PROLOGUE

Roxanne.

Questo è il mio nome.

Sì, lo so, non è un gran bel nome, ed è per questo che mi faccio chiamare sempre Roxie. Non che sia molto meglio, ma «Almeno non sembra il nome di una prostituta» come mi aveva detto una volta il mio migliore amico sotto il mio sguardo un po' scettico.

Ma io mi faccio chiamare Roxie perché il mio musical preferito è Chicago, e una delle protagoniste si chiama proprio così. Da quando la mia nonna mi aveva fatto vedere il film, ero rimasta incantata dallo spirito di iniziativa di quella Roxie e dal suo non arrendersi neanche davanti alle più grandi difficoltà come l'essere chiusa in prigione. Così avevo deciso che sarebbe stato il soprannome perfetto per me, sperando di ballare e cantare come lei una volta cresciuta e di interpretarla su un palco di Broadway.

Eh sì, perché il mio più grande sogno era di diventare una ballerina di Broadway, e no, non una ballerina di sfondo, una ballerina con il ruolo da protagonista, quindi volevo un ruolo come quello delle protagoniste di Chicago o di altri musical in cui potevo far vedere le mie doti.

Ah certo!

Non ho detto chi è il mio migliore amico!

Si chiama Blaine, Blaine Anderson, e ci conosciamo da tutta la vita. Abitavamo nello stesso quartiere, a poche case di distanza, e ci siamo conosciuti alle elementari. Incontrando i suoi bellissimi occhi di un colore indefinibile avevo subito capito che era una persona fragile, che sapeva essere determinata e che avrebbe fatto di tutto per le persone che ama. I suoi occhi mi avevano incantata dall'inizio, ed era già chiaro che sarebbe nata una profonda amicizia, perché quel bambino con quei magnifici occhi luminosi mi attirava come nessuno aveva mai fatto. Però la nostra amicizia non iniziò nel migliore dei modi: mi ricordo che i suoi occhi si erano riempiti di lacrime quando aveva lasciato la mano della sua mamma quel primo giorno di scuola, così avevo deciso di avvicinarmi pensando che avesse bisogno di conforto. Ma l'unica cosa che la mia testolina da bimba riuscì a dirgli fu «Hai delle sopracciglia davvero grandi!». Credo sia immaginabile la reazione di Blaine. Ovviamente scoppiò a piangere e non mi parlò per il resto della giornata. Però dopo avergli portato un disegno di non mi ricordo cosa, tutto cambiò, e decisamente in positivo. Vidi un sorriso aprirsi sul volto di quel bellissimo bambino, un sorriso che non dimenticherò mai e che mi avrebbe accompagnata per il resto della mia vita.

Io e Blaine abbiamo sempre frequentato la stessa scuola, la stessa classe (visto che abbiamo la stessa età) e abbiamo sempre avuto l'armadietto l'uno accanto all'altra. O almeno, tutto questo fino alle superiori. Infatti il nostro primo anno di liceo fu decisamente particolare: per prima cosa ci mettemmo insieme, o meglio, qualche mese prima dell'inizio del nostro primo anno di liceo ci mettemmo insieme.

Sì, lui era il mio ragazzo e io ero la sua ragazza. In realtà non cambiò molto dagli anni precedenti, solo qualche bacio sulla bocca (e forse qualcosa di più), ma per il resto il nostro rapporto non cambiò di una virgola. Non mi ricordo in quale modo ci accorgemmo di piacerci, e in realtà sono abbastanza sicura di aver sempre provato qualcosa di più di un'amicizia per lui, ma forse prima di metterci insieme non ero mai riuscita ad ammetterlo veramente. Dopo essere stata con lui però, ho cominciato a fare fatica a passare sopra i miei veri sentimenti per Blaine, perché dopo esserci stata insieme mi sono accorta di provare qualcosa di forte per lui, qualcosa che non sarebbe più passato.

Comunque, tornando alla nostra storia, mi piaceva davvero essere la ragazza di Blaine, soprattutto perché molte delle ragazze della scuola erano invidiose. Blaine è davvero un bel ragazzo, lo è sempre stato. Con quei suoi magnifici occhi dolci e sempre luminosi e i suoi magnifici ricci scuri, ha sempre attirato lo sguardo di tutte le ragazze. Non è molto più alto di me (e io non ho decisamente le gambe lunghe), ma i suoi ricci e il suo sguardo hanno sempre incantato ogni ragazza che incontra. Nonostante tutto però, a lui i suoi ricci non sono mai piaciuti. Finché ero io la sua ragazza riuscivo a convincerlo a lasciarli stare, ma adesso è adulto, ha un marito, e io quindi non ho più voce in capitolo sui suoi capelli da un bel po' ormai.

Eh sì, ho scritto marito. Infatti Blaine è gay, e se ne è accorto proprio mente stava con me. Credo sia immaginabile come mi sia sentita io, ma non è stato niente in confronto a quello che ha provato Blaine. Aveva deciso di fare coming out a scuola, cosa alquanto difficile considerando i pregiudizi e gli insulti tipici degli adolescenti e non. Infatti poche settimane dopo aver dichiarato a tutti la sua sessualità aveva dovuto cambiare scuola, e dopo poco lo dovetti fare anche io.

Ricordo ancora la mattina del suo primo giorno alla Dalton Academy:

«Come sto?» mi aveva chiesto facendo un giro su se stesso per mostrarmi la divisa.

Mi aveva promesso che sarebbe passato davanti a casa mia prima di andare a scuola per salutarmi e farmi vedere il suo nuovo blazer.

«Sei bellissimo» gli avevo risposto io con un sorriso un po' malinconico.

Sì, era bello, ma l'idea che stesse andando in un'altra scuola, e che quel giorno sarebbe stato l'inizio della fine di un'era mi rattristava come non mai. Non volevo andare da sola in quella scuola, non volevo entrare in quella struttura da sola, non volevo passeggiare per quei corridoi senza di lui, senza poter stringere la sua mano. Non volevo conoscere il mio nuovo vicino di armadietto, perché non sarebbe mai stato come Blaine.

Mai!

«Peccato che la divisa comprenda una cravatta e non un farfallino, saresti stato perfetto» dissi ancora per alleggerire un po' l'atmosfera, che era decisamente triste e pesante.

Blaine ha sempre avuto questo modo particolare di vestirsi, con pantaloni di colori sgargianti, polo abbinate e farfallini. Nell'armadio ha uno scomparto apposito per i farfallini, e vi assicuro che è davvero grande, perché ne ha davvero tanti. Sono un po' il suo marchio di fabbrica.

«Sei strano senza» dissi ancora, arricciando un po' il naso divertita.

Lui mi guardò con le sopracciglia alzate.

«Sai cosa sarà strano veramente?» mi chiese poi con malinconia «Non vederti più tutti i giorni, non poter cercare il tuo sguardo in classe in cerca di aiuto, non avere più l'armadietto accanto al tuo...» elencò tristemente.

«Non poter camminare per i corridoi mano nella mano» dissi io mestamente.

Poi mi bloccai.

Avevo pronunciato quella frase senza pensarci, mi era semplicemente uscita. Avevo paura di aver appena rovinato il momento e di avergli fatto capire che mi piaceva ancora nonostante avessi negato più e più volte.

«Già» si limitò a dire invece Blaine, con gli occhi tristi e abbassando lo sguardo.

Lo vidi decisamente giù, e non volevo affatto che lo fosse, non volevo vederlo per l'ultima volta così triste.

«Ma sai cosa ti dico? Non importa!» dissi allora, cercando di sembrare allegra «Non importa perché tu stai andando in una scuola in cui sarai al sicuro, in cui sarai accettato. È questo quello che importa» aggiunsi poi, avvicinandomi e mettendogli le mani sulle guance, costringendolo a guardarmi.

Aveva ancora gli occhi tristi, però si capiva che era curioso di sapere come sarebbe andata nella sua nuova scuola e che era felice di essere scappato dai bulli della Hamilton.

«Però non riesco a smettere di pensare al fatto che tu sarai da sola in quella scuola» mi disse allora Blaine mortificato.

«Me la caverò» lo rassicurai io cercando di sembrare convinta.

Ma non lo ero affatto.

Blaine non era l'unico ad aver risentito per quel suo coming out. Ero stata presa di mira anche io, più volte, e ora l'idea di dover affrontare le frecciatine e le occhiate da sola, senza il mio migliore amico al mio fianco, mi spaventava, e non poco.

«Lo so, Shug, perché sei magnifica» mi sussurrò lui con un leggero sorriso ammiccante (mi chiamava Shug quando stavamo insieme, come diminutivo di Sugar, e ha mantenuto questa usanza fino a ora).

Sorrisi anche io debolmente.

Era bello sentirsi dire una cosa del genere. Dal mio Blaine poi. Ed era bellissimo sentirsi chiamare con il nomignolo che usava quando stavamo insieme.

«Ora vai! Non vorrai fare tardi il tuo primo giorno alla Dalton?» dissi allora dandogli una pacca sul braccio e con finto tono di rimprovero.

Lui mi sorrise e poi mi abbracciò.

Nessuno dei due sapeva che quello sarebbe stato l'ultimo abbraccio per un po' di tempo.

«Ti troverò un fidanzato» mi promise ammiccando, prima di staccarsi.

Feci un mezzo sorriso.

Non era proprio quello che volevo, anche perché credevo che nessuno sarebbe mai stato come lui.

«Ti scrivo appena torno dopo scuola» promise ancora, prima di sparire lungo la strada verso la sua nuova avventura senza di me.

Non lo fece mai, non mi scrisse più.

Passarono ore, giorni, settimane, mesi, e io ancora stavo aspettando il messaggio di Blaine.

Nulla.

E perché non gli ho scritto io?

Perché non volevo sembrare invadente. Sicuramente Blaine aveva conosciuto nuove persone, nuovi ragazzi (considerando che la Dalton è una scuola unicamente maschile), e io mi sentivo di troppo.

Avevo paura di essere oppressiva, e forse anche di non riuscire a superare la mia rottura con lui.

Eh già, pensavo che non sentendolo per un po' avrei smesso di provare qualcosa di forte per lui, qualcosa che io chiamavo amore.

Non pensavo però che saremmo arrivati a non sentirci addirittura per un intero anno.

~~~

Comunque, ero al mio primo giorno di scuola al liceo McKinley, la mia nuova scuola. Mi ero dovuta trasferire per lo stesso motivo di Blaine, e non mi piace ripercorrere quei momenti. Purtroppo devo ammettere che anche il mio primo giorno al McKinley non era stato dei migliori: ero al mio armadietto, lo stavo sistemando dopo la lezione di spagnolo, e mi si era avvicinato un ragazzo, un giocatore di football, dedussi dalla sua felpa. Non era bello, ma sembrava avere un sorriso gentile.

«Tu devi essere nuova» suppose facendomi un sorriso.

Io annuii e mi presentai.

«Dave Karofsky» si presentò lui stringendomi la mano «Sai, qui al McKinley abbiamo un'accoglienza particolare per tutti i nuovi arrivati. Sarebbe un peccato che tu non la sperimentassi» aggiunse poi, fingendosi dispiaciuto.

Prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa, aveva tolto il braccio sinistro da dietro la schiena, mi aveva gettato in faccia un bicchiere di granita ghiacciata e se ne era andato ridendo di gusto.

Io invece non ci trovavo niente da ridere. Sentivo il ghiaccio scendere lungo il corpo, sotto i vestiti, e gli occhi mi bruciavano in una maniera pazzesca. Non mi ero mai sentita così, e non sapevo cosa fare.

Poi sentii una voce femminile alle mie spalle chiedermi se ero quella nuova.

«Sì! E se devi gettarmi della granita in faccia fallo in fretta, prima che finisca questa orribile sensazione!» risposi io bruscamente e senza voltarmi.

«Non sono qui per gettarti addosso nulla» mi disse di nuovo la voce alle mie spalle un po' divertita «In realtà volevo aiutarti perché so cosa si prova» aggiunse poi.

A quel punto decisi di voltarmi. Sembrava una voce gentile, e probabilmente lo era anche la ragazza alle mie spalle. Appena incrociai il suo sguardo vidi due bellissimi occhi verdi da cerbiatto e un sorriso perfetto.

«Vieni con me» mi disse la biondina, portandomi nel bagno delle ragazze.

Lì mi aiutò a ripulirmi dalla granita e mi diede anche una sua maglietta con cui sostituire la mia, che era decisamente indossabile.

«Ti consiglio di legarti i capelli. Guardandoli non sembrano facili da gestire» mi disse poi, passando lo sguardo sui miei ricci quasi interamente bagnati.

Accettai la sua idea e li raccolsi in uno chignon lasciando fuori solo i ciuffi davanti, che riuscii a sciacquare in qualche modo.

«Comunque, io sono Quinn, Quinn Fabray, ex-capo cheerleader» mi disse poi la ragazza bionda presentandosi.

"Quinn" pensai "Le si addice".

In effetti la ragazza di fronte a me era davvero perfetta. Aveva dei bellissimi capelli biondi lisci un po' più lunghi delle spalle, due occhi verdi, grandi e luminosi e uno sguardo mozzafiato.

Era davvero bella!

«Roxie» dissi io presentandomi a mia volta con un sorriso «Ma... perché ex-capo cheerleader?» le chiesi poi confusa.

Sì, sono una persona molto diretta, quello che penso dico, e sono anche molto curiosa. A volte (come in questo caso) chiedo cose senza pensare che magari potrebbero ferire le persone che ho di fronte.

«Sono incinta e la coach Sylvester mi ha cacciata dai Cheerios» mi spiegò lei.

Incinta?!

Wow!

Non la facevo una ragazza facile.

«E se posso chiedere...» iniziai poi un po' titubante e vergognandomi del mio poco tatto.

Ma Quinn capì al volo, mi guardò come per dirmi di non preoccuparmi e mi spiegò la situazione.

«È semplicemente successo... tutto qui» disse allora, alzando le spalle in segno di resa.

Io mi limitai ad annuire. Immaginavo che fosse stato solo un incidente, e un po' mi dispiaceva per lei. Probabilmente quell'avvenimento avrebbe rovinato la sua vita per sempre, o per lo meno l'avrebbe segnata davvero tanto.

«Non voglio la tua pietà» mi disse Quinn vedendo la mia espressione «Ero la ragazza più popolare della scuola, ma anche ora lo sono. Insomma, parlano ancora tutti di me. Non per gli stessi motivi di prima, ma ne parlano comunque» aggiunse poi annuendo e alzando di nuovo le spalle.

«Beh, se ti può consolare anche io ero una delle ragazze più popolari nella mia vecchia scuola. Poi tutti hanno cominciato a prendermi in giro, e qui non sembra diversa la situazione. Potremmo diventare amiche! Potresti essere la prima persona che mi parla non per dirmi che ho un bel sedere o per lanciarmi una granita in faccia» le dissi allora io, sperando di addolcirla un po'.

Mi piaceva quella ragazza. Sembrava davvero forte e determinata, e il fatto che nemmeno una gravidanza indesiderata a 16 anni l'avesse buttata giù mi incuriosiva molto.

Volevo davvero esserle amica!

La vidi un attimo titubante, poi fece un sorriso e accettò la mia proposta proprio nell'istante in cui due ragazze entravano nel bagno. Indossavano entrambe la divisa da cheerleader.

«Ehi, Quinn, ora che non sei più nei Cheerios ti fai nuove amiche?» le chiese la mora delle due «Lo sai che io e Brittany ti siamo ancora fedeli» aggiunse poi, indicando la sua amica bionda.

«Ragazze, lei è Roxie. Aveva bisogno di una mano e... perché no? Anche di un'amica» spiegò Quinn alle due ragazze, mentre io le osservavo.

La mora delle due aveva i tratti latino-americani, la pelle abbronzata e i capelli scuri stretti in una coda di cavallo, che avevo capito essere la pettinatura tipica delle cheerleader. Mi accorsi che mi stava guardando quasi con disgusto, e con il passare del tempo mi resi conto che quell'espressione era una sua caratteristica.

L'altra ragazza era bionda, con la pelle e gli occhi molto chiari e due bellissime gambe lunghe che le invidio ancora adesso.

«Io sono Santana e lei è Brittany» mi disse la ragazza mora presentandosi.

«Quinn, lo sai che sei ingrassata vero?» chiese in quel momento Brittany alla ragazza bionda accanto a me.

«Britt, lo sai che è incinta» le disse Santana con aria ovvia.

«Ok, però non può mangiare tutto il cibo del bambino» ribadì Brittany, questa volta rivolta a Santana.

Io restai spiazzata.

Ma cosa stava dicendo?

Anche Quinn sembrava stranita, poi incrociò il mio sguardo e mi fece cenno di lasciar perdere arricciando il naso.

«Dicevi che vuoi conoscere nuove persone?» mi chiese allora Santana cambiando argomento.

«Sì, sono nuova qui» risposi io annuendo.

«Beh, abbiamo il posto perfetto!» esclamò allora la ragazza latina «Ti portiamo nel Glee Club della scuola. Lì sono tutti sfigati e con pochi amici. Gli piacerai!» aggiunse poi, fingendosi entusiasta.

Io la guardai stranita e poi lanciai uno sguardo preoccupato a Quinn.

«Tranquilla, è vero, i ragazzi del Glee Club non sono molto popolari, però saranno sicuramente felici di accoglierti nel loro gruppo» mi assicurò lei mettendomi una mano sulla spalla «Canti?» mi chiese poi.

«Me la cavo» risposi io modestamente.

Mi piaceva tantissimo cantare, e quando passavo le serate con Blaine passavamo almeno due ore a cantare le nostre canzoni preferite a squarciagola. Blaine era bravo, davvero bravo, e a sua detta anche io lo ero.

«E sai ballare?» mi chiese ancora Quinn.

«Riesco a tenere il tempo» risposi io ancora mesta mesta.

Enorme bugia!

Sono brava a ballare, questo lo devo ammettere. Ballo da quando avevo 3 anni, e niente e nessuno può fermarmi dal farlo. In quel momento però non volevo sembrare arrogante, anche perché credevo di non andare molto a genio a quella Santana che continuava a squadrarmi da capo a piedi.

«Allora perfetto!» esclamò Quinn con un sorriso smagliante.

«Però se entri nel Glee Club dovrai fare l'abitudine delle granite in faccia, perché ne riceverai almeno due al giorno» mi ammonì Santana, incrociando le braccia al petto mentre Brittany annuiva.

Io pensai tra me e me che pur di avere degli amici veri avrei accettato di tutto, anche due granite in faccia al giorno. Mi sentivo davvero sola in quella scuola, ed era solo il primo giorno. Per fortuna che avevo trovato Quinn, perché non credo che sarei riuscita a superare quelle prime ore di scuola senza di lei.

«Come fai a sapere che ho ricevuto una granita in faccia» chiesi poi dubbiosa a Santana.

Io non lo avevo menzionato, e Quinn nemmeno.

«Sono abituata a vedere i novellini bagnati e sporchi di granita, anche perché molto spesso sono io che li bagno» mi rispose lei divertita e battendo il cinque a Brittany, che rideva a sua volta.

«Ma ora siamo nel Glee Club, non facciamo più queste cose» la corresse Quinn con sguardo di rimprovero.

Santana acconsentì con aria ironica, che mi fece intendere che invece lei lo faceva ancora.

Non mi piaceva proprio quella Santana. Era davvero una bella ragazza, ma evidentemente era una di quelle che se la tirano e che prendono in giro le ragazze meno fortunate di lei in bellezza e popolarità.

In quel momento Quinn mi risvegliò dai miei pensieri, e insieme a Brittany e Santana mi portò in aula canto.

Mai avrei immaginato che quella sarebbe diventata la mia seconda casa e il luogo dove avrei conosciuto la maggior parte delle persone più importanti della mia vita, e forse anche il ragazzo che un giorno sarebbe potuto diventare mio marito.




Avviso:
Tutti i personaggi tranne Roxanne Johnston sono stati inventati da Ryan Murphy e tutti i produttori di Glee, così come parte della trama e dei dialoghi.

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