20.

Accomodarsi nel grande ufficio del professore di lettere di Charles, difronte alla commissione intera composta da quattro persone, non fu poi così imbarazzante e disastroso come aveva immaginato il ragazzo, contando anche il fatto che loro due erano in ritardo di qualche minuto. L'insegnate d'età compresa tra i sessant'anni si alzò dalla propria postazione dietro la scrivania di legno scuro e lucido, facendo segno ai ragazzi di accomodarsi sulle sedie dello stesso colore dell'arredamento antiquato dell'ambiente, poste difronte alla grande scrivania ordinatamente riempita da libri, documenti, oggetti d'epoca e penne a calamaio. Charles ed Erik si sedettero in maniera composta, il maggiore costretto da un'occhiata fulminea di Xavier a non accavallare le gambe con il suo solito fare spocchioso, rimettendolo in riga di malavoglia. Era letteralmente circondati dai due rappresentati della gestione di Erik, seduti anche loro ai lati del tossicodipendente, mentre accanto a Charles ci stava un altro professore anziano. Tutti rivolsero l'attenzione in avanti, oltre la scrivania, dove l'uomo mise gli occhiali da vista sul naso, si schiarì la voce ed iniziò a parlare.
«Signor Xavier, Lensherr -un cenno educato accompagnò entrambi quando vennero nominati- come era già stato preannunciato quest'incontro sarà breve, se le cose andranno come i signori qui presenti reputino in modo adatto. Naturalmente se il signor Lansherr collaborerà tutto sarà più discreto e veloce possibile.» disse l'uomo.
Charles annuì serio, accennando un sorriso educato, che sul volto di Erik non riuscì a prendere uno sbocco, data la sua impossibilità nel saper mentire in una circostanza tanto seccante e di poco conto per lui.
«Bene, innanzitutto le chiedo di rinnovare le nuove pratiche legali sulla custodia di Lansherr, signor Xavier, e che la terranno esonerato da qualsiasi responsabilità su di lui. Metta una firma qui.»
Charles prese una penna pesante e dalla superficie liscia, lasciando la propria firma sul rigo in basso al foglio dove il professore aveva indicato con il dito. La donna seduta accanto ed Erik, sulla cinquantina, vestita di tutto punto con un completo castigato e dai colori scuri, si sporse sulla scrivania, simulando un sorriso. Con le mani allontanò di poco i documenti firmati tra le mani di Charles, che si irrigidì per l'improvviso gesto poco ineducato, rivolgendo tutta la propria attenzione alla signora incriminata. Erik non poté ignorare quell'attenzione voluta con tanta prepotenza, rivolta proprio al suo Charles. Il suo umore da ribelle fuorilegge non era dei migliori in quella stanza tra quelle persone, e quella donna servì solamente ad aggravare il tutto. Erik la guardò con sguardo severo, dritta negli occhi.
«Bene, credo sia arrivato il momento di iniziare con le domande che interessano a me e al mio collega, con permesso.» disse la donna, voltandosi ancora meglio verso di Erik. Il compagno accanto a lei prese tra le mani un'agenda, pronto ad annotare le parole del loro "paziente", e a specificare magari qualche dettaglio fondamentale per il suo percorso.
«Abbiamo scelto proprio te, Erik, perché sei riuscito ad avere miglioramenti graduali che solitamente pochi dei nostri hanno in così breve tempo. E quindi, dati anche i tuoi precedenti comportamentali nel rapportarti con altri, siamo arrivati alla conclusione che tu saresti stato il candidato perfetto per questo progetto che ogni anno questa fantastica università ci dà la possibilità di promuovere. Bando alle ciance non siamo qui per spiegare la prassi, quella dovremo già conoscerla bene, non è così Erik?»
Il ragazzo fece silenzio, aggrottando la fronte in cagnesco, ed annuendo dopo una pausa breve ma snervante.
«Quindi, mi permetto di iniziare con la domanda più importante. Hai fatto uso di sostanze stupefacenti durante la tua permanenza con il signore qui presente?»
Il cuore di Charles iniziò a battere forte, le mani sudate si strinsero sul grembo, dal nervosismo, la gola gli si chiuse, secca.
«No.» gli rispose serio Erik.
«Sai che se dirai una bugia tutta la verità verrà fuori con gli esiti delle analisi del sangue che ti faremo una volta finito qui.» ritentò la donna, con le labbra sottili.
«Non dico nessuna menzogna, sono pulito.» disse ancora lui, sorridendole con sarcasmo provocatorio.
«Crede che dica il vero, signor Xavier? Ha visto Erik in stato alterato durante la sua permanenza con lei?» la signora si voltò verso Charles, con fare minaccioso e svelto.
Charles sapeva che Erik aveva mentito, non molti giorni prima aveva assunto la dose massiccia dei suoi psicofarmaci, in un modo o nell'altro quel segreto sarebbe venuto a galla, e se avessero scoperto che anche Charles stava dalla parte di un povero tossico disperato entrambi sarebbero finiti nei guai. Erik però lo richiamò silenziosamente, con gli occhi. Era come se Xavier potesse leggergli nella mente, riuscire a capire ogni cosa senza fiatare, dire una parola o tantomeno gesticolare. Charles andò all'unisono con i pensieri di Erik, e così rispose;
«Erik non ha assunto nessun tipo di alcool o sostanze stupefacenti. Si è adeguato alla mia routine con la quale è eternato in simbiosi.» il ragazzo sorrise alla donna, fingendo a modo suo, tanto che Erik fu fiero di quella parte così realistica, dovendosi trattenere con tutto se stesso per non scattare in piedi e baciare il compagno.
«Bene, mi attengo alle vostre risposte. Quindi, Erik, hai infastidito in qualche modo il signor Xavier? I tuoi comportamenti sono stati adeguati come ti abbiamo raccomandato noi?»
Vagamente, e con sarcasmo divertito, Erik fece spallucce con un mezzo sorriso sfacciato, rispondendole: «Sono stato un gentiluomo eccellente, il signor Xavier si è quasi commosso quando gli ho mostrato le mie capacità musicali.»
Tutti accennarono un sorriso divertito, specialmente Charles, ormai del tutto preso dal solito esibizionismo superiore di Erik, che senza dubbio stava cercando di stuzzicare il compagno con quelle risposte. Tutti furono allietati da quella risposta allegra, tranne la donna che continuò a fissare l'interrogato.
«D'accordo Erik, sempre il solito simpaticone. Puoi accomodarti nell'infermeria qui difronte, dove ti faranno un breve prelievo del sangue, quando hai finito il signor Xavier ti raggiungerà, faccio quattro chiacchiere con lui. È stato un piacere rivederti.» disse lei, stringendo in maniera cortese la mano di Erik, che, con sicurezza e superiorità, seguì le indicazioni dategli. Uscì dall'ufficio, voltandosi appena prima di varcare la porta che dava al corridoio, per guardare Charles di sfuggita. Il fatto che quella donna così irritante avrebbe parlato con il ragazzo in sua assenza lo infastidiva. Avrebbero potuto raccontare qualsiasi tipo di menzogna a Charles, qualsiasi tipo di episodio accaduto ma ingigantito dalla loro versione dei fatti. Erik non aveva nulla da nascondere, e sapeva fin troppo bene che Charles era abbastanza intelligente e fiducioso in lui da non credere a qualsiasi stronzata gli avrebbero riferito. Ma ad Erik diede ugualmente fastidio, e andò a farsi esaminare dall'infermiera nella stanza difronte con la rabbia nel petto.
Charles si ricompose alla meglio, ora che Erik non poteva più catturare la su attenzione. Con dolce gentilezza e seria cordialità si rivolse alla donna, che non aspettò per parlare, di sicuro prima che Erik ritornasse.
«Signor Xavier siamo già a metà semestre, ciò significa che Erik dovrà tornare in comunità, il suo programma di disintossicazione e di terapia non è ancora terminato.»
Charles aggrottò la fronte, pietrificandosi; «Quindi lei mi sta dicendo che entro, quanto? Tre mesi circa, Erik dovrà ritornare sotto la vostra custodia?» domandò serio.
«Si, dovrà essere sottoposto ad incontri con il suo psicologo comportamentale, e ultime prassi per la completa disintossicazione. Entro la fine di quest'anno dovrebbe terminare il percorso.» spiegò la donna.
Charles non aveva mai pensato alla fine, al termine di quella loro provocazione d'amore dettata da qualcun altro. Era stato così stupido, come aveva potuto non pensare alla fine che avrebbe fatto Erik? Lui non era libero, non era autonomo, era sotto la custodia di qualcun altro, e Charles non poteva in alcun modo opporsi, perché tutto era svolto per il bene di Erik. Xavier non sarebbe mai riuscito a fare il lavoro di quegli altri, già per una stupida distrazione Erik aveva rischiato una crisi di qualsiasi tipo per gli effetti collaterali dei suoi stessi farmaci lasciati incustoditi, pensare di poter anche richiedere la tutela di Erik ed occuparsene da solo era un'idea fuori discussione. Voleva tenere unito loro due, ma prima, doveva salvare Erik. E da solo non ci sarebbe mai riuscito. Annuì, serrando le labbra e traendo un sospiro flebile.
«Potrò venirlo a trovare, quando tornerà con voi? Erik non ha nessuno accanto, in questo breve periodo di tempo io sono diventato la sua famiglia.» domandò Charles, con un sorriso ingenuo e gli occhi dispiaciuti. Abbassò gradualmente il tono della sua voce mano a mano che la frase andò a concludersi, guardando la donna, che straordinariamente simulò una specie di sorriso.
«Certamente, potrà fargli visita quando vuole.» rispose lei.
«Grazie.» fu un debole sussurro malinconico, quello di Charles, invece che una riposta ferma. Tutti i presenti salutarono lo studente modello con delle formalità gentili, lasciandolo solo nella stanza, in attesa che Erik ritornasse da lui per prendere la propria giacca e poi andare via.
Charles si mosse sul posto per pochi secondi, in piedi al centro della stanza, pensando ancora e ancora alla loro imminente separazione, e al modo più opportuno di come riferirlo ad Erik. Si voltò di scatto vero la grande porta di legno quando questa si aprì, chiudendosi di fretta subito dopo quando Erik lo raggiunse con passo allegro, gettandosi sulle sue labbra senza dargli il minimo preavviso. Lo abbracciò forte, e quando ebbe finito di accontentare le loro labbra vogliose con quel bacio, prese il viso di Charles tra le mani e lo guardò dall'alto verso il basso, vicinissimo ai suoi occhi.
«Quei coglioni hanno richiesto solamente l'esame del sangue senza quello delle urine, è impossibile che riescano a trovare qualche traccia delle tue belle pilloline.» gli disse Erik, sorridendogli soddisfatto ed euforico come un bambino. Ma Charles finse di compatirlo, con difficoltà.
«Non sai quanto sei bello quando dici le bugie alle persone grandi, cazzo, mi fai impazzire.» mormorò Erik con voce rauca, spingendosi nuovamente in un bacio più massiccio e duraturo. Charles si fece catturare da quell'iniziativa solo per poco, poggiando le mani sul petto snello di Erik, allontanandolo piano.
«Che succede?» chiese confuso il maggiore, scrollando la testa.
Xavier prese un grosso respiro prima di parlare, guardandolo dritto negli occhi;
«Erik abbiamo parlato di te e del tuo percorso in centro, e...»
Erik lo interruppe con voce irritata: «Non credere a qualsiasi tipo di stronzata che ti hanno raccontato. Sono stato un bastardo, ma i miei errori non si sono ripetuti con quei figli di puttana dei volontari o qualsiasi cosa siano.»
«No Erik, non era per questo...»
«Allora per cosa Charles?» domandò il maggiore, non lasciando terminare la propria frase a Charles.
«È che il nostro tempo insieme sta per finire, tra poco più di tre mesi dovrai andare via, credevo che almeno tu lo sapessi, o lo ricordassi.» gli rispose serio.
Erik rimase muto, allontanandosi dal suo corpo il necessario da non sfiorarlo più. Si divincolò nervosamente, mordendosi il labbro con nervosismo, ed infine stringendo gli avambracci di Erik tra le mani, forte ma senza fargli male.
«Non permetterò a nessuno di separarci, capisci? Nessuno.» ringhiò autoritario, intimorendo Charles.
«Ti prego non peggiorare le cose, verrò a farti visita ogni giorno, lo prometto Erik, ti leggerò un milione di libri, e poi ti darò tanti baci. Io farò di tutto per starti accanto, non ti abbandono così.» sbottò il minore tutto d'un fiato, con espressione bisognosa.
Erik sospirò, allentando la presa alle braccia di Charles, che accorgendosi di quel graduale allontanamento prese il suo posto, afferrandogli le mani. Xavier deglutì con gli occhi lievemente lucidi, la fronte aggrotta tristemente.
«Ne hai bisogno Erik, devi andare da loro, possono farti star bene una volta per tutte.» gli disse a bassa voce.
«Io sto già bene, grazie a te, qui.» rispose Erik accarezzandogli il viso.
Il minore sorrise amaramente, ma con ingenuità dolce. Allungò una mano verso quella di Erik ancora sul suo volto, per incoraggiarla a rimanere lì, perché lo faceva stare meglio. Socchiuse gli occhi al contatto prolungato con quel calore, sorridendo poi come se nulla fosse. Charles guardò Erik, che non proferì parola per lo stupore che quegli occhi azzurri gli avevano trasmesso.
«Alla fine staremo insieme, te lo prometto. Non avere timore Erik, te l'ho detto; sei dolore e purezza. Sei sofferenza e silenzio. Sei pioggia nel deserto, e battito nel petto. Sei vita incatenata al centro del cielo, quando le stelle si accendono, e tu resti spento e immobile.»
«Fottuto poeta.» mormorò Erik sorridendo, avvicinando la fronte a quella di Charles, che a sua volta si sciolse in un'espressione serena e solare, trovando supporto tra l'abbraccio di Erik e il suo profumo pungente. Il più alto gli alzò il mento verso la sua direzione, così da poterlo baciare sulle labbra, delicatamente. Prima una carezza, poi una morsa, e poi ancora, una guerra di lingue umide che non trovavano freno. Le loro mani, che poco prima si erano poggiate sui loro visi con romanticismo percossero ben presto altre specifiche parti dei loro corpi. Dal collo fino alle spalle, scendendo sulla schiena quasi fosse un percorso a ostacoli dettato dallo spessore dei loro abiti. Le dita affusolate di Erik arrivarono a tastare i glutei di Charles, che dovette trattenere un gemito, spingendosi d'istinto contro il maggiore. Erik spostò i propri baci sul collo di Charles, ancora segnato dai succhiotti della sera prima, nascosti dal colletto della sua camicia candida. Xavier tirò la testa indietro quando Erik prese a fargli salire brividi gelidi lungo la schiena grazie a quei baci, spingendo sempre di più con le mani il suo sedere verso di se, per far prendere contatto tra i loro inguini sull'inizio del gonfiore.
«Erik, c-cosa fai? Non qui...» sussurrò Charles aggrappandosi alla testa poco riccioluta di Erik, dai capelli chiari e morbidi. Questo gli respirò sul collo poco lucido di saliva, sorridendo soddisfatto, e indietreggiando velocemente, portando con se Charles, impacciato e confuso.
«Erik!» lo chiamò ancora, quando la schiena del ragazzo più grande sbattè contro la porta, e Charles gli si scontrò addosso, costretto dal suo abbraccio.
Con una mano Erik cercò la serratura dorata che presto gli raffreddò i polpastrelli bollenti. La chiave del medesimo colore era appesa proprio lì, decorata da un portachiavi che richiamava i bordi del grande tappeto rosso in terra. Erik fece due giri alla serratura, lasciando la chiave dentro. Charles sentì il rumore proveniente dalla porta, intuendo immediatamente l'idea di Erik, osservandolo con il fiato sospeso.
«Ora noi due facciamo l'amore, proprio qui, nell'ufficio del preside.» gli disse Erik, con la malizia e il desiderio negli occhi.

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