Chisaki Kai x Reader ITA
Richiesta da Newtella. Spero che ti piaccia!
ATTENZIONE! QUESTA STORIA È UNA LEMON!
Il cappuccino si era ormai raffreddato e la brioche era ancora intatta sul piattino da accompagnamento. Il loro aspetto era invitante come sempre, ma il mio stomaco era chiuso e rifiutava ogni cosa. Intorno a me, seduti nei vari tavoli del bar, c'erano tante persone sorridenti e piene di vita. Ero tremendamente infastidita da quella positività che si respirava in quelle quattro mura, ma non potevo certo prendermela con loro. Ero io che ultimamente ero incompatibile con il resto del mondo.
Non mi ero ancora ripresa dalla perdita dei miei genitori, un evento tragico quanto improvviso. Furono vittime di un tragico incidente stradale: stando alle varie testimonianze quella notte un uomo si mise al volante da ubriaco. Si dice che imboccò a tutta velocità una strada contromano, finendo per scontrarsi con la loro macchina. Non ci fu niente da fare, morirono sul colpo mentre l'altro se la cavò con qualche trauma cranico. Più volte si dichiarò pentito per quanto accaduto e che avrebbe preferito morire piuttosto che vivere con quella colpa.
Il suo pentimento non avrebbe mai potuto cambiare le cose.
Nonostante la severa, quanto giusta, condanna inflittogli, non riuscivo a darmi pace. Mio padre e mia madre avevano avuto giustizia, ma io non volevo accettare di averli persi per sempre per colpa di un'altra persona che per di più ne era uscita incolume. Quella sera erano andati a festeggiare il loro anniversario nel loro ristorante preferito. Avrebbe dovuto essere un'occasione speciale e invece si era trasformata in una tragedia.
Mi era capitato, a volte, di immaginare come sarebbe stata la mia vita senza di loro, ma la sofferenza che stavo provando andava oltre mia immaginazione. Spesso dimentichiamo di essere solo di passaggio perché la morte, per quanto sia una triste realtà, sembra sempre così lontana e questo ci porta a vivere dimenticandoci che prima o poi si giunge al capolinea.
Una persona può fare di tutto per prepararsi alla cosa, ma quando succede è sempre un brutto colpo.
Stare a casa era una sofferenza atroce. Era diventata estremamente silenziosa e ogni cosa mi riportava alla mente ricordi ancora troppo dolorosi. Per questo motivo cercavo ogni volta un pretesto per uscire, come quella mattina che decisi di fare colazione al bar. Era un disperato tentativo di distrarmi e di cercare di riportare un po' di normalità nella mia vita. La mia testa però di rifiutava di collaborare e anziché lasciarsi coinvolgere dall'allegria delle altre persone, la rifiutava con astio, isolandomi da tutti. Ero consapevole che non avessero alcuna colpa, ma odiavo che fossero così felici mentre io non lo ero affatto.
Scansai le pietanze che avevo davanti e lasciai i soldi sul tavolo. Era inutile insistere, non sarei riuscita a mandare giù un solo boccone. Mi alzai dalla sedia e uscii dal locale. Non avevo nulla da fare e nessuna voglia di tornare a casa, per cui iniziai a passeggiare senza una meta. Era una giornata soleggiata e diverse persone camminavano per le vie. Erano principalmente giovani adulti che, probabilmente, si godevano una mattinata libera dal lavoro. I titolari di vari negozi erano pronti ad accogliere i clienti nelle loro attività.
Diedi un'occhiata agli oggetti esposti in diverse vetrine, ma non c'era niente di così interessante da convincermi ad entrare. Continuai a camminare con la testa fra le nuvole senza prestare attenzione a ciò che mi circondava. Quando raggiunsi un cavalcavia mi fermai e mi appoggiai alla ringhiera. Quel posto era testimone di un tragico evento che sconvolse l'intera città: il suicidio di un imprenditore.
Se ne parlò su tutti i telegiornali: l'uomo aveva visto fallire la propria attività alla quale aveva dedicato tanti anni della sua vita e, non avendo modo di pagare i propri dipendenti, cadde in uno stato di depressione che lo spinse a buttarsi proprio da quel cavalcavia.
Non lo avevo mai visto in vita mia, ma provai un gran dispiacere per lui. In quel momento provai a immaginare i suoi ultimi attimi di vita. Chissà come si era sentito poco prima di lasciarsi cadere. Sarà stato fermamente convinto della propria scelta fino alla fine, oppure si sarà pentito poco prima di toccare il suolo? Il solo pensiero mi fece rabbrividire e forzai la presa sulla ringhiera, come se temessi di cadere da un momento all'altro. Io non avrei mai avuto il coraggio di compiere quel gesto.
-"Hai cambiato idea?" domandò qualcuno alle mie spalle.
Mi voltai di scatto e vidi un uomo con addosso una strana maschera simile a quelle indossate dai medici ai tempi della peste. Non ero sicura di aver capito cosa intendesse e il suo aspetto così inquietante non era d'aiuto. Avvertii un brivido lungo la schiena e mi limitai a guardarlo.
Di fronte al mio silenzio si sfilò la maschera mostrandomi così il suo volto. Non potevo credere ai miei occhi. Ero certa che nascondesse un volto tumefatto, mentre invece vidi un ragazzo di bell'aspetto con i capelli bianchi che ricordavano vagamente le lancette di un orologio. Sembrava normale e godere di ottima salute, per cui non riuscivo a capire perché indossasse una maschera del genere.
-"Vuoi imitare quell'imprenditore?"
Scossi la testa e mi sforzai di trovare la forza per rispondere. In fondo non sembrava avesse cattive intenzioni.
-"Non avrei mai il coraggio."
Non sembrò molto convinto della mia risposta e rimase a fissarmi per qualche istante senza dire una parola, come se volesse verificare che stessi dicendo la verità.
-"Eppure ti è successa una cosa molto brutta, vero?"
Fui stupita dalla sua perspicacia, in pochi minuti aveva colpito nel segno.
-"È così evidente?"
-"Ho visto tante persone soffrire per un brutto periodo. Ormai ho imparato a riconoscerle." rispose lui colmando la distanza che ci separava. Si appoggiò alla ringhiera e fissò per un momento le macchine sotto di noi. -"Nella mia mente è ancora nitida l'immagine di quell'uomo che si lascia cadere."
-"Eri presente!?" domandai sconvolta.
-"Passavo da queste parti per puro caso. Un vero peccato, avevo la soluzione a tutti i suoi problemi."
-"Immagino..."
Mi bloccai quando lo vidi tirare fuori dalla tasca un rotolo di banconote. Non avevo idea di quante fossero, ma la cifra che andavano a formare doveva avere tanti zeri.
Notando lo stupore nei miei occhi, quello accennò un sorriso beffardo e ne tirò fuori un altro.
-"Se decidi di unirti a noi, puoi averli anche tu."
L'idea di guadagnare tutti quei soldi era allettante. Mi avrebbero fatto molto comodo, ma qualcosa mi diceva che non c'era da fidarsi.
-"Chi sei?"
-"Puoi chiamarmi Chronostasis." rispose lui. -"Adesso scegli, non ho molto tempo da perdere."
Guardai per un momento il ragazzo e subito dopo i soldi che teneva ancora tra le mani. Non sapevo nulla sul suo conto, l'unica cosa apparentemente certa era che non avrei avuto più problemi economici e questo mi fece annuire; accettando così la sua offerta. Speravo solo di non pentirmene in futuro.
-"Molto bene. Seguimi, ma prima di tutto..." rovistò nella giacca e tirò fuori una seconda maschera. -"Mettiti questa."
L'afferrai e me la rigirai tra le mani. Era molto più semplice della sua, mi avrebbe coperto il naso e la bocca lasciandomi scoperti gli occhi.
-"È proprio necessario?" domandai perplessa.
-"Ti ci abituerai. Ci siamo abituati tutti." tagliò corto lui. -"Sbrigati ad indossarla e seguimi."
Obbedii senza fare altre storie e lo seguii. La maschera mi andava bene, ma mi sentivo molto ridicola. Non sarei di certo passata inosservata e infatti qualcuno rimase a fissarmi durante il tragitto. Dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per ignorare la cosa. Non mi era mai piaciuto avere gli occhi degli altri puntati addosso.
Chronostasis rimase in silenzio per l'intero percorso e non mi degnò mai di uno sguardo. Lo seguii dentro un edificio, ma mi bloccai quando scoprii che sarei dovuta scendere in quello che sembrava essere uno scantinato. La nostra meta era praticamente sotto terra e la cosa non mi piaceva nemmeno un po'.
-"Che ti prende adesso?"
-"Niente..." risposi io cercando di mascherare la mia preoccupazione. Feci un respiro profondo e ripresi a camminare.
Mi ritrovai in un corridoio stretto e spoglio che continuava ad andare verso il basso, l'unica consolazione era il fatto che fosse perfettamente illuminato da numerose lampadine. Non avevo idea di quanto avessimo camminato quando trovammo una porta chiusa a bloccarci la via. Chronostasis mise una mano sulla maniglia, ma prima di aprirla si voltò verso di me.
-"Parla solo quando sei interpellata e non toglierti la maschera per nessun motivo."
Aprì quindi la porta ed entrammo dentro, trovando un ragazzo ad attenderci. Anche lui indossava una maschera, che come la mia gli lasciava scoperti gli occhi. Il suo sguardo glaciale era fisso su di me; così intenso da tentarmi di guardare altrove, senza però riuscirci. Era come se mi avessero catturata.
-"Overhaul, ti ho portato un'altra persona per l'organizzazione." esordì Chronostasis.
Il ragazzo che si faceva chiamare Overhaul non sembrò prestargli attenzione, fin troppo concentrato su di me.
-"Hai un'Unicità?" mi domandò di punto in bianco.
Mi sembrava una domanda strana da fare, in fin dei conti chi al mondo non ne aveva una?
-"Certo." risposi cercando di controllare il tremolio della mia voce.
Contro ogni mia aspettativa quella mia risposta sembrò infastidirlo. Alzò gli occhi al cielo e, nonostante la maschera, ero sicura che avesse assunto un'espressione di disgusto.
-"Mostramela."
Mi guardai intorno studiando l'ambiente che ci circondava. La stanza non era molto grande, per cui la mia Unicità avrebbe potuto agire indisturbata, ma era il caso di farlo? Non sembrava felice del fatto che ne avessi una...
Improvvisamente Chronostasis mi diede una gomitata e mi guardò attraverso la sua maschera. -"Fa come ti ha detto!"
Evidentemente mi stavo facendo tanti problemi per nulla, dovevo semplicemente accontentare la sua richiesta. Stando così le cose liberai il potere della mia Unicità e così la temperatura in quella stanza si abbassò drasticamente. I due vennero colti di sorpresa ed iniziarono a tremare violentemente.
-"S-s-met-t-tila s-su-u-bi-to!" mi ordinò Chronostasis battendo i denti per il freddo e questa volta obbedii senza alcuna esitazione. La temperatura tornò nella norma e i tremolii dei due cessarono.
Lanciai un'occhiata verso Overhaul e scorsi nei suoi occhi una nota di sorpresa. Forse ero riuscita a fare colpo su di lui.
-"Sei in grado di abbassare la temperatura?" mi domandò incuriosito.
-"Esatto, ma la potenza della mia Unicità varia a secondo del suo raggio d'azione. Se l'area coinvolta è piccola posso far scendere la temperatura anche sotto i zero gradi, ma se la zona su cui agire è molto estesa non riesco ad arrivare a quei risultati."
-"Di questo non devi preoccuparti." intervenne Chronostasis. -"Possiamo potenziare la tua Unicità senza alcun problema. In questo modo aggiungeremo un altro membro agli "Otto Sacrificabili"."
Sgranai gli occhi e lo fissai stupita. Quel nome non prometteva nulla di buono. -""Otto Sacrificabili"!? Non erano questi i patti!"
-"Non ti ho mai detto cosa avresti dovuto fare."
Aveva ragione: mi aveva semplicemente chiesto se avessi voluto unirmi a loro in cambio di denaro e io come una stupida avevo accettato senza valutare le conseguenze.
-"Lei non farà parte degli "Otto Sacrificabili"!" esclamò Overhaul. -"Per lei ho in mente altro... Eri."
-"Sei proprio sicuro? Intendi affidare a lei un compito così delicato?"
-"Non ho chiesto cosa ne pensi!" tuonò lui fulminandolo con lo sguardo. Si avvicinò poi a me mantenendo comunque una certa distanza. -"Ti riterrò uno dei nostri se saprai gestire Eri."
-"Farò tutto ciò che mi chiederai." dissi senza alcuna esitazione. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che diventare una sacrificabile.
A quel punto ci separammo. Chronostasis mi accompagnò di fronte a un'altra porta, ma prima di girare la chiave nella serrattura si voltò verso di me.
-"Non so se abbia voluto farti un favore, oppure renderti le cose più difficili."
Ignorai il suo commento. Qualsiasi cosa avrei trovato lì dentro avrei dato il massimo per affrontarla. Quando la serratura scattò, si fece da parte. Mi feci forza ed entrai nella stanza.
La prima cosa che notai fu una gran moltitudine di giocattoli sparsi per il pavimento e l'unico mobile presente era un letto sul quale c'era una bambina.
Era davvero quella la mia "prova"? Badare a quella creatura?
Non appena si accorse della mia presenza, sul volto di Eri apparve un'espressione di terrore. Provai a fare un passo verso di lei e questo sembrò spaventarla ancor di più.
-"Ciao. Tu sei Eri, giusto?" domandai dolcemente.
Non ottenni alcuna risposta. Si nascose dietro il cuscino non smettendo di tremare. Cominciai a capire la difficoltà dell'impresa. Come potevo occuparmi di lei se non si lasciava nemmeno avvicinare? Mi spremetti le meningi in cerca di un approccio adatto fino a che non mi venne un'idea. Afferrai un'orsacchiotto e mi sedetti sul letto.
-"Ciao bella bambina!" dissi cercando di fare una voce buffa e muovendo il peluche.
Eri sporse leggermente la testa e mi fissò incuriosita senza tuttavia lasciare il cuscino. Lo presi come un segnale positivo e così continuai.
-"Questa ragazza ti fa così paura?"
Come immaginavo, lei annuì. A quel punto feci voltre l'orsacchiotto verso di me.
-"Come ti sei permessa di spaventarla!? Che cosa le hai fatto?"
-"Non le ho fatto nulla, ti prego di credermi!" esclamai io, fingendo di essere spavetata. -"Volevo solo stringere amicizia. "
-"Dici sul serio? Beh... Effettivamente non sembri avere delle brutte intezioni." lo feci poi voltare nuovamente verso la bambina. -"Che ne dici? Vogliamo provare a fidarci di lei?"
Eri fissò prima l'orsacchiotto e poi me. Annuì leggermente e abbandonò definitivamente il cuscino che fino a quel momento le aveva fatto da scudo.
-"Comportati bene, altrimenti dovrai vedertela con me!"
-"Agli ordini!"
A quel punto porsi l'orsacchiotto alla bambina che, dopo un momento di esitazione, lo prese tra le mani. Era ancora titubante, ma sembrava meno spaventata di prima.
-"Chi sei?" mi domandò con un filo di voce.
-"Mi chiamo [Nome Cognome]." le risposi sorridendo. -"Non devi avere paura di me. Non voglio farti nulla di male."
Provai ad avvicinarmi e fortunatamente non si allontanò. La osservai attentamente: era molto piccola, aveva i capelli lunghi e un piccolo corno sulla fronte, probabilmente frutto della sua Unicità.
-"Perché sei qui?"
-"Mi ha mandata Overhaul..."
Nel sentire quel nome la bambina assunse nuovamente l'espressione di puro terrore e afferrò nuovamente il cuscino con le lacrime agli occhi.
-"Lui è cattivo! Lui è cattivo!"
Non mi aspettavo quella reazione. Credevo che ormai il peggio fosse passato. Mi avvicinai ulteriormente e provai ad abbracciarla. Lei mi lasciò fare e poggiò la testa sul mio petto. Le accarezzai la schiena in attesa che si calmasse, ma non sembrava avesse intenzione a farlo.
-"Te l'ho detto: non sono qui per farti del male!" tentai di rassicurarla. Le afferrai delicatamente il viso e la costrinsi a guardarmi negli occhi. -"Mi ha mandata qui solo per farci passare del tempo insieme, te lo assicuro!"
Non smettendo di singhiozzare si asciugò gli occhi con la manica. Le accarezzai affettuosamente una guancia cercando di trasmetterle tutte le mie buone intenzioni. Ad un certo punto afferrò l'orsacchiotto e me lo porse.
-"Lo fai parlare ancora?"
-"Tutte le volte che vuoi."
Prima che potessi afferrarlo, la porta della stanza si aprì ed entrò proprio Overhaul. Eri si buttò tra le mie braccia e questo spettacolo sembrò stupirlo.
-"Vedo con piacere che sei riuscita a conquistare la sua fiducia." commentò. -"Sapevo che saresti stata all'altezza della cosa."
Era felice del mio operato, ma la cosa non mi rallegrò minimamente, non con Eri in quelle condizioni.
-"Vieni con me. Ho bisogno di parlarti."
A malincuore dovetti alzarmi dal letto e in quel momento Eri mi afferrò la mano. -"Tornerai a trovarmi, [Nome]?"
-"Certo. Te lo prometto."
Non sapevo se sarei riuscita a mantenere la promessa, ma aveva bisogno di sentirsi rassicurata.
Uscita dalla sua camera, Overhaul mi guardò negli occhi.
-"Così ti chiami [Nome]." iniziò a dire. -"Sei l'unica che è riuscita a stringere con lei un legame del genere."
-"Potrò continuare a vederla?"
-"Credevo di essere stato chiaro." rispose lui infastidito. -"Il tuo compito sarà quello di badare a lei."
In quel momento ci raggiunse Chronostasis con una siringa in mano e qualcosa mi diceva che era per me.
-"Cos'è quella roba?" domandai allarmata.
-"È il frutto nei nostri studi." rispose lui. -"In questo modo la tua Unicità verrà potenziata a dismisura."
Si avvicinò ulteriormente e io d'istinto indietreggiai fino a che non mi ritrovai con le spalle al muro.
-"Non ho intenzione di farmi iniettare quella sostanza."
-"Non fare storie." sbottò lui. -"È la regola..."
A quel punto Overhaul si fece avanti. Lo afferrò per un braccio e lo allontanò da me.
-"Lei no!" disse deciso.
-"O-Overhaul, non capisco..." stava dicendo l'altro ma si bloccò quando la presa sul suo arto si fece ancora più ferrea tant'è che la siringa gli sfuggì di mano.
-"Ti ho detto di no!" esclamò lui e lo spinse via.
Chronostasis si massaggiò il braccio dolorante, continuando ad indietreggiare fino a dileguarsi.
-"Grazie..." dissi con il cuore che ancora martellava nel mio petto.
Overhaul non mi rispose, se ne andò via senza degnarmi di uno sguardo.
Da quel momento iniziò la mia vita sotto il suo comando come membro della Yakuza, ovvero la mafia giapponese.
I suoi membri erano pochi e il suo splendore era ormai un debole ricordo. Dopo la comparsa delle Unicità e di All Might questa era caduta in rovina. Ognuno di noi era costretto a indossare la maschera per volere di Chisaki, ovvero Overhaul, per via della sua misofobia. A nessuno era permesso di salire in superficie a meno che non sia lui ad ordinarlo. La Yakuza si occupava della vendita di sostanze stupefacenti in grado di potenziare qualsiasi Unicità. A ciascun membro era stata somministrata, tranne me e ne ero molto felice.
Scoprii che lo scopo di Chisaki era quello di riportare l'uomo al suo stato originale, ovvero senza Unicità, e per questo si serviva di Eri, sulla quale faceva degli esperimenti. Non sapevo cosa le facesse, ma sicuramente doveva essere qualcosa di terribile poiché ogni volta che tornava nella sua stanza era quasi impossibile calmarla.
Più di una volta fui tentata di fuggire, ma non potevo abbandonare Eri, ero l'unica su cui poteva contare e trovare un po' di confronto.
"Potrei provare a portarla con me." era probabilmente l'idea migliore, ma qualcosa mi spingeva a rinunciare e non si trattava solamente della paura delle conseguenze.
Se fossi andata via, non avrei mai più rivisto Chisaki. Non sapevo bene il perché, ma ciò mi terrorizzava. In qualche modo aveva attirato la mia attenzione al punto da convincermi ad accettare la condizione in cui mi trovavo.
Ciò che provavo per lui non poteva essere definito amore, una cosa del genere con lui non era possibile. Sembrava essere incompatibile con qualsiasi genere umano, i suoi stessi sottoposti altro non erano che pedine da sacrificare per raggiungere il suo scopo. Sicuramente non facevo eccezione, ma non potevo dimenticare quello che aveva fatto per me il primo giorno che ci eravamo visti. Forse aveva agito in quel perché la mia Unicità era di suo gradimento: a quelle temperature nessun batterio poteva sopravvivere.
Probabilmente era per quel motivo, ma ciò non mi impediva di fantasticare che dietro ci fosse qualcosa di più.
Quel pomeriggio, dopo essere riuscita a calmare Eri, uscii dalla sua stanza e ad accogliermi trovai il silenzio più totale. Avevo quasi dimenticato che quel giorno erano tutti impegnati per degli incarichi assegnati da Chisaki. Ciò significava che in quel momento c'eravamo solo io, Eri e Overhaul. Chissà cosa stava facendo.
Mi avvicinai alla sua stanza e trovai la porta socchiusa. Diedi una sbirciatina e scoprii che stava riposando. Sdraiato sul suo letto sembrava un ragazzo normale, non freddo e sociopatico come era in realtà.
Entrai dentro e mi avvicinai senza fare rumore. Incredibile che non si togliesse né la maschera né i guanti nemmeno mentre dormiva.
Da quando ero lì non avevo mai avuto alcun contatto fisico con lui e questo mi fece venire in mente un'idea. Era un'azione poco ortodossa, ma forse era la mia unica occasione.
Mi sedetti sul letto e, tremante, avvicinai una mano al suo viso. Iniziai ad accarezzargli una guancia con le dita cercando di essere più delicata possibile. Se si fosse svegliato avrei fatto sicuramente una brutta fine, ma ciò non mi impedì di continuare. Sentire la sua pelle sotto il mio tatto mi dava una piacevole sensazione, ma presto non mi fu più sufficiente. Mi sfilai la maschera e gli diedi un tenero quanto rapido bacio. Controllai i suoi occhi e tirai un sospiro di sollievo nel vedere che erano ancora chiusi.
Continuava a dormire e il suo respiro regolare mi convinse a non fermarmi nonostante i rischi. Scesi leggermente e mi concentrai sul suo collo. Cercai di non restare troppo tempo sullo stesso punto, poiché non potevo permettermi di lasciargli alcun segno.
La sua pelle era calda e aveva un buon profumo. Mentre continuavo a baciargli il collo, con una mano esplorai il suo corpo tenuto nascosto dai vestiti. Provai a farmi coraggio e infilai una mano sotto la maglietta esplorando la pelle nuda. Quel semplice contatto mi stava mandando fuori di testa, esteticamente era un bellissimo ragazzo, ma sapevo che purtroppo con lui non avrei mai potuto avere un rapporto normale.
Essere un tutt'uno con lui sarebbe stato fantastico.
Mi morsi nervosamente un labbro e con una mano andai sempre più giù fino a raggiungere i pantaloni. Non ce la facevo più a resistere e così allentai la sua cinta quanto bastava da poter riuscire a infilare una mano.
Quando riuscii ad afferrare la sua virilità, il mio cuore sembrò voler uscire fuori dal petto. Ciò che stavo facendo non era moralmente giusto, ma ormai non riuscivo più a fermarmi. Iniziai a muovere la mano molto lentamente osservando il suo viso, pronta a smettere al minimo segnale di pericolo.
Chisaki non sembrava volersi svegliare, ma il suo respiro era leggermente accelerato. Evidentemente sentiva qualcosa, ma probabilmente non si rendeva conto che fosse la realtà. Facendo molta attenzione gli abbassai leggermente i pantaloni, quanto bastava per tirarglielo fuori.
Chinai la testa e presi il suo membro in bocca iniziando a lavorarlo piano piano. Il respiro di Chisaki si era fatto ancora più veloce e, nel sonno, iniziò a emettere dei versi. Il suo corpo stava reagendo al mio trattamento e gli stava piacendo.
Chisaki strinse le coperte e in quel momento venne. Fu una cosa improvvisa e non credevo che potesse accadere anche nel sonno. Rimossi ogni traccia e risistemai i suoi indumenti come erano prima.
Appena finito, Chisaki sembrò sul punto di svegliarsi e così mi sbrigai ad uscire di lì prima che fosse troppo tardi.
Lasciata la sua stanza corsi nel bagno e mi chiusi dentro. Non ero orgogliosa di essermi approfittata di un ragazzo addormentato. Volevo avere un qualche tipo di rapporto con lui e forse quello era l'unico modo.
"Si sarà accorto di qualcosa?" pensai intimorita. Non mi era mai capitata una cosa simile, per cui non sapevo cosa aspettarmi.
Mi diedi una sistemata veloce e indossai nuovamente la maschera, ma quando aprii la porta del bagno mi venne un colpo. Davanti a me c'era Chisaki.
Feci di tutto per mantenere la calma, ma con scarsi risultati. Sentii le mie guance infiammarsi e dentro di me una gran paura di ciò che sarebbe potuto accadere tra qualche minuto.
-"Eccoti qui." disse lui.
-"M-mi... mi cercavi?"
Maledissi me stessa per non essere riuscita a controllare il tremolio della mia voce.
-"Ho un compito per te. Devi andare a comprare un gioco per Eri."
Quella cosa mi spiazzò. -"Solo questo?"
-"Perché, vuoi forse altro?"
Mi affrettai a scuotere la testa per mettere fine a quella situazione imbarazzante.
Si voltò per andarsene, ma una forza dentro di me mi spinse a fare un passo verso di lui.
-"Overhaul, posso farti una domanda?"
Io stessa non credevo di averlo fatto. Lui si fermò e si voltò leggermente verso di me. Interpretai quel gesto per un sì e quindi andai avanti.
-"Perché non hai voluto che mi venisse iniettato nulla?"
-"Voglio che tu resti inviolata."
Non sapevo come interpretare quella risposta e rimasi in silenzio senza essere in grado di dire nulla.
-"C'è altro?" mi domandò infastidito.
Scossi la testa e così se ne andò. Decisi di obbedire subito al suo comando, per cui uscii e iniziai a percorrere a ritroso quel lungo corridoio che mi aveva condotto fino a lì. Durante il tragitto non feci altro che pensare alla sua risposta.
Stando al suo carattere, forse le sue intenzioni erano buone.
Quando uscii non potei fare a meno di sorridere. Erano diversi giorni ormai che non vedevo più il sole.
"Chisaki non ha voluto modificare la mia Unicità perché voleva che rimanessi inviolata."
Non aveva detto di provare qualcosa per me, ma mi piaceva pensarla diversamente. Probabilmente mi stavo illudendo ed ero del tutto fuori strada, ma in fondo cosa c'era di male nel fantasticare un po'?
Questa storia mi è stata chiesta da Newtella, spero vivamente che ti sia piaciuta così come per chiunque altro che la leggerà. :)
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