Parte diciottesima

Pov Kai.

«Tu. Che cosa hai fatto?» sibilò Bonnie Bennett minacciosa, fissando entrambi con i suoi grandi occhi verdi nell'oscurità.

Dopo quella frase, un silenzio dannatamente fastidioso scese sui presenti.

Né Kai né Ruby mossero un passo e nessuno aprì bocca per i pochi secondi che susseguirono.

Il leggero sibilo del vento che accarezzava le foglie degli alberi, era l'unico suono udibile a metri di distanza.

La ragazzina dopo l'entrata in scena di Bonbon non mosse un muscolo né sembrava affatto intimorita, anzi, reggeva con altrettanta freddezza lo sguardo della strega che non si scompose minimamente, fissandola dritta negli occhi quasi a volerla sfidare.

L'aria fredda della serata gli fece rizzare leggermente il pelo: aveva le zampe gelate e a quel punto si chiese se con l'arrivo di Bonnie i guai non si fossero moltiplicati.

Ruby incrociò distrattamente le mani sulle braccia per darsi almeno un po' di calore, e Kai non poté non constatare che anche la strega dagli occhi verdi sembrava abbastanza infreddolita ma cercava con tutta se stessa di non darlo a vedere con quel dannato sguardo che aveva imparato a conoscere fin troppo bene.

Inclinò leggermente il muso di lato e si soffermò a fissarla più del dovuto: ovvio che avesse freddo, anche quella stupida aveva avuto la brillante idea di uscire in pigiama, ma a differenza della ragazzina, aveva intelligentemente indossato un Parka con la pelliccia che l'avvolgeva per bene tenendola al caldo.

Non ottenendo risposta Bonnie fece un passo avanti, schiacciando con la scarpa un rametto di un albero.

«Che cosa ci fai qui?» sibilò minacciosa, sollevando di poco la mano facendole capire le sue intenzioni poco amichevoli.

La rossa non si scompose. Sollevò di poco il mento e la fissò con superiorità, o meglio, cercò di sembrarle superiore ma invano. Perché agli occhi di Kai, nel modo in cui cercava di tenersi stretta a sé per ricevere calore, il dolce visetto dalla pelle di porcellana corrucciato che la faceva sembrare una bambina, e i capelli rossi scompigliati simili a una matassa di lana ingarbugliata, dava l'idea di essere solo una ragazzina indifesa.

Davvero si era lasciato fregare da una così?

«Potrei farti la stessa domanda» le rispose, ricambiando lo sguardo facendo vagare i suoi occhi violacei su tutta la figura di Bonnie per squadrarla meglio.

Il buio della sera non aiutava molto e la luce della luna era l'unica fonte in cui aggrapparsi in quel momento, come un salvagente in acque torbide, e anche le ragazze faticavano a scrutarsi tra quel manto scuro che avvolgeva l'intera foresta.

«Ma l'ho fatta prima io -fece ironica, sollevando l'angolo delle labbra in un sorrisino palesemente falso che non mascherò- quindi, cosa ci fai qui?» ripeté nuovamente, facendo un altro passo avanti senza distogliere mai lo sguardo da lei.

Kai nel frattempo decise di godersi lo spettacolo balzando su una delle lapidi, la quale gli era sembrata abbastanza stabile per sostenere il suo minuscolo peso, accovacciandosi subito dopo e aguzzando la vista.

«Sono sonnambula. Sai, cammino nel sonno senza accorgermene proprio come fanno i sonnambuli...» La buttò lì improvvisamente quella scema, gesticolando con le mani, usando un tono di voce abbastanza eloquente.

E in altre circostanze si sarebbe fatto anche delle risate, poiché una risposta del genere, in una situazione simile, probabilmente gliela avrebbe rifilata anche lui. Ma a giudicare dal timbro di voce utilizzato: un misto tra ironia e insolenza, sembrava proprio che la stesse prendendo in giro, cosa che Bonnie probabilmente non avrebbe gradito molto.

Per un istante Kai ebbe una minuscola vocina nella testa che gli fece credere per un millesimo di secondo che quella ragazzina avesse provato a mentire, fallendo miseramente.

Ma poi si diede dell'idiota da solo. Perfino lui non era a quei livelli e ovviamente, una così non sarebbe arrivata dov'era ora se non fosse per il suo mix di sfacciata insolenza, sadismo e intelligenza.

Beh, l'ultima capacità magari era alquanto discutibile per i suoi gusti ma quella era una sua deduzione; magari si sbagliava.

Forse.

Come aveva intuito, Bonbon non accolse positivamente la sua sfrontatezza e dal suo sguardo, quello che gli aveva rivolto molte volte e che conosceva fin troppo bene, Kai intuì che probabilmente non sarebbe stata delicata nei confronti di Ruby.

«Lo sapevo che c'entrassi in qualche modo in tutta questa faccenda. Io so chi sei, so che cosa hai fatto e so anche che cosa sei capace di fare» fece lapidaria, alzando la voce facendo volare via di paura qualche uccellino appollaiato sui rami degli alberi.

Sollevò la mano e in un battito di ciglia formulò ad alta voce l'incantesimo.

«Impotentia Motor!» urlò la strega Bennett lanciando l'incantesimo di immobilità contro Ruby, ma lei fu più veloce.

Abile e leggiadra come una gazzella, sollevò la mano destra, e bloccò l'incantesimo usandone contro uno di protezione.

«Praesidium!» sibilò, fissandola con una tale determinazione negli occhi violacei da lasciare sia Bonnie che Kai sorpresi.

Aveva quello sguardo. Lo stesso che aveva rivolto a quella combriccola di idioti quella fatidica sera, quando lui l'aveva liberata. Lo stesso che gli aveva rivolto quando lo aveva tramutato in gatto qualche sera fa imprigionandolo in quella minuscola gabbia di carne e ossa. Gli occhi violacei sembravano brillare nell'oscurità, minacciosi e pieni di malcelata malizia. L'espressione determinata e a tratti macchiata dall'eccitazione che le attraversava gli occhi in un guizzo, probabilmente non consapevole, gli fecero intendere che le piacesse così tanto usare la magia da lasciarlo interdetto.

Quella ragazzina aveva una vasta conoscenza di incantesimi che né lui né Bonnie avrebbero potuto sovrastarla e questo lo faceva sentire a tratti irrequieto e forse anche minacciato. Se Ruby fosse davvero il mostro di cui tutti avevano paura, forse più di Kai, un motivo c'era.

E lui lo sapeva; o per lo meno, sapeva il suo passato, cosa avesse fatto, cosa fosse in grado di fare il suo potere ed era per questo che aveva sottovalutato la questione. Aveva pensato di riuscire a fregarla ancor prima che lei potesse farlo a lui, e invece aveva sbagliato e ora ne pagava le conseguenze.

Alla dannazione di Ruby non c'era soluzione, a differenza sua che avrebbe potuto sistemare le cose se solo quella stupida di sua sorella Josette si decidesse a fondersi con lui.

Per lei era diverso, era permanente e nessuno avrebbe potuto aiutarla. Non sapeva nemmeno che una condizione come la sua potesse esistere, figurarsi se conoscesse un modo per aiutarla.

Aiutarla? Lui?

Lo aveva davvero pensato?

Ma cosa gli accadeva nella testa a volte? La convivenza con quella ragazzina gli aveva davvero fottuto il cervello.

«Vedi di calmarti, chiunque tu sia. Perché sappi che quando mi arrabbio ci vado giù pesante». L'avvisò serafica la ragazzina, assottigliando le palpebre e abbassando lentamente la mano tesa.

Bonbon afferrò al volo le sue parole, serrando la mascella e irrigidendo la postura. L'aria si fece tagliente peggio di un rasoio e le due non facevano altro che fissarsi in cagnesco ogni minuto di più.

«Mi chiamo Bonnie, e c'ero anch'io la notte in cui quello psicopatico di Kai ti ha liberata» Il tono di voce si fece più calmo così come la sua postura. La strega Bennett aveva rilassato le spalle e sembrava aver colto il punto della situazione, richiamando a sé il sangue freddo cercando di risolverla con il dialogo.

Kai ebbe un sussulto dopo quella frase, e non poté fare a meno di fissarla con i suoi enormi occhi felini di un blu intenso nel buio della notte.

Bonnie lo odiava, tutti lo odiavano.

Poteva capirla da una parte; lui le aveva mentito, l'aveva tradita, ma non c'era perdono per quello che invece gli aveva fatto lei.

Kai aveva davvero desiderato di cambiare, di avere una seconda chance...ma Bonnie non gli ha creduto, lo aveva abbandonato e lasciato solo come tutti gli altri. E ora anche lei lo definiva un mostro, uno psicopatico doppiogiochista e, mai nella sua vita avrebbe negato di darle torto.

Perché lui è uno psicopatico doppiogiochista, ma mostro?

Oh, quello no.

Quella parola la meritavano coloro che l'avevano usata contro di lui definendolo anche un abominio, spezzandogli l'infanzia e condannandolo ad essere un reietto da tutta la Congrega e definendolo non adatto a comandare.

Li odiava, odiava tutti, ed era per questo motivo che non avrebbe avuto pace finché non si sarebbe vendicato di tutti i torti subiti.

Ragione per cui, quando Josette gli aveva raccontato la storia di Ruby Mirea Reyes, l'erede maledetta della Congrega, in parte aveva avuto compassione per lei perché, in un certo senso, anche Ruby doveva aver subito tutte le discriminazioni e gli abusi da parte di quei bastardi.

I suoi peli si rizzarono leggermente per via di un movimento da parte di Ruby sfuggito al suo sguardo, facendolo sussultare.

«Oh, capisco. Quindi tu sei un'amica di Damon e Stefan» La ragazza aveva mosso qualche passo facendosi più vicina a Bonnie, e finalmente una volta a distanza minore, si poterono scrutare meglio.

Bonnie parve sorpresa dalla sua affermazione, poiché corrugò le sopracciglia fissandola accigliata.

«Sì, perché li conosci?» fece cauta, mentre Ruby annuì subito dopo.

«Ci ho parlato qualche ora fa, prima che accadesse questo» Gesticolò, indicando la cappella nella quale erano appena usciti.

Bonnie seguì la direzione indicata sospettosa, riportando lo sguardo smeraldino su di lei.

«Quindi mi stai dicendo che non sei stata tu?».

Ruby soffocò una risata isterica, stringendosi per il freddo tra le sue esili braccia.

«Perché dai per scontato che sia stata io?» fece sulla difensiva, arricciando le labbra, infastidita.

«Perché da quando sei arrivata hanno iniziato a susseguirsi un sacco di eventi strani, per primo i cadaveri in quel cerchio di sangue, poi la morte di un ragazzo; Kai è misteriosamente sparito e adesso questo» fece tutto d'un fiato, fissandola severamente.

Ruby fece un sorriso forzato, probabilmente perché Bonnie l'aveva colpita nel vivo. Schioccò la lingua sul palato e si lambì il labbro inferiore, non riuscendo a ribattere per tenerle testa.

«Beh, -borbottò- diciamo che almeno con l'ultima sono innocente» fece spallucce, storcendo il naso, per poi portare lo sguardo sulle sue pantofole rosa.

Bonnie scosse severamente la testa fissandola con disapprovazione. Si sfregò le mani infreddolite contro il suo cappotto in cerca di caldo poiché con l'avanzare delle ore la temperatura scendeva ancor di più.

E Kai ci avrebbe scommesso la testa che fossero a zero gradi.

«Dalla tua affermazione posso permettermi di pensare che tu sia colpevole, visto che queste cose le persone normali non le fanno»

Oh, quella frecciatina era adorabile Bonbon.

Si comportava come se fosse una santa quando quasi tutta Mystic Falls poteva affermare che non lo fosse, e chi più di lui poteva affermarlo?

«Pensala come vuoi, Bonnie, ma c'è sempre una ragione sotto le mie azioni. Non sono stupida, e quella gente non era affatto santa, si sono macchiati di crimini gravi quasi quanto i miei». Bonnie la fissò intensamente, i suoi occhi verdi sembravano scrutarla cercando di capire se stesse dicendo la verità, mentre Ruby sosteneva il suo sguardo non mostrando minimamente una punta di cedimento.

E Kai non poté che trovarsi totalmente d'accordo con la rossa sulla questione vendetta. Quei bastardi avevano avuto ciò che meritavano anche se aveva tanto desiderato di ammazzarli lui.

«Posso immaginare cosa hai dovuto passare, ma la vendetta credimi, non porta mai da nessuna parte. Ti consuma dall'interno e quando non ci sarà più nulla da corrodere ti sentirai solo vuota».


Il discorso filosofico di Bonbon quasi fece rigurgitare a Kai la cena di quella sera, tremendamente schifato dalle sue parole.

La vendetta era tutto.

La vendetta era potere.

La vendetta era vittoria.

La vendetta era una punizione per tutti coloro che lo avevano ostacolato.

E nessuno gli avrebbe mai fatto cambiare idea, né tantomeno Bonbon e quella banda di idioti che tentavano inutilmente di rovinargli i piani.

«Lo so». Fu la percettibile risposta della ragazzina che non accennava ad alzare lo sguardo colpevole dalle sue oscene pantofole.

Bonnie restò in silenzio, seguendo distrattamente la direzione in cui la rossa si era soffermata più del dovuto, ed entrambe si ritrovarono a fissarle quelle orribili cose di color rosa.

Ruby alzò lo sguardo, leggermente in imbarazzo, forse per essersi resa conto di indossare quegli obbrobri ai piedi...

Lo odiava proprio il rosa.

«Ascolta, per quanto possa essere incredibile da dire, io sono innocente questa volta. -si indicò- secondo te potrei mai uscire di sera, in pigiama, con zero gradi per andarmene in un cimitero del quale non conoscevo l'esistenza per fare chissà che cosa?» Gesticolò, irritando Kai.

Ecco che ricominciava a comportarsi come una ragazzina: blaterando come una bisbetica con quella sua voce acuta che gli infastidiva i timpani.

Per tutti i demoni! Poteva giurare su chiunque che quel comportamento lo mandava letteralmente in bestia e lo infastidiva come pochi non capendone il perché. Era una cosa viscerale che faceva capolino all'improvviso ogni qual volta lei aveva certi atteggiamenti, un qualcosa che scattava dal profondo del suo essere.

Quell'intuito che le donne definivano: ''a pelle'' il quale lo si avvertiva a primo impatto. Decisamente per lui era simile ma non sapeva darne una concreta spiegazione perché era così e basta.

Quella sensazione di fastidio ogni qual volta si comportava da bambina davanti ai suoi occhi, gli bruciava tremendamente come un nodo nell'addome, tanto da fargli venire il mal di stomaco, e in quel momento desiderò con tutto se stesso che le due ricominciassero a lottare tra di loro, almeno quello era interessante da vedere.

Bonnie la fissò di sottecchi, indecisa se crederle o meno.

«Beh, forse potresti. Sei effettivamente in pigiama nel bel mezzo del bosco» Il tono di voce ironico e lo sguardo eloquente, fecero aguzzare lo sguardo della ragazzina.

«Da che pulpito...» borbottò, corrugando le sopracciglia e incrociando le braccia sotto il seno, infastidita dall'insistenza di Bonbon nel darle la colpa.

Quest'ultima scosse la testa e mosse alcuni passi verso la cappella, facendo scorrere lo sguardo su tutto il cimitero non accorgendosi minimamente di lui appollaiato a poche lapidi la lei, mentre la fissava insistentemente.

Forse poteva farle prendere un infarto facendola spaventare, magari crepava prima così si sarebbe ritrovato con una in meno da ammazzare.

«Che cosa hai scoperto?» fece la strega Bennett avvicinandosi alla vecchia porta di ferro battuto.

La ragazzina sembrò restia nel voler vuotare il sacco e Kai sperò con tutto se stesso che quella stupida non lo facesse, altrimenti si sarebbe ritrovato con la combriccola degli idioti attaccata al culo ogni santo giorno, e Dio solo sapeva quante bestemmie avrebbe potuto urlare se solo avesse avuto delle corde vocali umane.

Ruby si voltò verso Bonnie nel momento in cui lei la affiancò, soffermandosi ad osservare la scritta incisa di James William Hayes.

«Non molto in realtà. Chiunque abbia praticato la magia nera l'ha sicuramente lanciata in questo posto, ma nel momento in cui varchi questa soglia i residui di magia cessano all'istante di esistere, come se qualcuno ci avesse applicato un incantesimo di occultamento».

Bonnie varcò la soglia, entrando nella cappella probabilmente per accertarsi della veridicità delle parole di Ruby e quest'ultima la seguì.

Un pizzico di irritazione inondò le membra di Kai, sia perché la ragazzina non chiudeva quella boccaccia che si ritrovava, sia perché Bonbon stava ficcanasando in faccende più grandi di lei e questo manifestava positivamente i suoi timori: presto o tardi si sarebbe ritrovato i Salvatore alle calcagna.

Anche se in realtà poteva guadagnarci qualcosa di positivo nella vasta merda in cui nuotava. Il nemico si studiava da vicino imparandone i movimenti, studiandone il pensiero e facendo leva suoi punti deboli. E per quanto riguardava i Salvatore, decisamente si ritrovava immensamente in vantaggio.

«Hai ragione. Qui è stata praticata magia nera e successivamente, chiunque l'abbia fatto, ha coperto le tracce. -Udì dall'interno della cappella grazie all'eco delle pareti- Nulla di così facile, basta annullare l'incantesimo e potremmo scoprire cosa è successo».

No, non poteva ficcanasare più del dovuto.

Se avessero profanato quella tomba, qualsiasi cosa ci fosse al suo interno gli sarebbe stata impossibile da raggiungere.

Doveva pensare ad una soluzione, e in fretta.

Senza pensarci due volte, velocemente schizzò come un razzo balzando giù dalla lapide e sgattaiolando all'interno della cappella. Il suo povero naso venne nuovamente sbeffeggiato da quella orrenda puzza acre di muffa, a cui non badò particolarmente, troppo occupato a sgusciare abile tra le gambe delle due ragazze per poter raggiungere il centro della stanza prima che la strega effettuasse l'incantesimo.

Bonbon come previsto emise un urletto di paura, facendo un balzo indietro. Si toccò il petto, fissandolo sorpresa e lui ne colse la palla in balzo, posizionandosi esattamente al centro della stanza e posando il suo culo felino proprio sulla scritta coperta di polvere in Tedesco di James Williams.

Adesso voleva proprio godersi l'espressione di Bonbon quando si sarebbe resa contro che non c'era effettivamente nulla su cui basarsi. Fissò intensamente la ragazzina, augurandosi mentalmente che avesse afferrato il concetto nel tener chiusa quella boccaccia, e come se nulla fosse emise un tenero miagolio muovendo la folta coda castana alludendo alle due la sua voglia felina di giocare.

La strega Bennett voltò leggermente il capo verso Ruby, sospirando di sollievo, probabilmente per via dell'infarto mancato.

Accidenti.

«Che spavento...-mormorò, per poi riportare lo sguardo su di lui- è il tuo gatto?» domandò, fissandolo intensamente soffermandosi più del dovuto sul suo collare blu dagli incastri elaborati.

«Sì!» affermò prontamente Ruby, fissandolo con i suoi adorabili occhi violacei.

«Nella fretta credo di aver lasciato la porta di casa aperta e lui probabilmente deve avermi seguito» mentì perfettamente con un'eloquenza tale che quasi ci credette anche lui.

«Oh, è davvero meraviglioso» mormorò, avvicinandosi a lui per poterlo vedere più da vicino. Kai non mosse un muscolo ma nel momento in cui la mano curata di lei si posò delicatamente sulla sua testolina la lasciò fare, muovendo leggermente la coda da bravo gatto quale era.

Bonnie non era stupida, e per evitare che intuisse qualsiasi cosa e lo fregasse nuovamente, questa volta doveva essere lui a non sbagliare, lasciando che tutto vada per il verso giusto.

E comunque, riguardo al suo complimento, sapeva perfettamente di essere meraviglioso e anche di più, perciò le concesse il privilegio di accarezzarlo ancora un po' solo perché adorava essere al centro dell'attenzione. Ma durò poco, poiché Bonnie si sollevò distaccandosi da lui e dopo un breve sguardo alle sue spalle, verso Ruby pronunciò l'incantesimo.

La stessa scena si palesò davanti ai loro occhi come un déjà-vu: la polvere si sollevò, le lanterne si accesero ponendo pace alle loro pupille e la famigliare sensazione di formicolio nel petto tornò, così come i frammenti di energia magica.

Nient'altro apparve ai loro occhi e Kai gioì mentalmente, non spostandosi di un millimetro dalla sua postazione, intento a non far scoprire oltre alla strega dagli occhi verdi. Quest'ultima fece un veloce giro accurato della stanza, sotto gli occhi di Ruby che non emise un fiato, leggermente più rilassata per il riparo dal freddo.

Il suo corpo aveva smesso di tremare ma Kai riuscì perfettamente a vederle la pelle d'oca sulle gambe scoperte dalla sua altezza.

Anche le gambe, lunghe, esili e così dannatamente lisce e dalla pelle di porcellana gli sembravano invitanti...

Strizzò gli occhi. Cosa stava pensando! Non era esattamente il momento giusto per immaginarsi un porno nella sua testa.

Scacciò quelle immagini e si focalizzò sulla strega Bennett che leggermente delusa si girò verso Ruby.

«Beh, mi sembra che non ci sia nient'altro qui dentro se non queste misere tracce. -fissò la ragazza negli occhi, dando le spalle a Kai- Se davvero non sei stata tu, allora qui abbiamo un altro problema serio. La magia nera è molto pericolosa e chi ne fa uso ne viene corrotto, probabilmente quel qualcuno si sta aggirando nella città indisturbato»

Ruby annuì, arricciando le labbra carnose.

«Io continuerò ad indagare, e per sicurezza avevo intenzione di occultare questa cappella, così da non avere problemi con terzi» Bonnie annuì alla sua affermazione, in completo accordo con lei.

«Perfetto. Sigillandola e occultandola nessuno ci ficcherà il naso e con discrezione potremmo capire che cosa sta succedendo» affermò incrociando le braccia sotto il seno, e fissando la rossa con serietà.

Probabilmente non si fidava di lei al cento per cento, e per questo motivo non l'avrebbe mollata tanto facilmente, ne era sicuro. Per tanto conoscendola bene, si preparò psicologicamente al suo ficcanasare nei confronti della ragazzina che si sarebbe prolungato per un bel po' poiché questa ''collaborazione'' si sarebbe protratta finché non avrebbero scoperto il colpevole.

-♥-

Pov Ruby

Dopo aver sigillato con Bonnie quella cappella, la ragazza le aveva prontamente affermato che l'indomani avrebbe spiegato l'intera situazione ai suoi amici, tra i quali Stefan e Damon ignari della situazione poiché non erano delle streghe, per poter scoprire quanto accaduto il più velocemente possibile.

Quella strega le era parsa abbastanza nervosa per quanto riguardava la questione ''magia nera'', e magari poteva essere una sua intuizione ma qualcosa le sussurrava nell'orecchio che quella ragazza sapesse esattamente le conseguenze di un uso prolungato di quel genere magico, e probabilmente non doveva essere stata una bella esperienza.

Ma Ruby non poteva dire la stessa cosa di sé, poiché di quel tipo di magia lei ne intendeva parecchio invece. Costretta ad utilizzarla contro il suo volere alle volte era come possedere un parassita nel cervello che pian piano le divorava un piccolo pezzo, rendendola succube ad ogni minima perdita di cognizione. E per quanto le lezioni della vecchia Oneida fossero state positive, in lei di positivo non c'era proprio nulla.

Ed era per questo che quando quella strega aveva sospettato subito di lei nemmeno si era offesa così tanto, perché lei sapeva cosa era in grado di fare, ammetteva le proprie colpe ma mai, se si fosse ritrovata nuovamente in quelle situazioni avrebbe agito diversamente.

Lei era così: sadica, impulsiva, insolente e forse un po' folle ma mai stupida. I tempi in cui era una docile ragazzina che veniva bullizzata e discriminata erano finiti, lei era così perché l'avevano resa gli altri in quel modo, indurendo la sua pelle e il suo cuore chiudendoli in una corazza protettiva che forse mai avrebbe tolto.

Bonnie le aveva anche anticipato che una volta informato tutti, sarebbe probabilmente passata da lei per aggiornarla sul da farsi. Cosa che l'aveva leggermente sorpresa in quanto le era apparso abbastanza strano che un momento prima aveva cercando di farle del male, accusandola di essere lei la colpevole del misfatto, e un attimo dopo sembrava abbastanza disposta a collaborare con lei.

In realtà sospettava che l'avesse fatto apposta poiché non si fidava di lei e voleva tenerla sotto controllo, cosa giustamente lecita.

Neanche lei si sarebbe fidata di se stessa.

Ed ora si ritrovava immischiata in qualcosa di decisamente più grande di lei. Non che le dispiacesse avere una compagnia in più di un semplice gatto, ma dopo un'intera infanzia passata in solitudine mischiata ai trent'anni di isolamento in quella prigione si sentì abbastanza a disagio all'idea di scoprire come andava il mondo, com'era interagire con più persone che non fossero ostili nei suoi confronti. Per un secondo le parve di sentire nuovamente quella strana bolla di occlusione nel petto che le bloccava l'ingresso dell'ossigeno, impedendole di respirare ma proprio quando si ritrovò ad annaspare in cerca d'aria le parole di sua madre le parvero danzare nella mente, e come un flashback i ricordi tornarono nitidi nella sua mente.

-♥-

''Luglio, 1972.

Mystic Falls.


Una figura minuta se ne stava raggomitolata sotto le radici di un grosso albero.

Tremava, stringendosi a sé nonostante l'immenso caldo dell'estate, scossa dai singhiozzi. Le spalle incurvate in avanti e la testa tra le ginocchia in una muta e inconsapevole richiesta di protezione, sancivano la paura e il senso di colpa che come un fiume in piena le avevano travolto le membra.

Stava piangendo e francamente aveva dimenticato da quando, ma non troppo dal riuscire a cancellare l'immagine permanente nella sua testa per la quale il suo cervello sembrava non avere tregua.

Ma nonostante cercasse di controllarsi, di trovare una giustificazione plausibile al suo tormento, nulla sembrava darle sicurezza alla sua tesi.

Nicholas Baker era morto, e lei lo aveva ucciso.

E nulla, nemmeno la consapevolezza che fosse stato un incidente, dettato dalla paura e dall'odio nei suoi confronti, poteva in qualche modo scagionarla dalla sua colpevolezza.

Non aveva vai avuto intenzione di ucciderlo, ma quella grandissima testa di cazzo non le aveva lasciato scelta. Da quanto le dava il tormento?

Da molto, sin da quando aveva memoria e mai per un secondo le era parso che si sentisse in colpa nei suoi confronti quando la maltrattava. Eppure, lei aveva continuato ad andare avanti, tenendogli testa, ma mai era arrivata così in basso, scendendo dal suo piedistallo per raggiungere quello del biondino e assecondandolo arrivando alle mani.

Ma adesso la situazione le era sfuggita di mano. Lei aveva perso il controllo a causa sua, ed ora ne doveva ripagare le conseguenze.

Non era la prima volta; le era già capitato quando era più piccola di non riuscire a controllarsi, ma oltre ad aver assorbito inconsapevolmente la sua gemella, mai aveva ucciso un essere umano.

Si strinse più forte a se stessa, conficcando le unghia nella carne delle braccia, facendo pressione e affondando sempre di più in quel tessuto tegumentale così morbido.

Il dolore fisico che stava provando era nulla in confronto a quello psicologico.

Aveva terrore delle conseguenze, di quello che i suoi genitori avrebbero potuto dirle, dei loro sguardi delusi e macchiati da quella sfaccettatura di compassione che tanto odiava con tutta se stessa, e degli sguardi di tutti i membri della Congrega. Dopo questa bravata probabilmente le loro paure e opposizioni nei confronti del suo futuro si sarebbero fortificate, incanalandosi sempre di più verso un'unica uscita che portava direttamente al suo allontanamento da tutti quanti.

Avrebbero potuto rinchiuderla, legarla come una psicopatica e gettare via la chiave da una scogliera affinché di lei non sarebbe rimasto solo che un ricordo, e una breve storia horror da raccontare ai più piccoli.

Questo giorno doveva essere un giorno di festa; da quel che ne sapeva i Parker erano stati benedetti con la nascita di una seconda coppia di gemelli, entrambi maschi, che avrebbero festeggiato dopo la riunione della Congrega in quello stupido capannone.

Li aveva visti di rado in realtà, così come i loro primogeniti, anche loro gemelli, un maschio e una femmina di cinque anni di cui però non sapeva i nomi e nemmeno le interessavano. Quella gente la evitava, la disprezzava, e lei ricambiava con altrettanto odio nello sguardo ogni qual volta aveva un contatto visivo estraneo che non fossero i suoi genitori.

Ed ora aveva rovinato tutto.

Che cosa doveva fare adesso? Chiamare i suoi genitori? Scappare via?

Non lo sapeva. Quello di cui era certa, era l'immenso terrore che il suo corpo stava manifestando, troppo scosso da violenti brividi di freddo ma contemporaneamente madido di sudore.

Era in evidente stato di shock e più cercava di trovare una soluzione, maggiore era l'ansia che le divorava il petto come un Boa constrictor che le avvolgeva tra le sue spire i polmoni e lo stomaco, rendendole difficile la respirazione.

Chiuse gli occhi, cercando di non pensare ma come un fulmine a ciel sereno, l'immagine del cadavere di Nicholas le balenò nitida come uno specchio d'acqua nella sua mente.

Ansimò con veemenza in cerca d'aria e i singhiozzi si fecero più ritmati, uno dopo l'altro facendole rischiare di soffocarsi con la sua stessa saliva.

Cosa doveva fare? Cosa doveva fare? Cosa doveva fare?

Cosa doveva fare?

Le falangi delle dita si infilarono nei suoi corti capelli rossi, dividendoli e scompigliandoli. Si strinse la cute così forte da farsi male e pianse, pianse come non aveva mai fatto prima d'ora lasciando che le lacrime, come un fiume in pena, le scivolassero via lungo il volto cadendo e bagnando le sue gambe scoperte.

Prese a dondolarsi come una bambina, incurante del naso che gocciolava peggio di un rubinetto rotto, lasciando che anche le gocce di muco facessero compagnia alle sue lacrime. E in preda alla disperazione per un momento desiderò di morire. Sì, voleva morire, lasciarsi andare perché tanto con una vita del genere non aveva un futuro, lei non aveva nulla per cui valeva la pena lottare.

E fu proprio quando quei pensieri iniziarono a vorticarle nella testa prepotentemente che qualcuno le posò una mano sulla testa.

Immediatamente scattò, facendo leva sui talloni e gettandosi in avanti per poter correre il più velocemente possibile lontano da chiunque volesse farle del male.

«No, tesoro tranquilla. Sono io»

Ruby si bloccò, voltandosi il giusto per poter vedere sua madre dal basso con le ginocchia ancora nel terreno, lo sguardo stravolto e le lacrime che le impedivano di vedere nitidamente.

Si coprì il volto scoppiando in un pianto disperato, singhiozzando colpevolmente e cercando di giustificare invano l'accaduto.

L'immagine di Nicholas senza vita, dopo quella magnifica sensazione di sazietà a riempirle il vuoto nel petto, l'aveva lasciata pietrificata, senza fiato. Charlie e James avevano urlato per tutto il tempo a distanza di sicurezza ma non appena lei aveva incrociato i loro sguardi, questi erano fuggiti via, lasciandola lì sola con quel cadavere che non sembrava nemmeno più umano, ma una mummia incartapecorita.

«Mi...dispiace! -singhiozzò in preda al tremore- non sono riuscita a controllarlo...non ce la faccio mamma!». Si tirò i capelli, come punizione per le sue azioni non giustificate, e per un momento pensò che anche sua madre in quel momento pensasse che fosse un mostro.

E senza di lei e suo padre, la sua vita era finita, inutile.

Sua madre incredibilmente si fece vicina, mentre lei nell'udire il suo respiro così vicino, si chiuse più a riccio nella speranza che lei capisse il suo stato d'animo.

Le sue forti braccia la avvolsero in una stretta ferrea, stringendola al suo petto e cullandola come una neonata, tra i suoi singhiozzi.

Il suo abbraccio, così confortevole e saldo come un'àncora di salvataggio, fu l'unica cosa che le fece desiderare in quel momento di vivere. Per lei, per suo padre, per la vita che le avevano donato con il loro amore e per se stessa.

«Shh...-mormorò vicino al suo orecchio, cullandola dolcemente- io sono qui con te». Quelle parole così dolci, non fecero altro che distruggerla più in profondità, perché in cuor suo si sentiva così in colpa per essere nata in quel modo nella loro famiglia. Loro non la meritavano come figlia, eppure non poteva far altro che pensare che fosse nel posto giusto con i genitori migliori del mondo.

«Perdonami mamma. -tirò su col naso, cercando di respirare dalle narici inutilmente- sono un mostro, questa è la verità!»

La voce rotta dal pianto risultò lamentosa e difficile da capire perfino per le sue orecchie. Sperò che sua madre la tenesse stretta e non la lasciasse più andare, perché temeva che probabilmente se l'avesse fatto, avrebbe ceduto e sarebbe piombata in un baratro buio e senza via d'uscita.

Lei le infilò delicatamente una mano tra i capelli, carezzandoli con infinita dolcezza mentre l'altra mano le disegnava cerchi invisibili sulla schiena cercando di confortarla e calmarle i nervi.

Quel momento le parve così relativo: troppo breve per sentirsi meglio e al sicuro e troppo infinito nei confronti dell'immenso calore che le aveva invaso le membra, riuscendo a calmarla quel poco che bastava per riuscire ad assorbire più ossigeno nei suoi polmoni.

Sua madre sciolse l'abbraccio, afferrandole il viso a coppa tra le mani impedendole di abbassare lo sguardo incatenando i loro sguardi e bloccandogli in un infinito spazio riservato solo a loro e nessun altro.

«Tu non sei un mostro e mai lo sarai. Sei nostra figlia e non permetteremo a nessuno di farti del male, hai capito?» le sussurrò, lanciandole sguardi determinati misti a un pizzico di dolcezza nei suoi confronti.

Ruby scosse la testa, singhiozzando. Il volto deformato dal pianto.

«Ho ucciso Nicholas! -altro singhiozzo- non me lo perdoneranno mai. Mi odiano tutti, mi rinchiuderanno da qualche parte e non potrò vedervi mai più!»

«No, Ruby... -le fermò la testa, impedendole di divincolarsi- cosa ti ho insegnato da quando hai imparato a camminare?» Lei alzò lo sguardo, cercando di riuscire a guardarla meglio per via delle lacrime.

Tirò su col naso e deglutì.

«Sei una Reyes e come tale devi camminare soltanto sulla via dell'onore; lotta, non essere mai vile. Ovunque noi andiamo non dimentichiamo mai chi siamo e da dove veniamo». Ripeté a memoria quella frase che tante volte aveva udito dalla donna che l'era di fronte.

«E soprattutto, Ruby, non lasciare mai che qualcuno distrugga il tuo animo perché lui è la forza che ti aiuterà ad andare avanti. Ricordatelo in futuro» continuò sua madre.

Lei restò a fissarla; gli occhi lucidi dai quali più nessuna lacrima era sgorgata via, e il respiro accelerato che le rimbombava nelle orecchie nel silenzio successivo.

Scosse la testa.

Le parole di sua madre erano sempre saggie ma queste non cambiavano la reale situazione che aveva causato.

«Ma Nicholas...» mormorò, non riuscendo più a formulare le ultime parole.

«Ci penseremo io e tuo padre. Ora, va dritta a casa e non uscire finché non torneremo».

Sciolse il loro abbraccio e annuì, sotto lo sguardo esauriente di sua madre. Si alzò, pulendosi frettolosamente le ginocchia con le mani e indietreggiò, guardando sua madre un'ultima volta prima di correre via''.

-♥-

Ruby portò lo sguardo su Kai, intento a camminarle davanti con fare offeso e sorrise.

Ora sapeva esattamente che cosa fare; ciò che aveva fatto a quei mostri era perfettamente giustificato, e mai più nella vita si sarebbe arrestata alle prime difficoltà. Chiunque fosse la fonte di quella magia nera e qualunque cosa avesse in mente di fare, aveva i minuti contati perché aveva scelto l'anno sbagliato e la strega giusta.












Spazio Autrice:

Sinceramente non ho nulla da dire, se non ringraziare per l'ennesima volta tutti coloro che leggono My Kitten. Davvero, non riesco a credere che questa storia frutto della mia mente malata stia andando a gonfie vele! Molti di voi l'hanno addirittura aggiunta del proprio elenco lettura e questo mi fa scendere una lacrimuccia di felicità, per non parlare delle visualizzazioni che hanno raggiunto l'1.93K !

Davvero, grazie di cuore.

Dunque, per quanto riguarda la storia in sé, stiamo arrivando pian piano alla seconda fase dello sviluppo della trama, ovvero quella dove i protagonisti si ritroveranno invischiati in qualcosa di ''misterioso e pericoloso''.

Non faccio spoiler altrimenti non c'è divertimento. :P

Detto ciò, fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo con una bella stellina e noi ci rivediamo nel prossimo fine settimana con il capitolo diciannove.

P.s ho intenzione di cambiare copertina, perché sinceramente quella che ho creato è stata fatta con la fretta e ammetto di non essere brava in tutto ciò, ma poiché ho iscritto la storia in vari Contest ho dovuto revisionare tutto. Non vorrei peccare di punti per via di quest'ultima, perciò non appena sarà pronta vi avviserò in anticipo.

Baci a tutti.

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