5.
Charles aveva appena finito di studiare per un'esame del primo semestre, una passeggiata per lui, e, grazie alla sua ordinata raccolta di appunti ed approfondimenti fatti in biblioteca, aveva dedicato poche ore alla preparazione scolastica. Il suo piano era cenare con qualcosa di leggero ed andare a letto presto così da poter affrontare al meglio la giornata che lo attendeva.
Era un piano che, a suo malgrado, non sarebbe mai andato a buon fine con la presenza di Erik in casa.
Dell'episodio precedente omonimo al crollo emotivo del maggiore, nessuno dei due aveva fatto parola. Charles non avrebbe saputo cosa dire al riguardo, ed Erik era visibilmente imbarazzato per la sua comparsa da vero disperato in lacrime. Però, il loro rapporto non era cambiato, al contrario, era come se stesse camminando lentamente verso qualcosa di più grande. Come uno storpio che ricomincia a camminare; all'inizio il tutto è doloroso, parecchie cadute allontanano ancor di più l'obbiettivo, ma con ogni passo, accompagnato dallo scorrere del tempo, qualcosa di luminoso continua a crescere, anche se paragonare Erik e Charles ad un povero caso riabilitativo non era il massimo del romanticismo.
«Prof, mi annoio.» Erik era seduto in maniera poco composta su una delle poltrone vicine alla libreria, con i piedi scalzi a penzoloni e la testa all'insù verso il soffitto.
Xavier sorrise dolcemente, scrollando la testa rivolgendogli le spalle, mentre riordinava alcuni volumi dalla copertina rigida.
«Hai una libreria intera da smistare, non ti annoieresti mica con una piacevole lettura.»
Erik sbuffò sonoramente, poggiando i piedi per terra e fissando il minore in attesa che quest'ultimo gli prestasse attenzione.
Con disappunto del maggiore, Charles non smise di classificare per numero i suoi preziosi libri.
Al lato della poltrona, una cartella color nocciola era poggiata con ordinata casualità, aperta lo stretto necessario per tirare fuori un piccolo quaderno a righe senza destare sospetti.
Erik lo aprì approssimativamente al centro, nelle pagine bianche e lisce. Staccò un pezzetto di carta dalla cornice del foglio, lo appallottolò con due dita, ed infine lo tirò alle spalle di Charles, prendendolo in pieno.
Nessuna reazione da parte del minore, forse, non si era nemmeno accorto del piccolo proiettile di carta caduto ai suoi piedi.
Serrando le labbra con un'espressione convinta, Erik si accigliò, e con maggiore destrezza, lanciò un'altra pallina bianca sullo studente, stavolta molto più grande e compatta.
«Cosa stai facendo?» domandò Xavier portandosi una mano sul punto in cui era stato colpito, voltandosi verso Erik con un mezzo sorriso provocatorio.
Con le gambe aperte sulla poltrona, e il quaderno in una mano, il maggiore lo osservò con fare di sfida, giocherellando con un'altra pallina fra le dita.
«Molto divertente Erik, davvero. Una soluzione più che adeguata alla tua noia.»
Il delinquente dai capelli rossicci si alzò dalla poltrona con portamento fiero e sicuro, sfidando Charles con lo sguardo come fosse un animale selvaggio; strappò una pagina intera dal quaderno e la appallottolò con entrambe le mani, sorridendo di rado con malvagità.
«Potresti, cortesemente, posare il mio quaderno di latino e smettere di sprecare fogli di carta?» Xavier lo ammonì con un tono falsamente severo, e le mani sul bacino assumendo l'aspetto di un adulto che mette in riga un bambino.
«Non prima di scagliare il mio raggio della morte nera su di te.» chiuse un occhio ed iniziò a mirare nuovamente verso Charles, con il cumulo di carta ben stretto nel pugno, ed un sorriso divertito in viso.
«Erik, no.»
Era esilarante vedere l'espressione del maggiore incredibilmente concentrata in quella missione molto rischiosa. Si assicurò di avere perfettamente Charles sotto tiro, facendo aderire bene i piedi scalzi sulla moquette.
«Erik si.»
Con una velocità sorprendentemente fulminea, ed un colpo sicuro, il proiettile di Erik centrò perfettamente il bersaglio, che si limitò a stare muto con i pugni stretti e le braccia lungo i fianchi, rassegnato dell'ormai attacco subito da quello che in quel momento era un bambino troppo cresciuto.
«Hai appena scatenato una guerra civile Xavier.» Erik cercò di impersonare qualcuno di apparentemente serio, facendo fatica a trattenere il suo vago sorriso divertito, riprendendo possesso del quaderno del povero Charles, pronto a scaraventargli contro un altro colpo.
«Erik basta.»
«Divertiti un po' prof! Coraggio, se riesci a uscirne vivo ti prometto che vado a comprare i brownies confezionati giù al market.»
«Confezionati? Non ti piacciono le mie sfoglie dolci alla marmellata di more?» Charles parve deluso, ma fece trasparire un tono innocente e scherzoso.
Erik aggrottò le sopracciglia, ostinato, con un'altra munizione nascosta dietro la schiena, provocando il suo avversario con qualcosa che non avrebbe mai dovuto dire;
«No, odio quella fotutta marmellata che sembra lubrificante Made in china.»
Charles sembró così scioccato e disgustato da quella risposta che non poté fare a meno di spalancare la bocca, inorridito da quel paragone.
Erik lanciò la sua possente arma stracciata contro il povero Xavier, che si coprì di scatto il capo con le mani, piegandosi per terra e gattonando fino al piccolo comodino di legno, unica barriera di riparo per gli attacchi nemici.
Sentì il maggiore simulare una risata malvagia, e a quel punto non poté fare a meno di incominciare a ridere, per quella specie di buffo gioco degno delle elementari.
Dall'ultimo scaffale da terra della libreria, Charles afferrò una vecchia agenda dalle pagine piene di impegni ed esami, che si trasformò in un ottimo rifornimento di munizioni contro il malvagio Erik.
Con un tappeto di pezzetti di carta, ed un coro di risate e minacce poco credibili, i due coinquilini terminarono la loro battaglia dopo un'intesa lotta, che riempì i morbidi capelli scuri di Charles con un gran numero di palline bianche.
Alla fine, a pace fatta, si ritrovarono seduti per terra al centro del salotto con il respiro irregolare e i resti martoriati dei loro quaderni.
«Davvero non ti piace la mia marmellata?» Charles sorrise, voltando il capo in direzione di Erik, che stava sorridendo con spensieratezza, qualcosa che non accadeva da troppo tempo.
Sentendo quella domanda, il maggiore si avvicinò al viso di Charles, sfiorando con le labbra il suo orecchio, facendolo così immobilizzate come se la canna di una pistola fosse puntata direttamente alla sua tempia. Con l'indice gli afferrò il mento, sottomettendo Charles senza il minimo sforzo.
Il respiro ancora affaticato di Erik gli solleticò il lobo dell'orecchio, mentre il minore serrò le labbra di colpo, impotente.
«Certo che mi piace la tua dolce marmellata, solo, che la vorrei spalmata da un'altra parte.» lo sussurrò con malizia, non dando il tempo al povero Charles di reagire a qualsiasi stimolo volontario o meno. Erik si mise in piedi con uno scatto fulmineo, dirigendosi verso il pc portatile di Xavier poggiato accanto alla moltitudine di libri e quaderni in fondo alla stanza.
Impiegò pochi istanti a navigare in rete, trovando immediatamente ciò che stava cercando. Aumentò di netto il volume dell'apparecchio -usato raramente dal proprietario- facendo partire la base musicale di una canzone di cui Charles non riuscì a leggere il titolo, troppo lontano dalla sua visuale.
Notando la confusione del minore, Erik sorrise soddisfatto, con un particolare scintillio negli occhi, come se una scarica di adrenalina l'avesse attraversato.
«Marilyn Manson, non ti piace prof?»
«Non ho mai avuto il piacere di ascoltare i suoi pezzi...»
La voce alta e quasi sofferente del cantante iniziò a seguire il tempo, emettendo dei suoni qualsiasi animaleschi, ed usando un linguaggio che Charles non avrebbe di certo apprezzato.
Erik si avvicinò di nuovo al minore, con espressione quasi inquietante, muovendosi a ritmo con gesti quasi femminili e leggiadri, socchiudendo gli occhi e lasciandosi completamente trasportare dalla musica.
Afferrò la mano di Charles, che fu' costretto a mettersi in piedi e a stare estremamente vicino al corpo di Erik, che lo trattenne verso di se' con una mano dietro la schiena.
Il maggiore lo guardò negli occhi, con sarcasmo e provocazione, ed anche se in quel momento di buono non c'era nulla, partendo dalla colonna sonora e terminando nello sguardo di Erik, Charles non poté fare a meno di non trovare nulla di perfido o sbagliato.
La carezza di Erik sulla sua schiena era leggera e priva di cattiveria, il suo sorriso era sincero, e i suoi occhi erano capaci di portare via ogni residuo della sua anima.
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