IT'S OVER
Alla fine Kurt non venne preso alla NYADA, quindi per lui e Blaine non ci furono problemi, anche se ovviamente Kurt era molto giù di morale. Ma andava in giro a dire che l'aveva presa bene e che avrebbe guardato il lato positivo: che non doveva separarsi da Blaine, e che sarebbe rimasto a Lima con gli altri suoi amici.
A prenderla male invece fu Rachel, che venne accettata alla NYADA ed era già convinta di andare a New York con Kurt e Finn e vivere là con loro. Ma purtroppo per lei, neanche Finn, che aveva fatto domanda a una scuola di recitazione, era stato ammesso, e quindi lei sarebbe dovuta partire da sola. Allora decise che non sarebbe partita nemmeno lei, perché non voleva andarci da sola. In effetti New York faceva paura come città, e non aveva tutti i torti a non volerci andare per conto suo, senza nessuno che conosceva. Ma alla fine Finn la costrinse, portandola in stazione dove la aspettavamo tutti per salutarla, e non dandole scelta se non salire sul treno e partire alla volta di New York.
Nel giro di poche settimane io e Blaine eravamo di nuovo alla stazione, pronti a salutare Quinn, che stava andando a Yale per «Prendere possesso del suo dormitorio» come aveva detto Blaine qualche sera prima, al nostro pigiama party.
«Mi mancherete, ragazzi» ci disse Quinn poco prima dell'arrivo del treno.
Anche a me sarebbe mancata, e tanto, ma non c'era bisogno di dirglielo, lo sapeva già.
«Potremmo fare una videochiamata ogni mercoledì! Durante la nostra serata Bloxie!» propose Blaine entusiasta e facendoci acconsentire all'istante.
Dico già che non avremmo mantenuto la tradizione, ma non per questo avremmo perso l'amicizia con Quinn, anzi. La mia amica era ed è tutt'ora troppo speciale per pensare di non essere più parte della mia vita.
Comunque, quando arrivò il treno mi venne il magone, e mi accorsi che anche Quinn aveva gli occhi lucidi.
«È la fine di un'era» disse quando Blaine ci prese per la vita e ci strinse a sé «Sarà strano non vedervi più tutti i giorni e commentare gli outfit di Blaine quando non ci sente» aggiunse poi, mentre qualche lacrima cominciava a bagnare il suo e il mio viso.
«Cosa fate quando non vi sento scusate?!» chiese il mio migliore amico fingendosi indignato, ma quando noi scoppiammo a ridere tra le lacrime ci seguì, appoggiando la sua testa alla mia con un gesto tenero, mentre Quinn stringeva la mia mano sempre più forte.
Mano che io non lasciai finché non sentii il treno partire, e che anche in quel momento feci molta fatica a lasciare. Ma purtroppo mi dovetti staccare, mentre il treno iniziava ad allontanarsi verso Yale, lasciando me e Blaine sulla banchina a guardarlo diventare sempre più piccolo.
«È finita» sussurrai con la testa appoggiata alla spalla di Blaine e una sua mano sulla vita.
«Le amicizie non finiscono così, Shug, e lo sai» mi corresse lui «Noi due ne siamo la prova, e mi sembra che con Quinn ci sia lo stesso rapporto» aggiunse poi, lasciandomi una serie di baci sulla tempia e riportandomi in macchina, visto che ormai il treno era sparito all'orizzonte.
Prima di partire ci scambiammo uno sguardo triste, e dopo avermi stretto la mano, Blaine mise in moto riportandomi a casa, da dove chiamai immediatamente Nick perché avevo bisogno di coccole.
«Non so se riesco a passare» mi disse lui con aria assente e quasi annoiato.
Rimasi leggermente offesa da quelle sue parole, e anche dal suo tono di voce.
«Ti prego, Nick, ho bisogno di te» gli dissi cercando e sperando di convincerlo «E poi sono a casa da sola fino a tardi oggi» aggiunsi cercando di sembrare maliziosa ma fallendo miseramente.
Nonostante tutto però, Nick si convinse, e in pochi minuti era a casa mia, sdraiato accanto a me sul mio letto.
«Quindi Quinn è partita oggi?» mi chiese abbassando lo sguardo per guardarmi, visto che ero appoggiata al suo petto.
Io mi limitai ad annuire, mantenendo il contatto tra la mia guancia e il suo pettorale sinistro, da cui sentivo il battito del suo cuore.
«E tu come stai?» mi chiese ancora prendendomi il mento e costringendomi ad alzare lo sguardo.
«Ti sembra che sia felice?» gli chiesi in tono sarcastico e nervosamente.
Lui mi guardò male, quasi ferito, e poi distolse lo sguardo scocciato.
Io sospirai.
«Scusa, non volevo essere cattiva, sono un po' giù per tutta la situazione e mi sono innervosita un attimo» mi scusai io dandomi della stupida, e sentendo delle lacrime minacciare di uscire.
«Avresti potuto pensare prima di parlare» mi rispose lui ancora senza guardarmi e quasi con cattiveria.
Io alzai lo sguardo su di lui mortificata e ferita allo stesso tempo.
Da quando mi parlava con quel tono così cattivo?
Mi aveva davvero fatto male.
Allora mi alzai liberandomi dal suo braccio che mi stava accarezzando la schiena, e mi allontanai dal letto, un po' per non fargli vedere che stavo piangendo, e un po' per fargli capire che ci ero rimasta male.
Lo vidi voltare la testa verso di me e seguire i miei movimenti con aria confusa, e quando raggiunsi la finestra sentii che si alzava anche lui.
«Scusa» mi sussurrò all'orecchio appena fu abbastanza vicino, e mi cinse la vita con le braccia unendo le mani sulla mia pancia.
Io scossi la testa per fargli capire che non ero arrabbiata, anche se un po' lo ero, e un po' volevo sapere che cosa gli stesse succedendo in quei giorni. Però non ebbi la forza di parlare, e mi limitai a girarmi verso di lui, nascondendo la testa sul suo petto e cercando di fermare le lacrime.
Nick iniziò ad accarezzarmi i capelli per calmarmi, e poi mi lasciò un bacio sulla tempia, grazie al quale mi rilassai leggermente.
«Roxie, devo dirti una cosa» mi disse poi, dopo qualche minuto di silenzio.
Io mi asciugai le ultime lacrime e rimanendo stretta a lui alzai lo sguardo, costringendolo ad abbassare la testa per guardarmi negli occhi.
Ancora una volta i suoi occhi mi sembrarono spenti, e in quel momento mi venne il terrore che mi stesse per dire la motivazione. Lo so che ho detto che volevo sapere cosa lo preoccupasse, però in quel momento non ero pronta.
E se mi stava per dire che c'era un'altra?
E se mi stava per lasciare?
Non ero assolutamente pronta, e non era nemmeno il giorno giusto!
«Domani parto» mi disse invece, lasciandomi un po' confusa.
Come partiva?!
E dove andava?
Partiva per sempre?
Si stava trasferendo?
Perché non continuava a parlare?!
«Faccio una settimana in South Carolina con Jeff e i ragazzi» aggiunse dopo quelli che mi sembrarono giorni.
Il mio respiro tornò a essere regolare, e un po' mi rilassai, però poi mi venne in mente che se quel giorno non lo avessi invitato a casa mia non me lo avrebbe detto, e sarebbe partito senza dirmi nulla, o semplicemente mandandomi un messaggio. Altro atteggiamento decisamente strano e non da Nick.
«Quando avevi intenzione di dirmelo?» gli chiesi infatti, cercando di non sembrare troppo arrabbiata, ma comunque cercando di fargli capire che un po' la cosa mi dava fastidio.
«Abbiamo deciso una settimana fa cosa fare, e ne ho avuto la conferma solo ieri» si difese lui alzando le spalle con aria innocente.
«Mi avresti potuta avvisare una settimana fa, non importa se era ancora un forse» lo rimproverai io, riuscendo a mantenere un tono di voce pacato.
«Beh, non pensavo che ti avrebbe creato problemi» mi disse lui in sua difesa.
«Infatti non ho problemi, ho solo detto che mi sarebbe piaciuto saperlo prima, tutto qui» ripetei io un po' scocciata e appoggiando la fronte al suo petto.
Lui per scusarsi mi diede un bacio in testa e poi in quello stesso punto appoggiò il mento, restando così per qualche secondo.
«Se non ti avessi invitato a venire me lo avresti detto per messaggio senza darmi nemmeno un bacio di saluto?» gli chiesi restando in quella posizione e sperando che la risposta fosse negativa.
Lo sentii sospirare, mentre il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente.
«Non lo so» mi rispose lui sincero.
Non era la risposta che mi aspettavo, ma apprezzai l'onestà e non dissi nulla per un po'.
Poi però mi venne in mente una domanda che non potevo tenermi per me: «Cosa ci sta succedendo, Nick?»
Questa volta però alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi mentre mi rispondeva. Ma non arrivò una vera e propria risposta, lui si limitò a distogliere lo sguardo dai miei occhi con aria pensierosa.
«Non lo so» rispose con voce triste «Ne parliamo quando torno» aggiunse, lasciandomi un bacio in fronte per convincermi a rimandare la conversazione.
Io acconsentii, anche se sapevo che aveva una risposta e che sapeva cosa ci stava succedendo. Ma forse era sì meglio parlarne al suo ritorno, non era il giorno giusto per discutere anche con Nick. Avevo già dovuto dire quasi addio a Quinn, non ero pronta a dirlo anche a lui.
Eh già, non ero convinta che dopo la conversazione sulla nostra relazione ne saremmo usciti ancora come una coppia, ma mai dire mai, e come si dice: la speranza è l'ultima a morire.
Giusto?
~~~
«Sei sicura di stare bene?» mi chiese il giorno dopo Blaine.
Era mercoledì, quindi serata Bloxie.
«Sì, Blaine! È la terza volta che me lo chiedi, ed è la terza volta che ti dico che sto bene!» risposi io esasperata.
Non stavo bene, non benissimo almeno, ma non volevo rovinare la serata con Blaine per una stupida preoccupazione per un ragazzo. Anche se non era un ragazzo qualunque, ma il mio ragazzo.
«Non me la bevo, Roxanne» ribatté Blaine incrociando le braccia al petto.
«Come mi hai chiamata?!» gli chiesi indignata.
Non usava mai il mio nome intero!
«Ti chiamerò per sempre così finché non mi dici cos'hai» mi rispose lui stizzito e con aria di sfida.
Io lo guardai con occhi tristi e un po' scocciata. Non volevo parlargliene, sapevo che avrebbe avuto un consiglio, ma non volevo essere sempre quella che aveva bisogno di essere consolata.
«Non è nulla, davvero» dissi ancora scuotendo la testa «Ho solo bisogno di distrarmi un po'» aggiunsi quando lui mi guardò con le sopracciglia alzate.
Dopo quella mia affermazione Blaine sospirò e poi si mise un po' più dritto a sedere. Da quel gesto capii che aveva un'idea.
«So di cosa hai bisogno!» mi disse infatti pochi secondi dopo sorridendomi «Un weekend intero con il tuo Blaine!» annunciò poi, spalancando le braccia con un gesto teatrale.
Io lo guardai con un misto tra gratitudine e scetticismo. Ero felice si fosse reso conto che avevo bisogno di lui anche se non gli avevo detto cosa avessi, ma non ero del tutto convinta di quella proposta: perché se aveva casa libera non voleva passare il weekend con Kurt?
«Lui e Finn vanno a trovare Rachel a New York per aiutarla a sistemare il suo dormitorio» mi spiegò lui quando glielo chiesi.
A ecco!
«Quindi sono la ruota di scorta?!» chiesi indignata.
«No, Roxie! Avrei passato tutto il weekend con te anche se Kurt fosse stato a casa. Sei la mia migliore amica, capisco quando hai bisogno di me, e lo sai che farei di tutto per farti stare bene» ribatté invece lui facendomi l'occhiolino.
Volevo far finta di essere ancora arrabbiata, ma non resistetti e un sorriso nacque sul mio volto prima che potessi controllarlo. Poi mi fiondai ad abbracciare il mio migliore amico e acconsentii alla sua proposta. Avevo decisamente bisogno di un weekend Bloxie, e l'idea di passare due giorni con Blaine mi rallegrava e mi faceva preoccupare un po' meno per quello di cui voleva parlarmi Nick.
Infatti quello stesso sabato mi presentai a casa di Blaine con tutto quello che mi serviva per passare un weekend a casa sua, compresa una bella collezione di film tra cui avremmo scelto quelli da vedere (probabilmente tutti), e i biscotti preferiti del mio migliore amico che mia madre aveva preparato con molta cura.
«Io amo tua madre!» esclamò Blaine appena capì cosa avevo nel contenitore verde che avevo in mano, e poi mi diede un bacio sulla guancia per ringraziare me «Visto che lei non è qui» come aveva detto lui alzando le spalle con aria innocente.
E così iniziarono i nostri due giorni di convivenza insieme, durante i quali cantammo a squarciagola la nostra canzone preferita del momento, "Midnight Memories" degli One Direction, e che diventarono tre giorni quando Kurt avvisò Blaine che si sarebbe fermato a New York anche lunedì.
Fu un problema?
Assolutamente no!
~~~
Ma i problemi arrivarono martedì, quando, dopo il suo ritorno dalla vacanza con i suoi amici, incontrai di nuovo Nick, anche questa volta a casa mia perché fuori diluviava.
«Come è andata?» gli chiesi mentre lo portavo in camera mia, dove, come al solito, prendemmo posto sul letto.
«Bene, ci siamo divertiti» mi rispose sedendosi di fronte a me e facendomi un leggero sorriso.
«Hai conosciuto qualche bella ragazza?» chiesi con una punta di gelosia nella voce, ma cercando di sembrare scherzosa.
In realtà però ero seria, anzi serissima. Sapendo che avremmo dovuto parlare della nostra relazione, e sapendo che qualcosa era cambiato, forse aveva deciso di divertirsi, e forse era per quello che era andato in vacanza con i suoi amici e non mi aveva detto nulla fino al giorno prima.
Nick mi guardò male, e con aria ovvia mi disse che non aveva conosciuto nessuna, o almeno nessuna che fosse alla mia altezza. Quelle parole un po' mi scaldarono, prima che il mio corpo si immobilizzasse e cominciassi a sudare freddo a causa della sua prossima frase.
«Però dobbiamo parlare» disse infatti diventando di colpo serio «Dobbiamo parlare di cosa ci sta succedendo» aggiunse poi, quando capì che io non avevo intenzione di iniziare il discorso.
«No, dobbiamo parlare di cosa sta succedendo a te, Nick» lo corressi io guardandolo fisso negli occhi.
Lui sospirò e distolse lo sguardo.
«Nick, che cosa c'è? È un po' di tempo che non sei più tu, è da quando sono tornata dalle Nazionali che ti comporti in modo strano e...» iniziai io cercando di spronarlo a dirmi finalmente la verità.
«Questo è il problema, Roxie! Che parli sempre e solo delle Nazionali ultimamente, e io non ho molto da dire a riguardo!» esclamò lui interrompendomi con aria scocciata.
Io lo guardai un po' confusa.
Non capivo, se non voleva che parlassi delle Nazionali perché non me lo aveva detto?
Avrei capito e avrei cambiato argomento.
«È da quando avete vinto alle Regionali che non hai fatto altro che dirmi quanto fossi contenta di andare alle Nazionali, e poi quando avete vinto è diventato ancora peggio» disse ancora Nick con più calma, ma comunque evidentemente stanco della cosa.
Ma forse nella sua voce non c'era solo stanchezza, ci leggevo qualcos'altro, che forse non avrebbe mai ammesso, ma che era ovvio e anche abbastanza normale che ci fosse: gelosia.
«Sei geloso?» chiesi allora con le sopracciglia aggrottate.
«No, non sono geloso, Roxie!» mi rispose lui «È solo che sono stanco di sentirti parlare sempre e solo delle Nazionali e della vostra vittoria!» aggiunse poi per difendersi.
«Quindi è perché eri stanco che non mi hai chiamato per farmi un in bocca al lupo, o anche solo dirmi "ti amo" prima della gara?!» chiesi con aria di sfida.
Ero proprio curiosa di sentire la risposta.
«Ma cosa c'entra! In quel caso mi sono solo dimenticato!» mentì lui alzando gli occhi al cielo.
Nonostante fossi quasi sicura al 100% che fosse una bugia, le sue parole mi avevano fatto male.
Che cosa voleva dire "mi sono solo dimenticato"?!
Si era dimenticato che la sua ragazza era a Chicago e stava per affrontare una delle competizioni più importanti della sua vita?!
Si era dimenticato quanto fosse importante per me anche solo sentire la sua voce prima di salire sul palco, e che mi rilassava almeno un po'?!
Che razza di fidanzato si dimentica di una cosa del genere?!
Non Nick sicuramente.
«Oh, e quindi ti sei solo dimenticato di congratularti con me al mio ritorno?» chiesi ancora io, sentendo la rabbia e la tristezza crescere «Perché se è così forse non è il caso che io ti consideri ancora il mio ragazzo. Ti dimentichi così facilmente dei miei traguardi, che forse vuol dire che non tieni a me o...» aggiunsi poi, sperando di stimolare in lui una reazione che potesse farmi capire cosa mi stava nascondendo.
Ma l'unica cosa che riuscii a fare fu fargli dire la verità e farlo arrabbiare ancora di più se possibile.
«Sì, ok?! Sono geloso! Sono geloso perché tu sei andata alle Nazionali per ben due volte e quest'anno hai anche vinto! E noi Usignoli invece? Io invece? Nulla! Neanche la soddisfazione di aver vinto le Regionali!» urlò alzandosi dal letto e avvicinandosi alla finestra dandomi le spalle.
Io posai gli occhi sulla sua schiena e sospirai, sentendo lui fare lo stesso.
Restammo così per qualche minuto, io sul letto con le ginocchia strette al petto, e lui alla finestra che guardava fuori e che ogni tanto si passava una mano tra i capelli nervosamente.
«Non era così che pensavo di parlare di noi oggi» disse poi Nick rigirandosi verso di me, e nonostante avesse la finestra alle spalle che gettava ombra sulla sua figura, potevo vedere benissimo la tristezza nei suoi occhi, che ormai da qualche settimana lo caratterizzava.
«Nemmeno io» dissi puntando gli occhi su di lui «In realtà speravo che mi dicessi perché sei così giù in questi giorni» aggiunsi poi, tirando fuori per l'ennesima volta l'argomento che più mi premeva in quel periodo.
Lui sospirò di nuovo.
«È qualche mese che mia nonna non sta bene. È la donna con cui io e i miei fratelli siamo cresciuti e vederla in un letto di ospedale non è bello. Poche settimane fa si è aggravata, e non possiamo neanche più vederla perché un piccolo raffreddore potrebbe ucciderla» ammise finalmente, abbassando lo sguardo e sedendosi sul letto dandomi di nuovo le spalle.
Decisi di alzarmi e avvicinarmi, e senza dire nulla lo strinsi a me facendogli appoggiare la testa sulla mia pancia e accarezzandogli i capelli.
«Perché non me lo hai detto prima?» gli chiesi poi, sperando di tranquillizzarlo un po'.
«Avevi le tue cose a cui pensare, prima le Nazionali, e poi il diploma di Quinn e dei tuoi compagni. Non volevo aggiungermi alle tue preoccupazioni» mi rispose lui alzando lo sguardo per puntare i suoi occhi nei miei.
«Non sei mai stato una preoccupazione per me, Nick. E mai lo sarai» lo rassicurai io scuotendo la testa.
Ma lui non sembrava della stessa idea.
Allora iniziai a baciarlo, cercando di distrarlo un po', e in pochi secondi mi trovai sdraiata sopra di lui mentre il bacio diventava sempre più passionale. Poi sentii una sua mano farsi spazio sotto la mia canotta, che era l'unica cosa che indossavo quel giorno a parte le mutande, perché faceva un caldo assurdo. Anche io misi una mano sotto la sua maglietta iniziando ad accarezzargli gli addominali.
«No! Ferma!» disse improvvisamente Nick, spostandosi da sotto di me con un movimento brusco e sedendosi al bordo del letto dandomi le spalle.
«Cosa succede?» gli chiesi io confusa e un po' ferita.
Non aveva mai rinunciato a fare sesso, neanche se era arrabbiato o triste.
«Non è per questo che sono qui» disse lui passandosi una mano tra i capelli «Prima di partire ti avevo detto che avremmo parlato di quello che ci stava succedendo» spiegò poi voltandosi leggermente per guardarmi.
Io annuii, me lo ricordavo. Era il motivo per cui ero stata in ansia tutta la settimana fino a quel momento.
«Tu cosa credi che sia?» mi chiese poi.
«Non lo so, Nick, altrimenti non te l'avrei chiesto» risposi io alzando le spalle, seriamente non sapendo che cosa pensare «Ma mi sembra di capire che tu abbia qualcosa in mente» aggiunsi poi, quando lo vidi mordersi il labbro nervosamente.
«Qualcosa è cambiato tra noi, Roxie. Un cambio abbastanza importante. Non so esattamente cosa, ma qualcosa è diverso, e sento che ci sta distruggendo» disse allora lui prendendomi una mano e cominciando a giocare con le mie dita.
«Beh, ma se non sai che cos'è, possiamo fare finta che non ci sia e andare avanti come se nulla fosse. Le cose potrebbero migliorare» proposi io cercando di sembrare positiva.
Bella idea, Roxie!
Complimenti!
Un genio!
«O peggiorare amaramente» mi fece notare Nick «Io credo che la situazione tra noi sia peggiorata proprio perché abbiamo ignorato questo problema che stava nascendo, e ora siamo qui a non sapere cosa ci sta succedendo» spiegò poi vedendomi confusa.
Io lo guardai senza dire nulla. Probabilmente aveva ragione, probabilmente era per quello che la nostra relazione stava cominciando a declinare. Però potevamo ancora farcela, e ne ero talmente certa che lo dissi anche a lui.
«Come fai a esserne così sicura?» mi chiese Nick quasi incredulo.
«Perché ti amo, Nick, e so che possiamo risolvere qualsiasi cosa insieme» risposi io con aria ovvia.
Che domande erano?
Ovvio che ce l'avremmo fatta, eravamo fatti per stare insieme, e insieme avremmo superato tutto.
Ma ancora una volta lui non era della mia stessa idea.
Si girò di nuovo, dandomi le spalle per l'ennesima volta, e io sentii un nodo crearsi nella mia pancia, un nodo di terrore che mi attanagliava e quasi mi toglieva il respiro.
Perché non la pensava come me?
Cosa c'era che lo faceva titubare così tanto?
Glielo chiesi, e la sua risposta mi lasciò senza fiato.
«Perché non so più cosa provo. Non so se posso dire che ti amo ancora. So che tengo a te, ma non sono sicuro di poterlo chiamare amore» ammise prendendosi la testa fra le mani in un gesto disperato.
I miei occhi si riempirono di lacrime, e mi portai la mano alla bocca da quanto ero sconvolta. Non mi sarei mai aspettata di sentirmi dire una cosa del genere proprio da lui. In quel momento qualcosa dentro di me si ruppe, come la prima volta che avevamo avuto un vero litigio, ma non sapevo ancora che questa volta non si sarebbe più riaggiustato.
«Perché non dici nulla?» mi chiese dopo qualche secondo di silenzio e con voce flebile.
«Cosa devo dire, Nick?! Mi hai appena detto che non mi ami più! Devo essere felice?!» chiesi io in risposta con la voce rotta dal pianto e quasi con cattiveria.
«Ho detto che non sono sicuro di quello che provo. È solo che una serie di fattori mi hanno reso incerto sui miei sentimenti» mi corresse lui ancora senza girarsi a guardarmi.
«Tipo?» chiesi io curiosa di sapere quali fossero questi cosiddetti fattori.
«Ti sei accorta che è più di un mese che non facciamo sesso?!» mi chiese Nick con aria ovvia.
«Certo! Tutte le volte che ci proviamo mi blocchi dicendomi che non è il momento, o che te ne devi andare!» risposi io con voce accusatoria.
«E poi ultimamente la nostra relazione mi porta più sofferenza che altro» ammise ancora Nick, come se non mi avesse sentito.
Ancora una volta non sapevo cosa dire, ancora una volta qualcosa si era frantumato dentro di me, come se il mio cuore si stesse disfando pezzo per pezzo.
«Comincio a pensare che non ne valga più la pena» disse scuotendo la testa.
Cominciavo anche a innervosirmi oltre che sentire il respiro sempre più pesante.
Che cosa diavolo stava dicendo?!
E perché continuava a darmi le spalle?!
Stavamo affrontando una conversazione seria, e pretendevo di vederlo in faccia!
«Guardami negli occhi, Nick!» gli ordinai allora, reprimendo le lacrime e cercando di avere una voce ferma.
Lui non si mosse.
«Nick! Guardami negli occhi!» dissi ancora «Ti prego» aggiunsi poi con la voce rotta e implorante.
Allora lui si girò verso di me finalmente, e puntò i suoi occhi nei miei.
«Dimmelo in faccia! Dimmelo in faccia quello che mi hai detto prima» gli ordinai quando capì di avere la sua attenzione.
Lui sospirò di nuovo.
«Non so cosa provo, so solo che soffro e che non credo ne valga più la pena stare insieme» disse poi senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.
Se possibile quelle parole mi fecero ancora più male, perché speravo di metterlo in difficoltà chiedendogli di ripetere guardandomi negli occhi. Invece era riuscito a pronunciare lo stesso quella frase che mi aveva portato così tanto dolore e che ora suonava addirittura peggio.
Ricominciai a piangere, e questa volta non cercai nemmeno di fermare le lacrime, perché sapevo di non averne le forze.
«Mi... mi stai lasciando?» chiesi.
Ancora una volta ci ero riuscita, ancora una volta ero riuscita a pronunciare quella fatidica domanda come la prima volta che avevamo litigato.
«Preferisco lasciarti così che rovinare tutto con litigate su litigate fino ad arrivare a odiarci» mi rispose lui.
«Perché credi che ora invece... continueremo a essere amici e ci scriveremo tutti i giorni?!» gli chiesi arrabbiata e con la voce rotta dai singhiozzi, che diventavano sempre più frequenti.
«No, non ti chiedo questo, Roxie, però magari riusciremo a scambiarci ancora qualche parola in futuro, e chi lo sa, magari scopriremo di provare ancora qualcosa l'uno per l'altra» disse Nick mantenendo la calma.
«Io sono sicura di quello che provo per te! Lo sono ancora!» dissi io, sentendo anche la rabbia crescere insieme alla tristezza e alla paura di perderlo.
«Beh io no, mi dispiace, Roxie» disse ancora Nick, e poi fece per alzarsi.
Io lo presi per il braccio cercando di fermarlo, ma lui mi guardò con occhi tristi e mi disse di lasciarlo andare.
«Sai anche tu che è meglio così» aggiunse poi liberandosi dalla mia presa.
No!
Non lo sapevo!
Non sapevo nulla!
Mi sembrava di porre fine alla cosa più importante e bella della mia vita, e non credevo che fosse meglio rompere in quel modo!
Non credevo che fosse giusto rompere con lui!
«Nick, ti prego no... ti prego» dissi ancora io sperando di fermarlo.
Ma non ci fu nulla da fare, in pochi secondi era fuori dalla mia camera e stava scendendo le scale. Io lo seguii, anche se sapevo che non avevo più molte possibilità. Quando era convinto di qualcosa era difficile farlo desistere. Poi lo guardai uscire dalla porta, nella pioggia di quel pomeriggio di luglio. Prima di allontanarsi mi lanciò un'ultima occhiata e io incrociai di nuovo i suoi bellissimi occhi, più spenti del solito in quel momento, e decisamente tristi. Mi accorsi però che non c'erano lacrime, e questo mi fece ancora più male, perché i miei invece ne erano pieni. Quando poi mi diede le spalle e prese a camminare verso casa sua mi si annebbiò completamente la vista, e le lacrime cominciarono a riprodursi senza sosta.
Era veramente finita, e questa volta non sarebbe tornato indietro e nulla sarebbe tornato come prima. Non avrei più toccato le sue mani, la sua pelle, i suoi capelli. Non avrei più baciato le sue labbra di cui già sentivo la mancanza, non avrei più sentito le sua braccia che mi stringevano e mi tranquillizzavano al solo contatto. Non avrei più sentito la sua bocca sul mio collo e non avrei più puntato gli occhi nei suoi, che sempre mi davano sicurezza e mi facevano nascere un sorriso sul volto. Non mi sarei più sentita emozionata tutte le volte che lo vedevo, e non mi sarei più sentita speciale. Perché era così che mi faceva sentire: speciale. Avevo sempre avuto l'impressione che facesse girare tutto il suo mondo e la sua vita intorno a me, e anche se un po' biasimavo me stessa per la cosa, e mi sentivo decisamente egoista, mi piaceva sentirmi così. Mi faceva sentire importante e amata, davvero amata. Era l'unico ragazzo che fino a quel momento mi aveva dichiarato di essere perso per me. Mi ricordavo ancora bene anche quando l'avevo visto per la prima volta: quelle farfalle nello stomaco, e poi al tocco del suo braccio e al contatto con i suoi occhi mi ero incantata, letteralmente. E il fatto che Blaine avesse reagito con gelosia all'istante, mi aveva fatto capire che anche lui aveva visto del potenziale e della chimica tra me e Nick.
Ma nonostante tutto, la nostra storia era arrivata al termine, e nella mia testa continuavano a rimbombare solo due parole: è finita.
Ed erano anche le uniche parole che continuavano a rimbombare nella mia mente mentre cantavo quello stesso pomeriggio al Lima Bean.
Eh sì, avevo il turno, ed era anche il mio giorno di cantare e non mi ero potuta tirare indietro. Ma ancora una volta l'unica canzone che avevo in testa era una non decisamente felice, "It Will Rain" di Bruno Mars, che descriveva nel migliore dei modi come mi sentivo in quel momento, e come mi sarei sentita per i prossimi mesi: sotto una tempesta, incapace di fare qualsiasi cosa.
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