WHITNEY
Quasi tre mesi dopo la morte di Whitney Houston, nessuno ancora nel Glee Club se ne capacitava. Era difficile accettare la morte di una cantante così potente e importante. Soprattutto Mercedes, Kurt e Rachel, di cui era idolo, non se ne capacitavano davvero. Per questo motivo il professor Schuester decise che il compito della settimana era «Un tributo per Whitney Houston» come ci disse quel giorno a lezione.
«Siamo sicuri che sia appropriato?» chiese Sam incerto.
Non vi dico che occhiataccia gli lanciò Mercedes.
«Intendo, Whitney non aveva un po' di problemi?» spiegò Sam senza badare a Mercedes.
Avrà avuto anche dei problemi, ma era davvero davvero una grande cantante, nessuno poteva negarlo.
«Il compito della settimana non è giudicare Whitney» lo corresse infatti il professore «Ma celebrare quello che ci ha lasciato, onorarne la memoria e i traguardi» aggiunse poi, specificando cosa avremmo dovuto fare «Voglio che usiate le sue canzoni per scavare nei vostri sentimenti, per esprimere ed esplorare quello che vi succede in questo periodo» disse ancora.
C'erano parecchie canzoni di Whitney per esprimere quello che provavo in quel momento, e cominciai a pensare a tutte quelle che mi venivano in mente per scegliere quella giusta.
Poi Finn mi risvegliò dai miei pensieri chiedendo cosa ci stava esattamente succedendo.
Il professore rispose che per molti di noi erano le ultime settimane al McKinley.
«Ci saranno molti addii, ai vostri amici, o ai vostri amori» disse poi.
Mentre pronunciava queste parole vidi Blaine rattristarsi e abbassare lo sguardo. Finito quell'anno Kurt sarebbe probabilmente partito per New York per andare al college, e sapevo che la cosa lo faceva soffrire molto. Mentre guardavo il mio migliore amico, non so per quale motivo, mi venne un'illuminazione. Nella mia testa apparve il titolo della canzone perfetta da cantare in quel momento.
Però mi bloccai.
Mi era venuto in mente che non avevo mai cantato da sola davanti ai miei compagni di Glee Club, e che quando avevo cantato erano sempre canzoni decisamente non impegnative. Questa volta avrei dovuto cantare una canzone di Whitney, e si sa che le canzoni di Whitney non sono facili, e avrei anche dovuto controllare le emozioni che quella canzone mi provocava. Decisamente non semplice come cosa. Però mi feci coraggio, perché avevo bisogno di esprimere quello che provavo, e la canzone che avevo in testa era perfetta.
«Professore» dissi alzando la mano «So che ci ha appena assegnato il compito, ma ho già in mente una canzone, e vorrei farvela sentire approfittando del coraggio che mi ha preso in questo momento» spiegai quando lo vidi puntare gli occhi su di me.
«Prego, Roxie, tutto tuo!» mi disse lui leggermente divertito, e poi mi lasciò il centro della sala.
Io mi sedetti al piano, e dopo aver preso un bel respiro cominciai a cantare "Where Do Broken Hearts Go". Mentre la cantavo cominciai a immaginarmi tutti i momenti che avevo passato con Nick in un anno e qualche mese di relazione, e mi venne di nuovo il magone, ma mi trattenni. Non volevo piangere davanti a tutti, e dovevo finire la canzone. Ci riuscii, e quando staccai le dita dal piano e voltai lo sguardo verso i miei compagni li vidi emozionati. Kurt e Tina stavano piangendo, e molti altri erano sull'orlo delle lacrime, un po' come me. Poi suonò la campanella, e tutti uscirono di fretta dall'aula per non farsi vedere in lacrime. Io invece rimasi seduta al piano, ancora troppo emozionata per alzarmi.
Il professore si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla.
«Wow! Sei stata fantastica, Roxie!» mi disse, dopo qualche secondo di silenzio.
Io feci un mezzo sorriso per ringraziarlo.
«Finalmente hai mostrato a tutti che sei capace di affrontare una canzone importante da sola, e non solo che sai ballare» aggiunse poi con sguardo fiero.
Io feci un altro sorriso e poi mi alzai e uscii dall'aula raggiungendo il mio armadietto. Non avevo molto da dire, quella canzone era stata davvero difficile da affrontare emotivamente.
«Ehi, che esibizione, Shug!» mi disse il mio migliore amico, che stava sistemando il suo di armadietto.
«Grazie, Blainey» mi limitai a dire io, poi però girando lo sguardo mi accorsi che qualcosa non andava.
«Oggi il professore mi ha ricordato che tra qualche mese Kurt partirà per New York. Non è una cosa che mi rende molto felice sai?» mi spiegò lui quando gli chiesi cosa avesse.
«Capisco» dissi io apprensiva «Ma almeno puoi chiamarlo ancora il tuo ragazzo» gli feci notare tristemente.
Lui mi guardò con pietà e poi si avvicinò per abbracciarmi.
«Non vi siete ancora sentiti?» mi chiese appoggiando la sua testa alla mia.
«È più di una settimana che non so niente di lui» gli risposi io abbassando lo sguardo.
Mi sentivo un po' meglio tra le sue braccia, ma la mancanza di Nick ormai si sentiva davvero davvero tanto.
«E cosa mi dici del piano di Jeff?» mi chiese poi Blaine.
Gli avevo raccontato di quello che aveva in mente Jeff, ma ancora non mi aveva fatto sapere quando lo avremmo messo in atto. E lo dissi anche a Blaine.
Lui annuì, e poi mi disse che era fiducioso che io e Nick saremmo tornati insieme come prima.
«Anche se preferisco quando non hai gli stivali» ammise poi «Sei più bassa, ed è più comodo abbracciarti» spiegò quando lo guardai con aria interrogativa.
«Mi stai dicendo che non vuoi che torni con Nick?» gli chiesi fingendomi indignata, ma conoscendo già la risposta.
«No» mi disse lui «Ti preferisco con un sorriso e gli stivali che senza entrambi» aggiunse poi, lasciandomi un bacio sulla tempia e allontanandosi.
~~~
Stiamo arrivando
Due giorni dopo la mia esibizione al Glee Club, stavo lavorando al Lima Bean quando mi arrivò quel messaggio da Jeff.
Mi si raggelò il sangue.
Non ero pronta!
Non ero pronta per vedere Nick, e non ero neanche nelle mie migliori condizioni.
Per fortuna che almeno non avevo messo la felpa di Blaine!
Poi però mi resi conto che forse era meglio non essere preparata, almeno la cosa sarebbe sembrata puramente casuale. Pochi minuti dopo l'arrivo del messaggio la porta del locale si aprì e vidi entrare Jeff e Nick, stranamente vestiti come persone normali e non con la divisa da Usignoli. Mi venne in mente la prima volta che avevo visto Nick senza la divisa, e un leggero sorriso comparve sul mio volto. Poi mi accorsi che indossava la stessa felpa di quella nostra prima colazione e mi venne un po' di nostalgia. Non so se lui mi vide, perché dopo qualche secondo che li fissavo decisi di tornare al mio lavoro e diedi le spalle alla porta, ma poi arrivò il momento di andare a chiedergli cosa volessero ordinare, e non potei più scappare.
Mi avvicinai al tavolo cercando di regolare il respiro e sperando che non si sentisse il battito del mio cuore, e appena lo raggiunsi ricevetti un sorriso da Jeff che fece finta di essere stupito di vedermi lì.
Mi accorsi che Nick cercava in tutti i modi di non mettere gli occhi su di me, e lo vidi addirittura lanciare un'occhiataccia al suo amico. Evidentemente Jeff lo aveva convinto a venire al Lima Bean dicendogli che era certo che non avessi il turno quel giorno, e probabilmente era per quello che Nick aveva acconsentito.
«Cosa vi porto?» chiesi, cercando di dare un po' di allegria alla mia voce, ma con decisamente scarsi risultati.
«Direi il solito» mi rispose Jeff sorridendo, probabilmente per confortarmi.
«Anche io» rispose Nick puntando finalmente i suoi occhi nei miei.
Quando i nostri sguardi si incrociarono tutto intorno sembrò fermarsi. Non sentivo e vedevo più nulla, solo gli occhi del ragazzo che avevo di fronte, che mi era mancato come poche cose nella mia vita. Mi accorsi subito che Jeff aveva ragione, aveva lo sguardo spento, ma appena i suoi occhi incontrarono i miei vidi qualcosa cambiare, una luce li illuminò, e se possibile, mi innamorai di nuovo.
«Volete altro?» chiesi ancora, risvegliandomi dai miei pensieri e distogliendo lo sguardo da Nick.
«Qualche minuto per parlare» mi rispose lui continuando a guardarmi.
Io rimasi per un attimo senza fiato.
Voleva parlare con me?!
Davvero?!
«Vi porto i vostri ordini e poi sono da te» gli risposi io abbozzando un sorriso.
«Non stacchi alle quattro e mezza?» mi chiese confuso.
«Sì, ma tu hai bisogno di me ora» risposi io annuendo.
Nei suoi occhi lessi dello stupore, e poi mi allontanai per preparare i loro caffè.
Quando glieli portai Jeff fece per alzarsi, ma Nick lo bloccò dicendogli che saremmo usciti noi, e poi mi fece cenno di seguirlo fuori dal locale.
Ci fermammo appena fuori, e lui appoggiò le spalle al muro mentre io mi fermai leggermente in disparte, guardandolo un po' titubante.
Era davvero bello illuminato dalla luce del sole!
Restammo così per qualche secondo, poi lui posò gli occhi su di me e cominciò parlare.
«È più di una settimana che non ci sentiamo» si limitò a dire serio.
«Dodici giorni» precisai io.
Sì, li avevo contati, e assicuro che erano stati i dodici giorni più lunghi della mia vita.
«Pensavo avresti chiamato» disse ancora guardandomi.
«Volevo, ma non avresti risposto» mi difesi io alzando le spalle.
Lo conoscevo abbastanza bene da sapere che il suo orgoglio non lo avrebbe fatto cedere a una semplice chiamata.
«Probabilmente no» ammise lui «Ma avrei capito che ti interessavo ancora» aggiunse poi.
Punto per lui.
«Mi interessi ancora, Nick. Ed è per questo che non ti ho chiamato» dissi però subito «Ho realizzato che avevi bisogno dei tuoi spazi, e te li ho lasciati» spiegai poi, quando lui assunse un'aria interrogativa.
Per qualche secondo vidi della gratitudine mista a sorpresa nei suoi occhi, e mi resi conto che quelle parole lo avevano colpito.
«Ero davvero arrabbiato sai?» mi disse ancora, annuendo per enfatizzare la cosa.
«Lo so» risposi io annuendo a mia volta.
Me ne ero accorta.
Eccome se me ne ero accorta!
Non avevo mai visto i suoi occhi così cupi e pieni di ira.
Mai.
«Ma il secondo dopo averti dato le spalle e aver cominciato ad allontanarmi mi sono pentito di averlo fatto» ammise poi distogliendo lo sguardo da me e puntando gli occhi verso l'alto.
Questo volta ero io a essere rimasta colpita da quelle parole.
Se davvero si era pentito, perché non era tornato indietro?!
Avremmo sistemato le cose, e ci saremmo risparmiati tutta la sofferenza di quegli interminabili dodici giorni di lontananza.
«È stata la prima volta nella mia vita in cui ho considerato di tornare sui miei passi e chiederti scusa» disse ancora, continuando a guardare verso l'alto.
«Non eri tu che dovevi chiedere scusa» gli dissi io scuotendo la testa e abbassando lo sguardo.
«Lo so» disse lui «Ma so anche che tu mi hai fatto qualcosa di particolare, Roxie. Una sorta di incantesimo. Perché mai nella mia vita avrei pensato di potermi pentire così in fretta di qualcosa» aggiunse puntando di nuovo lo sguardo su di me.
Io alzai gli occhi e incontrai i suoi, e mi accorsi che diceva la verità.
«Sono stati i dodici giorni più lunghi e difficili della mia esistenza, Roxie. Per la prima volta mi sono sentito vuoto. Non avevo voglia di fare niente, nemmeno le prove con gli Usignoli» ammise ancora, mantenendo il contatto con i miei occhi.
Quasi mi venne da piangere nel sentirgli dire quelle parole, perché era esattamente quello che avevo provato io. In quei giorni di lontananza era stato difficile anche presentarsi alle prove del Glee Club, che di solito era la cosa che aspettavo di più in tutta la giornata.
«Anche per me è stato difficile» confessai infatti «Ho passato giornate intere a piangere e sperare che ti presentassi a casa mia dicendomi che era stato tutto uno scherzo. Mi svegliavo la mattina e speravo che la cosa non fosse vera, che non fosse successo veramente. Non sono nemmeno più riuscita a indossare gli stivali» aggiunsi guardandomi i piedi sull'ultima frase, un po' perché avevo parlato delle mie scarpe, un po' per non fargli vedere che mi si erano riempiti gli occhi di lacrime.
«Ho notato che hai le sneakers» mi disse lui leggermente divertito.
Io feci un sorriso un po' incerto, e cercai di non piangere, ma fu tutto inutile. Le lacrime cominciarono a scendere sulle mie guance, e non trovai il modo di fermarle.
A quel punto Nick si avvicinò, e si fermò a pochi centimetri da me. Mi era mancato sentirlo così vicino.
«Devi davvero tenere a me se non sei nemmeno riuscita a indossare gli stivali» mi disse poi alzando le sopracciglia leggermente ironico.
«Certo che tengo a te, Nick. E mi sento terribilmente in colpa per quello che ho fatto» ammisi io, mentre le lacrime continuavano a scendere ininterrottamente.
Nick non disse nulla. Si limitò ad avvicinarsi ancora di più, e a prendermi per la vita senza interrompere il contatto tra nostri occhi.
«Mi sei mancata tantissimo» disse, prima di lasciarmi un leggero bacio sulle labbra.
Io chiusi gli occhi, cercando di regolare il respiro e sentendo le forze che tornavano nel mio corpo. Poi gli presi il volto tra le mani e ricambiai il bacio.
Quanto mi erano mancate le sue labbra, il suo profumo, le sue mani!
«Anche tu mi sei mancato» dissi sulle sue labbra.
Finalmente il suo volto si aprì in un sorriso smagliante.
Quanto mi era mancato vedere quella sua espressione!
Sorrisi anche io, e poi ricominciammo a baciarci. Dapprima si concentrò sulle mie labbra, poi cominciò a baciarmi le guance asciugandomi le lacrime con le sue labbra.
Quando ci staccammo appoggiai la testa alla sua spalla e mi feci stringere da quelle braccia che tanto mi erano mancate.
«Ti preferisco senza stivali sai?» mi disse Nick dopo qualche secondo di silenzio «Sei più bassa ed è più bello abbracciarti» aggiunse divertito.
Effettivamente gli arrivavo giusta giusta alla spalla, e doveva chinarsi un po' per baciarmi.
«Non smetterò di mettere gli stivali» dissi immediatamente guardandolo allarmata «Mi sono mancati anche loro» aggiunsi poi annuendo.
Lui scoppiò a ridere e mi diede un bacio in fronte.
Era bellissimo sentirlo così vicino!
«Posso uscire ora?» ci chiese in quel momento una voce poco lontana da noi.
Era Jeff, che si era affacciato alla porta del Lima Bean e ci guardava curioso ma entusiasta.
«Amico, potevi uscire anche prima» gli disse Nick ridendo e senza sciogliere il nostro abbraccio.
«Avevo paura di distrarvi. Sembravate presi» ammise Jeff gesticolando e avvicinandosi «Ma ne è valsa la pena aspettare, adesso ho il mio vero amico indietro» aggiunse tirando una pacca sulla spalla a Nick.
Lui lo guardo confuso.
«Sei più bello quando ridi» spiegò Jeff «Giusto?» chiese poi rivolto a me.
«Confermo» dissi io annuendo e ricevendo un altro bacio da Nick.
«Devo andarmene da solo o vieni con me?» gli chiese poi Jeff.
Nick mi guardò, ma io gli dissi che dovevo coprire la mezz'ora che avevo saltato e lui disse a Jeff di aspettarlo.
«Non è mercoledì oggi vero?» chiese poi.
«No» risposi io.
«Allora stasera cena al Bel Grissino» annunciò «Però vengo a prenderti» aggiunse guardandomi con rimprovero.
«Va bene» accettai io sorridendo colpevole «Posso mettermi gli stivali?» gli chiesi poi facendogli gli occhi dolci.
«Per me potresti anche non metterti niente, ma poi attireresti troppo l'attenzione quindi forse non è il caso» confessò lui alzando le spalle e arricciando il naso.
«Nick!» esclamai io un po' sconvolta e tirandogli una manata sul braccio.
Lui scoppiò a ridere e poi mi diede un altro bacio, prima di allontanarsi con Jeff.
~~~
Il giorno dopo a scuola ero finalmente tornata a indossare gonna e stivali, e passavo per i corridoi con un sorriso a trentadue denti, a causa del quale tutti mi guardavano abbastanza straniti. Ma non mi importava, io ero al settimo cielo, e gli altri potevano pensare quello che volevano.
«Uuuh, la vera Roxie è tornata!» esclamò una voce alle mie spalle, mentre raggiungevo il mio armadietto.
Mi voltai, e vidi Santana sorridermi allegra.
«Le opzioni sono due: o sei tornata con l'Usignolo, o hai finalmente capito che non ne vale la pena di soffrire per uno così» mi disse guardandomi curiosa.
Io sorrisi.
«La prima opzione» dissi poi «So che Nick non ti va molto a genio, ma abbiamo fatto pace e lo amo più di prima» aggiunsi quando la vidi un po' sconcertata dalla mia notizia.
Lei alzò gli occhi al cielo, tipico atteggiamento di Santana, e poi mi disse che almeno avevo riacquistato il sorriso e non avevo lo sguardo spento come in quegli ultimi giorni.
Io le sorrisi, e poi lei si allontanò lasciandomi al mio armadietto a sorridere a tutte le foto che c'erano appese, che finalmente potevo di nuovo guardare senza che mi venisse il magone.
Ma quel giorno c'era qualcun altro che non era decisamente di buon umore.
«Questa canzone è per chi è stato tradito almeno una volta» disse Blaine quel giorno al Glee Club, per introdurre la canzone con cui stava per esibirsi.
Io lo guardai con le sopracciglia aggrottate.
Ma di cosa stava parlando?
«Che assurdità! Io non ti ho messo le corna!» ribatté Kurt scocciato.
Mentre partiva "It's Not Right But It's Okay" di Whitney Houston, io guardai il mio migliore amico perplessa, e mi accorsi che gli altri avevano avuto la mia stessa reazione. Poi posai gli occhi su Kurt, che assunse dapprima un'espressione scioccata e quasi arrabbiata, e poi decisamente offesa e triste.
Che cosa aveva fatto al mio migliore amico?
Perché Blaine cantava quella canzone con tutta quella rabbia?
Posando gli occhi su Quinn mi accorsi che probabilmente si stava facendo le mie stesse domande, perché sembrava decisamente confusa. Mi guardò aggrottando le sopracciglia, quasi a chiedermi se io sapessi qualcosa, ma non sapevo nulla, e infatti alzai le spalle per farglielo capire.
Finita la canzone il mio migliore amico uscì dall'aula canto con aria ferita e sull'orlo delle lacrime, e io non potei fare altro se non seguirlo di corsa, lanciando un ultimo sguardo inceneritore a Kurt.
Non avevo idea di che cosa fosse successo, ma ero sul punto di scoprirlo, e qualsiasi cosa avesse fatto Kurt, ero pronta a fargliela pagare.
Sono molto protettiva nei confronti di Blaine, e vederlo così era davvero terribile.
«Blainey, fermati!» urlai per fermarlo appena fuori dall'aula canto.
Lui si bloccò e girò la faccia per guardarmi. Non l'avevo mai visto così: aveva gli occhi tristi e un'espressione ferita e arrabbiata, che nemmeno quando veniva preso in giro alla Hamilton aveva mai assunto.
«Cos'è successo?» gli chiesi quando fui abbastanza vicina, prendendogli il volto tra le mani.
«Non hai sentito cosa ho detto prima?» mi chiese furioso.
«Sì, ma... come?» gli chiesi io per saperne di più.
Lui fece una pausa, prese un bel respiro per trattenere le lacrime e poi sputò il rospo.
«Ieri sera il suo cellullare continuava a vibrare a causa di un certo Chandler che gli manda messaggi su messaggi» mi spiegò con la voce rotta.
«Sono usciti insieme?» gli chiesi io.
Se era solo quello non c'era motivo di essere così arrabbiati. Non mi sembrava così grave che scrivesse a qualcun altro.
Lui mi fece di no con la testa e io rimasi un attimo confusa.
«Allora tecnicamente non ti ha tradito, Blainey» dissi poi titubante.
Non volevo farlo stare ancora peggio di quanto già non fosse, ma gli stavo semplicemente dicendo la verità. Se Kurt non era mai uscito con questo Chandler non c'era motivo di essere gelosi. Insomma, immagino che sapere che il proprio ragazzo scrive a un altro non è il massimo, ma non si poteva di certo parlare di tradimento.
Blaine mi guardò più ferito di prima, e poi con un gesto brusco mi tolse le mani dalle sue guance facendo un passo indietro.
«Ma tu da che parte stai?!» mi chiese indignato, guardandomi ferito.
Io feci un sospiro.
«Dalla tua, Blainey, come sempre. Però forse dovreste parlarne» risposi poi, cercando di tranquillizzare anche lui.
«Ci siamo già detti tutto» disse lui freddo «Ha detto che ha iniziato a scrivere a questo ragazzo perché io non gli faccio più complimenti da un po' di tempo e perché mi sente lontano» aggiunse abbassando lo sguardo.
«E tu cosa ne pensi?» gli chiesi.
Dal suo sguardo capii che credeva che Kurt avesse ragione, e anche io l'avevo notato che era un po' distante dal suo ragazzo ultimamente.
«Roxie, sto cercando di mantenere la distanza con lui perché voglio provare cosa vuol dire vivere senza. L'anno prossimo vivremo separati, non ci vedremo tutti i giorni, e forse nemmeno una volta al mese. Dalla tua esperienza con Nick ho imparato che è struggente trovarsi tutto a un tratto a vivere lontani dalla persona che si ama senza poterla vedere» ammise lui guardandomi negli occhi e trattenendo a stento le lacrime.
Io lo guardai stupita, perché aveva appena confessato una cosa pazzesca, che giustificava il suo atteggiamento. Però forse era il caso che Kurt lo sapesse.
«Kurt lo sa?» gli chiesi allora.
Lui fece no con la testa, continuando a guardarmi negli occhi.
«Forse dovresti dirglielo» gli consigliai io annuendo.
Annuì anche lui, poi lo presi per mano cominciando a incamminarci verso casa. Aveva bisogno di tempo per riflettere, e forse anche di una serata Bloxie per distrarsi un po'.
Il giorno dopo toccò a Kurt cantare una canzone di Whitney per Blaine.
Si esibì con "I Have Nothing", e ancora una volta fu un momento struggente, soprattutto per il mio migliore amico: era seduto accanto a me, e puntualmente, per tutta la durata della canzone, uno dei ragazzi gli lanciava un'occhiata. La cosa cominciò a innervosirlo, e tra tutti, il povero Mike ricevette uno sguardo di sfida in risposta. Io allungai una mano e presi quella di Blaine per cercare di calmarlo, mentre lui assumeva un'espressione ferita, di nuovo. Era devastante vedere quei suoi occhi da cucciolotto così tristi e spenti.
Poi però finalmente lui e Kurt si convinsero a parlarsi, e bastarono pochi minuti nell'ufficio della signorina Pillsbury per chiarire la questione e tornare ad amarsi più di prima.
~~~
Il giorno dopo ero al mio armadietto con Quinn, le stavo raccontando tutto quello che ci eravamo detti io e Nick pochi giorni prima.
«Te l'ho detto che ti ama» mi disse Quinn con un sorriso.
Io sospirai.
«Vuoi che ti dica che hai sempre ragione?» le chiesi alzando le sopracciglia.
«Ne avevo, quindi dovresti» mi rispose lei con aria di sfida.
Io la guardai con un sorriso complice.
«Ok, avevi ragione» ammisi poi cedendo.
Lei mi fece un sorriso fiera.
«Ma quando hai intenzione di dirmi cosa sta succedendo tra te e Joe?» le chiesi poi curiosa.
Il giorno prima, al Glee Club, lei e Joe avevano cantato "Saving All My Love For You" ovviamente di Whitney Houston, e sembrava che fosse molto più che una semplice esibizione, sembrava che intendessero tutto quello che cantavano.
Quinn titubò un attimo, poi mi raccontò tutto.
«Ti ho detto che ha deciso di venire ad aiutarmi con le sedute di fisioterapia» iniziò a dire «Beh, mi piace andarci con lui, mi sento bene in sua compagnia e l'altro giorno stava anche per succedere qualcosa, ma...» continuò poi.
«Ma?» chiesi io impaziente.
«Non è successo nulla, si è allontanato prima che i nostri nasi potessero anche solo sfiorarsi» concluse Quinn abbassando lo sguardo «Come vi ho detto al pigiama party, nessuno vuole essere il ragazzo di una sulla sedia a rotelle» aggiunse scuotendo la testa.
Io sospirai.
«Non è vero, Quinnie» la smentii subito io «E' un ragazzo timido, dagli tempo. Osservandolo mentre cantavate mi sembrava che non gli interessasse se sei su una sedia a rotelle. Gli piaci, e tanto anche!» aggiunsi per confortarla.
Ma credevo davvero in quello che avevo detto, perché gli occhi di Joe mentre cantava o guardava Quinn esprimevano tanto amore.
In quel momento vidi Blaine e Kurt venire verso di noi mano nella mano e con un sorriso smagliante.
Avevano fatto pace?
Prima che potessi chiederglielo però, Kurt mi guardò con gli occhi spalancati e aria sorpresa.
«Aspetta» disse subito, bloccandosi con la bocca aperta «Tu hai ricominciato a indossare gli stivali!» esclamò poi sbarrando gli occhi.
Io annuii divertita e vidi il mio migliore amico farsi sospettoso.
«Questo può voler dire solo due cose» iniziò poi «O hai trovato qualcun altro e non me lo hai detto, cosa molto molto grave. O sei tornata con Nick e non me lo hai detto, cosa ancora più grave» continuò con aria interrogativa e minacciosa.
Io guardai Quinn, che sapeva già tutto, e poi voltandomi verso i due ragazzi feci un sorriso a trentadue denti e sputai il rospo.
«Non c'è nessun ragazzo nuovo. Io e Nick abbiamo fatto pace!» esclamai entusiasta.
Kurt si aprì in un sorriso, mentre Blaine si fiondava ad abbracciarmi quasi più felice di me.
«Perché non me lo hai detto prima?!» mi chiese poi, dopo che gli dissi che erano ormai due giorni.
«Lo avrei fatto, ma avevi i tuoi problemi da risolvere» risposi io ammiccando a Kurt, che fece un mezzo sorriso colpevole.
«Tu lo sapevi?!» chiese poi rivolto a Quinn con fare indignato.
Lei gli disse di sì, e il mio migliore amico mi guardò sconvolto.
«Pranziamo insieme allora?» chiese in quel momento Kurt «Ci devi raccontare tutto!» spiegò poi, dopo che lo guardai interrogativa.
Io e Quinn acconsentimmo e andammo in mensa, dove ci sedemmo con Blaine e Kurt, che non vedevano l'ora di ascoltare la mia storia. E io, beh, anche se era l'ennesima volta che la raccontavo, ero felice di farlo, perché era una bella storia e mi rendeva davvero felice.
Quello stesso giorno in auditorium ci esibimmo tutti insieme nell'ultimo numero per omaggiare Whitney: "My Love Is Your Love".
Mentre la cantavamo non potei fare a meno di pensare al mio bellissimo ragazzo e a tutti quei meravigliosi amici che avevo intorno, e che erano davvero una famiglia, che non si sarebbe mai divisa, nonostante tutte le discussioni e problemi vari che ci sarebbero potuti essere.
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