WE CAN BE HEROES
«Shug, ho trovato il costume perfetto per te!» esclamò Blaine quel giorno, affiancandosi al me al mio armadietto.
«Il cosa scusa?» gli chiesi io confusa.
Aveva detto costume?
Ma in che senso?
Quando mi girai a guardarlo feci un balzo per la sorpresa.
«Ma come diavolo sei vestito?!» gli chiesi, senza riuscire a contenere le risate.
Aveva addosso un costume da supereroe nero con un mantello blu, il tutto coronato da dei guanti neri perché «I supereroi non possono non avere i guanti» come aveva detto lui.
«Abbiamo, anzi ho, creato un club dei Supereroi per sconfiggere le ingiustizie, rimediare ai torti e preservare verità, giustizia e pace tra le mura del McKinley» mi spiegò con tono da presentatore e aria fiera.
Io lo guardai confusa e sconvolta allo stesso tempo.
Perché avrebbe dovuto creare un club del genere?
E poi, era necessario vestirsi così per farne parte?
«Certo che sì! Sono Night Bird, il presidente del club, tutti mi devono riconoscere!» mi rispose lui con aria ovvia quando glielo chiesi.
«Non hai proprio nulla da fare vero, Blaine?» li chiesi io arricciando il naso e guardandolo con pietà.
«Sto cercando di distrarmi un po'» mi rispose lui a bassa voce «E comunque, non sono Blaine, mi chiamo Night Bird!» annunciò poi, assumendo una posizione da eroe.
«Chiedo perdono» dissi io prendendolo chiaramente in giro, mentre mi rigiravo verso il mio armadietto.
Lo sentii sospirare.
«Dicevo, ti ho trovato il costume perfetto» disse poi avvicinandosi al mio orecchio cercando di incuriosirmi.
«Non credo di voler far parte di questo club» gli dissi io scuotendo la testa e continuando a dargli le spalle.
«Fidati, quando vedrai il costume cambierai idea» mi disse lui con aria ammiccante e furba.
Io sospirai un po' scocciata, ma poi mi feci convincere (come sempre) dagli occhi da cucciolotto del mio migliore amico e mi feci trascinare nel bagno delle ragazze.
«Tutte fuori!» esclamò Blaine (o forse dovrei dire Night Bird) appena entrammo «È questione di vita o di morte!» aggiunse quando le ragazze lo guardarono confuse.
Poi però decisero di uscire, lanciandogli sguardi di fuoco mentre gli passavano davanti.
«Visto! Quando sono vestito così mi ascoltano di più!» disse rivolto a me con aria fiera.
«Mi fai vedere questo costume o devo perdere altro tempo?» gli chiesi io, cercando di farlo sbrigare.
A quel punto lui tirò fuori dalla borsa che aveva a tracolla un vestito grigio corto davanti e più lungo dietro, con una cintura e dei guanti in pelle marrone, e una faretra con delle frecce (di plastica) della stessa materia.
Non potevo dire nulla, se non che era un gran bel costume e mi sarebbe stato bene addosso. Ma ero un po' scettica su una cosa.
«Non trovi che sia troppo sexy?» gli chiesi infatti titubante.
Il vestito aveva uno spacco sul davanti, esattamente sul seno, e lo lasciava intravedere per qualche centimetro. Era quello che mi lasciava un po' perplessa.
«Troppo sexy?! Roxie, è perfetto!» mi disse invece Blaine indignato «L'unica cosa è che dovresti indossare degli stivali» aggiunse poi un po' timoroso.
Io spalancai gli occhi.
Aveva detto stivali?!
Non sapevo se ero pronta, e l'idea di mettere di nuovo un paio di stivali mi faceva venire i brividi.
E se non ci fossi riuscita?
E se non ci fossi riuscita mai più?
Decisi che dovevo provare a tutti i costi, perché non volevo correre il rischio di non riuscire a metterli più per il resto della mia vita. Poi vedendo il paio di stivali che Blaine mi stava porgendo mi salii la voglia di provarli. Erano ovviamente marroni, lunghi fin sopra il ginocchio dove si allacciavano con delle stringhe, e avevano il tacco decisamente alto e sottile.
Erano meravigliosi!
Non potevo non provarli!
Così afferrai tutto quello che Blaine mi stava porgendo e corsi nel primo WC per cambiarmi. Quando uscii e mi vidi allo specchio riconobbi che quel costume mi stava davvero bene, e non potei dire di no alla proposta di Blaine di unirmi al suo nuovo club.
«E come mi chiamerei io?» chiesi allora al mio migliore amico per fargli capire che accettavo.
Lui dapprima mi guardò sorpreso, poi eccitato, e poi riassunse un'aria seria per annunciarmi il mio nome da supereroina e il mio superpotere.
«Caring Huntress: colei che conforta i bisognosi e che trova sempre il modo di consolare tutti» annunciò con tono solenne.
Mi piaceva come descrizione, e si addiceva alla me di quegli ultimi mesi.
«Mi sono ispirato a tutto quello che hai fatto per me e a tutte le parole di conforto che mi hai detto per tirarmi su di morale» mi disse infatti Blaine per spiegarmi la scelta di quel superpotere.
Scelta azzeccata direi, e mi sentivo anche pronta per andare in giro per il McKinley vestita in quel modo.
Con quegli stivali avrei potuto girare il mondo a piedi, e anche scalare l'Everest volendo!
«Allora, Night Bird, quando mi introduci agli altri supereroi del nostro club?» chiesi allora a Blaine con sguardo fiero e deciso, come credevo che una vera cacciatrice dovesse avere.
«Subito, Caring Huntress!» mi rispose il mio migliore amico prendendomi per mano e trascinandomi in un aula, però facendo prima un'uscita di scena muovendo il mantello alla Batman.
Nell'aula in cui entrammo c'erano come minimo una decina di studenti, tutti con addosso costumi da supereroi, molti decisamente bizzarri.
«Club dei Supereroi, vi presento il nostro nuovo membro: Caring Huntress!» disse Blaine con solennità, quando gli occhi di tutti si posarono su di noi.
Poi prese posto facendomi segno di sedermi alla sua destra, accanto a Sam. Di fronte avevo Tina che mi stava guardando con occhi di fuoco e decisamente non contenta di vedermi.
Lei era Asian Persuasion, maestra della manipolazione.
Sam era Blonde Chamaleon, il suo superpotere era poter impersonare chiunque (alquanto discutibile ma non importa).
Joe era Tarantula Head, con il superpotere di frustare con i dread.
Sugar invece era Sweet 'n' Spicy, e il suo asso nella manica erano i soldi.
«Sei davvero sexy così» mi sussurrò Sam all'orecchio, mentre Blaine faceva entrare i nuovi candidati.
«Hai già avuto un bacio, Sam! Ed è stato abbastanza!» lo rimproverai io, ricordandogli quel bacio che mi aveva rubato durante i festeggiamenti per la vittoria alle Nazionali.
Nel frattempo nella stanza erano entrati Artie, Brittany e Becky, ed erano pronti a presentarsi.
Artie decise di farsi chiamare Dr.Y, il cui superpotere erano le impennate. Becky disse di essere Queen Bee, fastidiosa e pungente, e Brittany si presentò come Human Brain, nome che lasciò un po' tutti senza parole.
Ma comunque, accolti i nuovi membri, Dottie Cazatori (chiamata Chai Tea) ci avvisò che c'era un grande problema in aula canto, e sembrava decisamente sconvolta.
Che cosa poteva essere di così sconvolgente?!
Corremmo tutti in aula canto ansiosi di sapere cosa fosse successo, ma mai ci saremmo aspettati di rimanere così sconvolti anche noi. Nella bacheca dei trofei ne mancava uno, il più importante: quello del primo posto alle Nazionali. Al suo posto c'era un computer pronto per far partire un video.
«Faccio io» disse Blaine prendendo coraggio e cliccando sul portatile per far partire il videomessaggio.
Era da parte degli Usignoli. Infatti, nonostante non si vedesse la faccia dell'unica persona presente nel video e la sua voce fosse stata storpiata come nelle telefonate dei criminali, in bella vista c'erano la giacca tipica della Dalton e il nostro trofeo delle Nazionali.
Come avevano fatto a entrare al McKinley e rubarci il trofeo?!
Come avevano osato fare una cosa del genere?!
Non avevo dubbi su di chi fosse la colpa, anzi, nessuno aveva dubbi su di chi fosse la colpa: Sebastian.
~~~
Non ho ancora detto che avevamo tre nuovi membri nelle Nuove Direzioni: Jake, Ryder e Kitty. Ma nel gruppo non c'era molto entusiasmo per la cosa: Kitty non ci andava molto a genio, e c'era una lotta tra Jake e Ryder per conquistare Marley.
Un'altra novità era che il professor Schuester era dovuto andare a Washington come rappresentante dei Glee Club per difendere la loro causa, e quindi ora le Nuove Direzioni erano sotto il controllo di Finn.
Sì, Finn, che dopo aver rotto con Rachel aveva deciso di rimanere a Lima, e che, se vogliamo vederla tutta, non aveva nessun titolo per insegnare a un Glee Club.
Un altro motivo per non essere al settimo cielo, a cui si era sommato il furto del trofeo nazionale, nostro di diritto.
Quel giorno poi in aula canto la situazione peggiorò drasticamente.
Sapevamo tutti che Finn non aveva mai avuto una grande mente, ma era anche vero che spesso aveva tirato fuori grandi idee, come quella di fare Grease, quindi non credevamo avrebbe avuto problemi nell'inventarsi un compito per la settimana. Ma ci sbagliavamo di grosso.
«Il tema della settimana è "Stranieri"!» annunciò Finn con un sorrisetto fiero «Canzoni di artisti stranieri, in lingue straniere, indossando solo costumi di altri Paesi» aggiunse poi guardandoci convinto.
Ci fu qualche attimo di silenzio, in cui ero certa tutti ci stessimo chiedendo se facesse sul serio o stesse scherzando.
Insomma, ma che diavolo di tema è "Stranieri"?!
E davvero dovevamo vestirci con abiti stranieri?!
Era già tanto se avevo accettato di andare in giro per la scuola con un costume da supereroina, non lo avrei mai fatto con un vestito tirolese o chissà che cosa.
«Finn, i tempi sono cambiati» iniziò Blaine quasi con rimprovero «Ora siamo campioni nazionali, il che significa che dobbiamo superare qualsiasi aspettativa. Se questa è l'idea migliore che ti viene in mente, non abbiamo possibilità!» continuò poi scuotendo il capo indignato.
Dopo di ché si alzò e si diresse verso l'uscita, e quando Finn gli chiese dove stesse andando lui rispose che andava a recuperare il trofeo delle Nazionali alla Dalton. Finn lo guardò dapprima confuso, e poi sconcertato. Quando si voltò verso di noi senza sapere cosa fare decisi che dovevo intervenire.
«Vado io» gli dissi alzandomi e seguendo Blaine fuori dall'aula canto «Non pensi di essere stato un po' duro?» gli chiesi avvicinandomi ai nostri armadietti, dove si era fermato il mio migliore amico.
Lui mi guardò scettico, e poi alzò gli occhi al cielo senza dire nulla.
«Insomma, è alle prime armi, dagli tempo» dissi ancora, provando pietà per Finn.
Non doveva essere facile capitanare un gruppo di adolescenti del liceo, soprattutto considerando che lui era appena uscito da quella fase.
«Tempo?! Quale, Roxie?!» esclamò Blaine sconvolto «Non abbiamo tempo! Dobbiamo vincere le Provinciali senza il professor Schuester, e ora si è aggiunto questo problema del trofeo che non ci voleva proprio!» aggiunse poi scuotendo la testa rassegnato.
Io sospirai.
Infondo aveva ragione, non avevamo tanto tempo, e chissà se saremmo riusciti a riprenderci quello che era nostro.
«Hai davvero intenzione di andare alla Dalton?» gli chiesi con voce calma, sperando di tranquillizzare anche lui.
«È l'unica cosa che posso fare per riportare indietro la coppa» mi rispose Blaine alzando le spalle disperato «E in realtà speravo che potessi venire con me» disse poi con occhi imploranti.
Io lo guardai sorpresa.
Davvero mi stava chiedendo una cosa del genere?!
Proprio a me?!
«Non penso di riuscire a mettere piede in quella scuola» mi limitai a dire.
Non volevo proprio dirgli di no, ma speravo che capisse la mia situazione e lasciasse perdere la questione. Però allo stessa tempo non volevo farlo andare da solo, chissà cosa sarebbe potuto succedere. Sebastian era capace di tutto.
«Andiamo, Roxie, ti prego! Con tutti gli studenti che ci sono è molto probabile che non lo vedremo neanche» mi disse Blaine con occhi supplichevoli e riferendosi ovviamente a Nick.
«E se le vediamo invece? Penso che potrei morire se lo vedo di nuovo» ribadii io scuotendo la testa e abbassando lo sguardo.
Sentii Blaine sospirare, e poi mi prese per le spalle cercando il mio sguardo.
«Ti prego, Shug, ho bisogno che tu venga con me» mi disse con voce dolce «Sarò lì al tuo fianco, qualsiasi cosa succeda» aggiunse, prima di avvicinarsi e lasciarmi un bacio in fronte.
A quel contatto non resistetti, e acconsentii ad accompagnarlo anche se non del tutto convinta.
Così andammo a casa a cambiarci e poi salimmo in macchina diretti alla Dalton Academy.
«Dove sono i tuoi stivali?» mi chiese Blaine mentre guidava, lanciandomi uno sguardo confuso.
«Finché sono vestita da supereroina posso indossarli, ma non sono pronta a metterli anche nella vita normale. Non ancora» gli spiegai io scuotendo la testa con delusione.
Speravo che averli indossati con il costume da supereroina mi avesse finalmente dato il via per rindossarli tutti i giorni, ma non era stato così. Ci avevo provato, ma non ce l'avevo fatta e mi ero messa le mie care vecchie sneakers. Soprattutto perché stavo andando nel posto con la più alta percentuale di possibilità di vedere Nick.
Blaine mi guardò apprensivo e mi fece un mezzo sorriso triste. Da quando aveva rotto con Kurt non faceva più pressione per farmi indossare cose che non mi sentivo di indossare. Forse perché capiva quanto difficile fosse ripartire dopo un cuore spezzato, o forse perché non se la sentiva di incitare me a passare oltre la mia storia con Nick quando nemmeno lui era capace di superare la sua con Kurt.
In pochi minuti arrivammo alla Dalton, e il solo vedere la sagoma della scuola mi fece venire un nodo allo stomaco. Avevo tanti ricordi di quella scuola, tutti molto piacevoli anche se intervallati da episodi fastidiosi. Ma comunque mi ricordavo ogni minimo particolare di quello che era successo tra quelle mura, e avrei pagato oro per tornare ai vecchi tempi, quando aspettavo Nick in quello stesso parcheggio e venivo sorprendentemente trasportata dentro la scuola per farmi dedicare una canzone.
Posai lo sguardo su Blaine, e vidi che anche lui aveva gli occhi tristi. D'altronde era in quella stessa scuola che lui e Kurt si erano conosciuti per la prima volta, ed era lì che si erano dati il primo bacio. Doveva essere doloroso anche per lui rivederla dopo tutto quello che era successo.
Per un istante i miei occhi e quelli del mio migliore amico si incontrarono, poi sentii una sua mano scivolare nella mia intrecciando le nostre dita, quasi per darmi coraggio. Io strinsi leggermente la sua mano per fargli capire che ero pronta, e poi entrammo nella struttura. Decidemmo di non andare subito in aula canto, perché forse non eravamo ancora pronti per affrontare gli Usignoli faccia a faccia. Allora facemmo un giro della scuola, così, giusto per farci venire un po' più di nostalgia.
Quando cominciammo a scendere le fatidiche scale poi, entrambi avemmo un momento di turbamento, e nei nostri occhi si poteva tranquillamente leggere la domanda "Ma perché diavolo siamo venuti qui?!".
Però ci facemmo forza, e continuammo a scendere fino all'ingresso da cui poi si accedeva all'aula Magna. A un tratto individuammo Sebastian, che ci aspettava alla fine della scalinata, e entrambi confermammo quello che pensavamo dall'inizio.
«Sebastian! Non avevo dubbi che fossi tu!» esclamò Blaine fingendo stupore e guardando male l'Usignolo.
«No, non sono stato io, lo giuro» disse invece Sebastian con aria innocente, e poi continuò a giustificarsi, ma io non sentii più nulla.
Infondo alle scale, poco dietro Sebastian, c'era niente meno che Nick con Jeff e un altro Usignolo.
Mi bloccai, incapace di continuare a camminare, e in pochi secondi anche lui si era accorto di me e aveva puntato i suoi occhi nei miei. Anche Blaine si fermò, e mi guardò confuso, ma non ci mise molto a capire il perché del mio blocco, anche perché non riuscivo a distogliere lo sguardo da quello che fino a pochi mesi prima era il mio ragazzo.
In pochi secondi mi si figurarono nella testa tutte le cose che avevo fatto con lui, e mi venne il magone. Era bello come sempre nella sua divisa impeccabile, e i suoi occhi erano come me li ricordavo: pieni di luce.
«Andiamo?» mi sentii sussurrare all'orecchio dalla voce del mio migliore amico.
«Non ce la faccio» mi limitai a dire, senza distogliere lo sguardo da Nick e con il fiato grosso.
Poi sentii le mie gambe muoversi senza che io glielo comandassi, e mi diressi verso l'uscita.
«Shug!» sentii Blaine esclamare con voce triste.
«Ti aspetto in macchina» gli dissi io, e poi uscii dall'edificio.
Mentre camminavo verso la macchina di Blaine sentivo il cuore pesante come non era mai stato.
"Lo sapevo che non dovevo venire! Maledetto Blaine e i suoi bellissimi occhi!" pensai tra me e me rimproverandomi.
Cosa diavolo mi era venuto in mente?!
Perché diavolo mi ero fatta convincere?!
Salita in macchina non resistetti, scoppiai in un pianto disperato che sembrava non finire più. Mi erano tornate in mente tutte le belle cose fatte con Nick, il sapore delle sue labbra, il suo profumo, tutto! Sembrava che fossi finalmente riuscita a superare la fase disperazione, e che fossi sulla strada giusta per la ripresa, ma ora quel semplice scambio di sguardi mi aveva fatta ricrollare all'inizio, e mi sembrava di essere appena stata lasciata.
Dopo qualche minuto di pianto ininterrotto decisi di calmarmi, e per farlo accesi la radio. Si sa che una bella canzone allegra mi avrebbe aiutato a riprendermi almeno in parte. Alla prima stazione radio c'era "Crazy Little Thing Called Love" dei Queen, alla seconda "Grenade" di Bruno Mars, e alla terza addirittura "Uptown Girl" di Billy Joel (che non so se vi ricordate ma è la prima canzone che Nick mi aveva dedicato). Spensi la radio esasperata.
Ma possibile che non ci fosse neanche una canzone che non parlasse d'amore?!
Allora decisi di rimanere nel mio silenzio, sperando che Blaine tornasse in fretta per tornare a casa mia il prima possibile.
Dopo quelli che mi sembrarono anni, finalmente vidi una figura apparire sulla soglia della scuola incamminarsi verso la macchina, e riconobbi subito essere il mio migliore amico. Mi asciugai le ultime lacrime che ancora mi bagnavano le guance e mi preparai al suo arrivo.
«Dov'è la coppa?» gli chiesi quando prese posto sul sedile del guidatore.
«Non me l'hanno data» mi rispose lui cupo.
«Perché?» gli chiesi io confusa.
«Hanno detto che c'è un prezzo da pagare. Mi hanno fatto cantare con loro, mi hanno dato questa, ma quando ho rifiutato la loro offerta non mi hanno concesso di portare via il trofeo» spiegò lui indicando la giacca che aveva in mano.
Era la giacca della Dalton Academy, tipica divisa degli Usignoli.
Poi me la mise sulle gambe, e quando la toccai mi tornarono in mente tutte le volte che avevo toccato la giacca di Nick, cosa che ora non potevo fare più.
Ma perché se la stava portando a casa?
Che cosa aveva intenzione di fare?
«Che cosa volevano in cambio?» gli chiesi curiosa di sapere perché Blaine gli avesse detto di no.
Sapevo che sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa pur di avere il trofeo indietro, quindi evidentemente era qualcosa di grande quello che gli era stato chiesto.
«Te lo dico domani, ora sono stanco» mi rispose freddo.
Poi mise in moto e ripartì verso le nostre case.
Però il giorno dopo non mi disse nulla di quello che era successo con gli Usignoli. Io lo venni a sapere comunque, ma non direttamente da lui. O meglio, lo sentii dalla sua voce, ma non lo stava dicendo a me, lo stava dicendo a Finn e io origliai la loro conversazione. A un certo punto sentii una frase che mai avrei pensato di sentirgli dire, e che mai avrei voluto sentirgli dire.
«Sai, Finn, tutti quei blazer, cantare di nuovo con gli Usignoli... mi hanno accolto come un fratello perso da tempo... mi è sembrata una cosa giusta... probabilmente il mio posto è con gli Usignoli» aveva detto a Finn con un briciolo di dispiacere, ma neanche troppo.
Che cosa?!
Il suo posto era dove?!
Che cosa significava quella frase?!
Poi ne disse un'altra, se possibile anche più dolorosa.
«Kurt era la mia ancora, e ora che se ne è andato mi sento alla deriva. Mi dispiace, Finn, ma appartengo agli Usignoli per diritto di nascita, e sono loro il mio destino» disse ancora.
Poi si alzò, e uscì dall'aula canto dove mi trovavo io, e dove mi vide prima che io riuscissi ad andarmene.
«Roxie...» disse in un sussurrò incontrando i miei occhi, che erano pieni di lacrime.
Io non dissi nulla, mi limitai a dargli le spalle e allontanarmi con una mano sulla bocca per cercare di fermare il pianto che stava per farmi scoppiare.
«Roxie, aspetta» mi disse Blaine cercando di fermarmi, ma io non avevo intenzione di farlo.
«Non voglio parlare con te, Blaine» gli dissi quando lo sentii seguirmi.
«Perché no? Posso spiegare» provò ancora lui con tono mortificato.
«Spiegare che cosa, Blaine?! Che hai deciso di tornare alla Dalton e non avevi intenzione di dirmi nulla?!» urlai esasperata e girandomi finalmente a guardarlo con occhi di fuoco.
«Te lo avrei detto» si limitò a dire lui con calma.
«Quando?! Dopo una settimana che non ti avrei più visto tra i corridoi del McKinley?!» gli chiesi con rabbia.
Lo conoscevo, eccome se lo conoscevo, e non mi avrebbe detto nulla fino a quando non glielo avessi chiesto io, perché non gli piace parlare di cose dolorose, e nemmeno di decisioni così importanti.
«Shug, perché sei così arrabbiata?» mi chiese Blaine ancora, mantenendo la calma «E non dirmi che è perché non ti ho detto che sono quasi sicuro di tornare alla Dalton» aggiunse poi.
«Ti sembra una domanda da fare?» gli chiesi io indignata.
Davvero non aveva capito perché ero così arrabbiata?!
Non mi sembrava così difficile!
Lui mi guardò confuso.
«Perché vuoi tornare alla Dalton?» gli chiesi allora per farlo ragionare sui motivi della mia rabbia.
«Perché sono la mia famiglia, lo sono sempre stati e sempre lo saranno. Sono i primi che mi hanno accolto dopo il mio coming-out, mi hanno accettato per quello che sono la prima volta che mi hanno visto, e sono pronti ad accogliermi a braccia aperte anche adesso» rispose Blaine con sincerità.
Ma non aveva detto tutto, e lo sapevamo entrambi.
«Ogni singolo angolo di questa scuola mi ricorda Kurt. Ogni armadietto, ogni sedia... e poi c'è l'aula canto. Ogni volta che entro in questa scuola soffro, e penso a Kurt ogni singolo secondo della mia esistenza» disse ancora con tristezza «Mi sono trasferito per lui, ho cambiato la mia vita per lui, e ora lui non è più qui, e non è più nemmeno il mio ragazzo. Non c'è più nulla che mi tenga qui, non ho più un motivo per venire in questa scuola» aggiunse scuotendo la testa con occhi spenti.
Ma a me in quel momento non interessava il suo stato d'animo, e forse fu la prima volta che vederlo così turbato non mi fece nessun effetto.
Mi importava di me stessa, e di quello che stavo provando io. Quelle parole mi avevano davvero ferita.
Possibile che non si accorgesse di quanta cattiveria ci fosse in quelle affermazioni?!
Blaine posò gli occhi su di me, e io abbassai lo sguardo. Ma poi mi feci forza, e puntai i miei occhi nei suoi.
«Ecco perché sono arrabbiata» gli dissi con voce ferma e aria di sfida.
Lui sembrava ancora confuso.
«Blaine, hai appena detto che non c'è più nessun motivo per restare qui al McKinley. Come mi devo sentire io?! Che cosa devo pensare?!» dissi allora esasperata e sconvolta dal fatto che non ci fosse arrivato da solo.
A quel punto la sua espressione mutò da confusa a mortificata.
«Ma, Roxie, la nostra amicizia andrà avanti anche se non siamo più nella stessa scuola. Lo sappiamo entrambi» mi disse poi per difendersi, ma dal suo sguardo si capiva che non aveva pensato a quel particolare, che tanto piccolo non era «Manterremo i contatti, te lo prometto» aggiunse prendendomi le mani.
«No, non promettere, Blaine» dissi io togliendo le mie mani dalla sue con un gesto brusco «Lo hai fatto anche la prima volta che ti sei trasferito, e siamo finiti a non sentirci più per un anno» aggiunsi poi con rabbia.
Blaine sospirò.
«Perché non capisci, Roxie? Lo faccio per il mio bene» mi chiese con aria ferita.
Io lo guardai indignata.
Io non capivo?!
Ma senti da che pulpito!
«Perché tu non capisci, Blaine?!» esclamai allora sconvolta «Stai facendo un ragionamento puramente egoista! Pensi solo a te stesso, a quello che fa bene a te, ma hai pensato a me? Hai pensato a cosa devo provare sentendoti dire che non c'è più nulla che ti lega a questa scuola?! Te lo dico io come mi sento: inutile! Credevo di essere importante per te, credevo che in parte ti fossi trasferito anche per me, ma a quanto pare era solo un illusione. Dopo tutto quello che ho fatto per te, mi ripaghi dicendomi che torni alla Dalton perché sono loro la tua famiglia?! Davvero, Blaine?!» aggiunsi poi.
Non avevo resistito, gli avevo sputato addosso tutto quello che provavo in quel momento, e che a quanto pare lui non aveva capito.
Blaine non disse nulla, si limitò a guardarmi con occhi spenti e sguardo triste.
Odiavo vederlo così, ma non potevo farmi abbindolare di nuovo dai suoi occhi, dovevo rimanere fredda e impassibile per fargli capire quanto mi stesse facendo soffrire tutto quello.
«Sai cosa ti dico?» dissi dopo qualche attimo di silenzio, in cui Blaine non sembrava intenzionato a parlare «Se torni alla Dalton non ti parlo mai più» aggiunsi con aria di sfida e sentendo delle lacrime minacciare di uscire.
Mi aveva fatto male dire quella frase, e probabilmente non lo avrei mai fatto, ma speravo che minacciandolo avrebbe cambiato idea. Speravo che quella frase lo avrebbe spaventato e magari che avrebbe poi deciso di stare lì, con me, in quella scuola che ormai era casa nostra.
Ma lui non cambiò espressione, non disse nulla, e io decisi di andarmene con le lacrime che ormai scendevano ininterrottamente sulle mie guance.
~~~
Il giorno dopo Blaine era al suo armadietto, e lo stava svuotando.
Eh sì, perché ormai era ufficiale, si stava trasferendo alla Dalton, e io non avrei potuto dire nulla per fargli cambiare idea.
Quando arrivai c'era Sam con lui, e anche se non volevo, mi avvicinai perché avevo bisogno di prendere la mia borsa nel mio armadietto prima di andare a casa.
«Scusa, Sam, avrei bisogno del mio armadietto» gli dissi con un sorriso per farlo spostare.
Mi sorrise anche lui e poi si spostò.
Mentre mi avvicinavo non dissi una parola a Blaine, e non gli rivolsi neanche uno sguardo. Aprii l'armadietto con foga, e quasi gli sbattei l'anta in faccia, ma non ci feci caso.
«Ehi, attenta al mio naso!» esclamò lui indignato.
Lo ignorai di nuovo.
«Ciao comunque» disse ancora Blaine con calma.
Io feci finta di non sentirlo.
«Davvero hai intenzione di non parlarmi più per il resto della nostra esistenza?» mi chiese leggermente scocciato e con tristezza.
«Sam, non senti una ronzio qui da qualche parte?» chiesi a Sam, ignorando di nuovo il mio migliore amico.
Il ragazzo biondo si guardò intorno spaesato e poi mi rispose che non sentiva nulla, non cogliendo la mia battuta.
Blaine alzò gli occhi al cielo incredulo, e poi li ripuntò su di me.
«Shug, mi dispiace» disse poi con un filo di voce.
«Se ti dispiacesse davvero non te ne andresti» dissi io rispondendogli finalmente «E non chiamarmi così, non sono più la tua Shug» aggiunsi fredda.
Poi chiusi fragorosamente l'armadietto e mi allontanai, lasciandolo lì con Sam.
E per fortuna che c'era Sam!
Infatti fu proprio lui a convincere Blaine a non cambiare scuola, perché quella era la sua casa ora, e chi se ne importava se Kurt non era più lì. Noi del Glee Club eravamo tutti suoi amici, e avremmo perso un pezzo importante della nostra squadra se lui se ne fosse andato.
Sam riuscì a farglielo capire non so come, e qualche giorno dopo Blaine era ancora lì con noi al McKinley, pronto a vincere con le Nuove Direzioni.
«Possiamo parlare?» mi sentii chiedere quel giorno mentre ero in biblioteca.
Stavo studiando e non mi andava di essere disturbata, ma sentire quella voce mi fece cambiare idea.
«Cosa ci fai ancora qui? Non dovresti essere alla Dalton?» gli chiesi fredda.
Non volevo cedere troppo in fretta, perché volevo fargli capire che ero arrabbiata e ferita dall'accaduto.
«Sono nella mia scuola, a casa mia e accanto alla persona a cui tengo di più al mondo» rispose lui con voce gentile.
Io alzai gli occhi dal mio libro e mi voltai a guardarlo. Sul volto aveva un sorriso meraviglioso, uno di quelli che gli ho visto poche volte, e mi guardava con i suoi bellissimi occhi da cucciolotto pieni di luce.
A quel punto non resistetti, feci un sorriso a trentadue denti e gli lanciai le braccia al collo, felice che avesse detto di essere a casa. Frase che poteva significare solamente che non si sarebbe trasferito alla Dalton ma che sarebbe rimasto lì con me.
«Posso chiamarti ancora Shug?» mi chiese con gli occhi da cucciolotto.
Io feci un mezzo sorriso e poi annuii.
Certo che poteva!
Sarei sempre stata la sua Shug!
Non ci fu bisogno di dire nient'altro, mi bastò il suo bacio sulla tempia e quello all'angolo della bocca per perdonarlo definitivamente, e anche se provò più volte a scusarsi, non glielo permisi. Andava bene così.
Per di più lui e Sam avevano portato indietro il trofeo delle Nazionali, Finn aveva ritrovato l'ispirazione e tutto era tornato come prima.
Cosa c'era di meglio se non festeggiare con un'esibizione in auditorium?!
Cantammo "Some Nights" dei The Fun, e da lì capimmo di essere finalmente una squadra pronta ad affrontare le Provinciali e trionfare.
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