Capitolo 3



3. Piani Rovinati


Kate

All'improvviso, mentre contemplo il paesaggio fuori dalla finestra, sento il cellulare squillare. Sullo schermo compare il nome "Jonathan".

Decido di non rispondere, poiché sono in fase post-sbornia. Ho una forte emicrania e la notizia che mi darà potrà sconvolgere completamente la mia giornata.

Durante la festa di ieri sera ho davvero esagerato con l'alcol, ma per me esso rappresenta una via di fuga, perché bere aiuta a dimenticare, e io ne ho bisogno.

Ho bisogno di dimenticare per almeno un giorno, quello che è stato e che mi porta a essere la persona che sono.

Spero che Jonathan sia riuscito a mandare a buon fine il piano.

In caso contrario, sarebbe un bel problema per me, in primis, che dovrò comunicare a mia madre di aver fallito per la prima volta.

Apro la cassetta del mio comodino e prendo un antidolorifico sperando possa alleviare il dolore che provo.

Dopodiché decido di alzarmi dal letto per farmi una doccia, nel frattempo intravedo Alicia, la mia tutrice, intenta a prepara la colazione.

Nel momento in cui scruto la mia immagine allo specchio che mostra delle profonde occhiaie che marchiano il mio viso, dovute alle mia poche ore di sonno, sento il telefono squillare ancora.

È sempre Jonathan, ma stavolta rispondo subito.

«Ciao Kate-» saluta.

«Dacci un taglio con i saluti, sei riuscito a fare ciò che ti ho chiesto?» lo interrompo.

«Sì e no» risponde.

«Che cosa vuoi dire?» chiedo irritata, corrugando la fronte, il cuore mi batte a mille, le parole che pronuncerà nei prossimi secondi definiranno la mia più grande vittoria o sconfitta.

«Non è morta, è ancora viva» sentenzia con tono preoccupato.

Mi si mozza il fiato: è viva. Riattacco più furiosa che mai.

«Accidenti!» esclamo e scaravento il telefono contro lo specchio, provocando una crepa sullo schermo e sullo specchio, con il dito accarezzo la crepa dello specchio procurandomi una piccola ferita al dito da cui fuoriesce una piccola quantità di sangue. Il dolore che provo al dito è insignificante rispetto a quello che questa notizia mi ha causato.

Non posso crederci, com'è potuto succedere? Perché non è morta? DOVEVA MORIRE.

Possibile che quando chiedo qualcosa non posso mai ottenerla?

Era troppo bello per essere vero. Sapevo che non dovevo fidarmi di questo fallito. Avevo pensato a tutto: lei ieri notte, sarebbe dovuta morire.

Cos'è andato storto? Come ha fatto a salvarsi? Chi ha salvato Carol? No, no e ancora no. MI accascio a terra e scoppio in un pianto disperato, Alicia entra in bagno per consolarmi, ma rifiuto il suo aiuto, voglio rimanere da sola.

Mi rifiuto di crederci, non può essere successo. Non posso aver fallito e adesso cosa dico a mia madre? È possibile che ne sia già a conoscenza. Questa era un'occasione da non perdere e per giungere alla nostra felicità. Devo assolutamente pensare a qualcos'altro, devo annientarla e voglio farlo con le mie stesse mani. Mi rialzo dal pavimento, asciugandomi le lacrime così riacquistando così la mia lucidità. Non è il momento di disperarsi, devo pensare a risolvere un altro problema, perché come dice mia madre, tutto deve tornare.

Non bisogna lasciare niente al caso, tutto deve essere calcolato e soprattutto non bisogna spaventarsi se qualcosa va storto, ma a dirla tutta non sono affatto tranquilla, ho paura che possano scoprire tutto ed a quel punto sarebbe davvero la fine per me. Cerco di tranquillizzarmi, andando a fare colazione. In cucina trovo Alicia che mi rivolge un'occhiata dispiaciuta, per poi dirigersi in salotto, la ignoro completamente iniziando subito a gustarmi la colazione. Appena finito decido di chiamare Will per chiedergli di accompagnarmi da Shirley, una delle mie care amiche. Preparo la mia borsa con la lettera che so che per riceverla sarà un colpo, d'altronde si tratta sempre del suo migliore amico, il quale conosce da una vita intera, ma quello che conta è la mia felicità, che va al di sopra di ogni cosa.

Passano circa trenta minuti e lui non è ancora arrivato, inizio ad innervosirmi. Cazzo Will quanto ci metti? Qua il tempo sta passando, prima risolvo questo problema e meglio sarà. Nel mentre sento che qualcuno suona al campanello e credendo sia Will mi affretto ad aprire la porta, ma sorprendentemente non trovo Will, bensì Elizabeth.

«Ely, che sorpresa! Vieni dentro» la invito, fingendo di essere contenta della sua visita.

«Sì, grazie» dice entrando.

La faccio accomodare sul divano e le chiedo: «Qual buon vento ti porta qua?».

«Vedo che non hai ancora saputo ciò che è successo a Carol» osserva, con sguardo triste. Certo che lo so, invece.

«Possibile che tu non guardi nemmeno il telegiornale?» chiede spazientita. «Invece di fare di rimproverarmi, puoi dirmi che cosa è successo?» chiedo risentita dal suo commento.

«Scusami, sono molto preoccupata e speravo che tu sapessi già tutto, per consolarci a vicenda, stanotte non ho chiuso occhio e tu non rispondevi» si scusa. Certo che non le ho risposto, ero ad una festa, intenta a ubriacarmi e dimenticare.

«La faccenda è seria, Carol ieri sera ha subìto un incidente e dicono che sia grave, è in coma e potrebbe non risvegliarsi, ti rendi conto?» mormora. Menomale almeno una cosa l'ha fatta giusta Jonathan, resto per un momento indifferente davanti alla notizia, non provo dispiacere per lei, se lo merita dopo tutto ciò che mi ha fatto.

«Come se non bastasse, nessuno sa chi sia stato, pare che nella zona in cui è avvenuto l'incidente non ci siano telecamere e la polizia non riesca a rintracciare la macchina» e scoppia a piangere. «Quello stronzo dopo averla investita non si è nemmeno degnato di prestarle aiuto, ma come si fa ad essere così crudeli?» inveisce, con le lacrime che le bagnano il viso.

Jonathan ha fatto quello che gli è stato ordinato e sarebbe stato pagato profumatamente, ma purtroppo eseguire gli ordini a volte non basta.

La abbraccio cercando di calmarla, è così sensibile Ely, non riesce mai a nascondere le sue emozioni, per ogni occasione non tarda a scoppiare in lacrime. Continuo a ripeterle che Carol è forte, che si sveglierà e tutto tornerà esattamente come prima, eppure anche se non dovrei, la immagino su un lettino bianco, totalmente incosciente, che lotta tra la vita e morte, percepisco una morsa allo stomaco, ma cerco di scacciare via questa sensazione. Dopo tutto non è stato tutto inutile. Almeno adesso so che potrebbe non svegliarsi più e questo non mi dispiacerebbe affatto.
La sua situazione non può che andare di bene in meglio.


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