Epilogo
La sedia a rotelle quasi slittò sul parquet liscio. Era ormai diventato abile a trainarla, dopo tanti anni.
L'androne principale si stava pian piano svuotando, gli studenti, rumorosi ed entusiasti, stavano svanendo di nuovo nelle loro aule, finito l'intervallo.
La vecchiaia l'aveva ormai consumato, più del lungo dolore in cui quel proiettile alla schiena gli aveva costretto. Charles aveva perso i capelli, lineamenti avvallati, cadenti, ma animati con la sua immortale attenzione per i dettagli. Quella scuola in cui stava facendosi spingere con la sedia a rotelle altri non era che la sua. Il professor Xavier l'aveva messa in piedi, diventandone preside.
L'unico figlio che aveva avuto lo stava portando verso il suo ufficio, evitando al vecchio di spingere le ruote. David, si chiamava. Charles lo aveva avuto in età piuttosto avanzata -per chi crede che si debba diventare genitori nel fiore degli anni- con una donna che aveva preso in moglie dopo pochi anni di fidanzamento. Il loro divorzio era avvenuto quando David aveva dodici anni, per svariate lagune tra quel rapporto, certamente, ma soprattutto per la tensione che la salute di quel figlio aveva messo tra Charles e la moglie.
David, ormai trentenne, conviveva con i propri problemi psichici ereditati dal padre, soltanto, in una forma più o meno grave. Charles aveva fatto di tutto per avere la custodia di quel ragazzino a cui aveva cercato di dare le cure migliori. David, assistendo il padre anziano nel proprio lavoro, conduceva una normale vita serena.
Charles non aveva più parlato di quell'uomo, che gli aveva sottolineato i libri e lasciato una fotografia in casa. L'appartamento ai tempi dell'università l'aveva venduto da tanto, tanto tempo ormai, nella speranza di lasciare Erik tra quelle mura. L'amarezza lo colse in un veleno acido in gola, quando si rese conto che Erik non se n'era andato, rimasto attaccato alle sue voci, alle sue gambe, e alla sua bocca.
Aveva dato tanti altri baci, dopo quella separazione, o meglio dire, quell'abbandono, ma nessuno era mai stato all'altezza di quelli di Erik.
Il tossico di cui si era innamorato? Oh, ormai non ci pensava più, non di proposito. Si faceva spazio di tanto in tanto in qualche sogno, nel ricordo del giovane e bellissimo uomo dal petto nudo e snello e gli occhi chiari. Complice di quella parte della sua vita era soltanto Raven, che aveva mantenuto il silenzio al riguardo.
Erik faceva parte di quel lontanissimo passato, per la sua età Charles non si preoccupava di certo di ricordi simili, anche piuttosto dolorosi. Si era convinto della sua morte, o subito dopo la loro divisione, o dopo qualche tempo, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa sul fatto che Erik si fosse ammazzato per via della sua dipendenza.
Charles aveva letto tantissimi altri libri, in tutto quel tempo. A se, per piacere e per studio, a David e ai suoi alunni. Non sentiva la mancanza di una compagna, o un compagno (unico che aveva avuto altro non era stato che Erik), aveva suo figlio e i suoi studenti, che poi erano la sua grande famiglia.
Eppure, Charles non era stato l'unico a leggere un mucchio di libri durante quella vita stancante e lunga.
Un uomo anziano varcò l'entrata della scuola. Si tolse il cappello scoprendo qualche ciocca bianca, guardandosi con ansia in torno. Accanto a lui un ragazzo ed una ragazza gli sorrisero, come per trasmettergli forza.
«Coraggio papà, è qui.» il ragazzo gli poggiò una mano sulla spalla fragile; aveva i capelli tinti di grigio, con una vistosa ricrescita scura.
Erik guardò prima lui, e poi la dolce ragazza dai lunghi capelli castani;
«Sta tranquillo, siamo con te.» le labbra rosse della giovane gli trasmisero infinita calma, come avevano sempre fatto. I suoi figli, gemelli, avevano vent'anni, e si chiamavano Pietro e Wanda.
Erik era cambiato tanto, i suoi occhi avevano un barlume diverso, gentile.
Sentì le ginocchia deboli tremare, quasi percepì il profumo di Charles che non aveva mai dimenticato. Sapeva che quel presentimento era soltanto frutto della sua immaginazione, sotto pressione e spaventato, ma sapeva anche che in quel posto tutto parlava di Xavier.
La scuola sembrò improvvisamente vuota, tutti gli studenti chiusi nelle aule.
A fargli strada furono Pietro e Wanda, sereni, comprensivi. Da quando la loro madre era morta in un incidente stradale, assieme alla sorellina minore Nina, Erik e i gemelli avevano coltivato un tipo di rapporto esclusivo, prezioso. Erik non avrebbe mai potuto immaginare di poter amare così tanto dei figli, che non voleva proprio. Quando mise incinta la donna con cui andò a convivere, madre di Pietro e Wanda, si impose di assumersi tutte le sue responsabilità, e di ricominciare una volta per tutte dopo Charles.
La sua cara droga lo perseguitò ancora per un po', fino alla nascita di quei bambini.
Erik aveva imparato ad amare quella donna, ancor di più quando la piccola Nina entrò a far parte della famiglia. La disgrazia più grande, però, fu' quella di perderla.
Ma in quel momento il passato non importava, tutto doveva rimanere lì dov'era. C'era la vecchiaia e il desiderio, di quell'amore esclusivo che non era morto.
Erik si trovò in quell'ufficio illuminato dal sole che entrava dalle grandi portefinestre. Pietro e Wanda si presentarono all'uomo in sedia a rotelle dietro la scrivania, e al ragazzo che li accolse stringendogli la mano.
Erik trattenne il fiato, perché mille pensieri gli attraversarono la testa. Prima fra tutti, quello che i suoi figli conoscessero quell'amore tanto importante.
Erik gliene aveva sempre parlato, dopo la morte della compagna. Non aveva mai avuto nessun timore di raccontare ai figli la sua vita, quei complicati problemi con la droga, e gli amori, che non erano stati importanti per il sesso o per qualsiasi altra frivolezza.
Per questo motivo, quando Wanda aveva saputo di quella scuola gestita da un certo Xavier, troppo simile alla descrizione di quel Charles raccontato da suo padre, si era fatta avanti con il fratello di accompagnare il padre anziano a vederlo.
Xavier si avvicinò ai due ragazzi, sorridendo educatamente. No, non lo aveva riconosciuto. Impossibile, Erik lo sapeva, ma fu' come un colpo al cuore.
Era così diverso da come lo ricordava, ma quella sedia a rotelle lo sfregiava ancora. Erik la guardò con disgusto, ricordando tutte le ingiuste decisioni che aveva preso, e di cui ancora non si pentiva eccessivamente.
«Siamo davvero felici di accogliervi alla Xavier's school. Prego, accomodatevi. In cosa posso essevi utile?» il vecchio Charles indicò le sedie di pelle difronte alla scrivania, sorridendo ad Erik. I suoi occhi gli facevano ancora lo stesso effetto.
«Ecco, direi che ciò di cui vorremo parlare è piuttosto curioso e, insomma...» Wanda si morse il labbro, interrotta da Pietro; «sorprendente.»
Charles corrugò la fronte, scambiando una veloce occhiata con il figlio.
Mise gli occhi addosso all'uomo probabilmente suo coetaneo, che aveva fatto un passo avanti, il volto teso. Charles lo scrutò meglio in viso, qualcosa di familiare lo incuriosì.
Erik si schiarì la voce rauca, stanca. Torturò l'orlo del cappello tra le mani, deglutendo per inumidirsi il palato.
«"Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino".» disse.
Charles scosse il capo, socchiudendo le labbra. Non capì e restò in silenzio.
«L'ho riletto cinque volte, i nostri nomi si sono un po' sbiatiti, ma sono ancora sulla prima pagina.»
Charles perse la voce. Le labbra di Erik tremarono, gli occhi rossi e lucidi, con uno spesso velo di lacrime a sbiadirli.
Tutto il rancore, e il dolore, e la rabbia di quei lunghi anni si ridussero alla prima sera in cui fecero l'amore, giocando a scacchi.
«Erik.» sussurrò Charles, le mani poggiate sulle ruote della sedia.
«Sei sempre stato con me. Non te ne sei mai andato.» Erik sorrise, decidendo di finire i propri giorni nella presenza di quell'uomo.
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