Parte Decima

Pov Ruby

Il mattino seguente la sveglia suonò verso le undici di mattina.

Ruby velocemente la spense, evitando che quel fastidioso suono le penetrasse nel cervello.

Si girò dall'altra parte mugugnando qualcosa, nel mentre un flebile raggio di sole sgusciò tra tende scure finendole diritto sulle palpebre, infastidendola.

A completare lo scenario fu il miagolio incessante del gatto che dopo il suono della sveglia, aveva iniziato a tartassarla in loop senza fermarsi.

«Mh?...Kai? Sta' zitto» borbottò con la voce impastata dal sonno.

Il miagolio del gatto continuò, come se non l'avesse sentita.

Iniziò a irritarsi, per cui emise uno sbuffo aprendo gli occhi. Si sollevò ancora mezza intontita e cercò quell'ammasso di pelo torturatore di timpani, trovandolo nello stesso punto in cui lo aveva lasciato la sera precedente.

Lo fissò scocciata.

«Sei veramente irritante la mattina, lo sai?» Il gatto per tutta risposta miagolò nuovamente e con uno scatto felino, balzò sul pavimento, uscendo dalla stanza.

Ruby lo fissò scioccata.

«Non potevi andartene prima di rompermi?» Gli urlò dietro.

Già scocciata di prima mattina e con il morale sotto i piedi, si alzò, scendendo le scale a passi pesanti.

Trovò lo scocciatore peloso sul mobile della cucina, intento a fissarla. Muoveva la coda ritmicamente e se ne stava tutto tranquillo acquattato.

Lei si avvicinò, fissandolo storto con le mani sui fianchi.

«Che cosa vuoi?» disse scorbutica.

Odiava essere svegliata in quel modo di prima mattina, questo la rendeva acida e irritante per tutta la giornata.

Lui per tutta risposta si leccò i baffi, facendole intendere che avesse fame.

Ruby si illuminò e gli sorrise dolcemente.

«Oh, vedo che hai cambiato idea. Che bravo!» Fece per accarezzarlo ma lui glielo impedì.

«Meoow!» miagolò indispettito, cercando di graffiarla con la zampetta.

Lei alzò gli occhi al cielo, dirigendosi verso la mensola.

«Vedo che non ti è ancora passata» iniziò, mentre con fare pacato gli apriva un'altra scatola di tonno.

«Devi farci l'abitudine. - continuò, mentre gli avvicinava il piatto sul ripiano di legno- Tu hai cercato di uccidermi e questa è la tua punizione».

Kai restò immobile a fissarla, e qualcosa le diceva che probabilmente i suoi pensieri erano del tutto negativi nei suoi confronti.

«E lo sarà finché lo decido io» concluse, mentre si preparava una tazza di Tè caldo.

Kai si apprestò a divorare il piatto, sembrando quasi un senzatetto che non mangiava da anni.

Lei scrollò le spalle e si godette il suo Tè caldo, mangiucchiando un biscotto.

Nel frattempo, ingannando l'attesa pensò alla sua prossima mossa. Che cosa avrebbe dovuto fare adesso? Sì, era la Leader della Congrega ma non aveva mai preso parte alle riunioni o alle mansioni di un Leader, perché era troppo occupata a studiare gli incantesimi per poterne essere degna.

Poi è stata rinchiusa in quel sigillo e buio. Non sapeva che fare, e quel che era peggio, ora che ricordava bene, era la consapevolezza che la famiglia Parker fosse ancora in libertà, se non quelli che l'avevano rinchiusa ma i loro eredi. Per cui, se voleva preservare il suo posto da diritto di nascita, avrebbe dovuto ucciderli o per lo meno, avrebbe dovuto affermare la sua supremazia su di loro.

Sbuffò. Ma non potevano semplicemente lasciarla in pace e levarsi dalle scatole? Quella mattina si sentiva scocciata e acida proprio come quando qualcuno veniva a svegliarti male. Fissò storto Kai che nel frattempo si leccava soddisfatto una zampetta.

Finì il suo Tè.

Beh, forse era meglio darsi da fare. Prima faceva la sua mossa e prima sarebbe stata più tranquilla.

Si alzò, dirigendosi in camera. Si fece prima una bella doccia calda per svegliarsi e poi si rivestì, optando per un tubino rosso a maniche lunghe che le fasciava il fisico. Infilò i lunghi stivali neri e si guardò allo specchio.

In quell'istante vide Kai entrare nella stanza tramite il riflesso del suo specchio. Il gatto balzò sul suo comò, lo stesso posto di quella mattina e restò a fissarla.

Lei si voltò nella sua direzione.

«Che dici, è troppo?» fece, aprendo le braccia.

«Meow!» rispose lui, fissandola con i suoi occhi azzurri.

Ruby si guardò allo specchio indecisa.

«Mh, hai ragione. Manca qualcosa».

Afferrò una giacchetta nera di pelle e si ammirò. Contenta del risultato, sorrise.

«Molto meglio. - si girò verso Kai- non sei male con i consigli» fece per accarezzarlo ma nuovamente il gatto le soffiò contro.

Lei alzò gli occhi al cielo.

«Come sei acido!» fece scorbutica, afferrando i trucchi e dandosi una sistemata in bagno.

Dopo aver finito guardò il gatto.

«Vedi di fare il bravo. Ho intenzione di scambiare quattro chiacchiere con la famiglia Parker. Tu non combinare disastri» E così dicendo, si voltò avviandosi verso le scale, sbattendo la porta di casa.

°°°°

Pov Kai

Kai rimase solo, immobile su quel comò. La mente a elaborare le parole di quella ragazza.

Aveva davvero intenzione di affrontare la combriccola dei succhia sangue? Bah, peggio per lei.

Sperò che non la uccidessero almeno, altrimenti sarebbe rimasto intrappolato in quella patetica forma per sempre.

Che amarezza provava in quel momento. Non aveva alcuna intenzione di restare confinato in quella casa tutta la giornata, in prigionia ci era già stato.

Così cercò in tutti i modi una via di fuga, balzando giù per le scale e saltando da per tutto per cercare un qualche spiraglio.

Dopo mezz'ora di perlustrazione della casa e aver ''accidentalmente'' distrutto qualcosa, era riuscito a trovare solo qualche scarafaggio morto dietro qualche mobile ma niente che potesse farlo uscire da lì.

Irritato salì nuovamente le scale, tornando nella stanza della ragazza e solo in quel momento si accorse della finestra leggermente alzata, dal quale entrava dell'aria gelida.

Si diede mentalmente dell'idiota per non averci fatto caso prima di dover perlustrare tutto il piano terra.

Salì sul davanzale e dopo aver fatto un respiro profondo, provò a infilarsi sotto lo spiraglio, schiacciandosi il più possibile e stranamente quel corpo era molto più flessibile di quello umano. E con poca fatica riuscì a sgusciare via.

Si trovò davanti ai rami dell'albero accanto alla casa, e dopo essersi ripromesso di essere un gatto e che qualora fosse cascato giù, sarebbe atterrato sulle quattro zampe, provò a camminarci su.

Stranamente aveva molto equilibrio, grazie alla coda e riuscì ad arrivare al tronco.

Ok, ma adesso come scendeva dall'albero?

Fissò tutti i rami presenti, cercando di calcolare la traiettoria per saltare e provò a fare un tentativo. Prese la mira e balzò nel ramo più basso, arpionandosi con gli artigli per non cadere come un coglione giù.

E così rifece la stessa cosa per altre due volte finché non fu abbastanza basso per poter saltare giù in sicurezza.

Una volta fatto, iniziò a correre per tutto il marciapiede dirigendosi verso la via di casa Salvatore, conoscendola a memoria.

Mentre correva doveva ammettere che essere un gatto era una bella sensazione. Avvertiva degli odori che se fosse stato un essere umano non ci sarebbe mai riuscito. Riusciva a vedere a metri di distanza distintamente e il suo raggio visivo dei bordi esterni del muso era molto più amplio di quando era umano.

L'unica pecca erano i colori. Purtroppo, non riusciva a distinguere le sfumature calde, come il rosso o l'arancione, mentre quelli freddi sì. Quindi la stupidaggine che i gatti vedano in bianco e nero era una cazzata!

Saltellò come un idiota per altri isolati, finché non avvertì una strana sensazione sulla pelle. Come un sesto senso di pericolo. Sentì il suo pelo drizzarsi e uno strano fetore gli giunse alle narici. Sembrava pelo bagnato misto a fango.

Si fermò di colpo, girando il muso dietro alle sue spalle.

La coda si arruffò, così come il pelo sulla nuca.

C'era un cane, grande e grosso a pochi metri di distanza.

Un randagio di grossa taglia.

Lo stava fissando con i canini ben esposti e non appena notò che si fosse accorto di lui, iniziò a ringhiare minaccioso.

Kai deglutì, girandosi nella sua direzione.

Gli soffiò contro, facendogli capire che doveva starsene alla larga.

Ok, forse in quella forma combattere contro quel cane non era decisamente una buona idea, soprattutto se quel cane era il doppio di lui e aveva un'arcata dentale più grossa della sua.

L'unica cosa che gli venne in mente fu quella di darsela a gambe, o quello lì lo avrebbe fatto a pezzi.

Iniziò a correre, schivando persone e macchine e per poco non venne investito da un'auto.

Il randagio continuò a seguirlo abbaiandogli dietro rabbioso, non demordendo, finché Kai non riprese la stessa strada del ritorno per casa Reyes.

Se fosse riuscito a tornarsene a casa o per lo meno trovare un poso sicuro in alto, quel bestione lo avrebbe lasciato stare.

Mentre correva sul marciapiede intravide alla sua sinistra un cancello metallico dove al suo fianco riposava un bidone dell'immondizia abbastanza alto.

Deviò, correndo come un matto. Sentiva i polmoni chiedere pietà ma non poteva di certo fermarsi o il randagio lo avrebbe preso, così fece un ultimo sforzo saltando sul cassonetto.

Una volta su iniziò a respirare affannosamente, stanco e spaventato.

Ma chi glielo aveva fatto fare di uscire di casa? Mai in vita sua avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione simile.

Lui, Malachai Parker, trasformato in uno stupido gatto e inseguito da un cane. Assurdo.

Quella ragazzina gliel'avrebbe pagata cara, molto cara.

Il randagio lo raggiunse, cercando di salire anche lui, abbaiandogli contro.

Si ritrovò a soffiare più volte, cercando di minacciarlo ma quello non demordeva, finché improvvisamente fece dietro front, avviandosi verso l'uscita della stradina.

Kai si rilassò pensando che finalmente il peggio fosse passato, ma sgranò gli occhioni blu quando il randagio prese la rincorsa, facendo leva sulla velocità e piombandogli addosso con rabbia.


Nota autrice:

Ops...cosa succederà ora?

Continuate a seguirmi e lo scoprirete!

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