7.

«Sai che non è affatto una buona idea.» disse Erik, con tono serio.
«Si.» rispose Charles.
«E che rischi di fotterti anche senza il mio aiuto.»
«Erik per cortesia...»
«Charles credo di amarti.»
«Smetti di fare lo stupido e allaccia il casco.» la voce di Charles era seccata e quasi pentita, mentre cercava di sistemarsi meglio sul sedile scomodo sotto di lui. Come promesso, i due avevano fatto un patto; Erik avrebbe insegnato a Charles come si ci diverte, e il minore lo avrebbe istruito sulla bellezza della letteratura. Ma il povero tossicodipendente non aveva i mezzi per mettere in atto la sua missione umanitaria, così quello che aveva messo in parte lo zampino era proprio Charles.
Scavando più a fondo tra ciò che piaceva a Erik lo studente aveva scoperto che, oltre alla sua passione per la musica, il maggiore amava i motori. Di lasciargli portare la sua auto non se ne parlava a prescindere, ma gli occhi chiari di Erik si erano fatti enormi quando Charles gli aveva proposto di affittare una motocicletta per il loro breve viaggio del weekend.
Dato che gli esami di Charles si erano fatti meno intesivi, i ragazzi si erano messi di comune accordo nell'organizzare un piacevole fine settimana lontano dall'appartamento di Xavier.
Erik aveva iniziato ad elencare una serie di locali a luci rosse con una brutta reputazione, che immediatamente furono bocciati dal più piccolo. Alla fine prenotarono una stanza in un piccolo hotel poco lontano dalla loro città, in una provincia quieta ai piedi dei monti. L'autunno non aveva ancora fatto il suo ingresso vero e proprio, e in quei due giorni di riposo si prospettavano temperature calde e piacevoli, perfette per il loro viaggio in sella alla moto.
Erik fremeva di eccitazione sopra quel veicolo, con un sorriso infantile e il viso scarnito illuminato di gioia. Charles sbuffò con preoccupazione, premurandosi di allacciare la cinghia del casco sotto il mento di Erik, che non diede la minima attenzione al suo consiglio.
«Tieniti forte prof.» disse il maggiore, stringendo i denti. Fece sbuffare l'acceleratore della moto rumorosamente, con fastidio di Charles.
«Erik ricordati che hai la patente soltanto per la tua buona condotta, e che devi stare attento in strada, non andare troppo...» le raccomandazioni preoccupare di Xavier furono interrotte dall'improvvisa partenza di Erik, che d'istinto lo fece aggrappare forte alla sua vita magra, per contrastare la forza della velocità che incombeva sul suo corpo.
Era stata di certo una pessima idea mettere uno come Erik in sella ad una moto. L'unica cosa che Charles riuscì a percepire per tutto il viaggio fu' la piacevole sensazione di velocità sul corpo, accompagnata dal vento rumoroso che avvolgeva entrambi nel loro movimento troppo veloce. E poi il corpo di Erik, quello era un dettaglio non di certo trascurabile. Anche attraverso il giubbotto di pelle nera che gli avvolgeva il busto, il tatto di Charles riusciva perfettamente a sentire il suo calore, e quel contato lo costringeva sempre di più ad aggrapparsi a lui, con il petto poggiato sulla sua schiena ampia e il viso tra il suo collo. Chiuse gli occhi con il vento che gli accarezzò le palpebre, ispirando profondamente l'odore indistinto della pelle si Erik, così bollente e viva, carica di adrenalina e pura libertà.
Charles avrebbe voluto che quel viaggio non terminasse mai.

Il sole del primo pomeriggio era alto e quasi fastidioso; i due scesero dalla moto, stiracchiandosi la schiena per rilassare la loro posizione ricurva avuta durante tutto il tragitto. Erik osservò lo sfondo di montagna con le mani sui fianchi e un sorriso sarcastico, ispirando profondamente l'odore del bosco in lontananza, mentre Charles si trascinava lentamente accanto a lui, già stanco e troppo infastidito da tutto il vento che gli aveva solleticato il viso sulla motocicletta. Erik gli lanciò una fugace occhiata, dandogli una leggera gomitata amichevole sul petto per farlo mettere in riga. Charles emise un sospiro, e Erik gli afferrò il polso con fare ostinato, trascinandolo a passo veloce verso la poca confusione della cittadina tranquilla.
Trascorsero tutto il pomeriggio a correre per le stradine strette ricche di bancarelle, dalle quali Erik implorò Charles di comprargli ogni ghiottoneria locale, trangugiando tutto il cibo caldo che gli capitava tra le mani. Non era di certo una meta ambita dal carattere esuberante e ribelle di Erik, che si ritrovava a passeggiare educatamente come un turista di mezza età, ma in compagnia di Charles il maggiore non poté fare a meno di lamentarsi. Erik si promise che avrebbe adottato un comportamento più docile nei suoi confronti, per il semplice fatto che rendere Charles stressato o irritato lo avrebbe fatto sentire in colpa.
Si stava affezionando a lui, in maniera strana e controversa, ma in qualche modo sentiva ribollire il sangue nelle vene quando Charles gli sorrideva con ingenuità.
La sera calò velocemente tra i monti, e ben presto la piacevole temperatura calda si abbassò vertiginosamente. L'hotel non era molto distante, ma camminare nel freddo improvviso della sera fu' parecchio difficile, soprattutto per Charles. Si strinse di più alla sua giacca, tenendola fino al collo con le mani tremanti dal freddo, emettendo dal respiro affaticato una flebile nuvola di vapore chiaro.
Seccato, e con imbarazzo vergognoso, Erik si sfilò come una furia la sciarpa nera dal collo, e la avvolse frettolosamente intro a Charles, costringendolo a strizzare gli occhi dalla sorpresa.
Erik riprese a camminare, lasciando il più piccolo indietro, immobile con il respiro corto e l'odore acuto del ragazzo nel respiro, dipendente dal tessuto caldo della sciarpa.
«Ti vuoi muovere o no? C'è un freddo cane qui fuori.» ringhiò Erik. Charles si ricompose, correndogli dietro frettolosamente, per imitare il suo passo. Quel gesto lo aveva lasciato ricco di sorpresa e imbarazzo. Si sentiva quasi stupido ad emozionarsi così tanto per una semplice cordialità simile, ma non poté proprio fare a meno di sorprendersi, perché per prima cosa aveva visto un lato del carattere di Erik più premuroso e gentile, e in secondo luogo perché quello era un gesto che solitamente un ragazzo non faceva con un altro ragazzo. I pensieri infantili di Charles vennero interrotti dal calore rassicurante della loro stanza piccola e illuminata in maniera quasi romantica; Erik lanciò le proprie scarpe disordinatamente in terra, percorrendo la distanza tra l'entrata e il bagno a piedi scalzi, sospirando con stanchezza.
Charles, ancora intimorito dall'insolita dolcezza che Erik aveva avuto nei suoi confronti, si sedete ai piedi di uno dei due letti posizionati al centro della stanza, senza avere il coraggio di liberarsi di quella sciarpa vecchia. Toccò con le dita gelide e curate il tessuto lanoso avvolto intorno al collo, ispirando con più attenzione il profumo che lo impregnava; era un misto di odori, si poteva distinguere la puzza della marmitta rumorosa della moto, e anche l'invitante profumo del caramello caldo delle mele rosse, ma più di tutti spiccava quella fragranza acuta di pelle, bollente e appagante. Si sentì patetico ad analizzare il profumo di Erik, ma non riuscì proprio a farne a meno.
Charles se lo trovò seduto accanto, sussultando dalla sorpresa, come se fosse stato colto in fragrante di un delitto.
«Che c'è? Ti piace?» domandò Erik con un sorriso soddisfatto, reggendosi con l'aiuto del braccio, appena dietro la schiena di Charles, stretto nelle proprie spalle.
«Sono solo ancora inferrddolito...»
«Come vuoi tu.» il maggiore lo canzonò vagamente, con le labbra umide e un evidente disagio in voce. Charles attese una qualche sua battuta irritante, ma si trattenne nel proprio silenzio, fissando gli occhi insicuri di Erik squadrarlo da capo a piedi.
«Ascoltami Charles, c'è una cosa che voglio chiederti, ma non mi mettere in imbarazzo, altrimenti mi incazzo davvero!»
Charles sorrise, annuendo con le guance rosse e le labbra carnose semichiuse nella timidezza. Erik deglutì, porgendosi verso la sua borsa disordinata, e tirando fuori un piccolo libro dalla copertina nuova di zecca.
Lo porse tra le mani di Xavier, che sgranò gli occhi con stupore.
«L'ho comprato con i soldi che mi ha mandato la comunità. Non mi piace niente della tua libreria, lasciatelo dire, hai bisogno di un buon libro, e non qualcosa di noioso come lo studio della genetica.»
«Quindi è per me?» domandò timidamente il minore, sfiorando il libro con i polpastrelli.
Erik annuì con le labbra appena aperte e gli occhi bassi, fissi sulle mani pallide di Charles.
«Non farti strane idee però, devi insegnarmi qualcosa, quindi non prenderlo come un regalo, ma più come un compito. Voglio che tu me lo legga, e mi aiuti a capire il significato che c'è dietro la storia. Funziona così con i libri, hanno una morale nascosta, no?»
Charles sorrise, sentendosi quasi tra le grazie di un ragazzino ingenuo: «Si, hai ragione.»
Erik sembró tranquillizzarsi; sorrise soddisfatto, spingendosi sul letto con l'aiuto dei gomiti, tirando poi senza preavviso Charles dal collo, facendolo sdraiare su di lui, con le gambe per aria.
I due risero ingenuamente, cercando una posizione più comoda per stare sdraiati tra le coperte morbide senza spezzare il loro intreccio di corpi. Charles allungò il libro davanti i loro sguardi, rassicurato dal tepore ormai familiare di Erik, ipnotizzato dalla copertina e dal titolo scritto in maniera vistosa su di esso.
«Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.» Charles si schiarì la voce e, dopo aver letto ad alta voce il titolo del libro, iniziò a leggerne il contenuto a Erik.

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