Capitolo 7

  7. «Mi manchi»

Ely


Sono passati giorni, giorni interi senza di te.

Senza la tua voce, i tuoi sorrisi e il tuo carattere difficile.

Ho passato giorni interi a pensarti e a volte piangere per te.

Sei la persona a cui tengo di più, da quando ti ho conosciuta non ho potuto fare altro che starti vicina.

Con te ho passato momenti indimenticabili, sia belli che brutti.

Adesso che non ti posso vedere è come se non fossi completa, non lo so, mi manca qualcosa che solo tu mi puoi dare.

Quando ho saputo ciò ti era capitato, non riuscivo a crederci, pensavo che avessero sbagliato persona oppure fosse un incubo da cui mi sarei svegliata e sono andata a casa tua per vedere che non ci fossi veramente, per crederci.

Sono corsa subito in ospedale per poterti rivedere ma i medici me l'hanno impedito e quindi sono ritornata a casa abbattuta.

I tuoi mi hanno detto che non li vuoi vedere, e per la prima volta ho visto sofferenza nei loro occhi, il fatto che non possano vederti li sta uccidendo letteralmente, non ti sto chiedendo di perdonarli per ciò che hanno fatto però almeno permettili di vederti, anche per solo cinque minuti ma ti prego fallo.

Ho provato a chiamarti tantissime volte ma tu non rispondi e quindi ho deciso di scriverti per dirti che non posso capire come ti senti, d'altronde solo chi vive quello che stai vivendo tu può capirlo.

Comunque sappi che ti sono vicina, anche se non fisicamente, ma io ci sono e ci sarò sempre per te, non sei da sola perché io ti penso e anche Kate ti pensa, sono pure stata da lei per raccontarle quello che era successo ed era molto scioccata. Con lei abbiamo pensato di venirti a trovare appena i medici ce lo permetteranno.

Mi manchi moltissimo e spero che tu guarisca presto, perché abbiamo ancora tante cose da fare insieme.

Cerca di non abbatterti perché sei una persona forte e anche se sarà difficile vedrai che supererai anche questa situazione, ne sono sicura.

Con tanto affetto,

Ely

Richiudo la lettera in una busta e decido di avviarmi verso l'ospedale per consegnarle la lettera.

«Mamma, esco, vado a consegnare una lettera in ospedale per Carol» dico salutando mia madre, la quale sta preparando la cena.

«Va bene tesoro​, ma cerca di non far tardi» mi avvisa salutandomi.

Prendo la strada per raggiungere la fermata dell'autobus che mi porterà dritto in ospedale.
Quando giungo lì, vedo Shirley su una panchina.

«Ciao Shiry» la saluto.
Lei alza lo sguardo dal marciapiede e ricambia il saluto: «Ciao Ely.»

Noto che ha lo sguardo triste e gli occhi rossi e gonfi, che cosa sarà successo?
Mi siedo accanto a lei e le domando: «C'è qualcosa che non va». E come se avessi bucato un palloncino scoppiare inizia a parlare a raffica singhiozzando.

«Questo è ciò che non va» e mi porge una lettera, e mentre la leggo velocemente lei continua: «Non posso crederci che l'abbia fatto ed inoltre non ha avuto neanche il coraggio di dirmelo in faccia capisci?». Leggendo la lettera riconosco la scrittura di Jonathan, che a quanto ha scritto, ha appena lasciato il paese per ricominciare altrove.
Non ha alcun senso, perché ha preso questa decisione? Lui che ha sempre ribadito il fatto di amare la propria città natale e che desiderava viverci fino alla morte. Ma soprattutto come ha potuto abbandonare così Shirley?
Nella lettera giustifica il suo gesto scrivendo testuali parole: "A problemi estremi, estremi rimedi".

«Quello che ha fatto è imperdonabile», la sola frase sensata che riesco a formulare.
«L'ho anche chiamato per chiedergli spiegazione ma il suo numero è irraggiungibile, i suoi hanno detto che l'hanno visto uscire due notti fa e non è più tornato».
«Anche a loro ha lasciato una lettera?» chiedo.
«No nulla, ha lasciato la camera intatta senza prendere nulla con sé e se n'è andato».
Nel frattempo è arrivato l'autobus e io a malincuore devo salutare Shirley, per consegnare la lettera a Carol.
«Salutami Carol, se riesci a vederla» mi dice e si dirige verso casa.
«Dubito che mi permetteranno di vederla, ma in caso le manderò i tuoi saluti» affermo e salgo sull'autobus.
L'improvviso abbandono di Jonathan è davvero strano, conoscendolo non mi sarei mai aspettata un comportamento simile da lui. Ma si sa, le persone non finiscono mai di stupirci. E poi che cosa intendeva con la frase: a mali estremi, estremi rimedi? Quest'ultima frase, mi mette un po' di angoscia, c'è qualcosa che non torna in tutto questo. Assorta in questi pensieri arrivo davanti al portone dell'ospedale.

Lo spingo e mi avvio verso il reparto in cui è ricoverata Carol, quello della terapia intensiva. Dopo essere uscita dall'ascensore, l'atmosfera si fa più tesa, silenzio profondo. Non riesco a sentire nient'altro che i miei passi, mentre vago per il corridoio in cerca di qualcuno, Infine dopo una lunga camminata, intravedo un bancone alla mia destra, mi dirigo verso di esso e trovo un'infermiera intenta a digitare qualcosa al computer.

«Ehm mi scusi» mormoro per attirare la sua attenzione.

«Sì mi dica» risponde, spostandola il suo sguardo su di me.

«Allora, io vorrei sapere se per favore può consegnare questa a Carolyne, sa è una ragazza ricoverata qua» le dico.

«Sì sì so chi è, dammela gliela darò io» mi rassicura con un sorriso.

«Grazie mille, le riferisca per favore che la salutano Ely e Shirley» aggiungo.

«Sarà fatto» mi sorride.

Mi avvio di fretta verso l'uscita, questo reparto mi incute un po' di terrore, se non fosse per Carol non ci avrei mai messo piede, mi pare di essere in cimitero, l'unico elemento che rende quel reparto vivo erano le macchine che suonavano interrottamente.

Uscita dall'ospedale mi dirigo verso casa; è stata una giornata faticosa oggi e per di più devo ancora fare i compiti.

Dio quanto è stressante la scuola! Mi rassicura sapere che tra circa una settimana la scuola sarà solo un ricordo.

Spero almeno che la lettera le sia piaciuta e che le tiri un po' su il morale, Carol è l'ultima delle persone che si merita di vivere queste situazioni, questi incubi, per non pensare anche alla sua infanzia difficile.

Io spero che passi, perché tutto passa prima o poi, no?

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