11.

«Ho trovato una specie di poesia su internet.» mormorò distrattamente Erik, guardando il display del cellulare di Charles tenuto tra le mani, e avvicinandosi alla figura timida del ragazzo indaffarato ad aggiungere più zucchero all'impasto cremoso della ciambella che presto avrebbe infornato.
Era passata poco più di una settimana da quello strascico di sentimento che il loro primo bacio aveva scaturito, addolcendo non solo la routine scolastica dello studente, ma anche il ribellarsi sarcastico del suo coinquilino, che aveva paragonato la loro giovane storia d'amore ad un effetto annebbiante della droga.
Charles si voltò nella direzione di Erik, poggiandosi da dietro al piano cottura della cucina, ed alzando il viso verso l'altezza snella e lenta del maggiore, che con lo sguardo puntato verso lo smartphone ripassò meglio le parole raccolte in quella schermata dallo sfondo bianco.
«Tu che cerci poesie su internet? Sei sicuro di sentirti bene?» lo prese in giro Charles con un sorriso dolce.
«In effetti sono meravigliato del fatto che da un sito porno sia finito su di un blog di letteratura.» rispose Erik con altrettanto sarcasmo, guardando con espressione divertita il rossore ingenuo creatosi sulle guance bianche del ragazzo dai morbidi capelli castani.
«Bene, allora deliziami con questa novella.» lo canzonò Charles, gesticolando con fare gentile per passare la parola al compagno. Erik si morse l'interno della guancia, scosso dalla bellezza gentile e sincera che Xavier gli aveva mostrato, e della quale il tossicodipendente ormai aveva imparato a non dimenticare nel corso di quella settimana.
«Io ti amo, e se non ti basta ruberò le stelle al cielo per farne una ghirlanda, e il cielo vuoto non si lamenterà di ciò che ha perso, che la tua bellezza sola riempirà l'universo.» la voce di Erik era profonda, mentre, nello stupore di Charles, continuava a leggere le parole sullo schermo del cellulare.
«Io ti amo, e se non ti basta svuoterò il mare e tutte le perle verrò a portare davanti a te, e il mare non piangerà di questo sgarbo, che onde a mille, e sirene, non hanno l'incanto di un tuo solo sguardo.»
Charles sentì i pensieri annebbiarsi, e l'attenzione distorta dal movimento umido delle labbra sottili di Erik intente a leggere, ancora, quel cumulo di parole bellissime destinate a lui;
«Io ti amo, e se non ti basta solleverò i vulcani, e il loro fuoco metterò nelle tue mani, e sarà ghiaccio per il bruciare delle mie passioni. Io ti amo, e se non ti basta anche le nuvole catturerò, e te le porterò domate e su te piover dovranno, quando d'estate per il caldo non dormi.»
Ormai vicinissimo al petto di Erik, che, allontano le mani dal petto su cui era in direzione lo smatphone, il quale apparentemente non servì più alla lettura, Charles si protese sulle punte, tenendosi in equilibrio con le mani sul collo bollente del ragazzo più alto. Erik lo guardò con estrema dedizione, sciogliersi perdutamente nel suo breve attimo di silenzio, prima di parlare di nuovo:
«E se non ti basta perché il tempo si fermi, fermerò i pianeti in volo, e se ancora non ti basta, vaffanculo.»
Charles lo fissò corrugando le sopracciglia e storcendo le labbra, mentre su di lui Erik si sciolse in una risata divertita, fermando l'allontanarsi quasi deluso di Xavier con le mani che gli avvolsero il viso morbido e giovane, fuso improvvisamente con quello del maggiore.
Si baciarono in silenzio, scaturendo ancora una volta quella bollente sensazione di fremito brillante che i loro battiti fondevano in quella semplice carezza di bocche.
«Sei un inguaribile egocentrico.» gli disse Charles, sorridendo amorevolmente sotto i suoi occhi.
«Sta un po' zitto e apprezza la mia dedica strappalacrime.»
Erik e Charles non erano romantici, niente in loro era normale o accettabilmente giusto. Erik aveva il corpo sfigurato da anni di infelicità e droghe, mentre la salute mentale di Charles non era nulla senza un barattolo di pillole amare che tenevano a freno le mille voci nella sua testa.
Ma oltre tutto, oltre le loro vite così sfregiate, oltre i loro caratteri così disgustosamente diversi, loro avevano fatto nascere qualcosa. Non era nulla di voluto, nulla che reso pubblico avrebbe dato gioia e apprezzamento, nell'immaginario comune le persone hanno paura di ciò che è diverso, sono terrorizzate da quel tocco di colore sgargiante che si distingue dal bianco monotono del mondo, e per tale ragione Erik e Charles andavano bene solo nel loro piccolo segreto di parole.
Il loro amore ingenuo era stato assorbito dalle vecchie cicatrici sulla pelle di Erik, che lo aveva trasformato in parole, facendo del suo corpo un libro con sopra il titolo di loro due.
Erik gli cinse i fianchi con le braccia, ondeggiando assieme a Charles lungo la loro ingenua dolcezza, tra le loro risate. Il più grande gli baciò la testa con amore, facendo durare quel gesto di forte affetto abbastanza a lungo da far tremare di timidezza Charles sotto di lui. Distanziarono i loro sguardi quanto bastò per intraprendere un dialogo più o meno lucido, rimanendo comunque stretti l'un l'altro.
«Posso invitarti ad un appuntamento?» gli domandò Erik con sguardo curioso.
«Appuntamento?» fece eco Charles con tono curioso.
«Siamo chiusi in questa casa da quando siamo tortati dalla settimana bianca sulle montagne, hai un breve momento di riposo con lo studio, credo sia ora di divertisti un po'.»
«E dove vorresti portarmi?»
«In un bar gay in centro.»
Charles serrò le labbra sconvolto, mentre Erik cercò inutilmente di trattenere il suo divertimento.
«Stai scherzando vero?» domandò Xavier con un mezzo sorriso, poggiando i pugni sul petto di Erik. Questo scrollò la testa, sorridendogli con il suo sarcasmo dolce.
«Ti sembra la faccia di uno che scherza? Cazzo, è ora di lasciarsi andare e divertirsi un po', scommetto che non sei mai andato in un pub.»
«In effetti...»
«Coraggio mio piccolo tesoro, andiamo a divertirci!»
«Erik non so se mi sembra il caso, in un locale ci sono tante cose che potrebbero mettere a rischio la tua astinenza, e poi se qualcuno ci vedesse in giro in un posto simile...» balbettò Charles intimidito, messo a tacere dall'indice di Erik sulle sue labbra.
«Ti fai intimidire davvero da queste stronzate? Osa Charles, è l'unica cosa per cui vale la pena vivere in questa società di merda. Se non accetti il mio invito allora vorrà dire che ci andrò da solo.» Erik simulò un mugugno offeso, allontanandosi di malavoglia da Charles, che rimase immobile a fissarlo allontanarsi.
«Non lamentarti quando ti porterò a casa un nuovo fidanzato.» disse con voce provocatoria al minore, che strinse i pugni con un broncio impacciato.
«Idiota!»
«Accetti il mio invito?» chiese Erik alzando le sopracciglia.
«Non vedo come io possa rifiutare...»

Senza poter opporre alcuna resistenza, Charles si ritrovò pronto alle 21:30, sistemato da Erik per trascorrere una serata diversa dalla sua solita e noiosa monotonia. Alla guida della sua macchina non di certo abituata alle uscite notturne, Erik aveva preso il comando, anche se privo di pantere, scaturendo la palpabile preoccupazione di Charles, che il maggiore cercò di rassicurare con il nome della loro serata di divertimento intitolata "il timore pacchiano di Xavier".
Il più piccolo sbuffò, poggiando le schiena contro il sedile dell'auto e puntando gli occhi al cielo in maniera seccata, mentre Erik rise di gusto al volante della vettura. Tutto pareva andare rispettabilmente secondo i piani, finché l'improvvisa presenza di una persona poco gradita da parte di Charles. Avrebbe preferito la visita delle autorità piuttosto che l'incontro casuale con la sua cara sorellina Raven.
Charles diventò paonazzo in volto, coprendosi il viso messo di profilo con una mano, mentre con l'altra alzava inutilmente il finestrino trasparente del lato del passeggero. La ragazza dai lunghi capelli biondi non poté fare a meno di non riconoscere il fratello, avvicinandosi entusiasta allo sportello dell'auto, che venne quasi aperto da Erik, gettatosi sulle gambe di Xavier, provocatorio e sorpreso dalla conoscenza femminile che li aveva disturbati.
«Charles sei davvero tu?! Non posso crederci!» sbottò con un enorme sorriso entusiasta, poggiandosi con i gomiti sullo spazio del finestrino abbassato da Erik con insistente cortesia.
Il ragazzo, imbarazzato ed irritato simulò un sorriso grazioso alla sorella, che scoppiò a ridere non appena lo vide annuire.
«E non mi presenti il tuo amico?» domandò infine Raven, con sguardo furbo, fissando Erik che assecondó con ironia quella provocazione.
«Lui é Erik, il ragazzo della comunità che mi è stato affidato dal progetto dell'Università.» spiegò Charles indicando il compagno.
«Finalmente ho l'onore di conoscerlo di presenza! Io sono Raven, la sorella di Charlse. Dove state andando di bello?»
Raven sorrise, facendo ricadere una ciocca di capelli chiari sul viso; Charles si pietrificò dinanzi a quella domanda, non sapendo davvero cosa rispondere dall'imbarazzo. Per fortuna ci pensò Erik a prendere parola.
«In un bar gay, vuoi venire?»
Crollò il silenzio tra di loro, persino il vocio caotico della città intorno alla loro auto parcheggiata parve cessare, almeno nei pensieri imbarazzati di Charles. Cosa mai avrebbe potuto pensare sua sorella?
Gli occhi di Raven si illuminarono, guardando il fratello con entusiasmo sincero e felice, come se in fondo avesse sempre saputo del vero orientamento sessuale del maggiore, adesso più tranquilla e felice del fatto che una piccola parte di Charles avesse trovato in qualche modo ciò che lo rendeva felice con se stesso. Lei annuì entusiasta, ritornando dritta difronte al lato della macchina, ed aspettando che i due ragazzi uscissero per proseguire a piedi la strada verso il locale tanto agognato. Con il viso sciolto un un mare di imbarazzo e pentimento, Charles camminava al centro del marciapiede illuminato, costretto ormai ad andare avanti dalla presenza alta di Erik alla sua destra, e da quella ben vestita della sorella a sinistra.
Raven gli si avvicinò di pochi centimetri in maniera affettuosa, mentre il tossicodipendente osava stringergli la mano nella più totale e falsa indiscrezione, che rendeva il loro scambio di carezze qualcosa di romanticamente segreto e provocatorio. La musica coatta e ad altissimo volume accolse già all'esterno del locale i tre, che con disappunto continuo da parte di Charles, vi entrò.
Xavier fu restio quando vide diverse coppie di ragazzi farsi spazio tra vicoli e pareti in penombra, pomiciando e osando quale più svariato contatto fisico se non già sfociato in atto sessuale. Charles li guardò con sorpresa e curiosità, perdendosi per un istante nel volume altissimo della musica e nelle luci colorate e veloci del locale; quelle persone facevano sembrare ciò che lui aveva sempre avuto timore di mostrare un qualcosa di pienamente normale. Lo studente universitario non aveva mai frequentato posti del genere, indipendentemente dalle persone che vi andavano, ma nella sua beata ingenuità si accorse che non c'era proprio nulla di sbagliato in tutta quell'attrazione fisica che poteva essere di natura occasionale o molto più intima e significativa.
Alzò velocemente il viso in direzione di Erik, guardandolo con le labbra semichiuse dallo stupore muto, sentendolo più vicino al suo fianco a causa della confusione intorno a loro. Erik gli sorrise, chinandosi vicino al suo orecchio, per sovrastare il rumore assordante della musica, dicendogli troppo vicino:
«Questo è quello che hai sempre cercato Charles, e adesso io posso renderlo reale.»
Raven prese la mano di Charles, tirandolo in pista, per fortuna seguito dall'agilità di Erik che non lo perse di vista, rimanendogli vicino in maniera quasi magnetica. Raven si presentò ai due, fermi e in disparte dal centro affollato della pista da ballo, diversi bicchierini di alcolici che per prima mandò giù lei. La ragazza non aveva nessun tipo di problema né presentava disagio alcuno nel passare una serata in un locale frequentato esclusivamente da persone omosessuali, al contrario aveva già trovato mille modi per divertirsi tra quella folla esilarante di persone che non si fecero problemi ad inserirla nel loro divertimento.
Un particolare che Charles però non riuscì ad ignorare fu la rigorosa resistenza da parte di Erik nell'evitare qualsiasi tipo di alcolico. Spesso tra le tante persone che passano davanti a loro, accalcate dalla confusione, più di una lasciava una scia di puzza di fumo di sigaretta o addirittura riconoscibile erba, e fu priorio in uno di quei numerosi casi che Charles ebbe il terrore di poter vedere crollare Erik nelle sue vecchie abitudini. Ma, pur avendo la continua offerta da parte di Raven di alcolici che l'avevano resa ormai quasi del tutto ubriaca, e svariate occhiatine tentatrici da parte di ragazzi poco affidabili, Erik cercò di tenere saldi i nervi e di non ricadere in nessuna trappola.
«Se ti dà fastidio possiamo anche andare.» gli disse Charles a voce alta, riferendosi alle continue possibilità di avere tra le mani quanti più stupefacenti possibili, che mettevano a dura prova la resistenza di Erik. Il maggiore gli annuì con un sorriso forzato, trovando la sua mano tra la loro vicinanza e stringendola forte.
«Non cercare di inventare scuse, adesso tu bevi un bicchiere di Vodka, segui il ritmo della musica e ti butti in pista con me!» il maggiore indicò con la mano il punto poco distante da loro in cui Raven stava ballando spensieratamente tra un gruppo di ragazzi, ridendo:
«Proprio accanto a tua sorella, che se la sta spassando in mezzo a quei manzi super dotati a petto nudo.»
Charles rise, sotto gli occhi brillanti di Erik che lo guardarono con meraviglia. Era come se tutto il fumo, tutta l'erba, tutta la cocaina e tutto l'alcol reperibile in zona avesse preso una forma umana, materializzandosi in Charles, che per Erik era la droga più forte che avesse mai assunto.
Ogni qualora il ragazzo più grande sentiva l'irrefrenabile istinto di crollare ed andare a fumare anche solo una stecca di tabacco puntava tutta la sua attenzione su Xavier, sorridente e perduto in quella dimensione di novità spudorate che gli si presentavano davanti. Charles aveva lo straordinario potere di controllare la mente di Erik senza accorgersene o tantomeno volerlo.
Le loro mani leggermente sudate si intrecciarono ancora una volta, muovendosi all'unisono con il loro passo lento che si fece spazio tra le confusione, lì, tra il turbinio di musica e luci fastidiose che si accendevano e spegnevano nel buio caotico e opprimente del locale.
Erik si fermò di soppiatto, voltandosi di fronte a Charlse che lo guardò con sguardo curioso dal basso verso l'alto. Il maggiore si piegò alla sua altezza, avvicinando le sue labbra sottili a quelle carnose di Charlse, rimasto ad occhi socchiusi in attesa del suo sapore.
Il fiato di Erik si insinuò nella bocca di Xavier senza nemmeno sfiorarla, accarezzando la nuca di Charlse con le mani, causandogli un brivido di freddo quasi doloroso. Il minore gemette, tra le grazie calde e poco maliziose di Erik, che gli disse in un sussurro alto, poggiatosi sulle sue labbra:
«Fammi sballare con la tua essenza Charles.»

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