire qualcosa di pervertito

"e quel modo in cui ti muovi, naturale, senza nemmeno renderti conto che attiri sguardi" continuò

Lo guardai, colpita dalla sincerità e dal tono basso, quasi possessivo

"E quindi?" chiesi con un sorriso provocatorio

"Cosa pensi che faranno gli altri uomini?"

Si passò una mano tra i capelli, frustrato

"Io so cosa faranno" Mi fissò intensamente

"Ti guarderanno, penseranno cose, si immagineranno…" Si interruppe, come se le parole gli bruciassero in gola

"Penseranno a come sarebbe avere la tua attenzione, a come sarebbe toccarti."

Inclinai la testa, cercando di trattenere una risata

"Carl, sei un uomo anche tu, no? Scommetto che hai avuto questi pensieri mille volte."

Lo dissi con un tono leggero, quasi scherzoso, ma il modo in cui abbassò lo sguardo e si sfregò la nuca mi fece irrigidire

"Carl?" incalzai, la mia voce più seria ora

"Sì," ammise, senza guardarmi

"È vero. Li ho avuti."

La stanza sembrò gelarsi

Feci un passo indietro, incrociando le braccia sul petto

"Quando?" chiesi, la voce un filo più alta

"Quando stavamo insieme?"

"Non è quello che pensi" rispose subito, alzando lo sguardo per incontrare il mio

"Non era niente di importante. Solo... pensieri. Succede, no? A chiunque."

"Non a me" ribattei, sentendo la rabbia montare

"Non mentre sto con te."

Lui sospirò, come se fosse esausto da una conversazione che io non avevo nemmeno iniziato

"Non significa niente, Mad. Non era niente. Sono sempre stato con te, solo con te."

Scossi la testa, sentendo il sangue ribollire

"Non mi interessa cosa pensi che significhi, Carl. Se hai avuto anche solo per un secondo quei pensieri su qualcun'altra mentre stai con me, allora non mi stai rispettando"

Mi voltai verso l'armadio, decisa a cambiarmi

"Madison, aspetta..." cercò di fermarmi, ma lo ignorai

Tirai fuori un paio di jeans scuri e un maglione semplice, uno di quelli larghi che non attiravano mai l'attenzione. Lo infilai in fretta

"Stai esagerando," disse Carl, la frustrazione evidente nella sua voce

"È naturale, sono pensieri che non controllo. Ma non significa che tu non sia abbastanza per me."

Mi girai verso di lui, gli occhi colmi di rabbia e delusione

"Non è il fatto che tu li abbia avuti. È che pensi che sia normale, che sia ok. Non lo è per me."

Lui rimase immobile, la mascella serrata, ma non disse nulla. Lo superai senza aggiungere altro, andando verso il soggiorno. Non avevo intenzione di parlargli per il resto della serata.

Mentre camminavo via, sentii la sua voce bassa, quasi un sussurro

"Mi dispiace."

Ma non mi voltai.

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