Il professor Francisco Ruiz
La mattina seguente, entrai in aula ancora frastornata e presi posto al secondo banco. Per fortuna, nonostante avessi riposato davvero male a causa delle birre della sera prima e di ripetuti sogni su intensi occhi a mandorla, riuscii a svegliarmi in tempo e ad arrivare con un po' di anticipo per scegliere il posto, come ero solita fare nel primo giorno di un corso.
Mi piaceva molto che il giovedì si aprisse con due ore di scrittura creativa. Era davvero un modo rilassante e positivo per iniziare la giornata. Ero contenta che Nathan mi avesse consigliato quel corso. In fondo, dovetti riconoscerglielo, lui mi conosceva davvero bene.
In quei minuti prima dell'inizio della lezione, finalmente trovai un po' di pace per dedicarmi al libro del corso che stavo cercando di leggere il giorno prima, tra le mille interruzioni di Kate.
A proposito di Kate, quella mattina ero riuscita ad uscire dalla stanza prima che si svegliasse, potendo così risparmiarmi di affrontare l'argomento Nathan, ma ero ben conscia che, prima o poi, avrei dovuto rivelarle che quell'unico ragazzo che aveva notato era proprio il mio migliore amico - nonché, in un certo qual modo, anche ex - e che, per giunta, mi aveva baciata nella speranza di tornare insieme.
Sentii la classe popolarsi e all'improvviso una voce interruppe la mia lettura.
«Buongiorno a tutti».
Alzai gli occhi e un uomo di spalle era intento a scrivere il suo nome alla lavagna.
Quando si voltò verso la classe, io rimasi senza fiato.
«Mi presento, sono Francisco Ruiz e sono il vostro insegnante di scrittura creativa».
Sbattei le palpebre più e più volte.
"No, non ci credo. Cos'è? Uno scherzo?", pensai, posandomi una mano sulla fronte.
Era lui, il ragazzo del chiosco, quello che avevo sognato per tutta la notte.
Mentre, come avvolta in una nube di fumo, vedevo le sue labbra articolare parole che non riuscivo neanche a sentire, lui superò la cattedra e vi si appoggiò di lato, con una gamba piegata e l'altra distesa. Gesticolando con fare esperto, sfoderò un meraviglioso sorriso, e rivelò quei suoi denti enormi e così bianchi da fare invidia ai modelli di colore.
«Che ne dite se iniziamo così? Giusto per conoscerci un po' prima di partire con il programma...»
"Così come? Che cosa ha detto?", pensai.
Non avevo ascoltato una sola parola.
«È il mio primo anno da insegnante in questo college» continuò.
Camminava tra i nostri banchi, lasciando un foglio bianco ad ognuno di noi e nell'aria un disarmante quanto ipnotico profumo.
«E hanno anche sbagliato ad incidere il mio nome sulla targhetta, affissa qui fuori dall'aula. Per loro sono il professor Ruis...» aggiunse, e tutti non riuscirono a trattenere una risata.
Quando arrivò accanto a me, si fermò per un attimo e mi guardò intensamente negli occhi.
"Oddio, deve avermi riconosciuta", fu l'unica cosa che attraversò la mia mente.
Mi posò delicatamente il foglio davanti e proseguì con la distribuzione.
«Bene, ora veniamo all'esercizio. La prima cosa che occorre sviluppare in questo corso è la vostra creatività. Tutte le storie che possono essere raccontate, nascono da un'idea. Una semplice, piccolissima, idea che funge da seme per il resto della narrazione. Su questo foglio, voglio che scriviate tre idee da cui può nascere un racconto...».
Tenni gli occhi bassi su quel foglio bianco per evitare di incontrare nuovamente i suoi.
Guardarlo mi creava un imbarazzo mai avvertito prima.
«Preparate tre incipit, poi li leggiamo insieme e ne discutiamo. Avete...» guardò il grande orologio affisso alla parete dell'aula «venti minuti a partire da ora!».
"Tre incipit? Era una sera come tante, quando incontrai per la prima volta quei particolari occhi a mandorla... No, mi sa tanto che questo non posso scriverlo".
«Il tempo è scaduto, se siete pronti, vorrei sentire che cosa avete scritto...» esordì Ruiz. «C'è qualcuno che vuole iniziare?».
Una ragazza, seduta davanti a me, alzò la mano all'istante, come fanno sempre quelle fastidiosissime secchione che vogliono farsi notare sin dal primo giorno.
«Prego, si presenti e ci legga quello che ritiene il suo incipit più convincente.»
«Sono Soleil Stewart, e il mio incipit è questo: "Entro lentamente nella stanza buia, non riesco a scorgere nulla ad un palmo dal naso. Tutto è scuro. Sento dei cigolii, come di una sedia che sorregge troppo peso. Chi è seduto sulla sedia? Vorrei tanto saperlo, ma sono paralizzata e non riesco a camminare..."»
«Dal suo incipit, deduco che le piace l'horror, il mystery. Bene, ora vediamo... per alzata di mano, quanti di voi continuerebbero a leggere questa storia?» domandò il professore alla classe.
«Solo tre persone su trenta... un risultato poco soddisfacente. Vediamo perché... lei, al secondo banco, ad esempio, perché non ha alzato la mano?».
E il suo sguardo cadde proprio su di me.
«Io?» domandai.
"No, no, no. Perché proprio io?".
«Sì, lei è...?»
«Eveline Valentine...» dissi con un filo di voce, e sentii il mio viso diventare immediatamente caldo e paonazzo.
«Prego, Miss Valentine, ci dica cosa non l'ha convinta...» incalzò lui.
«L'ho trovato banale, già sentito, non ha destato la mia curiosità. È come se... mancasse un obiettivo interno, non so spiegare...» dissi, scandendo le parole per evitare di balbettare.
«Manca un obiettivo interno: commento interessante. Può leggerci il suo incipit, adesso?».
Mi schiarii la voce, raccolsi tra le mani tremanti il foglio e iniziai a leggere.
«"Rose, come qualsiasi altra sedicenne, sapeva poco e niente dell'amore, ma quel giorno sentì una scossa elettrica percorrere ogni centimetro del suo corpo non appena i suoi occhi incontrarono lo sguardo penetrante di quell'uomo sconosciuto. Non sapeva niente di lui, neanche il suo nome, ma di una cosa era assolutamente certa: doveva conoscerlo"» lessi, lentamente, in modo da celare la pressione che sentivo alla sola idea dei suoi occhi puntati su di me.
Trovai il coraggio di guardarlo: aveva le labbra lievemente tirate in un sorriso.
«Quanti di voi leggerebbero questa storia?» domandò ai miei compagni.
Non mi voltai neanche a vedere chi avesse alzato la mano. Avevo timore di aver fatto una brutta figura. Se avessi potuto, avrei addirittura chiuso gli occhi.
Fece un rapido calcolo e: «Quattordici... quasi un cinquanta percento. È un buon inizio, Miss Valentine» commentò poi.
Ed io non riuscii a fare a meno di sorridere.
Mentre i miei compagni continuarono con la lettura dei loro incipit, nella mia mente balenò un solo ed unico pensiero, sovrastando tutti gli altri.
"Adesso il professor Ruiz sa come mi chiamo...".
Lasciai la penna sul foglio, mancava ancora qualche minuto alla fine del tempo stabilito per la stesura della bozza di un primo racconto. Dei tre incipit, Ruiz ce ne fece scegliere e sviluppare uno.
Mentre le penne dei miei compagni correvano ancora veloci sui fogli, mi guardai intorno. Mi piaceva molto quell'aula. Era piccola ma accogliente. Alle pareti c'erano delle librerie piene di classici della letteratura, i banchi erano lunghi, di legno color ciliegio, e, anche se sembravano essere lì da un'eternità, conferivano all'ambiente un'atmosfera intellettuale. Le grandi finestre sul lato sinistro lasciavano entrare i raggi del sole, illuminando l'interno di luce naturale.
«Bene, consegnate qui i vostri elaborati. Non avranno una valutazione, mi serviranno solo per iniziare a conoscervi...» disse il professor Ruiz, sul finire della lezione.
Mi alzai, dirigendomi verso la cattedra. Quando arrivai accanto a lui, quel suo profumo dai toni caldi e un po' esotici mi avvolse, sembrava quasi potermi abbracciare.
Posai il mio foglio e: «Lei...» sentii la sua voce ed ebbi timore che si stesse rivolgendo proprio a me.
Alzai lo sguardo, titubante. Quegli occhi da orientale accennarono un sorriso.
«Mi scusi...» abbozzai. «Sa... per ieri sera, non sapevo che lei fosse...»
«Stia tranquilla, neanche io potevo immaginare che l'avrei trovata qui» disse.
Sorrisi e mi dileguai, prima che potesse vedere il mio cuore balzare fuori dal petto.
Uscendo dall'aula, sentii un braccio circondarmi le spalle: «Il tuo solito banco in seconda fila...»
«Ehi, Nathan, ma dov'eri?» gli chiesi.
«All'ultimo banco, sono arrivato in ritardo. Che lezione hai adesso?»
«Storia contemporanea. Scappo, ci vediamo più tardi» risposi, andando via in tutta fretta.
Dopo il bacio della sera precedente, non avevo la benché minima idea di come comportarmi con lui.
Trascorsero più di ventiquattro ore da quella prima lezione di scrittura creativa ed io non avevo smesso di pensare neanche per un attimo a quegli occhi a mandorla e a quel profumo intenso dalle note esotiche.
Quel venerdì, non appena uscii dall'aula dell'ultima lezione prima di pranzo, come per una sorta di telepatica magia, mi ritrovai davanti la persona che più di tutte avevo voglia di vedere in quel momento. Un sorriso leggero, i lunghi capelli corvini che le ricadevano sulle spalle e la sua inconfondibile acqua profumata all'essenza di lavanda.
«Ami! Che ci fai qui?» esclamai, stringendola in un abbraccio.
«Pranziamo insieme, che ne dici?»
«Assolutamente sì, ho una cosa da raccontarti!».
Poco più tardi, io ed Amira prendemmo posto in una tavola calda non molto distante dal college.
«Allora? Cosa mi sto perdendo quest'anno?» mi chiese sorridente.
«Ieri sera, all'inaugurazione del campionato di football, ho incontrato un ragazzo.»
«Ah sì? Raccontami tutto!»
«Stamattina ho scoperto che è il mio professore di scrittura creativa...».
Amira spalancò i suoi occhi, come per dire "dai, dimmi di più".
Le raccontai, fin nei minimi particolari, della figuraccia al chiosco e della prima lezione.
«Sei sicura che sia una buona idea fare il suo corso?» mi domandò perplessa.
«È l'unico modo che ho per conoscerlo...» dissi, alzando le spalle.
«Questo è vero, ma se sarà il tuo professore, non potrai mica uscirci.»
"Uscirci?". Non avevo pensato neanche per un attimo ad un simile scenario.
«Io non voglio uscirci, voglio solo conoscerlo...» risposi candidamente. «E poi, penso che sia grande...»
«Beh, per essere già un professore, avrà almeno dieci anni più di te, Eve» commentò lei.
«Sì, ma quanto è bello... e poi ha un profumo che non si può spiegare...»
«Con queste premesse, non vedo l'ora di sapere che cosa succederà.»
«Il mio piano è semplice: concludere il corso, tenendo un profilo basso, ma provando a collezionare sempre il massimo dei voti.»
«Non male... me ne vado a studiare arte culinaria e il college si trasforma in una serie tv, non ci posso credere!» esclamò Amira, accarezzandosi il viso con le mani.
«Ah, per la cronaca, Nathan mi ha baciata...» aggiunsi distrattamente, prima di tuffare la forchetta nel mio cous cous vegetariano.
Quando dopo pranzo rientrai al college, decisi di andare a studiare in biblioteca.
Ero ancora intenta ad evitare Kate: non avevo proprio idea di come dirle di Nathan.
Mentre sfogliavo con noncuranza il libro del corso di marketing, una mano mi si posò sulla spalla.
«Eveline... sei qui» squittì una vocina familiare.
Sì, era proprio la sua.
«Kate, ciao. Sto studiando per il corso di marketing...» abbozzai, a voce bassa.
«Sei la compagna di stanza più assente che abbia mai conosciuto» disse, prendendo posto accanto a me, con quel suo fare un po' irruento.
«Ti cercavo» continuò poi «ti ho vista parlare con quel Nathan Brooks, il capitano della squadra di football su cui ho messo gli occhi. Lo conosci?»
«Più di quanto immagini...» confessai. «Siamo molto amici e, in realtà, siamo stati anche insieme».
Ecco fatto, l'avevo detto.
Lei rimase immobile per un attimo.
«Oh, beh... io...»
«Tranquilla, non potevi saperlo. Comunque, non c'è nessun problema per me, posso presentartelo, se ci tieni».
Lei mi abbracciò istintivamente.
«Sì, ne sarei felice! Ho pensato di organizzare una cena al ristorante di mio padre domani sera. Ovviamente, offro io. Possiamo invitare Nathan e Dawson... dimmi di sì, ti prego».
Ci pensai su per qualche istante e dovetti ammettere che l'idea di Kate non era poi così malvagia... presentare una nuova ragazza a Nathan non poteva che fargli capire, senza troppe parole, che io non ero interessata a riaprire una storia con lui.
«E va bene, e cena sia...» conclusi, con un sorriso.
Ma... il destino stava per giocarmi un altro dei suoi strani tranelli.
Spazio autrice: Ed ecco svelato come tutto ebbe inizio... Cosa ne pensate del professor Ruiz? Quali sono le vostre prime impressioni su di lui? Vi trasmette fiducia o qualche dubbio?
Se il capitolo vi è piaciuto, fatemelo sapere lasciando una ⭐
A presto, con il prossimo!
-C ❤️
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