Parte Dodicesima
Pov Ruby
La serratura scattò e Ruby entrò con tranquillità in casa. Si chiuse la porta alle spalle, gettando la giacca di pelle su uno dei tre divanetti posti accanto al divano di sua madre in salotto. Sospirò massaggiandosi il collo, aveva delle leggere fitte che le punzecchiavano la nuca. Possibile che solo per essersi dimenticata una misera sciarpa, a ventitré anni le doveva venire la cervicale?
Si guardò intorno annoiata, cercando il suo adorato micio con lo sguardo ma ciò che vide le fece sgranare gli occhi.
Casa sua sembrava un porcile.
L'enorme salotto che si divideva in due zone, sembrava avesse subito l'incontro di un uragano. La zona dove tempo fa dimorava la cristalliera, che aveva rimpiazzato con un piccolo mobile sul quale aveva posto un vaso dipinto da sua madre, era ricoperta di cocci di vetro.
Il vaso dipinto di primule di un tenue color lilla giaceva sul pavimento mezzo rotto, salvato dal tappeto vintage di sua madre. Fissò la scena a bocca aperta, facendo scorrere lo sguardo su tutto il resto della casa.
Le mensole di legno attaccate al muro sulle quali erano riposte delle fotografie erano vuote, poiché le cornici erano sul pavimento. Stessa sorte era toccata al mobile a destra accanto al mobiletto che aveva rimpiazzato alla cristalliera, dove di solito ci teneva cose futili. Le statuette di sua madre erano rovesciate, alcune erano per terra, per non parlare dell'altra parte del soggiorno, dove c'erano i tre divani di fronte alla poltrona di suo padre. Al centro del cerchio era situato un piccolo tavolino di legno sul quale teneva un altro vaso particolare comprato da sua madre in Thailandia, ovviamente rotto.
Serrò la mascella.
Le dita iniziarono a formicolare e il desiderio di ammazzare quello stregone assassino di oggetti preziosi, si fece via vai più bruciante.
Quel gattaccio. Sta volta l'aveva fatta grossa e non l'avrebbe passata liscia!
Setacciò tutta la parte inferiore della casa, infuriata come un toro, desiderosa di acciuffare quella palla di pelo al più presto. Era consapevole che avrebbe potuto sistemare quelle cose con la magia ma qualcosa le diceva che fosse stato un dispetto apposito di quel gattaccio.
Questa volta lo avrebbe punito, eccome se l'avrebbe fatto! Non solo aveva tentato di ucciderla ma adesso tentava di devastarle la casa e gli oggetti a cui teneva molto.
Non trovando nessuno si avviò al piano superiore salendo le lunghe scale di marmo grigio, sbattendo appositamente i tacchi contro la superficie dura, creando così un gran baccano. Ed era proprio quello che voleva fare. Far sapere che fosse tornata più arrabbiata che mai.
«KAI! Esci subito fuori, Sifone da quattro soldi! Giuro che quando ti trovo, ti faccio arrosto!» ringhiò ad alta voce.
Si avviò per tutto il corridoio, superando la camera dei suoi genitori e quella degli ospiti, camminando spedita dritta in camera sua dove era sicura, ci avrebbe trovato Kai.
«Che cavolo credi di far- » Ma le parole le morirono in gola, così come la sua rabbia si gelò all'istante.
Sgranò gli occhi per la sorpresa, guardando quel macabro scenario difronte a sé.
«Che cosa hai fatto?» Sussultò, correndo subito a lui, inginocchiandosi al suo fianco.
Kai era steso sul pavimento sporco di sangue. Aveva gli occhi chiusi e respirava affannosamente.
Ruby non riuscì a formulare più un pensiero lucido.
Allungò le mani verso di lui ma queste si bloccarono a mezz'aria, tremanti.
Che cosa doveva fare ora? Spostarlo? Lasciarlo lì e andare a prendere il Grimorio di Oneida?
Deglutì guardandosi intorno nella stanza.
Che qualcuno si fosse introdotto in casa sua e lo avesse aggredito?
Ma la stanza era perfettamente come l'aveva lasciata. Il letto a due piazze era sfatto, mentre il suo armadio color perla era perfettamente chiuso e intatto. Stessa cosa per la specchiera posta sopra al mobile dove di solito ci teneva i profumi di sua madre e i trucchi.
L'unica cosa che stonava nella stanza era la lunga scia di sangue che gocciolava dal davanzale della finestra e si ingigantiva in un'enorme chiazza rossastra sotto il micio.
Seppur sapesse perfettamente che quel micio in realtà fosse lo stesso stregone che aveva attentato alla sua vita la sera prima, una morsa terribile di propagò nel suo intestino quando vide Kai sussultare sotto gli spasmi di dolore e affannarsi per riuscire a respirare.
Si morse il labbro guardandosi in torno. Doveva fare qualcosa e subito!
Cercò frettolosamente una coperta nel suo armadio fregandosene quando sconquassò le altre ben ripiegate e si avvicinò al micio.
Con mani tremanti lo avvolse, sentendolo sussultare al suo tocco.
«Shh! E' tutto apposto. Non preoccuparti, ora ci sono io» Gli sussurrò dolcemente, mentre lo avvolgeva tra le braccia più delicatamente che poté.
Scese di sotto, cercando di essere più delicata possibile e lo posò sul divano a tre posti di sua madre.
Lo coprì per bene, ignorando le macchie di sangue che presto avrebbero sporcato il divano e si affrettò a cercare il Grimorio di Oneida che lo trovò esattamente nel punto in cui lo aveva lasciato: sul secondo tavolino di mogano posto accanto al piccolo mobile dove ai suoi piedi giaceva il vaso mezzo rotto.
La rabbia che aveva provato nei confronti di quel disastro era scemata completamente lasciando il posto alla preoccupazione.
Non sapeva nemmeno lei perché lo fosse così tanto, e nemmeno voleva pensarci più poiché sotto sotto conosceva bene la risposta che mai avrebbe ammesso a se stessa.
Aveva paura di restare nuovamente sola.
Aprì il Grimorio, sfogliandolo con foga cercando le pagine sugli incantesimi di guarigione. Non si premurò nemmeno delle impronte insanguinate che macchiavano i lati dei fogli quando li sfogliava.
Aveva già perso i suoi genitori, senza nemmeno salutarli per sempre. Non aveva mai avuto amicizie strette, solo dialoghi di circostanza con i giovani della sua congrega. Mai un legame stretto, né una risata scambiata per gioco o battute.
Gli occhi le diventarono lucidi, mentre si soffermava a leggere l'incantesimo di guarigione che dalla fretta non lesse nemmeno da chi fosse stato creato.
Non voleva veder morire qualcun altro senza riuscire a far nulla, soprattutto se questi era un gatto dal musetto adorabile.
Si avvicinò al divano, inginocchiandosi di fronte al micio. Dolcemente gli passò una mano sulla testolina pelosa, trovando il pelo estremamente morbido e un debole sorriso le increspò le labbra.
Non sarebbe morto, non gliel'avrebbe permesso così facilmente. Lui doveva ancora scontare la sua punizione per averla aggredita e morire non era decisamente un'opzione per la quale si sarebbe esonerato.
Tamponò la ferita con la coperta sussurrandogli che presto sarebbe finita e deglutì.
Perché tutti quelli che gli stavano accanto dovevano rischiare la vita? Perché tutti pensavano che fosse cattiva?
Forse, era davvero maledetta? La sua condanna consisteva nell'essere ripudiata come un mostro solo perché era semplicemente nata diversamente dagli altri.
Se nelle famiglie di streghe nascevano anche dei Sifoni, streghe o stregoni non dotati di magia ma che potevano assorbirla e praticarla, questi venivano reputati degli abomini. Dei ''traditori'' della loro razza.
Lei, che originariamente aveva una gemella, era diventata la figlia maledetta dei Reyes, un mostro, proprio perché a differenza dei gemelli normali che avrebbero dovuto fondersi in modo tale che uno dei due muoia e l'altro si prenda i poteri; lei aveva assorbito contro la sua volontà sua sorella ancora nel grembo materno.
Manifestando la propria supremazia e il suo oscuro potere a soli tre mesi di gravidanza. Questo secondo Oneida, aveva terrorizzato tutta la congrega, perché mai si era manifestato un caso simile. Soprattutto per quello che venne dopo.
Strizzò gli occhi, ricacciando le lacrime.
No, lei non doveva dimostrare questo suo lato debole. Lei era più forte, più determinata e proprio come diceva sua madre: una Reyes non deve mai lasciare che gli altri abbiano il controllo delle sue emozioni.
Un piccolo sussulto di Kai la riportò alla realtà.
Si stava perdendo nei meandri dei suoi ricordi e in quel momento non le sembrava il caso.
Chiuse gli occhi e prendendo un bel respiro, si concentrò sulla sua magia.
«Spiriti protettori e custodi dell'altro mondo, datemi la forza per guarire quest'anima in pena. Lasciate che viva, che cammini tra noi. Che il sangue ritorni, che le ferite si chiudano:
Tóra Therapévo».
Sentì la sua energia confluire dal suo corpo a Kai e subito dopo, vide dei miglioramenti. Il sangue che continuava a fuoriuscire si fermò rientrando nelle ferite, la pelle si rimarginò in fretta e Kai emise un sospiro profondo di sollievo ad occhi chiusi.
Approfittò del suo stato dormiente, lasciando passare le sue mani nella folta pelliccia morbida. Con la cura della ferita il sangue uscito precedentemente aveva imbrattato una parte del pelo, ma lei non se ne curò approfittandone del momento.
Trasse un respiro di sollievo, sentendo il magone che premeva in gola scemare via e si soffermò sulla scia di lacrime, ormai asciutte, che segnavano il musetto del micio.
Si intenerì mentre lo accarezzava e pensò a quanto fosse stato stupido ad aver lasciato casa, solo per fare chissà che cosa.
Provò a formulare delle ipotesi su chi avesse potuto fargli una cosa del genere anche se, dal tipo di ferita, poté dedurre che si fosse trattato di un cane, o di un branco di cani dato il segno dei morsi.
Continuò ad accarezzarlo ancora un po' quando inspiegabilmente il suo cervello immaginò il vero volto di Kai al posto del micio, e per un attimo, seppur in una frazione di secondo si ritrovò a fissarlo sovrappensiero, immaginando il viso ben delineato e ovale del ragazzo, con quelle rosee labbra a cuore e gli occhi di un immenso cielo azzurro fissarla dolcemente.
Scattò subito in piedi, scuotendo la testa sbigottita.
Ma che pensieri le passavano per la testa? Capiva gli ormoni, ma immaginarsi Kai che la fissava in quel modo una strana sensazione si fece largo nello stomaco, simile a un formicolio.
No, no. Che brutta sensazione.
Mandò giù il magone appena raggruppato in gola e si allontanò dal micio più in fretta possibile come scottata dal fuoco.
Aveva già avvertito quella sensazione due sere fa, proprio quando Kai l'aveva afferrata con la forza attaccando il suo corpo al suo. Era durata pochissimo, proprio come poco fa, ma quella sensazione strana era simile a una vibrazione alla quale lei aveva dato colpa alla magia in tensione creatasi tra loro. Ma sarà stato davvero per la magia o c'era qualcos'altro che non tornava?
Non lo capiva in realtà.
Forse il suo corpo stava reagendo male al mix di emozioni che aveva provato da quando era stata liberata, e di conseguenza stava impazzendo non riuscendo più a distinguere le forti sensazioni. Fatto stava che da quando aveva memoria non aveva mai provato una cosa simile.
Sospirò, mentre si dirigeva verso il tavolo di mogano sul quale era riposto il Grimorio, cercando di pensare ad altro che non fossero i suoi sentimenti.
Non voleva lasciare che questi alterassero il suo giudizio e proprio come le diceva sua madre, doveva indurire la sua corazza per non farsi scalfire.
Guardò un'ultima volta Kai che sonnecchiava tranquillo sul divano e arricciò le labbra.
Forse aveva una soluzione per punirlo delle sue malefatte, senza però fargli fisicamente del male, non dopo quello che gli era appena capitato.
Lo fissò ghignando divertita.
Gli occhi violacei, illuminati dalla luce che penetrava dalle finestre brillarono di euforia.
Spazio autrice:
Ed ecco a voi il dodicesimo capitolo.
Adesso sapete qualcosa in più riguardo il passato di Ruby, ma non è ancora finita. La nostra strega rossa nasconde ancora il suo vero potere.
Chissà che cosa succederà quando Kai lo scoprirà.
Stellinate se vi è piaciuto il capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima baci.
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