♡︎ capitolo uno
James
Immersi entrambe le mani sotto il getto d’acqua fredda, chiusi gli occhi per rilassarmi, appoggiandole ai bordi del lavandino; tutto il mio peso si concentrò in quelle braccia tese, che iniziarono a tremare. Inspirai ed espirai profondamente, prima di unire i palmi, facendo sì che l’acqua si sistemasse dentro, per poi colpirmi il viso, rinfrescandolo. Portai una mano sulla nuca, facendo un piccolo movimento con il collo, e sentii le ossa scricchiolare.
Dopo aver usufruito dell’unico asciugamano disponibile in bagno, raggiunsi il salotto.
Stanco, mi buttai sul divano a peso morto.
Il senso di colpa per averla trattata male l’ultima volta diede vita a quei pensieri, che iniziarono a confondere la mia mente. Divenne un vero e proprio tormento, ma qualcosa non mi fece del tutto perdere la testa; quel pensiero triste era sopportabile, certo, faceva male, ma non come le altre volte.
E sapevo benissimo cos’era quella cosa, o meglio quel qualcuno, che alleviava il mio dolore: era lei.
Riservavo in un angolo della mia mente il suo ricordo, come se volessi tenerla lontana da quei pensieri negativi. Il suo bel viso era impresso dentro di me, e questo mi tenne a galla.
Mi mancava, quanto mi mancava! Una parte di me aveva voglia di lei, del suo sapore e del suo tocco delicato, ma l’altra, delusa di me stesso, mi faceva abbassare lo sguardo. Ed era proprio quella parte che non voleva che ci incontrassimo, costringendo i ragazzi a tenerla lontana.
L’ultima volta che la vidi fu quella maledetta sera, quando le mie paure rovinarono tutto, e, dopo quel giorno, mi maledii come mai avevo fatto.
Era passato più di un mese e il mio piano aveva funzionato. Mio malgrado, Matt riusciva a tenerla lontana da me. Ogni volta che parlavo al telefono con uno dei ragazzi, e sentivo la sua voce in lontananza, il mio cuore perdeva un battito e mi limitavo a concentrarmi sulla sua figura impressa nei miei ricordi.
La sua mancanza era insostituibile, niente e nessuno l’avrebbe rimpiazzata. Sfortunatamente neanche l’alcool riusciva ad allontanarla dai miei pensieri.
Passai una mano sulla fronte, respirando profondamente l’aria fredda di febbraio che attraversava il balcone aperto. Con lo sguardo perso allungai le gambe sul tavolinetto e, dopo aver sfilato dal pacco una sigaretta, feci sì che la fiamma l’accendesse.
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