26.
L'acqua dai riflessi azzurri scintillava nella totale oscurità del tepore estivo, in cui la splendida Cuba viveva nella solitudine di quel posto. Intorno, gli unici spettatori a quella follia di peccato erano solamente le cicale, che cantavano nel loro lungo concerto duraturo fino all'alba.
E poi c'erano Charles ed Erik, nudi, nell'enorme lago fatto a goccia in cui si erano immersi.
Toccavano il fondo piastrellato di celeste con le punte dei piedi, che perdevano spesso il contatto, a furia di saltellare e tenersi a galla, troppo stretti l'un l'altro, troppo vicini, troppo intimi.
Intimi ma esposti all'aperto, a rischio di tutto ma con la paura di niente. Le asciugamani candide che avevano usato per coprirsi durante il breve tragitto dalla loro camera a quella luminosa piscina deserta erano aggrovigliate ai bordi, quasi fossero fogli di carta bianchi su cui uno scrittore abbozza delle frasi.
Dal pelo dell'acqua si potevano distinguere solamente i loro profili lucenti ed il collo teso a furia di stringersi e tenersi a galla. Non avevano bisogno di respirare per non annegare, avevano bisogno di respirare per continuare ancora e ancora a baciarsi.
Ogni innamorato avrebbe provato in invidia nei loro confronti in quel momento, per quanto sapessero essere belli e innamorati.
I capelli morbidi e più o meno lunghi di Charles erano già tutti bagnati, ricadendo all'indietro con grazia quasi femminile. Sul viso gocce d'acqua che si distribuivano sotto gli occhi e sui bordi della labbra, simili a lacrime neutre che gli rinfrescavano il sangue. Perché in quel momento nemmeno tutta quell'acqua riusciva a spegnere l'incendio che ardeva tra i loro corpi, fatti lava, carbone in fiamme, tutto ciò che di più caldo potesse esistere in natura, ecco, loro erano quello.
E il contatto tra i loro sessi, sospesi nella pressione debole di quella profondità, peggiorava il loro senso del controllo. Erik rimase più tempo possibile con gli occhi semichiusi, troppo intorpidito dalla lingua di Charles nella sua bocca, impertinente e curiosa. Xavier era già venuto non molti minuti prima, ma sentì quasi subito la durezza ribollire ancora, con maggiore stimolo e tendente dolore accecante.
Stringere le gambe intorno al bacino di Erik, poi, appagava incondizionatamente i bisogni di quei corpi.
Erano già dannatamene eccitati, ma pensare di fare sesso in quella piscina, cazzo, era meraviglioso.
Il fresco delle gocce che continuavano a schizzare sui loro visi rassicuravano la potenza spaventosa della loro eccitazione. Charles avvolse le mani intorno ai lati del collo di Erik, che lo tenne su di se stringendogli le natiche, e baciandogli le labbra con peccaminosa lussuria.
Erik si sentì immerso in quel solasta il cui vero nome era Charles, non era l'acqua fresca ed il cloro pesante a toccarlo da tutte le direzioni, piuttosto era il corpo di Xavier.
Quanto avrebbero goduto nel ricordare quella volta in cui avevano fatto l'amore a Cuba, in una piscina in piena notte, che nel giro di pochi istanti avrebbe colmato quella storia piena di dettagli.
Charles sentì l'erezione lunga di Erik strusciarsi tra la sua apertura e i testicoli, mentre si teneva più in alto possibile sopra la sua vita, galleggiando con le gambe strette a lui, ed i piedi persi nell'acqua.
Il minore tirò indietro la testa, gemendo a bassa voce per controllarsi. Erik gli trasmetteva sempre nuove sensazioni. In breve, ogni volta che facevano l'amore gli orgasmi ed il piacere di Charles prendevano una svolta completamente differente.
Non si sentiva poi molto sicuro di poter ritornare ad essere così eccitato dopo aver già avuto un orgasmo in quel freddo inverno di ghiaccio fatto a cubetti che Erik gli aveva spalmato addosso, eppure Charles seppe rendersi conto di quanto molto più grande e bella fosse quella seconda sessione di aderenze e baci.
Erik gli leccò il collo, passò tutte le labbra umide sulla sua nervatura tesa, facendo aumentare visibilmente la pelle d'oca su tutte le spalle emerse dall'acqua.
Charles gli prese il capo facendo passare in mezzo alle dita quei sottili capelli schiariti dal sole di Cuba, tutti bagnati, riccioli alla base. Si tenne stretto a loro e capì di essere al sicuro anche da quell'eccitazione immane.
Raggomitolato in un abbraccio leggero nel fluttuare dell'acqua, Charles crollò nuovamente sotto le grazie di Erik, che con dolcezza incalcolabile alzò il livello di quelle carezze intime.
Era proprio l'idea di contatto crudo e privo di vergogna a far annodare fortissimo l'amore di entrambi, perché volevano stare insieme anche quando già lo erano, perché non potevano sopportare un futuro più o meno vicino in cui avrebbero dovuto dividersi, e perché si amavano.
In sostanza, amarsi era l'unico stimolo a cui potevano riferirsi.
Non gemettero, ebbero troppa insicurezza contorta di essere scoperti, una sensazione di autodifesa, impossibile da reprimere. Eppure respirarono con sonori affondi da parte dei polmoni, che li accecarono in un buio di palpebre quasi del tutto chiuse.
Charles allargò un po' le gambe, sentendo che una mano di Erik -intenta prima a stringerlo per le cosce- si era andata a far spazio tra le sue natiche. Subito si sentì impaziente, fremendo di desiderio, spinse il petto nudo contro quello di Erik, affondando piano con il fondoschiena sulle due dita del maggiore.
Xavier non sentì nemmeno il bisogno di ricevere contatto al proprio sesso, in quell'istante tutto gli pulsava e bruciava così tanto, tra le gambe, e dove le dita di Erik si erano infilate, che percepì quasi di crollare immediatamente. Soltanto che pur concentrandosi capì di poter resistere ancora un bel po', e di nutrirsi selvaggiamente di tutta quella forte intensità di piacere.
«È tutto così perfetto.» sussurrò faticosamente il minore, pianissimo, con la bocca premuta su una guancia di Erik, assaporando quel lieve entrare ed uscire delle falangi.
«Vorrei rimanere intrappolato in questo momento per sempre.» Erik affondò con i polpastrelli nella carne dell'interno coscia di Charles, da sotto, strattonandolo contro di se. Alzò il mento e lo guardò negli occhi luccicanti, con espressione di sforzo mista a perduta estasi.
Si baciarono lentamente, fermando tutta la frenesia dei corpi per tornare ad essere semplici e romantici.
«Tienimi stretto.» bisbigliò Charles, poggiando la fronte bagnata contro quella di Erik. Lui sorrise, strabuzzando il volto con tenerezza. Trasformò quel suo palpare insistente in cullare dolce, baciando ancora Charles prima di parlare;
«Finché non smetterò di vivere.»
Il minore si lasciò accompagnare dai gesti di Erik sul pelo dell'acqua, così da rimanere a galla a pancia in su', con le braccia aperte, così che le dita prendessero la frescura dell'asciutto. Sospeso con il viso poggiato nel velo d'acqua che gli entrava lieve ai lati degli occhi, e scendeva come lacrime. Charles fluttuava in quell'azzurro brillante respirando dalla bocca, con i capelli mossi che immersi ondeggiavano quasi fossero seta. Resistette in quella posizione fragile fino a quando il confine delle sue gambe aperte incontro al bacino di Erik non si fece troppo pericoloso, e con graduale fermezza Xavier sentì tutta la durezza spessa del maggiore spingersi dentro di lui. Nel tentativo di inarcare la schiena si rese conto che avrebbe potuto persino affogare, costringendosi in avanti. Charles si tenne sospeso sulle spalle di Erik, che lo fermò più dritto che poté con le mani dietro i reni, e il bacino rallentato dall'acqua che prese ad affondare.
Charles urlò spezzandosi il respiro, con l'espressione sfigurata dal godimento e i muscoli di tutto il corpo che lo spingevano inesorabilmente in avanti, nel tentativo involontario di tenere il viso lontano dall'acqua.
Spingere, per Erik, si fece quanto più difficoltoso, con la profondità della piscina troppo alta, e il mancato appiglio di Charles a rilassarsi e star comodo. Si morse il labbro, sordo a furia di ascoltare minuziosamente ogni verso del ragazzo sopra di lui.
Lo avvolse dalla schiena con un braccio, quasi fosse un bambino, stretto ancora una volta a lui in un abbraccio che faceva da vestito ad entrambi. Erik uscì da Charles, di malavoglia, continuando a strusciarsi in quell'apertura stretta e pulsante, bisognosa di quel contatto a cui voleva un fine.
Erik camminò faticosamente nell'acqua, con Xavier a carico, ansimante. Si spinse in un varco d'acqua rumorosa fino far poggiare Charles ai bordi della piscina con la schiena.
Senza dirsi una parola, Charles colse subito l'iniziativa di Erik; alzò le braccia e si sorresse di peso, stringendo i palmi delle mani contro le piastrelle lisce, che presero la sagoma delle sue mani bagnate, e poi delle braccia.
Più stabili e con maggiore impazienza ripresero a fare l'amore, quel lungo oblio di sesso iniziato con un cubetto di ghiaccio, e volutosi terminare in mezzo all'acqua.
Penetrandolo, Erik imprecò sul collo di Charles, annegato ormai dai lamenti. Sentirlo spingere dentro ed in profondità, stuzzicato con regolarità dei movimenti fino alla prostata, con la virilità oppressa sull'addome di Erik, Charles fece martire la schiena dell'uomo, con le proprie mani e i propri occhi.
Allargò meglio le gambe, divaricate e quasi doloranti, stringendo le dita dei piedi per alleggerire il carico di tensione di quella mole di movimento, alimentato dal piacere del sesso, quasi esploso al termine.
Charles pregò Erik di spingersi più forte contro di lui, di poggiarsi con le labbra sulla sua pelle, di bere dal suo odore e di soffrire assieme al suo orgasmo, il suo secondo venire letteralmente doloroso.
Erik venne riempendo il profilattico, pulsando in un lamento rauco e profondo dentro al tepore di Charles. Lui, invece, un reduce milite della sensazione migliore del proprio corpo, straziato da quel piacere indescrivibile, tremò contro la parete della piscina, e venne schizzando il proprio seme nell'acqua, svuotandosi ormai di ogni sua voglia.
Quello, senza ombra di dubbio, fu l'orgasmo migliore della vita di Erik, e in assoluto, il più bello che Charles avesse provato in quella sua breve sessualità appena sbocciata.
Rimanere abbracciati in mezzo ad un falso oceano però stava al primo posto tra le sensazioni più belle che entrambi provarono in quella tarda notte fatta di lungo sesso. Tutto il piacere del mondo non sarebbe mai stato capace di eguagliare il tenersi la mano e stare immersi a bordo piscina, stanchi ma non ancora troppo stremati, perfetti dopo aver fatto crescere ancora di più il loro amore.
Fare sesso era solamente l'abbozzare di tantissimi versi, la poesia finale Charles ed Erik la componevano in una stesura fatta dai loro sguardi e dalle loro dita aggrovigliate.
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