Capitolo 5



5. Nessuna pietà


Kate

«Mamma... Che ci fai qui?» chiedo sorpresa di vederla attendere dietro la porta di casa.

«Non posso venire a salutare e vedere come sta la mia cara figlia?» chiede in modo apparentemente tenero.

Non le credo per niente, da quando in qua le importa di come sto?

«Dai risparmiati queste sciocchezze e dimmi, cosa vuoi?» la incito, invitandola dentro casa.

Non ho intenzione di perdere tempo. Si dirige subito in soggiorno, accomodandosi sul divano e io faccio lo stesso, siamo sedute faccia a faccia.

I suoi occhi azzurri mi scrutano, la sua espressione è seria. Dopo qualche minuto decide di parlare: «Figlia mia lo sai cos'hai combinato, vero? Sai che io mi fidavo di te e che ti ho dato un compito ben preciso».

«E io ho fallito, lo so mamma, ma non è colpa mia se mi hai dato Jonathan, come cavia, ché è un buono a nulla» la interrompo. Io avevo programmato tutto, è lui che ha fallito.
«A proposito sei andata a trovare, la tua amica strana, quella con i capelli rossi, come cavolo si chiama Sharon, Sherry?» domanda, cercando di ricordare il nome.

«Si chiama Shirley mamma, Shir-ley, e sì sono andata a casa sua e ho nascosto la lettera» ribatto, irritata dalla sua scarsa fiducia in me, sono sicura che credesse che io me ne fossi dimenticata, ma non sono così stupida.
«Perfetto, abbiamo risolto anche questo problema» afferma sollevata.
«Quindi hai già pensato a togliere di mezzo Jonathan?» le chiedo con una certa curiosità nel sapere quali saranno le prossime mosse.
«Me ne sto occupando» risponde rilassata, al contrario di me che sono molto ansiosa e preoccupata di come uscire dal guaio che abbiamo creato.

«Adesso che cosa facciamo con Carol?» chiedo preoccupata.
Hanno già avviato le indagini e ammetto di avere un po' di timore, se dovessero scoprire ogni cosa, saremo in seri problemi.
«Tranquilla, ti vedo troppo tesa, hai per caso paura di finire dietro le sbarre?» domanda con un ghigno divertito sul volto.
Annuisco sincera.
«Non ti succederà nulla, l'hai già scampata una volta la prigione, ricordi?» ribadisce inarcando un sopracciglio.

Come non ricordarlo, è stato il giorno più brutto della mia esistenza e anche se non sono finita dietro le sbarre, continuo a vivere le conseguenze di quel gesto compiuto con innocenza.

«Non possiamo più rischiare così tanto, come abbiamo fatto adesso, Carol sarebbe dovuta morta in quell'incidente, ma non è successo, questo però non vuol dire che attualmente la sua vita adesso sia delle migliori, quindi bisogna solo dare una piccola spinta per far sì che, lei stessa ponga fine alla sua esistenza».
Non riesco capire, che cosa dovrei fare esattamente?
«Vedo che non hai ancora capito, eppure è così semplice Kate» e si avvicina togliendomi una ciocca di capelli dal viso.
Purtroppo non ho ereditato la sua chioma bionda, poiché ho i capelli castani acquisiti dal mio defunto padre.
«Continua a recitare la parte dell'amica finché è in ospedale, sperando che non si riprenda e che quindi rimanga paralizzata. Se tutto va bene, quando esce dall'ospedale diventerai il suo incubo peggiore, le farai pesare tutto ciò che non ha più, fino a spingerla a suicidarsi» continua entusiasta.
«Ma tutti sapranno che la causa del suo suicidio sono io» affermo contrariata.
Non può funzionare.
«Ne sei davvero sicura? Secondo te Carol dirà qualcosa a qualcuno?»
A pensarci bene, ha ragione, Carol non è una persona che ama confidarsi e mostrarsi ferita davanti agli altri, le uniche con cui lo fa sono io ed Ely.
Comunque non credo di potercela fare, questo incidente le renderà già la vita difficile e farle pesare ancora ciò che non ha, mi sembra essere troppo per me.
«Perché mamma? Perché facciamo tutto in questo modo?» chiedo esasperata.

Vorrei poterci riuscire in un altro modo.

«Cara mia, è per vendetta perché le persone che prendono ciò che è mio, anzi nostro, la devono pagare a caro prezzo. Costi quel che costi, e sai che se non fosse per quelle bastarde di madre e figlia noi adesso saremmo in un posto ben migliore di questo.»

«Non hanno avuto scrupoli nel toglierci quello che era nostro, e quindi dopo anni di sofferenza adesso ci prendiamo quello che era nostro perché è giusto così» afferma con sguardo serio.

Ha ragione è tutta colpa loro, mi faccio sempre troppi problemi mentre quelle luride bastarde non hanno avuto pietà di noi. Non hanno avuto pietà nel toglierci tutto.

«Hai ragione mamma, solo che ho un po' di paura» ammetto a questa affermazione si alza in piedi e siede accanto a me.
«Basta Kate! La paura devi mandarla a farsi benedire! Non c'è bisogno di avere paura, la situazione è totalmente sotto controllo, fidati di me. Sarà più semplice di ciò che sembra», e mi stringe forte a sé.
È la prima volta che mi abbraccia, di solito rimane distaccata, come se avesse paura di legare con me. Questo gesto mi fa sentire davvero amata da lei.
«Ti voglio bene mamma», e appoggio la testa sul suo petto.
«Anch'io piccola mia» sussurra, per poi darmi un bacio sulla fronte.

Quello che mi dispiace è che Carol in tutto questo non c'entra molto.

Il suo unico errore è stato quello di nascere, ma in questa vita c'è chi nasce per soffrire e basta, lei purtroppo è una di quelle persone.

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